Depistaggio delle stragi del ‘92, il Riesame: Giustini va arrestato


Per i pm ha mentito e sviò le indagini sulla «pista nera»

Una svolta in quella che è considerata «la pista nera» nelle indagini sulle stragi del ‘92 arriva da Caltanissetta. Walter Giustini dovrebbe andare agli arresti domiciliari.
Il reato: intralcio alle indagini e false informazioni all’autorità giudiziaria.
Il tribunale del riesame ha dato ragione alla procura di Caltanissetta che aveva proposto l’arresto dell’ex carabiniere.
Annullando così il provvedimento del gip Santi Bologna che aveva rigettato la richiesta di misura cautelare.
Il riesame con un provvedimento, a firma del presidente Andrea Catalano, ha disposto i domiciliari.
I legali dell’ex carabiniere hanno presentato ricorso, che si discuterà il 20 dicembre in Cassazione.
Per la prima volta l’autorità giudiziaria mette nero su bianco l’inaffidabilità di uno dei personaggi chiave di una vicenda estremamente intricata sulla quale il «pool stragi» guidato da De Luca in collaborazione con l’aggiunto Pasquale Pacifico ed altri tre magistrati lavorano quotidianamente.
Il nome di Giustini salta fuori nell’inchiesta che ha svelato un osservatorio fascista sull’operato dei magistrati con piani «occulti» per colpire «giudici non graditi».
La Procura di Caltanissetta che indaga sulle stragi del ‘92 guidata da Salvatore De Luca, aveva iscritto il militare, oggi in pensione, nel registro degli indagati per «frode in processo penale e depistaggio» e «calunnia» nei confronti del pubblico ministero Vittorio Teresi anch’egli oggi in pensione.
Le sue dichiarazioni vengono etichettate come false. Giustini è il brigadiere salito alla ribalta delle cronache per aver dichiarato che «Riina si sarebbe potuto arrestare prima».

 


 

Strage di Capaci, indagato un carabiniere: ipotesi depistaggio

Ombre su ombre e, così ipotizzano gli investigatori, un nuovo depistaggio sull’attentato di Capaci. Sotto accusa a Caltanissetta sono finite le dichiarazioni del brigadiere Walter Giustini. Il suo racconto è di quelli che fanno tremare i polsi, che scatenano rabbia e indignazione. Se avessero dato ascolto alle sue informazioni avrebbero arrestato Totò Riina prima delle stragi del ’92. Stragi che, dunque, potevano essere evitate. Le sue dichiarazioni sono state rilanciate l’anno scorso durante una puntata di Report (qui il nostro precedente articolo). Già allora scricchiolavano alla prova dei fatti. A microfono aperto Giustini si cuciva addosso il merito di svelare segreti e smascherare bugie. Sembrava l’ennesimo uomo della svolta.
Il nome di Giustini salta fuori nell’inchiesta che ieri ha svelato l’esistenza di “un osservatorio “fascista” sulle attività dei magistrati, con componenti “occulti” per colpire “giudici non graditi”. La Procura di Caltanissetta ha iscritto il militare, oggi in pensione, nel registro degli indagati per “frode in processo penale e depistaggio” e “calunnia” nei confronti del pubblico ministero Vittorio Teresi (anch’egli oggi in pensione). Le sue dichiarazioni vengono bollate come false.

Cosa disse a Report

Riina fu arrestato il 15 gennaio 1993. Due anni prima, nel ’91, così disse ai microfoni di Report, Giustini aveva ricevuto un’imbeccata da un suo confidente, Alberto Lo Cicero, poi divenuto collaboratore di giustizia. Bisognava seguire Salvatore Biondino, l’autista del capo dei capi. Dando credito a Giustini, questa è la sua tesi, oggi si saprebbe anche chi ha agito nell’ombra, supportando i mafiosi o forse dettando gli ordini ai boss stragisti. E cioè Stefano Delle Chiaie, fondatore di Avanguardia nazionale e poi cofondatore dell’organizzazione di destra Ordine nuovo. Lo Cicero è morto. Sulla scena, a suffragare le parole di Giustini, è apparsa l’ex compagna di Lo Cicero, caduta pure lei in tante contraddizioni.

