17 settembre 2009 verbale di sommarie informazioni testimoniali di MANCINO Nicola

Domanda: Lei, sentito dalla A.G. di Caltanissetta in più circostanze, sia dibattimentali, che istruttorie, ha
reso diverse dichiarazioni.
In particolare, già all’udienza dibattimentale dell’8 luglio 1998 innanzi alla Corte d’Assise di Caltanissetta,
rispondendo a domanda di un difensore (“Lei ha mai convocato’ nel giorno del suo insediamento il dottor
BORSELLINO per conferire con lo stesso alla presenza del dottor PARISI?”), Lei riferì: “Bè, guardi, io
rispondo di no. lo non ho mai convocato il Giudice BORSELLINO; non ne avevo nessuna ragione nel
giorno del mio insediamento e non avrei potuto fare altrimenti, perché io mi sono insediato e ho preso
possesso dell ‘Ufficio. Semmai potevo disporre da quel momento eventuali mie attività di carattere…
politico. Un incontro con il Giudice BORSELLINO non è stato né da me sollecito né ritengo, anche se
non escludo in assoluto di averlo potuto incontrare, ma incontrare per caso… “
Successivamente, il 24 marzo 2004 – alla domanda del Procuratore della Repubblica di Caltanissetta (“lei
ha detto… anche oggi può darsi che ci sia stato uno incontro così generico ma non me ne ricordo… lei non
ricorda questo particolare”) ha risposto affermativamente, aggiungendo “ma all’interno di una serie di
strette di mano… di persone che si congratulavano con me che ero diventato Ministro… perché non era
l’ultima carica… questo credo che dopo quella di Presidente del Consiglio sia la più importante… … io non
posso dire… escludo di averlo visto però non ricordo di averlo visto… e non escludo… che mi sia stato
presentato dal Prefetto…PARISI… le presento il Ministro come mi presentava tanti alti funzionari… io vi
do questa versione che magari i due si sono sentiti per telefono… PARISI e BORSELLINO… allora
poiché BORSELLINO probabilmente doveva incontrare PARISI… PARISI gli ha detto… se vieni subito ti
faccio conoscere il Ministro… “.

PROCURA DELLA REPUBBLICA
presso il Tribunale di Caltanissetta
Direzione Distrettuale Antimafia
foglio nr. 374

Successivamente, nella sua memoria depositata a questi due Uffici e datata 15 gennaio 2009, Lei ha
riferito: “Non escludo una stretta di mano, fra le tante persone che si avvicinavano nei corridoi del
Viminale o entrarono nel mio Ufficio per congratularsi con me per la mia nomina a
Ministro “.
Ancora, nella ulteriore memoria a sua firma del 27 gennaio 2009, ha testualmente affermato che “il capo
della Polizia, che stava ricevendo il giudice Borsellino, attraverso il citofono interno mi chiede se avessi
nulla in contrario se mi veniva a salutare quel magistrato “.
Questa ricostruzione è stata poi confermata al quotidiano “Il Corriere della Sera” che l’ha pubblicata nella
edizione del 25 luglio 2009, riferendo così: ” Quel colloquio (con BORSELLINO, n.d.f.) non c’è stato.
Ricordo la chiamata di Parisi dal telefono interno: “Avrebbe qualcosa in contrario se
BORSELLINO venisse a salutarla?” Naturalmente risposi che poteva solo farmi piacere, ma poi
non è venuto”.
Orbene, ritenuto che da ormai molteplici fonti probatorie (ed in particolare dall’annotazione contenuta
nell’agenda del dott. BORSELLINO, dalle dichiarazioni rese alla Procura di Caltanissetta dal dott.
Vittorio ALIQUO’ e, più di recente, dal prof. Pino ARLACCHI, il quale ha affermato di avere appreso dal
dott. Borsellino lo stesso lO luglio 1992 del colloquio con Lei) emerge che l’incontro vi fu, ed avvenne il
1° luglio 1992, può dirci quale è la sua definitiva ricostruzione dei fatti?
Risposta: Confermo di non aver avuto alcun colloquio con BORSELLINO, né posso dire di averlo
incontrato perché non lo conoscevo. Ho sempre detto che non escludo che nel corridoio o in Ufficio abbia
potuto stringere la mano al dott. BORSELLINO come a tante altre autorità e persone che vennero a
trovarmi il giorno del mio insediamento. L’insediamento comporta una serie di incontri istituzionali. Che
io non avessi alcun appuntamento deriva anche dall’esame dalla mia agenda, che ora vi mostro, da cui
risulta che non avevo alcun appuntamento con il dott. BORSELLINO. L’Ufficio da atto che vengono
depositate due fotocopie corrispondenti a due pagine dell’ agenda relative ai giorni dal 29 giugno 1992 al
1° luglio 1992, e che queste fotocopie – che vengono acquisite – sono conformi all’originale esibito dalla
persona informata sui fatti.
Ho appreso tramite un avvocato che il collaboratore MUTOLO ha reso delle dichiarazioni da cui risulta
che il 1° Luglio BORSELLINO, invece di me, aveva incontrato PARISI e CONTRADA.
Io confermo, comunque, che avevo ricevuto la telefonata interna da PARISI: “Ha niente in
contrario”. Ma nonostante questo mio ricordo, continuo a dire di non averlo incontrato, al massimo, come
ho detto, gli ho stretto la mano.
A proposito del dott. Contrada, mi ricordo di avere detto – a commento del suo arresto – che auguravo a
CONTRADA di dimostrare la sua innocenza~ ma che comunque spettava ai magistrati accertarla.
Ricordo anche che, venuto a Palermo, dissi che la cattura dei latitanti era il principale obiettivo, e tra
questi latitanti il più pericoloso era indubbiamente RIINA.
Posso fornirvi il testo di due commemorazioni dei dott.ri FALCONE e BORSELLINO, che chiedo di
produrre. L’Ufficio le acquisisce a verbale.
Domanda: Era normale che il capo della Polizia annunziasse una persona che doveva presentarsi al suo
cospetto?

