SCARPINATO/MONTANTE

… Dagli appunti emerge che Montante ebbe rapporti molto intensi con Scarpinato e compaiono diverse richieste di raccomandazione da parte di quest’ultimo. Ma, fra gli appunti di Montante,salta all’occhio quello datato 3 maggio 2012 con la dicitura: «Scarpinato mi consegna composizione del Csm con i suoi iscritti per nuovo incarico, procura generale Palermo più Dna». E c’è pure la stampa del documento con la composizione del Csm con appunti manoscritti, in cui per ciascun componente è indicata la corrente di appartenenza, e per quelli eletti dal Parlamento il partito di appartenenza, e sul margine sinistro del foglio annotata la seguente scritta: «Due alternative, o Lari procuratore generale a Caltanissetta e non fa concorrenza».


 

21.8.2022 L’errata profezia del Procuratore Scarpinato su Montante

Non finiscono le polemiche a seguito della candidatura di Roberto Scarpinato con il Movimento 5 Stelle. Dopo Ingroia che ha pesantemente criticato la scelta dell’ex procuratore generale di Palermo, e l’articolo non meno critico di Matassa sulla scelta di magistrati ed ex tali di mettersi in politica, c’è chi ancora  ricorda di come Scarpinato “facesse il tifo” per Antonello Montante, l’ex apostolo dell’antimafia che intervenne anche in favore di diversi magistrati. Tra i tanti articoli critici reperibili in rete.
“Questi sono fatti che attestano, nero su bianco – si legge nell’articolo – come Roberto Scarpinato, da magistrato, aveva pubblicamente tirato la volata ad Antonello Montante, schierandosi a suo favore, come se si trattasse di uno sfegatato tifoso di calcio. Si tratta di un atto pubblico dal titolo: <> di Roberto Scarpinato – 2011 – Retecamere Scrl [società della Camera di Commercio di Roma] – Finito di stampare nel mese di aprile 2011. Stando alla documentazione custodita in un caveau segreto, rinvenuta dalla squadra mobile di Caltanissetta a casa del Montante, Scarpinato gli avrebbe chiesto, l’anno successivo all’intervento che potete leggere in coda, e cioè nel 2012, una raccomandazione per diventare procuratore generale di Palermo. Ricordiamo che l’ex falso paladino dell’antimafia Montante è stato condannato in appello, col rito abbreviato, l’8 giugno scorso ad 8 anni di reclusione, per associazione a delinquere, corruzione, accesso abusivo ai sistemi informatici dei Ministeri dell’Interno e della Giustizia e spionaggio”.

Quello riportato al termine dell’articolo è l’intervento pubblico di allora a favore di Montante e degli allora vertici di Confindustria Sicilia:

La parola a Scarpinato:

“… Mi riferisco alla svolta maturata da Confindustria Sicilia a partire dal 2006 e portata avanti da Antonello Montante, presidente di Confindustria e della Camera di commercio di Caltanissetta; Ivan Lo Bello, presidente di Confindustria Sicilia e della Camera di commercio di Siracusa; Giuseppe Catanzaro, presidente di Confindustria Agrigento; Marco Venturi e altri. Questa classe di giovani imprenditori ha avuto il coraggio di operare quella linea di frattura alla quale ho fatto riferimento prima, aprendo uno scontro interno al mondo imprenditoriale senza precedenti. La Sicilia, come sempre è avvenuto in passato, si rivela in questo momento un laboratorio politico di portata nazionale che ha innescato un movimento che ha assunto un respiro nazionale e sta propagandosi, seppure a fatica, anche in altre regioni meridionali. Non mi dilungo sulle tappe di questo processo che sono certo conoscete benissimo e nel quale mi pare si possano distinguere più fasi. La prima fase è consistita nella conduzione di una guerra vittoriosa iniziata a Caltanissetta contro la componente imprenditoriale in quel distretto fortissima che faceva capo al costruttore Di Vincenzo, già presidente dell’Ance regionale, poi sottoposto a misura di prevenzione antimafia. Una fase che si è conclusa con l’emanazione di un codice etico che sanciva l’espulsione di tutti gli operatori economici che non denunciavano alle forze di polizia di avere subito richieste estorsive, segnale di una netta presa di distanza dalla cultura della connivenza e della rassegnazione passiva all’esistente.
La seconda fase, maturata più lentamente, è consistita nell’espulsione di imprese ritenute contigue con la mafia. …”