I verbali del ’92 e ’93

Qualcosa non torna. Il dichiarante Lo Cicero fra agosto 1992 e gennaio 1993 fu interrogato dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Disse di non sapere che Biondino era l’autista di Riina. Era ignaro della identità del padrino corleonese. Lo riconobbe solo dopo avere letto i giornali e guardato la tv, il giorno dell’arresto. Solo dopo Lo Cicero capì che era Riina il boss che aveva visto nella sontuosa villa di Mariano Tullio Troia. Banchettava assieme a “numerosissimi invitati” o presenziava a “riunioni ristrette” con cinque o sei persone al massimo.
Dunque, stando al racconto di Giustini, Lo Cicero sapeva che Biondino era l’autista di Riina, lo confidò nel ’91 al brigadiere, ma tacque durante gli interrogatori del ’92 e ’93. C’è di più: a Giustini si deve un’altra rivelazione choc. Il brigadiere seppe, sempre da Lo Cicero, che Stefano Delle Chiaie si recò “un paio di volte a Capaci” prima della strage. Neppure di questo si parlava nei vecchi verbali. Il collaboratore di giustizia aveva memoria del cartello “lavori in corso” a poche decine di metri dal luogo dove fu piazzato il tritolo per l’attentato, dei mucchi di terra (disse esattamente che “non c’erano scavi, ma mucchi di terra”) che impedivano il transito della sua auto a bordo della quale stava accompagnando il figlio a casa di amici. Si ricordava dell’uomo “vestito come un contadino”, del motociclista alla guida di “un vespino rosso” e di tanto altro. Nessuna traccia nei suoi ricordi di Delle Chiaie. Non pervenuto. Di una cosa Lo Cicero si disse certo: mai poteva immaginare che stessero progettando la strage di Capaci. Piuttosto dallo strano silenzio di alcuni suoi amici temette che lo volessero ammazzare.
Giustini era presente agli interrogatori del collaboratore di giustizia. Nulla disse però, o almeno non vi è traccia di un suo cenno di sorpresa di fronte alla clamorosa scomparsa di quelle delicatissime informazioni ricevute in via confidenziale da Lo Cicero e poi taciute.

Il recente racconto di Giustini

L’ex militare è stato convocato dalla Procura di Caltanissetta (secondo il gip Santi Bologna avrebbero dovuto sentirlo, a sua garanzia, già in qualità di indagato). L’interrogatorio da cui è uscito di fatto indagato è del 9 maggio 2022. Spiegò che i suoi superiori sapevano ogni cosa delle confidenze che gli aveva fatto Lo Cicero, ma non mossero un dito perché “faceva cadere la credibilità” di altri collaboratori di giustizia. “Qui casca il processo Andreotti”, gli avrebbero detto in un momento in cui il processo Andreotti, però, non esisteva. Giustini ha aggiunto di essere sotto choc “perché quello che io dicevo era giusto e a distanza di 30 anni siamo qua ancora a parlarne, se non ci fosse stato il problema degli altri processi forse noi l’avremo arrestati subito… il primo essere dispiaciuto sono io perché io Falcone e Borsellino sul posto li ho visti tutti e due… per sette mesi ho avuto l’odore dell’esplosivo dentro al naso io non dormivano notte”.

Le contestazioni

Ascoltate queste parole il procuratore di Caltanissetta gli ha contestato che nulla era prima emerso sul ruolo dei Biondino. Né negli interrogatori di Lo Cicero, né in nessun altro atto investigativo. “Può essere che lei non trova pure qualcos’altro perché io ste cose le ho dette dopo se non si trovano”, si è difeso Giustini facendo riferimento alla “nota Cavallo” trovata dalla Dna nel 2007 dopo che se n’erano perse le tracce negli archivi ufficiali. Sparita tra i documenti dei carabinieri e delle Procura. Una nota che già nel ‘92 dava atto della presenza di Delle Chiaie a Palermo. Ed è qui che De Luca ha contestato a Giustini l’esistenza di più annotazioni (una deposita il 27 maggio 1992 e redatta lo stesso giorno della strage di Capaci), a firma anche del brigadiere, in cui non si parla di Biondino e Riina. Il gip Bologna stigmatizza le bugie di Giustini, ma non nasconde i suoi meriti. Fu il militare, infatti, a portare ai suoi superiori la foto di Biondino poi mostrata al pentito Di Maggio, che lo riconobbe esclamando: “È iddu’”. Grazie a quella foto Riina fu arrestato. Non potevano farlo prima perché Giustini nulla aveva detto del collegamento fra Biondino e il capo dei capi. E neppure Lo Cicero, nonostante il brigadiere trent’anni dopo sostenga il contrario. Ombre su ombre, e una certezza sottolineata dal giudice. Si poteva e doveva fare di più dal punto di vista investigativo sulle figure di Biondino e Delle Chiaie. Riccardo Lo Verso LIVE SICILIA 17.11.2023

