MAFIA, POLITICA ed elezioni dopate

Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d’accordo. PAOLO BORSELLINO

 
 

Alcuni politici continuano a rivolgersi ai mafiosi per avere appoggio elettorale. E lo ottengono a prescindere dal colore del loro partito di appartenenza. E quel che è grave, quanto lo è il voto di scambio politico mafioso, è che la ‘ndrangheta, in questo caso, riesce a garantire i voti. 

Tutto questo ci porta a sostenere, leggendo i documenti che formano le inchieste giudiziarie, che le organizzazioni criminali hanno ancora un massiccio controllo su vaste fasce della popolazione, tanto da imporre il candidato da votare.
E quindi se i politici di destra e di sinistra, ma anche di centro, persistono a cercare i boss per vincere le competizioni elettorali, come emerge dall’inchiesta della procura di Reggio Calabria diretta da 𝐆𝐢𝐨𝐯𝐚𝐧𝐧𝐢 𝐁𝐨𝐦𝐛𝐚𝐫𝐝𝐢𝐞𝐫𝐢, evidentemente sanno che l’apporto di voti che può dare la cosca mafiosa è valida.
Da tempo si è invertito il rapporto ‘ndrangheta e politica. Una volta erano i mafiosi che cercavano l’appoggio del politico, ora è il contrario. Nonostante le inchieste e le condanne di questi anni, proprio a Reggio Calabria e a Catanzaro, a quanto pare non sono servite da monito ai politici che vogliono doparsi, iniettandosi nelle vene il fluido mafioso che li trasformerà marchiandoli per sempre.
Non solo, oltre a renderli a disposizione della ‘ndrangheta, le passate inchieste hanno fatto vedere che i mafiosi sono controllati dagli investigatori e quindi molti loro contatti che arrivano dall’esterno delle cosche, vengono registrati.
Quest’ultima indagine fa luce su episodi di ipotizzato condizionamento delle competizioni elettorali per il Consiglio regionale e il Consiglio comunale di Reggio Calabria.
Il dato preoccupante è la mancanza di valori di alcuni candidati, di diversa casacca e diverso colore. E il guaio è che le loro conversazioni sono registrate. E non è la prima volta.
Qualche anno fa sempre a Reggio Calabria, nell’inchiesta “Libro nero”, che coinvolgeva altri mafiosi e politici, era emerso lo stesso metodo. Quella volta c’era un professionista, un dentista, ritenuto collegato ad una cosca della ‘ndrangheta, nel cui studio medico si riunivano presunti affiliati. Qui gli investigatori hanno registrato importanti conversazioni in cui si parlava di politici a disposizione degli ‘ndranghetisti, e si diceva chiaramente che il sostegno fosse dato a candidati di sinistra o di destra, in modo da restare agganciati sempre al vincente.
La ‘ndrangheta non vuole avvantaggiare un colore politico, ha interesse su chi comanda, su chi sarà l’amministratore della cosa pubblica.
𝐈 𝐛𝐨𝐬𝐬 𝐚𝐜𝐜𝐨𝐧𝐭𝐞𝐧𝐭𝐚𝐧𝐨 𝐜𝐡𝐢 𝐜𝐡𝐢𝐞𝐝𝐞 𝐚𝐩𝐩𝐨𝐠𝐠𝐢𝐨 𝐢𝐧 𝐦𝐨𝐝𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐮𝐧𝐚 𝐯𝐨𝐥𝐭𝐚 𝐫𝐚𝐠𝐠𝐢𝐮𝐧𝐭𝐨 𝐢𝐥 𝐬𝐮𝐜𝐜𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐚𝐥𝐥𝐞 𝐮𝐫𝐧𝐞 𝐩𝐨𝐭𝐫𝐚𝐧𝐧𝐨 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐜𝐨𝐧𝐬𝐢𝐝𝐞𝐫𝐚𝐭𝐢 𝐩𝐞𝐫 𝐬𝐞𝐦𝐩𝐫𝐞 ” 𝒂 𝒅𝒊𝒔𝒑𝒐𝒔𝒊𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆”. O come dice qualche capocosca: “A buon rendere”.
È pur vero che negli ultimi tempi i politici una volta ottenuto il voto dopato provano a tirarsene fuori. E qui c’è il risentimento dei mafiosi che può trasformarsi in violenza.
Ma gli ‘ndranghetisti sanno che il loro candidato quando sarà chiamato in aiuto a rendere il favore elettorale, lui risponderà perché è “a disposizione”.
I giudici che processano chi è accusato di voto di scambio chiedono dove sta il “des”, e occorre dire, anche se giudiziariamente è difficile, che questodes” è implicito, perché all’imputato gli viene dato l’appoggio elettorale in prospettiva che poi lui ripaghi il favore ricevuto.
È la disponibilità del politico, quando il mafioso lo chiederà, che conta per la cosca. E purtroppo 𝐥𝐚 ‘𝐧𝐝𝐫𝐚𝐧𝐠𝐡𝐞𝐭𝐚 𝐧𝐨𝐧 𝐝𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢𝐜𝐚 𝐢 𝐟𝐚𝐯𝐨𝐫𝐢 𝐜𝐡𝐞 𝐡𝐚 𝐟𝐚𝐭𝐭𝐨, 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐚 𝐨 𝐩𝐨𝐢 𝐥𝐢 𝐫𝐢𝐬𝐜𝐮𝐨𝐭𝐞. Lirio Abbate su la Repubblica del12/06/2024
 

