7.5.1993 ARCHIVIO 🟧 Il cardinale Pappalardo replica ad Agnese Borsellino

 


« Siciliani inerti contro la mafia »

 

«Il cardinale di Palermo respinge le accuse alla Chiesa: «I vescovi uniti contro questa piaga dell’isola» Pappalardo replica ad Agnese Borsellino 
Proprio mentre il Papa si appresta a compiere una visita pastorale a Trapani, Agrigento e Caltanissetta (ma non sono previsti incontri ufficiali con i familiari delle vittime di mafia), la Chiesa siciliana è bersaglio di critiche. C’è chi le attribuisce scarso impegno contro la mafia e s’intravede il rischio di polemiche e veleni dopo le due lettere inviate al Pontefice dalla vedova di Paolo Borsellino, Agnese, e da un gruppo di cattolici. Con toni più smorzati la prima, più accesi l’altra, le due lettere sollecitano ben altro slancio anche a costo di esporre vescovi e semplici sacerdoti al rischio deUa vendetta dei boss.
Agnese Borsellino, in particolare, nel testo pubblicato dall’«Osservatore Romano», ha auspicato che i religiosi siciliani siano «disponibili» anche a rischiare per non compromettere, con qualunque tipo di collusione, la genuinità dell’insegnamento di Cristo». Il cardinale Salvatore Pappalardo incontrerà stamattina in Curia i giornalisti per parlare della visita di Papa Wojtyla. Ieri ha detto: «In Sicilia per la terza volta, Giovanni Paolo II troverà aggravati i problemi di sempre: disamministrazione, degrado sociale, delitti e ultimamente stragi di mafia, disoccupazione, specialmente giovanile.
L’inerzia di un popolo che non è stato capace di assumersi le responsabilità che gli competevano, ha reso quei problemi più gravi di quanto fossero precedentemente».
Poi, il cardinale ha aggiunto: «Mi aspetto una parola d’incoraggiamento dal Santo Padre contro i mah endemici dell’isola. Una parola che ci unisca, che unisca tutti i vescovi che nell’ultima Conferenza episcopale siciliana hanno ribadito l’inappellabile condanna della mafia». Un modo per ricordare che due dei suoi predecessori, Luigi Lavitrano nel dopoguerra, ed Ernesto Ruffini agli inizi degli Anni Cinquanta, assieme agli altri vescovi siciliani, scomunicarono i boss; una scomunica ribadita nel 1982 dai ventuno vescovi siciliani, sotto la presidenza di Pappalardo. I vescovi di Trapani e Caltanissetta, Domenico Amoroso e Alfredo Garsia, sono stati i primi, ieri, a respingere con fermezza le critiche d’insufficiente azione o addirittura di connivenze e parentele di religiosi con mafiosi. In particolare, il vescovo di Trapani ha detto: «Non ho mai creduto alle clamorose prese di posizione contro la mafia, anche da parte della Chiesa. Queste cose non ser¬ vono. Quello che serve è combattere la mafia toccando le coscienze e la cultura».
Il direttore di «Novica», periodico di vita cattolica di Palermo, don Vincenzo Noto, ha commen¬ tato: «Chi sostiene che la Chiesa siciliana non si è mai schierata contro la mafia ignora tutti i documenti della nostra Conferenza episcopale; l’ultimo addirittura del 22 aprile, tutti di condanna durissima verso la mafia». «Nell’ultimo numero di “Novica” – ha proseguito padre Noto – ho proposto che nel prossimo novembre, al terzo Convegno delle Chiese di Sicilia, sia dedicata una giornata di riflessione sulle responsabilità di esponenti della Chiesa che hanno dato consensi ad ambienti politici, poi risultati collusi con la mafia». Sferzanti alcuni giudizi. Come quello della vedova del procuratore della Repubblica, Gaetano Costa, ucciso in un agguato 13 anni or sono.
Rita Bartoli Costa ha infatti dato atto al cardinale Pappalardo, all’arcivescovo di Catania e al vescovo di Agrigento di aver condannato Cosa Nostra nelle loro omelie, ma si è chiesta cosa facciano gli altri prelati dell’isola: «Agnese Borsellino ha ragione – ha spiegato -. La Chiesa siciliana, nel suo complesso, non si è mai schierata apertamente contro la mafia. Certo, singoli preti o vescovi l’hanno fatto, ma la maggioranza è stata assente, se non, in alcuni casi, connivente». E sulla lettera scritta dalla vedova Borsellino è intervenuto anche don Giuseppe Bucaro, parroco della chiesa di Sant’Ernesto, assiduamente frequentata dai familiari del magistrato: «La signora non si è alzata una mattina e ha scritto una lettera al pontefice.
La verità è che l’ha scritta su nostra sollecitazione e la frase da lei rivolta al Papa, “Attendiamo indicazioni ulteriori”, contiene l’esortazione a esser cauti anche nella nomina dei vescovi perché contro la mafia sia fatto sempre di più e meglio». Antonio Ravidà


LA CHIESA DEI DON ABBONDIO

 

Il cardinale di Palermo respinge le accuse alla Chiesa: «I vescovi uniti contro questa piaga dell’isola» Molti parroci, sacerdoti sconosciuti che nessun giornale ha mai nominato, hanno tentato di farlo: si sono battuti in una nuova Resistenza con l’impegno, con il volontariato. Ma c’è stato un periodo, in Sicilia, in cui la Chiesa è stata più dei don Abbondio che dei fra Cristoforo. Nessuno che non lo voglia può dimenticare gli anni che hanno preceduto la Sua nomina, quando vescovo di Palermo era il cardinale Ruffini: allora sembrava che la mafia non esistesse, chi veniva a parlarne sembrava voler soltanto attentare all’immagine della nostra isola.
Ma la Chiesa ha avuto un momento alto nella lotta alla mafia con la Sua nomina.
Ricordo la Sua omelia, cardinale Pappalardo, alle esequie solenni per il generale Dalla Chiesa. Lei disse: «Mentre a Roma si discute, Sagunto è espugnata». Era il 1982.
Credo che l’omelia di allora rappresenti l’apice dell’impegno della Chiesa nella lotta contro la mafia. Perché da allora è stata la mafia a riguadagnare posizioni, e di nuovo la guerra contro Cosa Nostra è stata delegata nelle mani di pochi. Quei pochi, puntualmente, sono morti. Sono certa, Cardinale, che non esista nella Chiesa una volontà precostituita di difendere la mafia. Credo però, e in questo la lettera di Agnese Borsellino a papa Giovanni Paolo II mi trova perfettamente concorde, che dovrebbe combatterla con più forza. Maria Falcone
 

POLEMICHE SULLA VISITA M PALERMO «Spesi troppi miliardi»

 

Strade asfaltate in un batter d’occhio, piante e fiori lungo il percorso, facciate di edifici pubblici restaurate. Per accogliere il Papa a Trapani, Agrigento e Caltanissetta, in pochi giorni la Regione ha speso almeno 10 miliardi e altri fondi sono stati stanziati da Province e Comuni. La decisione di rifare il look in queste tre città per mostrare a Giovanni Paolo n un’immagine il più possibile gradevole sta suscitando molte perplessità. A Trapani, il dubbio sull’opportunità di spendere 4 miliardi per asfaltare alcune strade e collocare centinaia di piante in fiore in occasione delle poche ore di presenza del Pontefice era gip ^tata espressa a marzo dal giornale dei giovani trapanesi. E le riserve .rano state condivise dal vescovo. la. r.]
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