«Ecco come la mafia controlla gli appalti» Il giudice Falcone denuncia le connivenze «Ecco come la mafia controlla gli appalti» In mano alle cosche anche le commesse vinte dalle aziende del Nord
Per il giudice Giovanni Falcone non ci sono dubbi: la piovra tiene, sempre i tentacoli ben stretti attorno alla preda.
Non v’è alcun segnale di allentamento della morsa: «Cosa Nostra ha in mano il controllo pressoché totale dell’enorme quantità di denaro che ruota attorno al grande business degli appalti pubblici: E’ una sua vecchia teoria, mai rinnegata, spesso confutata dall’apparato finanziario ogni volta che l’imprenditoria avverte il pericolo di «discriminazioni sull’altare della trasparenza è dell’antimafia». Ma è anche una teoria che ogni volta riceve conferme dalle impennate di Cosa Nostra, dalle periodiche campagne contro gli imprenditori che la mafia è costretta a, intraprendere.
L’ultimo omicidio è di qualche giorno fa: eliminato a colpi di .38» Donato Boscia. direttore di un’impresa che stava eseguendo lavori nella borgata di Ciaculli. E allora Falcone ripete: ‘Attenti, il fenomeno non è da sottovalutare.
Se si continua a trascurarlo può fare andare in cancrena tutto il corpo,.. — Giudice, la sua tesi è contestata da più parti. Si dice che non può esistere un vero e proprio problema di infiltrazione mafiosa negli appalti pubblici per il fatto che solo il 30 per cento del fatturato complessivo va alle imprese siciliane, il restante 70 per cento se lo aggiudicano le imprese cosiddette settentrionali.
Conosco il ritornello, ma è una tesi inventata e fuorviante. Facciamo un esempio coi numeri: diciamo che in Sicilia il giro d’affari legato agli appalti si aggira sui 1000 miliardi, arca 700 vanno alle imprese del Nord, i rimanenti ai locali.
Questo può essere vero, ma non sta qui il problema. Ha poca importanza, infatti, chi vinca gli appalti. Bisogna vedere chi in effetti poi esegue i lavori, cioè i subappaltatori. Questi sono sempre imprenditori siciliani e io dico in gran parte controllati dalla mafia.
Tutto ciò che sfugge alla mafia con le aste vinte dalle imprese del Nord ritorna nelle tasche d’i Cosa Nostra attraverso i subappalti». — Quindi è il subappalto il vero business? •Non c’è dubbio. Sono i subappalti che consentono alle imprese locali di eseguire la quasi totalità dei lavori, anche quelli per i quali non hanno vinto le gare d’appalto. — Ma queste imprese sono tutte in mano della mafia?
Il trucco consiste nel gestire dall’esterno l’impresa, magari servendosi di imprenditori puliti ma poco determinati a resistere alle pressioni di Cosa Nostra. Un modo per sfuggire alla legge Rognoni-La Torre, per esempio, è quello di far confluire in un’impresa capitali di provenienza illecita per investirli in attività pulite. Ecco che ci si trova di fronte alla nascita di società occulte con soggetti mafiosi. Società che possono essere il frutto di una vera e propria violenza privata, nel senso che l’imprenditore non vuole o non riesce a rifiutare l’offerta di partecipazioni societarie certamente sospette. Se a questo si aggiunge la facilità con la quale la mafia può controllare forniture e manodopera, si capisce come i boss possono ottenere il controllo completo delle aziende’. — Non esiste, quindi, un solo imprenditore pulito? «Esiste, ma è vittima della mafia. Almeno per quel che riguarda i grandi appalti pubblici». — Vittime o collusi. Non c’è scelta? , -Penso proprio di si».
Non è certo roseo il futuro per questa imprenditoria stretta su due fronti:’ quello delle tangenti ai politici da uh lato, e dall’altro intrappolata nella ragnatela di Cosa Nostra.
Direi che i fronti sono tre. Non dimentichiamo le estorsioni. Pagano, pagano in molti. E chi non paga è protetta dalla mafia; ciò vuol dire che l’impresa è gradita a Cosa Nostra, l’imprenditore cioè ha firmato una cambiale in bianco che prima o poi andrà a scadere.
Quale sarà il prezzo? Richieste di favori, dì “servizi”, come nascondere un latitante, stabilire chi deve lavorare e chi no». — E’ un vero e proprio stato di guerra. Quanti imprenditori sono stati assassinati? C’è in atto un crescendo di violenza contro gli industriali che forse non ha avuto il risalto e l’interesse dovuti. La mafia è una società per azioni che ha interessi eterogenei: dove c’è da spremere c’è un mafioso. L’eroina, gli appalti, le estorsioni, tutto ciò che ferve a mau ‘ ‘mere in più. la struttura criminale è con molta attenzione, c’è forse un settore di Cosa Nostra specializzato addirittura nelle truffe comunitarie”». — E allora, la battaglia è persa? ‘Assolutameni. no. Certo la strada è lunga. Bisogno die si affinino le tecniche investigative di polizia, carabinieri, di noi magistrati necessario creare queste condizioni che possano : le vittime delle faziose ad uscire doli stato di contiguità in cui si trovano rispetto alla mafia e convincerle a collaborare.