 

 
 

 

𝗟𝗲 𝗮𝗹𝗹𝗲𝗮𝗻𝘇𝗲 𝗰𝗼𝗻 𝗶 𝗰𝗹𝗮𝗻 𝗰𝗵𝗲 𝘀𝗶 𝗳𝗮 𝗳𝗶𝗻𝘁𝗮 𝗱𝗶 𝗻𝗼𝗻 𝘃𝗲𝗱𝗲𝗿𝗲

 

Non c’è solo Reggio Calabria. E le inchieste di questi ultimi mesi sono un ottimo strumento d’analisi politica. L’attuale procuratore di Napoli, 𝐍𝐢𝐜𝐨𝐥𝐚 𝐆𝐫𝐚𝐭𝐭𝐞𝐫𝐢, diceva nel 2018 al compianto 𝐀𝐧𝐝𝐫𝐞𝐚 𝐏𝐮𝐫𝐠𝐚𝐭𝐨𝐫𝐢: “𝐿𝑎 𝑝𝑜𝑙𝑖𝑡𝑖𝑐𝑎 𝑠𝑖 𝑟𝑖𝑣𝑜𝑙𝑔𝑒 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑟𝑒 𝑝𝑖𝑢̀ 𝑎𝑖 𝑐𝑎𝑝𝑖𝑚𝑎𝑓𝑖𝑎 𝑝𝑒𝑟 𝑎𝑣𝑒𝑟𝑒 𝑝𝑎𝑐𝑐ℎ𝑒𝑡𝑡𝑖 𝑑𝑖 𝑣𝑜𝑡𝑖. 𝐼𝑙 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑜 𝑖𝑛 𝑐𝑎𝑚𝑏𝑖𝑜 𝑑𝑖 𝑎𝑝𝑝𝑎𝑙𝑡𝑖 𝑒 𝑏𝑒𝑛𝑒𝑓𝑖𝑐𝑖. 𝑈𝑛 𝑐𝑎𝑝𝑜𝑚𝑎𝑓𝑖𝑎 𝑒̀ 𝑝𝑟𝑒𝑠𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑠𝑢𝑙 𝑡𝑒𝑟𝑟𝑖𝑡𝑜𝑟𝑖𝑜 365 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑖 𝑙’𝑎𝑛𝑛𝑜. 𝑈𝑛 𝑝𝑜𝑙𝑖𝑡𝑖𝑐𝑜 𝑒̀ 𝑝𝑟𝑒𝑠𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑚𝑒𝑑𝑖𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 2 𝑜 3 𝑚𝑒𝑠𝑖 𝑝𝑟𝑖𝑚𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑒𝑙𝑒𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖, 𝑝𝑜𝑖 𝑛𝑜𝑛 𝑐’𝑒̀ 𝑝𝑖𝑢̀ 𝑒 𝑚𝑜𝑙𝑡𝑒 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑒 𝑐𝑎𝑚𝑏𝑖𝑎 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑡𝑒𝑙𝑒𝑓𝑜𝑛𝑜, 𝑝𝑒𝑟 𝑛𝑜𝑛 𝑓𝑎𝑟𝑠𝑖 𝑡𝑟𝑜𝑣𝑎𝑟𝑒, 𝑐𝑜𝑛𝑠𝑖𝑑𝑒𝑟𝑎𝑡𝑒 𝑙𝑒 𝑝𝑟𝑜𝑚𝑒𝑠𝑠𝑒 𝑓𝑎𝑡𝑡𝑒”.
L’ex capo di gabinetto di Toti, 𝐌𝐚𝐭𝐭𝐞𝐨 𝐂𝐨𝐳𝐳𝐚𝐧𝐢, indagato sei anni dopo a Genova (voto di scambio con la mafia) viene intercettato mentre convince una candidata a partecipare a una cena elettorale organizzata dai referenti di un clan: le dice che sono “𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑙𝑎 𝑚𝑜𝑟𝑡𝑎𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎, 𝑝𝑜𝑐𝑎 𝑠𝑝𝑒𝑠𝑎 𝑚𝑜𝑙𝑡𝑎 𝑟𝑒𝑠𝑎, 𝑑𝑖𝑒𝑐𝑖 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑖 𝑑𝑜𝑝𝑜 𝑙𝑒 𝑒𝑙𝑒𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑏𝑙𝑜𝑐𝑐ℎ𝑖 𝑖𝑙 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜, 𝑔𝑟𝑎𝑧𝑖𝑒 𝑒 𝑎𝑟𝑟𝑖𝑣𝑒𝑑𝑒𝑟𝑐𝑖”.