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presso il Tribunale di Caltanissetta
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foglio nr. 375

Risposta: Devo dire che, in primo luogo, l’ulteriore particolare relativo alla comunicazione telefonica
interna del capo della Polizia PARISI è una ricostruzione deduttiva. La cosa, dunque, può anche non
essere accaduta. Ribadisco che il collaboratore MUTOLO ha detto che io non incontrai BORSELLINO, e
che quest’ultimo incontrò, invece, PARISI e CONTRADA. In ogni caso la telefonata interna poteva essere
una “copertura”.
Del resto, io ero amico di PARISI e, dunque, questi aveva ben diritto a chiamarmi ed annunziarmi alcune
visite.
Ricordo ancora che il precedente Ministro, SCOTTI mi disse che aveva un collaboratore, Pino
ARLACCHI, che lo aveva molto aiutato. Io dissi che lo avrei confermato, sapendo quanto fosse valido.
Come anche confermai il Prefetto LAURO a capo gabinetto del Ministro dell’interno.
A D.R.- Lei mi chiede, dunque, nuovamente di specificare se questa telefonata interna ci fu. Rispondo che
ritengo di si, ma dopo 17 anni è difficile ricordare.
Mi sembra assurda la rilevanza che si è data ad una possibile stretta di mano. Il fratello del dott.
BORSELLINO, che non ho voluto denunziare, fa comizi contro di me evocando un mio presunto ruolo
nella c.d. trattativa. E’ incredibile che si pensi che in quella occasione,che corrisponde al giorno del mio
insediamento, si sia potuto parlare della c.d. trattativa.
Domanda: In relazione alla c.d. “trattativa”, sempre il 24 aprile 2004 alla Procura di Caltanissetta Lei ha
dichiarato: “Escludo tassativamente di aver saputo di proposte dirette ad attenuare l’offensiva dello
Stato nei confronti della Mafia …”.
In particolare, pur ribadendo di non avere “mai visto documenti” (con chiaro riferimento al c.d. “papello”)
ha aggiunto che “in qualche riunione del Comitato Antimafia al Quirinale dove partecipavano tutti i
direttori dei Servizi e Comandante Generale della Guardia di Finanza, dei Carabinieri… il Capo della
Polizia… il Capo Gabinetto del Ministro e in quelle occasioni se ne discuteva… cioè l’offensiva ma mai a
dire questi hanno mandato diciamo… un documento… io documenti. E successivamente ha detto: “non mi
è stata mai prospettata si è sempre parlato da parte del Capo della Polizia ma questi vorrebbero un
abbassamento del livello dello Stato… ma… il Capo della Polizia era una… persona di notevole capacità
ma anche diciamo di forte e diciamo capacità di analisi… professionalmente è stato uno dei migliori Capi
della Polizia che abbiamo avuto… ma dal punto di vista diciamo della interpretazione della analisi… bè lui
le analisi le sapeva fare insomma… però che queste fossero il frutto di conoscenza o il frutto di una
originale riflessione sua io non lo posso escludere io non gli andavo a dire… dove attingi “.
Successivamente, confermava questa posizione nella memoria del 15 gennaio 2009, prima citata, ove
confermava che “né in pubblico (riunioni al Viminale) né in privato, neppure l’ex capo della polizia
PARISI mi fece presente che qualcuno per conto dello Stato trattasse con elementi della mafia “.
Ancora successivamente, inviava ai giornali una sua dichiarazione, poi ripresa dal quotidiano “La
Repubblica” del 20 luglio 2009, di questo testuale tenore:
“Vedo che adesso si torna a parlare di trattativa. Lo fa anche Riina. Ma quale trattativa!
L’abbiamo sempre respinta, anche come semplice ipotesi di alleggerimento dello scontro con lo
Stato portato avanti dalla mafia…”.