 


ARCHIVIO


L’ex carabiniere Walter Giustini: “Si poteva arrestare Riina prima di Capaci”

 

PARLA L’EX BRIGADIERE WALTER GIUSTINI – La rivelazione: “Lo Cicero ci mise sulle tracce di Biondino, l’autista del Capo dei capi. Le mie informative sottovalutate”

 

La trasmissione Report ieri sera ha approfondito la ‘pista nera’ delle indagini sulla strage di Capaci alla quale anche Il Fatto ha dedicato ieri un’inchiesta. La Procura di Caltanissetta sta cercando di capire se quanto raccontato da un collaboratore di giustizia morto da anni, Alberto Lo Cicero, e dalla sua compagna, Maria Romeo, viva e ora testimone protetto, in relazione alla presenza di Stefano Delle Chiaie, estremista di destra morto nel 2019, a Capaci nel ‘cantiere’ della strage, corrisponda a verità. Se questo scenario fosse riscontrato la strategia della tensione andrebbe postdatata a dopo le stragi di mafia del 1992 e anche del 1993 che non avrebbero avuto mandanti e finalità solo mafiose ma anche politiche.
L’uomo chiave della storia è Alberto Lo Cicero, prima confidente dei Carabinieri e poi collaboratore di giustizia. Lui e più ancora la sua compagna hanno parlato ai Carabinieri già nel 1992 non solo di Delle Chiaie. Come ha riferito a Report il brigadiere dei carabinieri Walter Giustini, che allora seguiva Lo Cicero, il collaboratore gli aveva raccontato nei primi mesi del 1992 che Salvatore Biondino era l’autista di Riina. Giustini scrisse un’informativa ben prima della strage di Capaci ma nessuno seguì l’autista per prendere il boss. Se Biondino fosse stato pedinato, ha concordato il carabiniere Giustini con l’intervistatore Paolo Mondani, Totò Riina si sarebbe potuto arrestare prima delle stragi.
Giustini fu trasferito a Como nel 1993 per ragioni di sicurezza (era nel mirino dei boss) poi ha comandato una stazione dei Carabinieri sul litorale laziale e da qualche anno è in pensione. Lo abbiamo raggiunto al telefono.

È vero che Lo Cicero vi aveva raccontato che c’erano movimenti a Capaci prima della strage e per questo stavate lì il 23 maggio?

Quella mattina, noi stavamo riscontrando le confidenze di Lo Cicero. Quando capivamo che c’erano movimenti strani noi andavamo a Capaci. Lavoravo tantissimo e dormivo in macchina nel tragitto. Un giorno mi disse: ‘Giustino, guarda a Capaci ho visto dei personaggi che è strano che siano qui se non perchè debba succedere qualcosa di eclatante’. Io gli chiesi: ma cosa deve succedere? E lui mi rispose: ‘non lo so ma qualcosa deve succedere perché non c’è motivo che questi personaggi siano qui.

Fino a che ora siete stati lì il 23 maggio?

Siamo stati lì per un servizio di osservazione sulla strada che porta a Capaci per un po’. Poi, visto che potevamo essere notati alla lunga, ho smobilitato il dispositivo dicendo ‘va bene così, oggi abbiamo acquisito degli elementi ma è meglio che torniamo domani o lunedì’. Alle 17 smobilito e passo sull’autostrada per tornare a Palermo poco prima della strage. Abbiamo sentito l’esplosione (alle 17 e 58, ndr) quando siamo arrivati in via Oreto, alla fine dell’autostrada. Siamo tornati indietro e abbiamo visto quello che abbiamo visto.

Quando ha iniziato a parlare con lei Lo Cicero?

A gennaio 1992. Un mese prima era stato vittima di un agguato. Io gli ho spiegato che prima o poi sarebbero tornati e lo convinsi a collaborare. Noi lo scortavamo con la macchina. Lui all’inizio diceva e non diceva. Poi mano mano che prendeva confidenza ha cominciato a raccontare questa storia sulla quale ho lavorato per un anno.

Il collaboratore era un falegname insospettabile. Però aveva molte informazioni. Come faceva?

Lui era l’autista di Mariano Tullio Troia che gli aveva fatto il recinto nella sua tenuta a Cruillas dove lui faceva il falegname e Mariano Tullio Troia era un boss di primo livello.

Lo Cicero le racconta subito che Mariano Tullio Troia incontrava Totò Riina accompagnato da Salvatore Biondino?

