Un lavoro che nasce dall’esigenza di trarre un bilancio di ventitré anni di attività e di impegno nell’antimafia sociale, mirati alla valorizzazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata su tutto il territorio nazionale. Unì analisi che porta anche proposte concrete per l’utilizzo dei beni confiscati, atte a sviluppare politiche pubbliche di sviluppo e coesione territoriale, con l’indicazione dei possibili “rimedi” alle carenze legislative e organizzative di volta in volta indicate, nonché con il coinvolgimento del Terzo settore e soprattutto del mondo della cooperazione inspiegabilmente ignorato.
«I beni confiscati alla criminalità organizzata costituiscono un incredibile patrimonio restituito (ma anche da restituire) alla comunità nazionale alla quale dalla stessa è stato sottratto, e quotidianamente continua a essere sottratto, con violenza, frode e altre attività illecite. Di questi beni si occupa il presente saggio di Rosa Laplena, ricomponendo il complesso quadro normativo, così come si è andato evolvendo e migliorando nel corso degli anni a partire dalla Legge Rognoni – La Torre del ’82, proseguendo con la Legge 109/1996 per la destinazione “sociale” di detti beni ed altre modifiche, attente innanzitutto ad ampliare la platea dei beneficiari e cercare di migliorare le strutture operative in campo nazionale e sul territorio».
“I beni confiscati alla criminalità organizzata – scrive il giudice Giuseppe Di Lello, già componente del Pool Antimafia, nella prefazione – costituiscono un incredibile patrimonio restituito (ma anche da restituire) alla comunità nazionale alla quale dalla stessa è stato sottratto, e quotidianamente continua a essere sottratto, con violenza, frode e altre attività illecite”.
SEQUESTRI e CONFISCHE alla CRIMINALITÀ ORGANIZZATA – Cosa non funziona