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foglio nr. 376

Anche al quotidiano “Il Corriere della Sera “, nella edizione del 25 luglio 2009, Lei ha riferito – alla
domanda di cosa venne “respinto” (il riferimento è alla sua nota alla stampa ed al precedente articolo di
“La Repubblica”) che “a partire dal capo della Polizia fino ai direttori dei Servizi, quando qualcuno
avanzò l’ipotesi che la Mafia aveva alzato il tiro contro le istituzioni per ottenere una attenuazione dei
provvedimenti di contrasto già assunti dal governo o ancora all’esame del Parlamento, questa eventualità
fu immediatamente scartata “.
Ciò premesso, può dirci, rispetto alle sue dichiarazioni, chi prospettò questa possibile “attenuazione” della
legislazione antimafia, pur semplicemente come desiderata da Cosa Nostra?
Sulla base di quali elementi venne avanzata questa ipotesi? Quando avvenne questa prospettazione?
Lei di questa prospettazione parlò con altri componenti del governo?
Risposta: Noi abbiamo fatto numerose riunioni del Comitato di Sicurezza e del Comitato Antimafia.
L’offensiva mafiosa era stata piuttosto dura, come dura fu la risposta dello Stato. Nel passaggio dal
precedente governo al nuovo, siamo stati impegnati nella conversione del decreto legge dell’8 giugno
1992. Io mi impegnai per accorciare i tempi della istituzione della D.LA. Trasferimmo i mafiosi più
pericolosi dall’Ucciardone all’ Asinara ed a Pianosa. Varammo l’operazione c.d. Vespri siciliani.
Mi domandai allora come mai la mafia avesse portato una nuova offensiva così grave, l’uccisione di
BORSELLINO e della sua scorta, a pochi giorni dall’uccisione di FALCONE, della moglie, e della scorta.
Fu una domanda che girai ai tecnici per capire quali fossero le loro valutazioni di fronte a questa
prospettazione.
Il capo della Polizia, durante quelle riunioni, per primo ha detto: “la mafia si scontra con lo stato per
attenuarne la portata offensiva”. Nessuno ha però detto che vi era una trattativa. Escludo in maniera
netta che in questi organismi si sia parlato di trattativa. Io avrei respinto, anzi, una tale prospettiva.
A DR – Oltre a PARISI, condivisero la sua analisi sulle cause del nuovo attacco mafioso il Comandante
della Guardia di Finanza, i vertici della DIA (tra cui DE GENNARO), il vice capo della Polizia (il
prefetto ROSSI), il prefetto LAURO. Ma tutti condividemmo che bisognava continuare la lotta alla mafia.
Non vi era nessuno che volesse attenuazioni, come pare di capire
dall’articolo, che in questa parte non confermo. Tutti volevano rendere ancora più dura la lotta alla mafia.
A DR – Lei mi chiede se sia possibile che una “trattativa” sia stata portata avanti da apparati dello Stato,
senza che il governo ne sia stato mai a conoscenza; e mi comunica che l’on. VIOLANTE, allora
Presidente della Commissione Antimafia, ha recentemente dichiarato alla Procura di Palermo di avere
effettivamente ricevuto il Gen. MORI, che gli chiese di incontrare CIANCIMINO Vito.
Rispondo che il Capo della Polizia (che era quello che avrebbe dovuto informarmi di una
“trattativa”) non mi disse mai nulla al riguardo. E ciò sia con riferimento ad una trattativa posta in
essere da parte dei Carabinieri, sia con riferimento ad una trattativa parallela dei servizi c.d.”deviati”. Se
avessi avuto qualche sentore, ne avrei parlato immediatamente con il Capo dello Stato, che fu il vero
sponsor della mia nomina a Ministro.
L’eventuale esistenza di questa trattativa sarebbe stata una cosa molto grave: capisco che c’era la forte
volontà di prendere un latitante così pericoloso come RIINA , ma questo fine non avrebbe potuto
legittimare, a mio avviso, una trattativa con i mafiosi.

