27.12.1992 ARCHIVIO 🟧 «Padre ho ucciso Falcone»

 

Annuncio del parroco alla messa: io l’ho perdonato «Padre, ho ucciso Falcone» Boss rivela il delitto in confessione .
Uno dei mafiosi assassini della strage di Capaci, vinto dal rimorso ha ammesso la sua colpa, confessandosi a Palermo con don Paolo Turturro, parroco della chiesa di Santa Lucia accanto al carcere dell’Ucciardone.
Il religioso, che è uno dei preti di frontiera scortati per le loro omelie contro i boss, l’ha rivelato parlando a centinaia di fedeli durante la solenne messa la notte di Natale.
Non ha ritenuto però di indicare – ammesso che la conosca l’identità del killer di Falcone, della moglie e dei tre poliziotti della scorta trucidati il 23 maggio dell’anno scorso, limitandosi a dire che si tratta di un giovane.
Turturro ha deciso di trincerarsi dietro il segreto confessionale previsto dall’articolo 351 del codice di procedura penale. Anche davanti al magistrato che lo ha convocato in procura, il sostituto Lorenzo Matassa, titolare dell’inchiesta sull’omicidio di don Puglisi. Ma sulla decisione di don Turturro è già polemica. 

«Ho confessato un killer di Falcone»

Polemiche a Palermo per la rivelazione fatta da don Turturro ai fedeli durante la Messa Polemiche a Palermo per la rivelazione fatta da don Turturro ai fedeli durante la Messa «Ho confessato un killer di Falcone»
Ma il prete non fa il nome
Nasce nell’ombra del confessionale ed esplode nella messa della notte di Natale l’ultimo mistero di Cosa Nostra a Palermo: protagonisti un prete antimafia e un boss «pentito».
Uno dei mafiosi assassini della strage di Capaci vinto dal rimorso ha ammesso la sua colpa, confessandosi a Palermo con don Paolo Turturro, parroco della chiesa di Santa Lucia accanto al carcere dell’Ucciardone.
Il religioso, che è uno dei preti di frontiera scortati per le loro omelie contro i boss, l’ha rivelato parlando a centinaia di fedeli durante la solenne messa la notte di Natale.
Non ha ritenuto però di indicare ammesso che la conosca – l’identità del killer di Falcone, della moglie e dei tre poliziotti della scorta trucidati il 23 maggio dell’anno scorso, limitandosi a dire che si tratta di un giovane.
Turturro ha deciso di trincerarsi dietro il segreto confessionale previsto dall’articolo 351 del codice di procedura penale. Ieri mattina, dopo che in assenza dei quotidiani non pubblicati per la festività la notizia era stata diffusa da radio e televisioni, don Paolo è stato interrogato in procura della Repubblica dal sostituto Lorenzo Matassa.
Questi è titolare dell’inchiesta sull’omicidio di don Giuseppe Puglisi, il parroco simbolo di Brancaccio che con i suoi sermoni e con l’attività di un centro sociale che aveva fondato l’anno scorso dava fastidio ai mafiosi e ai trafficanti di droga. Non si è saputo niente sull’interrogatorio.
La procura della Repubblica ne ha dato notizia nella tarda mattinata con una scarna nota che di fatto ha soltanto confermato il tem- f(estivo interessamento dell’autorità giudiziaria nel convocare a tamburo battente a Palazzo di giustizia il religioso malgrado la chiusura degli uffici nella domenica ali indomani del Natale.
L’ingresso della chiesa e quello della sagrestia già da mesi sorvegliati in permanenza dai soldati impegnati nell’isola nell’operazione antimafia «Vespri siciliani», sono stati piantonati se possibile con maggiore attenzione e i militari di sentinella lungo il muro di cinta e il passo carraio dell’Ucciardone si tengono pronti a intervenire in ogni evenienza.
La scorta assegnata a padre Turturro è stata momentaneamente potenziata, il che farebbe supporre che si teme ancora di più per la sorte del parroco quarantenne che agli inizi degli Anni Ottanta aveva cominciato a far parlare di sé per le sue poesie e per l’attività di «Dipingi la pace», un’associazione da lui presieduta formata da insegnanti e scolari che con le loro tante iniziative hanno propugnato la pace così come la sconfitta delle cosche.
A chi dopo la sua dichiarazione durante l’omelia gli ha domandato se non sia possibile che in realtà egli si sia trovato davanti a un mitomane e non a uno dei killer di Capaci, don Turturro si è limitato a rispondere: «C’erano le lacrime e ha chiesto perdono. Decidete voi».
Don Turturro ha anche augurato buon Natale all’ignoto assassino e ha affermato di sperare che «nel tuo cuore possano trovare posto la pace e la serenità».
Ha quindi aggiunto un «non possiamo reagire di fronte alla misericordia di Dio», tornando così a centrare l’attenzione su un argomento di interesse teologico e, soprattutto, etico, quello del perdono che ha spesso innescato polemiche.
Una questione, a proposito della mafia, recentemente riproposta in Sicilia per i funerali di Luciano Liggio avvenuti senza alcuna cerimonia prima della sepoltura a Corleone.
E non sono poche le polemiche infuriate nel tempo sul segreto professionale che nel caso dei religiosi è detto confessionale.
L’articolo 351 del codice di procedure penale sancisce infatti il diritto di astenersi dal testimoniare e fissa che «non possono a pena di nullità essere obbligati a deporre su ciò che a loro fu confidato o è pervenuto a loro conoscenza per ragione del proprio ministero o ufficio o della propria professione i ministri della religione cattolica o un culto ammesso nello Stato».
Tale diritto è esteso ad avvocati, procuratori, consulenti tecnici, notai e agli esercenti delle professioni sanitarie, salvo i casi nei quali la legge impone loro 1 obbligo di informare l’autorità.
Solo se risultasse infondata la dichiarazione di chi è esentato dall’obbligo di rivelare tutto ciò che sa l’autorità giudiziaria può disporre, con un’ordinanza, l’obbligatoria deposizione del teste.
A parte vanno considerati i giornalisti, vincolati al segreto professionale dalla legge del 1963 che istituì l’ordine dei giornalisti, ma non contemplati dall’articolo 351 del codice di procedura penale. Antonio Ravidà LA STAMPA