Un percorso pieno di insidie

“… Sono a conoscenza dei tentativi che sono stati svolti ad alto livello per isolare e delegittimare Ivan Lo Bello, Antonello Montante e altri alfieri della primavera confi ndustriale palermitana. E dobbiamo essere tutti consapevoli con sano realismo che questi risultati non sono irreversibili. Che proprio per la forza sociale e politica della borghesia mafiosa la partita resta sempre aperta e a rischio e richiede per questo vigilanza, consapevolezza e mobilitazione permanenti. …”>>

Redazione  LA VALLE DEI TEMPLI  21.8.2022


21.8.2022 Scarpinato nel 2011 tifava per Montante: ecco un suo intervento pubblicato dalla Camera di Commercio di Roma. Comunicato di Palamara sui magistrati in pensione candidati alle Nazionali

Questi sono fatti che attestano, nero su bianco, come Roberto Scarpinato, da magistrato, aveva pubblicamente tirato la volata ad Antonello Montante, schierandosi a suo favore, come se si trattasse di uno sfegatato tifoso di calcio. Si tratta di un atto pubblico dal titolo: <> di Roberto Scarpinato – 2011 – Retecamere Scrl [società della Camera di Commercio di Roma] – Finito di stampare nel mese di aprile 2011.
Quello che riportiamo al termine di questa nota, è quel suo memorabile intervento pubblico a favore di Montante e degli allora vertici di Confindustria Sicilia.
Stando alla documentazione custodita in un caveau segreto, rinvenuta dalla squadra mobile di Caltanissetta a casa del Montante, Scarpinato gli avrebbe chiesto, l’anno successivo all’intervento che potete leggere in coda, e cioè nel 2012, una raccomandazione per diventare procuratore generale di Palermo.
Ricordiamo che l’ex falso paladino dell’antimafia Montante è stato condannato in appello, col rito abbreviato, l’8 giugno scorso ad 8 anni di reclusione, per associazione a delinquere, corruzione, accesso abusivo ai sistemi informatici dei Ministeri dell’Interno e della Giustizia e spionaggio. A tal proposito l’ex presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Luca Palamara, proprio in questi giorni, dopo quello che ha rivelato nei libri ‘Il sistema’ e ‘Lobby &Logge’, ritorna  anche su questo argomento, quello relativo ai rapporti tra Montante ed i magistrati del distretto nisseno. Com’è ormai noto tale vicenda è approdata, nel 2016, sul tavolo del procuratore della repubblica di Catania che scrisse a modello 45 i dieci magistrati indagati. Tale procedura consente di archiviare le indagini,  senza passare al vaglio del Tribunale. Cosa che il procuratore Zuccaro fece nei confronti dei suoi colleghi, compreso Scarpinato ovviamente, con questa motivazione:

Contestualmente, sempre Zuccaro, inviò una copia del relativo incartamento al CSM, per gli eventuali provvedimenti disciplinari.

Da allora ad oggi, su questa storia, si registrano soltanto degli imbarazzanti silenzi. Ecco perché Palamara lancia un appello e cerca di scuotere Scarpinato, neo candidato alle Nazionali dei 5 Stelle:

 