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presso il Tribunale di Caltanissetta
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foglio nr. 377

Io ho sempre detto che RIINA andava catturato al più presto, capeggiando il medesimo quella che
definii testualmente “l’ala violenta della mafia”, che, dunque, andava debellata. Io, di certo, sebbene
RIINA nelle sue “esternazioni” abbia detto cosa diversa, non sapevo quando poteva essere catturato
RIINA, ma martellavo continuamente le forze dell’ordine chiedendo sempre la sua cattura. Comprendo,
dunque, che possa avere risentimento nei miei confronti.
Ricordo che dopo l’uccisione del dott. BORSELLINO cambiammo anche i vertici di SISMI, SISDE e
CESIS. Lei mi chiede perché. Perché volevamo dare un forte segno di discontinuità, anche perché nella
discussione in Parlamento si parlò di “schegge impazzite” dei servizi. Quando dico “volevamo” intendo
riferirmi, specificamente, anche al Presidente AMATO.
Si acquisisce agli atti il libro “Due anni al Viminale” di Nicola Mancino, offerto dal teste.
A D.R. Lei mi chiede se mi venne mai riferito che due ufficiali del R.O.S. incontrassero un esponente
politico già condannato per mafia, o meno. Rispondo che ne sono venuto a conoscenza solo tramite amici
che mi hanno mandato fotocopie di processi. Io non ero a conoscenza di trattative, ma neanche di questi
incontri.
A D.R. Mi sono chiesto in questi anni perché BORSELLINO andasse da PARISI, e non conosco la
risposta a questa domanda.
A D.R. Nessuno mi disse neanche che vi era la possibilità di catturare RIINA tramite delle “fonti
confidenziali”. Del resto, noi davamo le direttive alle forze dell’ordine, e queste poi operavano spesso
senza metterci a parte delle modalità con le quali perseguivano queste direttive. Questo perché ogni forza
di polizia voleva intestarsi le catture più importanti.
A D.R. Non ricordo se anche i capi dei servizi concordassero con l’analisi di PARISI, di cui ho prima
detto, sulla ragione delle stragi.
Domanda: A seguito della sua partecipazione ad un convegno a Palermo il 12 dicembre del 1992
nell’edizione del “Giornale di Sicilia” le vengono attribuite alcune dichiarazioni – tra l’altro rivolte al Capo
della Polizia PARISI – riguardanti proprio l’arresto di RIINA (” L’intento di catturare Totò Riina non è un
intento astratto ma e’ obiettivo concretamente perseguibile, Si deve perseguire con tenacia questo
obiettivo, prefetto Parisi, attraverso l’impegno quotidiano delle energie migliori dispiegando ogni mezzo
di indagine “auspicio cui il prefetto Parisi, presente, ebbe a rispondere pubblicamente che la cattura
poteva avvenire “in tempi ragionevoli “). Inoltre, il giornalista riporta che lei avrebbe dichiarato che “la
mafia sta cambiando, forse è alla vigilia di una scissione, come quella che spaccò la camorra,
indebolendola”. Come mai Lei rilasciò questa dichiarazione?Come era venuto a conoscenza dell’esistenza
di questa spaccatura?
Risposta:Ricordo che all’interno di Cosa Nostra c’era la corrente dei c.d. morbidi, capeggiata da
PROVENZANO, ed una corrente dei c.d. duri, capeggiata da RIINA.
Ciò mi dicevano i rapporti della DIA, ed anche i rapporti del consulente ARLACCHI.
Risultava anche una spaccatura tra il gruppo mafioso palermitano ed il gruppo mafioso catanese.
Domanda: L’on. MARTELLI, allora Ministro della Giustizia, ha dichiarato al giornale “Il Tempo” del 24
luglio 2009, che – dopo il 23 maggio 1992 – “si entrò in una fase opaca”. Si diffuse il pensiero che forse
bisognava allentare la morsa, come se lo Stato avesse provocato la mafia e ora dovesse fare un passo