Gratteri non è un veggente. È gran parte della classe dirigente del Paese che finge di essere cieca. Il gip di Reggio Calabria (pur respingendo la richiesta di arrestare i politici indagati, motivandola con l’assenza di prove sufficienti a dimostrare la loro consapevolezza dell’alleanza elettorale con il clan) conferma che i “𝑝𝑜𝑙𝑖𝑡𝑖𝑐𝑖 𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑡𝑟𝑖𝑛𝑔𝑜𝑛𝑜 𝑎𝑙𝑙𝑒𝑎𝑛𝑧𝑒 𝑝𝑜𝑙𝑖𝑡𝑖𝑐𝑜-𝑒𝑙𝑒𝑡𝑡𝑜𝑟𝑎𝑙𝑖 𝑐𝑜𝑛 𝑖𝑙 𝐵𝑎𝑟𝑖𝑙𝑙𝑎̀ (indagato per mafia, ndr) 𝑠𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑏𝑒𝑛𝑖𝑠𝑠𝑖𝑚𝑜 𝑑𝑖 𝑎𝑙𝑙𝑎𝑐𝑐𝑖𝑎𝑟𝑒 𝑟𝑎𝑝𝑝𝑜𝑟𝑡𝑖 𝑐𝑜𝑛 𝑢𝑛 𝑡𝑒𝑟𝑟𝑖𝑡𝑜𝑟𝑖𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑢𝑏𝑖𝑠𝑐𝑒 (…) 𝑙’𝑖𝑛𝑓𝑙𝑢𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑚𝑎𝑓𝑖𝑜𝑠𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙’𝐴𝑟𝑎𝑛𝑖𝑡𝑖 𝑎𝑛𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑢𝑙 𝑣𝑒𝑟𝑠𝑎𝑛𝑡𝑒 𝑒𝑙𝑒𝑡𝑡𝑜𝑟𝑎𝑙𝑒”.
Il candidato 𝐆𝐢𝐮𝐬𝐞𝐩𝐩𝐞 𝐒𝐞𝐫𝐚 (Pd) prima delle elezioni va a trovare in casa 𝐃𝐨𝐦𝐞𝐧𝐢𝐜𝐨 𝐀𝐫𝐚𝐧𝐢𝐭𝐢: “𝐸̀ 𝑔𝑟𝑎𝑣𝑖𝑠𝑠𝑖𝑚𝑜 – scrive il gip – 𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑖𝑎 𝑎𝑛𝑑𝑎𝑡𝑜 𝑑𝑎𝑙𝑙’𝐴𝑟𝑎𝑛𝑖𝑡𝑖 𝑎𝑛𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑜𝑙𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑢𝑛 ‘𝒅𝒐𝒗𝒆𝒓𝒐𝒔𝒐 𝒔𝒂𝒍𝒖𝒕𝒐’ 𝑝𝑜𝑖𝑐ℎ𝑒́ 𝑙𝑎 𝑝𝑜𝑙𝑖𝑡𝑖𝑐𝑎 𝑑𝑜𝑣𝑟𝑒𝑏𝑏𝑒 𝑡𝑒𝑛𝑒𝑟𝑠𝑖 𝑎 𝑑𝑒𝑏𝑖𝑡𝑎 𝑑𝑖𝑠𝑡𝑎𝑛𝑧𝑎 𝑑𝑎 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑒 𝑞𝑢𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑠𝑖𝑡𝑢𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑐ℎ𝑒 𝑝𝑜𝑠𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑎𝑛𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑜𝑙𝑜 𝑓𝑎𝑐𝑖𝑙𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑓𝑎𝑟 𝑖𝑝𝑜𝑡𝑖𝑧𝑧𝑎𝑟𝑒 𝑐𝑜𝑙𝑙𝑢𝑠𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑒 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑖𝑔𝑢𝑖𝑡𝑎̀ 𝑐𝑜𝑛 𝑙𝑎 𝑚𝑎𝑓𝑖𝑎”.
Il quadro è piuttosto chiaro. E non solo a Reggio Calabria Antonio Massari sul Fatto del 12/06/2024
 

MAFIA e POLITICA