Nel 2011, ma anche dopo, l’ex procuratore generale di Palermo sul conto di Antonello Montante, purtroppo non sapeva niente. Non si era accorto, come tanti del resto, che in realtà era un falso paladino dell’antimafia. Non sappiamo se si è reso conto di questo bluff quando nel 2014 il giornale ‘I SicilianiGiovani’ pubblicano le foto che ritraggono Montante con i suoi compari mafiosi dentro la sede di Sicindustria ed il suo atto di matrimonio. Documenti peraltro rinvenuti nel 2009 a casa del compare mafioso di Montante, dal colonnello Letterio Romeo, attualmente sotto processo a Caltanissetta. Nessuno si è reso conto che gli imprenditori mafiosi Paolino e Vincenzo Arnone, assieme ad altri capimafia nisseni, avevano favorito la scalata dentro e fuori Confindustria di Antonello Montante, debitamente travestito da antimafioso di professione.
Il Procuratore Scarpinato forse non sapeva, per lo meno sino al 2014 che, alcuni collaboratori di giustizia accusavano Montante di essere stato vicino alla mafia,  addirittura a partire dagli anni Novanta. Otto di loro sono stati citati dai pubblici ministeri nel nuovo processo a suo carico, la cui prossima udienza si terrà il 12 settembre prossimo. Ma andiamo adesso ad analizzare quello che, alla luce dei recenti fatti giudiziari e delle recenti sentenze, si è rivelato uno dei più vistosi errori di valutazione di Scarpinato. Ci riferiamo all’avere accreditato quali antimafiosi dei falsi professionisti dell’antimafia come Montante che, in realtà, come detto, era compare di quei mafiosi che gli hanno consentito di scalare i vertici di Confindustria e, da quella postazione, condizionare qualsiasi attività, non solo economica ma anche politica, sociale e, per così dire, culturale… Tratto da  Quaderni_Sviluppo  ITALY FLASH 21.8.2022


 

9.2.2022 Quegli strani rapporti tra Scarpinato e il dottor Montante

 

Nel nuovo libro intervista “Lobby e Logge”, Palamara rivela il perché scattò l’operazione “salviamo il soldato Scarpinato” e, a detta sua, per logica conseguenza, tutti gli altri.

Dagli appunti emerge che Montante ebbe rapporti molto intensi con Scarpinato e compaiono diverse richieste di raccomandazione da parte di quest’ultimo. Ma, fra gli appunti di Montante,salta all’occhio quello datato 3 maggio 2012 con la dicitura: «Scarpinato mi consegna composizione del Csm con i suoi iscritti per nuovo incarico, procura generale Palermo più Dna». E c’è pure la stampa del documento con la composizione del Csm con appunti manoscritti, in cui per ciascun componente è indicata la corrente di appartenenza, e per quelli eletti dal Parlamento il partito di appartenenza, e sul margine sinistro del foglio annotata la seguente scritta: «Due alternative, o Lari procuratore generale a Caltanissetta e non fa concorrenza».

Alla domanda di Alessandro Sallusti sul fatto che tale richiesta di Scarpinatosa tanto di richiesta di raccomandazione a una persona esterna alla magistratura – che poi si scoprirà essere a capo di una lobby mafiosa – ritenuta in grado di interferire con le decisioni del Csm, Palamara rivela come si è attivato il meccanismo di protezione nei confronti del magistrato ritenuto membro del Gotha dell’antimafia siciliana.
La procura di Catania è quella deputata ad indagare i magistrati di Caltanissetta. Ma archivia tutto. La parte più interessante che rivela Palamara nel libro, è il finale delle motivazioni: « (…) In conclusione resta accertato che in ambito di rapporti più o meno istituzionali del presidente di Confindustria di Caltanissetta con molti magistrati del distretto nisseno, questi ultimi hanno chiesto l’interessamento dell’imprenditore per una possibile sistemazione lavorativa di parenti e amici, o l’interessamento per la propria carriera, e ciò sia in considerazione delle amicizie altolocate di Montante, numerose sono le annotazioni di incontri con ministri o altri soggetti politici di vertice, sia in relazione al suo ruolo di imprenditore e presidente degli imprenditori, ma tale condotta, in assenza di altri elementi di difficile accertamento, per quanto discutibile, non può certo ritenersi illecita».