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presso il Tribunale di Caltanissetta
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foglio nr. 378

indietro. Io e Scotti … cercammo di reagire rendendo ancora più forti i gesti di lotta alla criminalità
organizzata. Preparammo il decreto Falcone e lo portammo in Parlamento. Craxi e Scalfaro … diedero ad
Amato l’incarico di formare il governo e lì successe qualcosa. AMATO mi chiamò e disse che dovevo
lasciare il dicastero. Lo stesso fece con SCOTTI.
Più avanti nella stessa intervista Martelli dice anche che non c’era un disegno dietro la decisione di voler
sostituire SCOTTI, “ma piuttosto. … il bisogno, da parte della politica siciliana, di riprendere il fiato.
Deputati, senatori, venivano da me e mi dicevano “basta, non se ne può più, è un clima da guerra
continuo. Un po’ come quando si è in guerra da troppo tempo e si è stanchi, allora nasce con il nemico
una sorta di tacito accordo: i ritmi si rallentano e la pressione cala”.
Conosceva queste affermazioni di MARTELLI? Ritiene che tali dichiarazioni abbiano un qualche
fondamento?
Risposta:Ho letto queste dichiarazioni dell’on. MARTELLI sui giornali, ed escludo che corrispondano a
verità nel modo più assoluto. Non ho chiesto io di fare il ministro. Ma questa carica mi venne offerta dal
Presidente della D.C. Forlani col consenso del Presidente della Repubblica. In ogni caso, con il mio
Ministero vi è stata una intensificazione dell’offensiva dello Stato, certo non una attenuazione. lo non ebbi
problemi a rinunziare alla carica di parlamentare, e, con questo, alla immunità relativa in coerenza con le
indicazioni del mio partito.
Quanto a contatti con deputati e senatori siciliani, l’unico politico siciliano con cui avevo rapporti era l’on.
SERGIO MATTARELLA, da cui non ho mai avuto inviti a desistere dalla politica antimafia, ma che,
anzi, mi spronò più di una volta a continuare.
Mi sovviene anche che in quel medesimo periodo l’on. Calogero MANNINO, incontrandomi, mi disse: “Il
prossimo sarò io”, con chiaro riferimento al fatto che fosse lui il prossimo obiettivo della strategia
stragista della mafia.
Non so perché FORLANI si orientò a favore della nomina dell’on. SCOTTI a Ministro degli Esteri. Lei
mi chiede, in ogni caso, come mai l ‘on. SCOTTI sia stato nominato Ministro degli Esteri, malgrado
avesse sempre dichiarato di non avere intenzione di rinunciare alla immunità parlamentare.
Io credo di poter dire che l’assenza dell’immunità sia più pesante per chi fa il Ministro dell’Interno che per
chi fa il Ministro degli Esteri. Probabilmente, per questo si decise di offrire a SCOTTI, che non voleva
rinunziare all’immunità, una carica meno “difficile”, ma di altissimo profilo istituzionale.
A D.R. – Io non ho mai sentito di una possibile nomina dell’ on. SCOTTI a Ministro degli Interni quale
“fuori quota” (dunque, non in quota D.C.), con l’accordo che questo gli consentisse di rimanere
parlamentare. Comprendo ancora oggi la resistenza di SCOTTI a dimettersi da parlamentare perché e’
vero che un ministro non parlamentare degrada a tecnico. Ricordo del resto che anche lo stesso on.
VITALONE non voleva dimettersi, come l’on. IERVOLINO.
Spontaneamente aggiunge: Non ho mai avuto contatti con Vito CIANCIMINO.
Lette le dichiarazioni integrali dell’on. MANCINO, va rilevato che, ogni caso, l’incontro