In questo momento gli imprenditori non la pensano cosi. Anzi avanzano perplessità sui pericoli che comporta avversare il mondo del subappalto. Ma qui nessuno intende eliminare i subappalti: ciò non vuol dire però che bisogna lasciarli in mano alla mafia. Eliminiamo Cosa Nostra, semmai, possibile almeno limitarne i danni: come? Mettendo in crisi il tradizionale rapporto fra imprenditori e mafia». Francesco La Licata L STAMPA
Non v’è alcun segnale di allentamento della morsa: «Cosa Nostra ha in mano il controllo pressoché totale dell’enorme quantità di denaro che ruota attorno al grande business degli appalti pubblici: E’ una sua vecchia teoria, mai rinnegata, spesso confutata dall’apparato finanziario ogni volta che l’imprenditoria avverte il pericolo di «discriminazioni sull’altare della trasparenza è dell’antimafia». Ma è anche una teoria che ogni volta riceve conferme dalle impennate di Cosa Nostra, dalle periodiche campagne contro gli imprenditori che la mafia è costretta a, intraprendere.
L’ultimo omicidio è di qualche giorno fa: eliminato a colpi di .38» Donato Boscia. direttore di un’impresa che stava eseguendo lavori nella borgata di Ciaculli. E allora Falcone ripete: ‘Attenti, il fenomeno non è da sottovalutare.
Se si continua a trascurarlo può fare andare in cancrena tutto il corpo,.. — Giudice, la sua tesi è contestata da più parti. Si dice che non può esistere un vero e proprio problema di infiltrazione mafiosa negli appalti pubblici per il fatto che solo il 30 per cento del fatturato complessivo va alle imprese siciliane, il restante 70 per cento se lo aggiudicano le imprese cosiddette settentrionali.
Conosco il ritornello, ma è una tesi inventata e fuorviante. Facciamo un esempio coi numeri: diciamo che in Sicilia il giro d’affari legato agli appalti si aggira sui 1000 miliardi, arca 700 vanno alle imprese del Nord, i rimanenti ai locali.
Questo può essere vero, ma non sta qui il problema. Ha poca importanza, infatti, chi vinca gli appalti. Bisogna vedere chi in effetti poi esegue i lavori, cioè i subappaltatori. Questi sono sempre imprenditori siciliani e io dico in gran parte controllati dalla mafia.
Tutto ciò che sfugge alla mafia con le aste vinte dalle imprese del Nord ritorna nelle tasche d’i Cosa Nostra attraverso i subappalti». — Quindi è il subappalto il vero business? •Non c’è dubbio. Sono i subappalti che consentono alle imprese locali di eseguire la quasi totalità dei lavori, anche quelli per i quali non hanno vinto le gare d’appalto. — Ma queste imprese sono tutte in mano della mafia?
Il trucco consiste nel gestire dall’esterno l’impresa, magari servendosi di imprenditori puliti ma poco determinati a resistere alle pressioni di Cosa Nostra. Un modo per sfuggire alla legge Rognoni-La Torre, per esempio, è quello di far confluire in un’impresa capitali di provenienza illecita per investirli in attività pulite. Ecco che ci si trova di fronte alla nascita di società occulte con soggetti mafiosi. Società che possono essere il frutto di una vera e propria violenza privata, nel senso che l’imprenditore non vuole o non riesce a rifiutare l’offerta di partecipazioni societarie certamente sospette. Se a questo si aggiunge la facilità con la quale la mafia può controllare forniture e manodopera, si capisce come i boss possono ottenere il controllo completo delle aziende’. — Non esiste, quindi, un solo imprenditore pulito? «Esiste, ma è vittima della mafia. Almeno per quel che riguarda i grandi appalti pubblici». — Vittime o collusi. Non c’è scelta? , -Penso proprio di si».
Non è certo roseo il futuro per questa imprenditoria stretta su due fronti:’ quello delle tangenti ai politici da uh lato, e dall’altro intrappolata nella ragnatela di Cosa Nostra.
Direi che i fronti sono tre. Non dimentichiamo le estorsioni. Pagano, pagano in molti. E chi non paga è protetta dalla mafia; ciò vuol dire che l’impresa è gradita a Cosa Nostra, l’imprenditore cioè ha firmato una cambiale in bianco che prima o poi andrà a scadere.
Quale sarà il prezzo? Richieste di favori, dì “servizi”, come nascondere un latitante, stabilire chi deve lavorare e chi no». — E’ un vero e proprio stato di guerra. Quanti imprenditori sono stati assassinati? C’è in atto un crescendo di violenza contro gli industriali che forse non ha avuto il risalto e l’interesse dovuti. La mafia è una società per azioni che ha interessi eterogenei: dove c’è da spremere c’è un mafioso. L’eroina, gli appalti, le estorsioni, tutto ciò che ferve a mau ‘ ‘mere in più. la struttura criminale è con molta attenzione, c’è forse un settore di Cosa Nostra specializzato addirittura nelle truffe comunitarie”». — E allora, la battaglia è persa? ‘Assolutameni. no. Certo la strada è lunga. Bisogno die si affinino le tecniche investigative di polizia, carabinieri, di noi magistrati necessario creare queste condizioni che possano : le vittime delle faziose ad uscire doli stato di contiguità in cui si trovano rispetto alla mafia e convincerle a collaborare.
In questo momento gli imprenditori non la pensano cosi. Anzi avanzano perplessità sui pericoli che comporta avversare il mondo del subappalto. Ma qui nessuno intende eliminare i subappalti: ciò non vuol dire però che bisogna lasciarli in mano alla mafia. Eliminiamo Cosa Nostra, semmai, possibile almeno limitarne i danni: come? Mettendo in crisi il tradizionale rapporto fra imprenditori e mafia». Francesco La Licata L STAMPA