In sintesi, emerge chiaramente che solo se ci sono di mezzo alcuni magistrati, i fatti sono difficili da accertare. «E nessuno fiata», aggiunge Palamara. Ma non solo. A differenza dei politici o cittadini normali, a distanza di un anno dallo scoppio del caso Montante, della vicenda dei magistrati l’opinione pubblica non sapeva nulla.
«Quando c’è da mantenere un segreto in Sicilia sanno bene come fare», chiosa Palamara. Poi accade che la pratica arriva al Csm e prontamente, in un articolo del 22 dicembre del 2016 a firma diGiovanni Bianconi, esce la notizia dei magistrati coinvolti nel fascicolo. Cosa accade? Entra in gioco la “ragion di Stato”.
Palamara rivela che scoppia il panico, perché «se un collega importante come Scarpinato o uno come Lari, tanto per essere chiari, dovesse apparire vicino a un imprenditore legato ad ambienti mafiosi, travolgerebbe tutto, e lo Stato non se lo può permettere». A detta di Palamara, a facilitargli il lavoro di archiviazione sarebbero stati gli allora capi della procura di Cataniae Caltanissetta stessi. «Facciamo – rivela sempre Palamara-, come è ovvio che sia, le audizioni dei due procuratori, quello di CataniaCarmelo Zuccaro e quello di Caltanissetta Amedeo Bertone. Tra imbarazzi e frasi di circostanza non si cava un ragno dal buco, ma anche perché nessuno in realtà vuole cavarlo».

Ma non è tutto. Palamara mette in campo una ipotesi sconvolgente. Lui stesso è testimone del fatto che, su forte pressione della corrente di sinistra, le nomine dei nuovi procuratori di Catania e Caltanissetta sarebbero state funzionali alla gestione del «problema dei colleghi coinvolti nel caso Montante, che evidentemente loro sapevano sarebbe scoppiato ben prima che diventasse noto non solo all’opinione pubblica, ma anche al Csm».
E sempre nel libro, emerge che è la stessa “ragion di Stato” per cui Palamara – da direttore dell’ufficio studi del Csm – decise di non rendere pubblici i verbali del Csm del 1992, dove si riportano le audizioni fatte nei confronti dei magistrati della procura di Palermo subito dopo la strage di Via D’Amelio. «Questo avrebbe potuto riaccendere vecchie e mai sopite polemiche, e io in quella fase ero fermamente convinto che si dovesse evitare. Quel verbale non verrà mai inserito nella pubblicazione fatta in memoria diPaolo Borsellino», rivela Palamara.

Quei verbali non sono mai stati secretati, ma mai resi pubblici appositamente. Solo dopo quasi 30 anni, sono stati tolti dai cassetti grazie alla richiesta dell’avvocato Basilio Milio, legale del generale Mario Mori, nel processo d’appello sulla trattativa, e depositati dall’avvocato Simona Giannetti nel processo per diffamazione avviato su querela di Lo Forte e Scarpinato per una serie di articoli pubblicati sul Dubbio sulla vicenda dell’archiviazione dell’indagine mafia e appalti dopo la morte di Borsellino. Anche nel libro intervista si fa cenno alla vicenda del dossier archiviato. A detta di Palamara, si tratta di una vicenda devastante che ci portiamo dietro ancora oggi. IL RIFORMISTA 9 febbraio 2022 Leonardo Berneri


23.6.2021 “C’era un patto tra Area e Unicost per Scarpinato a Palermo”, la rivelazione di Racanelli al Csm

«Ogni nomina una cena, questo è». E poi: «Tra le cene che racconta Palamara nei suoi interrogatori ci sono anche cene con procuratori della Repubblica che questo Consiglio ha nominato, anche dopo la vicenda delle chat». «Mi rendo conto – prosegue – che si possono esprimere valutazioni di non condivisione, ma quel “si è sempre fatto così” è una constatazione frutto di esperienze associative e consiliari di quasi quindici anni». Ad esprimersi “senza freni” è Antonello Racanelli, procuratore aggiunto a Roma ed ex segretario generale di Magistratura indipendente, la corrente di “destra” delle toghe.

