Così la mafia usa TikTok per reclutare i giovani

 


Secondo l’esperto di mafie, i social contribuiscono all’evoluzione del sistema comunicativo delle mafie e alla diffusione delle droghe

 

«TikTok è il social più usato dalle mafie, perché lì l’astro nascente del mondo criminale si fa vedere ricco, con l’orologio d’oro e la macchina di lusso, e in qualche modo attrae gli ignoranti e i giovani in cerca di soldi, poveri di etica e poveri di morale».
Si esprime così il procuratore della Repubblica Nicola Gratteri, evidenziando il ruolo di TikTok come piattaforma preferita dalle mafie per mostrare una vita di lusso e attirare giovani in cerca di denaro.
Intervistato a «In altre parole», su La 7, da Massimo Gramellini, l’esperto di mafie ha analizzato l’evoluzione del sistema comunicativo mafioso, che oggi fa leva sull’influenza dei social media sulle nuove generazioni e sulla loro percezione della ricchezza e del successo. E aggiunge: «La mafia si è sempre comportata come un’azienda, persino cento anni fa: si faceva pubblicità, come quando i rampolli mafiosi in processione facevano offerte cospicue al santo di turno, sotto gli occhi di tutti. Era una dimostrazione di potere: come l’acquisto, negli anni Sessanta, di allenatori e squadre di calcio, che cominciavano così a scalare le classifiche».
E lancia un monito, lamentando l’inefficienza della tecnologia in Italia: «Le mafie, oggi, sono più contemporanee di noi: ci sono mafie in grado di appoggiarsi ad hacker stranieri per costruire nuovi Instagram, nuovi WhatsApp, nuovi Telegram, e costruire in questo modo un sistema di comunicazione che elude i controlli ufficiali.
Ciò significa che negli ultimi decenni, in Italia, non si è investito in tecnologie, ma attenzione: il futuro delle mafie sono le piattaforme web e darkweb».
Inoltre, secondo Gratteri, i social contribuirebbero in maniera preponderante alla diffusione delle droghe, perché «Ormai la droga viaggia anche sui social, e quindi diventa un problema che scavalca gli Stati, la politica»: è quanto dichiarato dal procuratore a «Giù la maschera», su Rai Radio1, appellandosi all’esigenza di costruire un sistema normativo forte, che possa arginare il danno. E aggiunge: «C’è uno spaventoso aumento del consumo di droghe sintetiche, perché costano poco, come il Fentanyl, che ha effetti devastanti e sta uccidendo migliaia di giovani negli Usa: la chiamano ‘la droga degli zombie’, perché fa perdere ogni facoltà cognitiva. O la cocaina rosa in Bolivia, inodore, difficilissima da individuare per i cani.
Persino la Cina sta avendo problemi a controllare l’elevatissimo consumo di droga tra i giovani».
In riferimento alla manovra di legalizzazione delle droghe leggere, dichiara poi: «I tossicodipendenti che fanno uso di marijuana sono il 7,8%, e un grammo costa cinque euro.
I cocainomani sono invece l’80%, e un grammo di cocaina costa 60 euro. Quale sarebbe, per le mafie, il mancato guadagno se la legalizzassimo?» LA STAMPA

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