Non posso rispondere perché sono stato sentito dalla magistratura ed è secretato.

A noi risulta che questa cosa la dice poco dopo l’inizio del rapporto, diciamo gennaio-febbraio 1992

Diciamo che ci indica dei personaggi da attenzionare. Devo dire che pure io all’inizio avevo un po’ di dubbi: erano tutti incensurati, mai sentiti. Io sono abituato ad accertare e sono andato a fondo.

Ci risulta che parlò anche di un tal Sensale e di Giovan Battista Ferrante (insospettabile allora ma poi arrestato, condannato e pentito) e di Antonino Troia (non parente di Mariano Tullio poi condannato per la strage di Capaci) e voi per questo eravate il 23 maggio a Capaci.

Sì diciamo che ci parla di molte persone in quel periodo. Poi abbiamo fatto 18 arresti a marzo del 1993 grazie a Lo Cicero e nell’ordinanza di custodia cautelare si riconosce che all’inizio non sembrava attendibile ma poi si è dimostrato che lo era.

Allora perché non fu valorizzato il suo contributo?

Io ho chiesto le intercettazioni e me le hanno date però c’era poca convinzione, quasi un muro, in Procura. Io credo alla buona fede: Lo Cicero non era nessuno per loro e poi andava in contrasto con pentiti più blasonati. Lui per esempio parlò di suo cugino Armando Bonanno e disse che era vivo ma altri dicevano che era sparito per lupara bianca. Se aveva ragione lui ora sarà morto di vecchiaia.

Vi parlò anche di Stefano Delle Chiaie…

Fino a un certo punto, Non lui, ma la Romeo ci ha citato i rapporti tra Delle Chiaie e il fratello. Però in maniera estemporanea.

E voi le avete chiesto di portarvi le foto?

Sì e lei ci portò delle foto del fratello e Delle Chiaie mi sembra fosse però un convegno

Poi Maria Romeo parlerà di Delle Chiaie con altri carabinieri della Pretura

Sì ma io non ne so nulla. Sarà stata chiamata dai Carabinieri della Pretura per cose minori e lei avrà colto l’occasione per dirgli quella storia.

Maria Romeo ha raccontato a Report che lei accompagnò Lo Cicero da Paolo Borsellino. Avrebbero parlato per quattro ore anche di Delle Chiaie

A me non lo dissero. Io ho parlato con Borsellino uno o due giorni prima che morisse

Di cosa avete parlato?

Paolo Borsellino mi disse ‘Tu hai messo le mani su personaggi insospettabili e te la faranno pagare’. Poi aggiunse sereno e agitato allo stesso tempo: ‘Io devo morire perché l’esplosivo per me è arrivato ma tu sei giovane e guardati le spalle’.

Ha parlato con lui di Delle Chiaie o delle indagini su Capaci partite da Lo Cicero?

Non mi parlò di Delle Chiaie. Non avevo un’indagine su quello. Invece parlammo dei personaggi citati da Lo Cicero e di Capaci.


biografia

Sono nato a Roma il 16 giugno 1959 sono separato ed ho una figlia. Sono un Luogotenente dell’Arma dei Carabinieri in quiescenza, dopo aver militato nell’Arma dal 21 Novembre 1978 al 31 Gennaio 2006. In tale periodo ho prestato servizio a Rimini, Velletri, Firenze, Roma, Castellarano (RE), Sassuolo (MO), Palermo, Como, Civitavecchia (RM) ed Ardea (RM).
Ho prettamente svolto attività investigativa compresa quella Antimafia.
Dopo 4 anni dal congedo sono entrato in politica militando  nel partito de LA DESTRA di Storace con l’incarico di Dirigente – Tesoriere della Sezione di Ardea e per un periodo anche con quello di delegato provinciale di Roma per la Sicurezza.
Successivamente, dal 5 di ottobre 2010, dimessomi da quel partito, unitamente ad altri, ho istituito il Circolo di Generazione Italia verso Futuro e Libertà di Ardea del quale, sin dall’inizio, ho ricoperto l’incarico di Responsabile, sino alle dimissioni avvenute nel mese di Febbraio 2011.
Rientrato di nuovo ne LA DESTRA nel mese di Maggio 2011 ne sono riuscito nel mese di Maggio 2012 non condividendo più la politica di quei vertici. Attualmente sono il Coordinatore Nazionale del costituendo Movimento politico RIL – RIFONDAZIONE ITALIA PER LA LEGALITA’

 

 

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