Racanelli era stato ascoltato davanti alla Prima commissione del Consiglio superiore della magistratura il mese scorso in merito al contenuto delle sue chat con l’ex zar delle nomine Luca Palamara. La deposizione di Racanelli, quanto mai esaustiva sui meccanismi di attribuzione degli incarichi al Csm, è sicuramente il miglior spot possibile per i referendum sulla giustizia: dopo averla letta è impossibile non recarsi ai banchetti e firmare in maniera convinta tutti i quesiti. La scorsa settimana il Riformistaaveva raccontato alcune parti di questa deposizione, e in particolare della “moral suasion” esercitata dal togato progressista Giuseppe Casciniaffinché la destra giudiziaria votasse il costituzionalista Massimo Lucianicome vice presidente del Csm. Oggi l’attenzione si sofferma su due nomine importantissime: la Procura di Napoli e quella di Palermo.

Racanelli era al Csm e ricorda tutto. In particolare quanto accaduto a Palermo, Procura generale. Racanelli parte da lontano, ricordando una perquisizione, riportata dagli organi di stampa, fatta a casa di Antonello Montante (nella cui abitazione furono trovati file su vari magistrati), presidente della Camera di commercio di Caltanissetta, poi arrestato per concorso esterno. «Cosa si era scoperto? Appunti, pizzini vari, elenco di nomi di quelli (ossia magistrati, ndr.) che votavano Scarpinato (Roberto) e quelli che erano contro Scarpinato (all’epoca procuratore generale a Caltanissetta, ndr)», esordisce Racanelli: «Leggendo il libro di Palamara ho capito che ero stato estraneo al Sistema». «Fui l’unico – aggiunge – a votare Guido Lo Forte (procuratore di Messina, ndr), mentre cinque voti andarono a Scarpinato. Che non era della mia corrente».

Racanelli capì a posteriori cosa fosse successo. «Un accordo Unicost-Area per cui si votava Scarpinato per poi votare successivamente Lo Forte procuratore di Palermo. Poi salta quell’accordo per altri motivi».
Infatti venne nominato Francesco Lo Voi. I consiglieri di Area, parte dell’accordo, fecero le barricate in Consiglio: «Alcune carriere si fanno al calduccio, altre nelle macchine blindate, nell’aula bunker, in giro per l’Italia a interrogare i collaboratori, questo ha fatto Lo Forte». Tornando invece alle chat, il Csmsembra stia puntando sulla sanzione di tipo “interdittivo”: chi chattava con Palamara non perde il posto ma non può concorrere per altri incarichi. È il caso di Vittorio Masia, presidente del Tribunale di Brescia che aveva fatto domanda per diventare il presidente della Corte d’Appello di Milano. A causa delle chat Masia è sotto disciplinare per aver violato “i doveri di correttezza, equilibrio e riserbo”, attivando «un circuito comunicato con Palamara per segnalare i colleghi aspiranti ad assumere incarichi nel distretto di Brescia e Tribunali lombardi».

Masia, in pratica, sollecitava Palamara «ad orientare la decisione nel senso da lui auspicato per ragioni legate all’appartenenza associativa» con “richieste pressanti e reiterate”. Masia si era difeso, al momento senza successo, dicendo che le segnalazioni erano state espresse solo «in ragione dei verificabili meriti professionali dei candidati e che i giudizi non positivi erano giustificati dalla sussistenza di oggettive criticità nei loro percorsi professionali, anch’esse verificabili». «Calendarizzare al più presto il posto di presidente del Tribunale di Cremona per il quale “dobbiamo” appoggiare Anna di Martino, di Area, ora a Brescia (e così me la tolgo dalle palle…)», una delle premure di Masia a Palamara andate in porto. Paolo Comi IL RIFORMISTA


5.2.2019 Montante, ecco le carte sui rapporti con i giudici (“assolti” dall’imputato)

La rete di rapporti «più o meno istituzionali» di Antonello Montante con «molti magistrati del distretto nisseno» – alcuni gli avrebbero chiesto «l’interessamento» per «una possibile sistemazione lavorativa di parenti e amici», ma anche per «la propria carriera» – configurò, «in assenza di altri elementi di difficile accertamento», una condotta che «per quanto discutibile, non può certo ritenersi penalmente illecita».

