BRIZIO MONTINARO: “La ritualità non fa crescere l’antimafia”

Hanno un “fresco profumo…” le analisi di Emilio Miceli, nuovo presidente del Centro Pio La Torre, di Franco La Torre, di Umberto Santino e gli altri contributi ricchi di riflessioni. Contributi che denunciano in modo esaustivo i tentativi di ridimensionamento o addirittura l’abrogazione della legislazione antimafia, normativa che sin dal 1982 opera per contrastare i fenomeni mafiosi ritenuta una eccellenza a livelli internazionali.
Cui prodest? A chi giova? si è chiesto nel suo contributo Giuseppe Bascietto e pone l’attenzione su aspetti fondanti come le misure di prevenzione, la verità sulle stragi, ma anche su come ricostruire il movimento antimafia attualmente diviso, spaccato e contraddittorio. In modo random potremmo chiederci ancora: a chi hanno giovato le tantissime stragi da Portella della Ginestra a quelle del 1993? A chi tutta la serie di “depistaggi” che qualcuno ormai precisa come veri e propri “pistaggi”? A chi l’intervento del ministro Conso che revoca il 41bis a 140 detenuti (maggio 1993), poi a 240 (luglio 1993) e infine altri 140 (novembre 1993) per un totale di 520 mafiosi? “Trattativa docet”? A chi i circa 1.500 comunicati della cosiddetta “Falange Armata” dal 1990 al 1994? A chi l’ostruzionismo al magistrato Carlo Palermo per la sua inchiesta su armi e droga a Trento nel 1984? A chi i 672 sequestri di persona (dal 1969 al 1998) a scopo di estorsione in Italia con una media di circa mezzo miliardo delle vecchie lire? E il denaro riciclato nel circuito dei casinò a chi è servito? A chi l’operazione “Blue Moon” attivata dal marzo del 1970? A chi l’insabbiamento dell’esposto dell’ing. Siniscalchi “Affresco per un delitto”, trasmesso ai giudici istruttori di Bologna e Padova, nel 1976, una denuncia esplicita della P2? L’ing. Siniscalchi era un massone “democratico” che aveva capito tutto. A chi… l’operato della P2, il consorzio dei vertici delle mafie e l’eversione di destra sin dal 1969 (“summit di Montalto” in Calabria, con Concutelli e Delle Chiaie e con 176 affiliati tra gli identificati)? A chi il “Consorzio” dell’autoparco di via Salomone a Milano, una delle basi operative di Ndrangheta, Cosa nostra, Camorra e Sacra Corona Unita, con tante contaminazioni: politici, mafiosi candidati alle elezioni, poliziotti sul libro paga dell’organizzazione e logge massoniche, professionisti e imprenditori senza scrupoli? A chi persino, la mancata riforma della legge elettorale che ha decomposto ormai il ruolo dei partiti sul territorio?
Vorrei, con non poco imbarazzo, spostare il punto di vista dalla prospettiva di un familiare che ha vissuto la tragedia nella tragedia di uno di questi lutti. Dall’interno del cosiddetto “fronte dell’antimafia”, quello dei familiari… i tanti familiari delle vittime di mafia.
Le famiglie nella loro normalità sono già molto spesso composite e le diversità di ogni componente non sempre riesce nell’amalgama sperata.
Dopo la perdita di un familiare a causa della violenza di altri uomini, spesso le specificità caratteriali dei singoli si accentuano fino alle esasperazioni più diverse, dissimulate fino… ad una sorta di omertà, quasi un disvalore da pseudo-clan.
Molti familiari si chiudono nel silenzio, un silenzio che fa tanto rumore, basterebbe saperlo ascoltare. Io stesso per 16 lunghi anni ho taciuto per tanti motivi.


“I panni sporchi si lavano in famiglia”, mi sono sentito dire da amici carissimi, sin dalle prime confidenze relative al tema delle contraddizioni narcisistico-egotiche spesso recitate da alcuni familiari.
Ho visto in tutti questi anni familiari divenire dei veri e propri “professionisti dell’antimafia”.
Divenire esperti della comunicazione antimafia e persino del marketing antimafia, da qualche tempo addirittura l’utilizzo di tecniche da influencer.
Assistere, da lontano, persino all’esibizione reiterata di un’auto come simulacro di morte… una “tomba itinerante” dove ancora c’è traccia del Dna dei nostri cari.

Si, va bene, ma basta che se ne parli di mafia? Siamo sicuri che tutto ciò non stia depotenziando la necessaria sollecitazione critica per un coinvolgimento attivo nel quotidiano? Possiamo accontentarci della mera ritualità da anniversario?