Sei pagine. Una data: 18 novembre 2016. Due firme: Carmelo Zuccaro e Rocco Liguori, procuratore e sostituto di Catania.

È l’archiviazione, disposta dalla Procura etnea, del fascicolo (senza indagati né ipotesi di reato) di atti relativi ai «contatti» fra Montante e dieci magistrati citati in un dossier sequestrato dalla squadra mobile di Caltanissetta nella villa dell’ex leader di Confindustria Sicilia in una perquisizione del gennaio 2016, nell’indagine per concorso esterno alla mafia. Nella «stanza della legalità» – come la definì, in un’intercettazione, lo stesso Montante, ora a processo per associazione a delinquere finalizzata a corruzione e spionaggio – gli agenti trovarono, all’interno di alcuni «dispositivi elettronici in uso all’imprenditore e a un suo stretto collaboratore», una serie di cartelle contenenti “file” relativi a «rapporti» con alcuni magistrati che sono stati in servizio a Caltanissetta. Ovvero: Salvatore Cardinale (all’epoca presidente della Corte d’Appello), Giuseppe Barcellona e Roberto Scarpinato (rivestirono entrambi il ruolo di procuratore generale), Claudio Dell’Acqua (ex presidente del Tribunale), Sergio Lari (ex procuratore capo), Lucia Lotti (ex procuratore di Gela), Domenico Gozzo (già procuratore aggiunto), Lirio Conti (è stato gip a Caltanissetta), Antonio Porracciolo (all’epoca presidente di Sezione) e Luigi Leghissa (era sostituto procuratore).

La Procura di Caltanissetta trasmise gli atti a Catania, competente per territorio, «al fine di verificare eventuali illeciti penali», e inviò una nota al procuratore generale per l’ulteriore inoltro al Csm sugli aspetti disciplinari. Entrambe le inchieste ebbero la medesima conclusione: l’archiviazione.

Ma ora il fascicolo, tirato fuori dagli armadi, irrompe nel processo di Caltanissetta. Depositato agli atti, su richiesta di Pierfrancesco Bruno, avvocato del generale Arturo Esposito, uno dei super “spioni” imputati con rito ordinario.

Al di là dell’iter processuale, la discovery ha un effetto collaterale:permette di scoprire cosa ci fosse in quel dossier di Montante. Ma anche di sapere come lo stesso ex paladino della legalità (interrogato dal pm di Catania, Liguori, il 28 ottobre 2016) spiegò quegli “appunti”, meticolosamente presi e poi conservati, e i legami con i magistrati. Un’«evidente reticenza», la definisce il procuratore Zuccaro nell’archiviazione. Perché l’ex leader confindustriale, che «nella maggior parte dei casi negava di aver ricevuto curricula o richieste di interessamento da parte dei magistrati», così «smentendo quanto da lui stesso annotato o quanto emergente da email provenienti dai magistrati stessi»), inoltre, «impediva di comprendere se alle segnalazioni fosse seguito un effettivo e incisivo intervento del Montante, eventualmente, nel corso dell’espletamento di pubblici concorsi».

Dunque è l’imputato a “scagionare” molti dei magistrati di cui, anche davanti ai pm che lo hanno fatto arrestare, s’è spesso autodefinito «amico». A partire da Cardinale. «Non mi ha mai segnalato nessuno», dice a Liguori. Sconfessando un appunto del 2011 «con consegna dei curricula» della figlia e del nipote del giudice, in pensione dal 2017. E una brochure in cui «risultava evidente – scrive Zuccaro – il coinvolgimento della figlia» del giudice «in un progetto patrocinato da Confindustria Sicilia». Fra gli atti sequestrati, un post-it con la scritta «Dic. 2012 figlia Cardinale» e una presentazione in PowerPoint con il logo del Cerisdi in cui lei risulta, in qualità di ricercatrice, fra le «risorse coinvolte». Montante nega anche di aver ricevuto dal magistrato la segnalazione su un operaio, archiviata con la dizione «Per Catanzaro»; ovvero Giuseppe, suo successore in Sicindustria e imprenditore nel settore dei rifiuti.