Così come il concetto di eroe “deresponsabilizza”, allo stesso modo, attualizzando McLuhan, se “il medium è il messaggio”, giungeremo alla perdita del significato delle parole come nel gioco che facevamo da bambini reiterandole all’infinito in una sorta di cantilena. Non sarà più sufficiente il “racconto del dolore” e nemmeno le fiction a generare impegno, anzi, la maggior parte di esse servono da emulazione per moltissimi giovani e meno giovani.
E le associazioni? Sono stato coinvolto e ho partecipato. Ho creduto che quelle più strutturate con la finalità di fare coordinamento sistemico fossero quelle più utili e con le quali mi sono messo a diposizione per la progettazione relativa ai beni confiscati, ne abbiamo realizzato uno dopo un iter di circa 9 anni nel Salento gestito egregiamente da un’associazione con bellissime attività culturali. Queste associazioni sono partecipate da migliaia di persone che ci credono ma quella piramide come tutte le piramidi hanno un vertice retto dalla base.
Man mano che si conoscono meglio i vertici spesso ci si meraviglia delle infinite contraddizioni. Il rischio è che si disperda la buonafede e l’operato di tante brave persone alla base.
È successo persino in una famiglia, di familiari vittime di mafia, che dopo aver partecipato fratelli, sorelle e genitori alla nascita di un’associazione in nome del familiare trucidato, dopo la presentazione ufficiale scoprire che tra i soci fondatori c’era solo una sorella della vittima e qualche suo amico. Mancavano i genitori e gli altri numerosi fratelli che avevano di fatto partecipato alle fasi di fondazione dell’associazione.
Che fare? Forse ogni familiare dovrebbe farsi la propria associazione dedicata alla vittima di mafia? Conosco anche un caso limite della moglie di una vittima di mafia che di associazioni ne ha fondato prima una, poi un’altra e poi un’altra ancora, una sorta di evoluzione della specie. C’è persino il caso di una vittima, trucidata dalle mafie, che si trova ad avere nella stessa famiglia più associazioni a lui dedicate. Cui prodest? A chi giova?
Sono trascorsi più di 32 anni dalla strage di Capaci e via D’Amelio, pensavamo di essere in fondo all’abisso e invece giunsero ancora quelle del 1993. Ma la storia della nostra “povera patria” è costellata da tantissimi morti, feriti e famiglie distrutte di “sopravvissuti”. Le cause, i mandanti e gli esecutori sono ancora oggetto di processi, condanne e assoluzioni ma la “verità giuridica” è ben altra cosa della “verità storica” e forse ancora più complessa, la ricerca di quella verità che solo la conoscenza profonda dei fatti ci farebbe sfiorare.
Dopo il dolore non ci resta che un lutto da trasformare in atto “politico”!
La memoria ha bisogno di azioni reali che incidano sul presente e sul futuro, è su questo complesso operare che si gioca il cambiamento sia sulle piccole cose del quotidiano ma anche sui grandi temi della “buona politica”.
Non mi resta che perseverare con la mia esperienza più interessante e attiva che mi porta spesso nelle scuole di vario grado.
La speranza verso un futuro migliore è riposta nelle nuove generazioni. Negli ultimi anni ho potuto rilevare che i programmi di storia sono imbarazzanti, si arriva appena ai primi del ‘900 se va bene.
Come si può argomentare, sollecitando i ragazzi, se non sono in grado di conoscere un briciolo di storia contemporanea? Sarebbe necessario un doppio percorso storico sincronico, dalle origini ai nostri giorni e dai nostri giorni alle origini per una possibile copertura certa della contemporaneità. Quanto basta per non avere l’imbarazzo di parlare alle nuove generazioni inconsapevoli con la sensazione di trovarsi davanti degli extraterrestri.
Le mafie esistono ancora e ben più strutturate di quanto lo fossero nei primi anni Novanta. Utilizzano sistemi evoluti di comunicazione con i migliori hacker stranieri e navigano nel dark-web, effettuano transazioni con i vari sistemi di monete virtuali tipo bitcoin e nel procedere al riciclaggio dei denari derivanti dal commercio degli stupefacenti non utilizzano i contamonete ma pesano il denaro. Il consumo degli stupefacenti è una delle fonti di maggior guadagno e purtroppo i prodotti noti come l’eroina, la cocaina e le varie droghe sintetiche sono state integrate dal terribile fentanyl. Riduce chi ne fa uso in pochissimo tempo a larva umana, è denominata la droga degli zombi. Negli Stati Uniti ha già causato centinaia di migliaia di morti, circola già in Europa e in Italia ci sono stati già alcuni morti.
Ma siamo certi che a morire siano solo quei disgraziati a causa della escalation delle droghe?
Si può morire dentro pur rimanendo vivi quando non si ha la coscienza e la determinazione di operare per il cambiamento e non basterà cambiare nome alla parola antimafia. | 24 settembre 2024 CENTRO STUDI PIO LA TORRE

 

 

Le precisazioni del dottor Brizio Montinaro

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CAPACI 23 maggio 1992 – BRIZIO MONTINARO: “Mio fratello non era il capo scorta di Giovanni Falcone”

E’ quanto affermato dal fratello di ANTONIO MONTINARO alla Camera dei Deputati in occasione della presentazione di un libro in memoria di Paolo Borsellino. La rivelazione di una circostanza non marginale che, seppur avvalorata, da una sentenza del ‘97 e testimonianze varie,  fino ad oggi non era mai stata tenuta nella giusta considerazione a causa il sovrapporsi di versioni errate e sistematicamente replicate per ben 32 anni.
Il dottor Montinaro si è inoltre pubblicamente scusato con i familiari di Vito Schifani e Rocco Dicillo per l’uso strumentale che si fa della memoria.

Promuovere la cultura della legalità senza verità é un modo sbagliato di trasferire alle nuove generazioni una storia deformata.