Nel dossier anche Scarpinato, oggi pg a Palermo. Fra le tante annotazioni custodite da Montante, ce n’è una del 3 maggio 2012 con la dicitura «Scarpinato mi consegna composizione del Consiglio Csm con i suoi scritti per nuovo incarico… Procura Generale Palermo + Dna»; rinvenuto anche un foglio con la composizione del Csm e accanto a ogni nome la «corrente giudiziaria o il partito politico di riferimento». Ma Montante su Scarpinato (che ammette di aver visto «sempre per finalità istituzionali e anche se a volte ci siamo incontrati a casa sua è stato sempre per parlare di lavoro e di strategie di lotta alla criminalità») è tranchant: «Non mi ha mai parlato della sua candidatura a procuratore generale di Palermo, né mi ha chiesto di intervenire a suo favore». Chiarito anche il riferimento alla piantina di un’abitazione a Caltanissetta «di proprietà dei parenti» del giudice, fra gli atti sequestrati. «Ho saputo per caso che la sua famiglia aveva una casa in vendita al centro – ricorda Montante – e, come privato, mi sono anche interessato per l’acquisto, ma dopo aver visto la piantina non se ne fece nulla perché non era di mio interesse».

Nella parte su Lari, oltre all’elenco di appuntamenti «per lo più istituzionali», anche la «presunta consegna», il 21 novembre 2014, del «curriculum del figlio di un uomo della sua scorta morto». Montante ammette: «Mi segnalò il figlio di un carabiniere che era morto, ma io non ho potuto fare nulla per lui perché mancava di specifiche professionalità». Il rapporto con Lari, dal 2018 in pensione dopo aver chiuso la carriera da procuratore generale, Montante lo definisce «di amicizia e di frequentazione oltre che istituzionale», rivelando che «ci diamo del tu». Si tratta, a onor del vero, del procuratore che guidava i pm che indagarono per mafia l’imprenditore. Che ammette di essersi offerto di dare «un’aggiustata» a una «vecchia bicicletta storica» (nel dossier c’era la foto di una “Legnano” «in cattivo stato di manutenzione») dopo che Lari gliene parlò.

La cartella su Gozzo, oggi sostituto alla Procura generale di Palermo, viene definita «scarna» dal collega Zuccaro. Oltre a «pochi incontri», sempre in compagnia di altri magistrati, l’unico dato meritevole di approfondimento è l’appunto, il 18 ottobre 2011, su un sms «per segnalare la ditta individuale del suocero», con contestuale appuntamento alla Camera di Commercio nissena, di cui Montante era presidente. «Non mi ha mai segnalato qualcuno», dice però al pm di Catania, assicurando di non conoscere né il suocero né la moglie del giudice.

Stessa linea sul “file” riguardante Conti, oggi giudice a Gela. E la presunta segnalazione con un nominativo appuntato «per Ragusa-Taverniti (Enzo, dirigente confindustriale, ndr)»? «Mai ricevuta». Nessun riscontro neanche su Dall’Acqua, oggi in pensione: annotazioni di appuntamenti con figlio e nuora, quest’ultima poi consulente camerale «per i progetti perequativi». ma «non su segnalazione» del suocero ex giudice.

Allo stesso modo, Montante smentisce che dietro alla delibera di “comando” alla Camera di Commercio di una dirigente dall’Asp ci fosse la richiesta del fratello dell’interessata, il giudice Porracciolo: «Mai incontrato da solo, mai ricevuto segnalazioni». E pure sulla cartella relativa a Lotti, oggi procuratrice aggiunta a Roma, l’ex capo di Sicindustria alza il muro: «La dottoressa non mi ha mai segnalato nessuno», risponde, giammai «un appartenente alle forze dell’ordine per un concorso pubblico interno». La domanda del pm Liguori non è casuale. E riguarda la circostanza che, «in una delle tante e-mail scambiate», ci fosse «uno specifico riferimento» a un ispettore di polizia nisseno, con dati anagrafici, risultati dei primi test, e indicazione delle «prove scritte da esperire» in un concorso per commissario.

Montante, interrogato, ammette alcune richieste, comunque non andate a buon fine. Quella di Leghissa, oggi alla Procura generale di Trieste, citato in un appunto su una cena con presunta consegna del curriculum del figlio archiviato con la dicitura «per centro studi Confindustria». E al pm conferma: «Mi parlò del figlio che era molto in gamba e non riusciva a trovare lavoro, ma anche in quel caso io non sono riuscito ad aiutarlo in alcun modo».

Nella cartella su Giuseppe Barcellona c’è un’annotazione del 24 aprile 2011 sulla nomina dell’ex pg di Caltanissetta (in pensione dall’anno prima) nel collegio arbitrale della CamCom. Montante al pm di Catania riserva un «non ricordo», ma esclude che dell’atto se fosse occupato il figlio, Guido Barcellona, nonostante sia segretario generale della Camera nissena, «vincendo un concorso pubblico – risponde a precisa domanda – per cui io non avevo possibilità di intervento», e «di certo non me lo ha segnalato il padre». L’ex paladino della legalità, dunque, “assolve” tout court i Barcellona: il padre non raccomandò al vertice camerale il figlio, che poi non si occupò della nomina del genitore.

Fin qui l’incrocio fra i “pizzini” di Montante e le smentite sotto interrogatorio. Zuccaro arriva alla conclusione di «fatti non costituenti notizia di reato»: l’archiviazione è disposta quasi due mesi dopo l’apertura, il 29 settembre 2016, di un “modello 45” che non necessita del riscontro di un Gip. E «a prescindere da ogni valutazione di natura disciplinare sull’operato dei magistrati coinvolti nella vicenda, non di competenza di questo Ufficio» (ma neanche il Csm riscontrerà alcunché), «il materiale raccolto non consente di ritenere integrato neanche il sospetto di consumazione di reati, non essendo, di certo, all’uopo sufficienti le annotazioni del Montante».

Anche perché, riflette giustamente il procuratore di Catania, eventuali «rapporti non istituzionali» potrebbero essere «finalizzati» dall’indagato per mafia a «ottenere una “copertura” giudiziaria al fine di screditare eventuali tesi accusatorie nei suoi confronti (come effettivamente verificatosi)», come si legge nell’archiviazione.

Quella di Zuccaro è una profezia giudiziaria che si è avverata.L’acquisizione del fascicolo (compreso il verbale dell’imprenditore che “assolve” i magistrati), chiesta dall’avvocato di un altro imputato, è un’azione – giusto per essere chiari – che rientra in una complessiva strategia difensiva, adottata soprattutto dai legali dello stesso Montante, che punta a “spogliare” il tribunale nisseno della competenza per un presunta incompatibilità ambientale. È pendente in Cassazione un’istanza di rimessione del processo per legittimo sospetto: in attesa della pronuncia (prevista per il prossimo 19 febbraio), il gup Graziella Luparello ha sospeso le udienze. Il procuratore Amedeo Bertone, che ha coordinato le scrupolose indagini della Mobile, s’è sempre detto «sereno».

Tanto più che, sui 10 magistrati citati nel fascicolo archiviato, ben nove – fra pensionamenti e trasferimenti – non sono più a Caltanissetta. E l’unico rimasto, Porracciolo, presiede il Tribunale dei minori. Che tipo di «condizionamento» può esserci oggi? Anche per questo Bertone è convinto dell’infondatezza della tesi difensiva sul «pregiudizio» delle toghe nissene. Sarà la Suprema Corte, in base a un insieme ben più completo di elementi, a decidere. Fra pochi giorni.

E i rapporti fra i giudici e l’allora insospettabile (ma non per tutti) campione antimafia? Sui profili penali e disciplinari si sono espressi la Procura etnea e il Csm: niente responsabilità.

Sugli aspetti etici e morali del “sistema Montante” – che ha coinvolto istituzioni, forze dell’ordine, servizi segreti, politici, imprenditori e giornalisti, ma anche magistrati – non ci sarà mai alcuna risposta.

 

Relazione finale