I rapporti con i servizi segreti e la mafia. L’indagine sullo spionaggio si allarga.

 

In due incontri a febbraio e giugno 2023, due presunti componenti dell’intelligence di Tel Aviv sono negli uffici di Equalize per un “do ut des, uno scambio di informazioni”

 

 
Le carte, tante, tantissime, dell’inchiesta sul dossieraggio con al centro la società Equalize, svelano anche un interessamento israeliano alla grande mole di dati in possesso del gruppo di via Pattari. E fanno emergere l’ipotesi di un traffico illecito di gas iraniano in Italia. 

 

Contatti con 007 israeliani

Nella maxi informativa dei carabinieri del Nucleo investigativo di Varese, è scritto inoltre che nel nel febbraio 2023 Vincenzo De Marzio, l’ex carabiniere indagato nell’inchiesta sui dossieraggi illegali, avrebbe avuto un incontro, assieme a Calamucci, con “due uomini non identificati che rappresenterebbero un’articolazione dell’intelligence dello Stato di Israele”. Sempre nella stessa informativa, tra le altre cose, si ricostruisce “la presenza di soggetti legati all’Intelligence israeliana presso gli uffici di via Pattari” sede della Equalize di Enrico Pazzali e amministrata dall’ex poliziotto Carmine Gallo.
I carabinieri sono riusciti a documentare con pedinamenti e fotografiequell’incontro che, si legge nella maxi informativa da quasi 4mila pagine su vari fronti dell’inchiesta, ha dato riscontro a quanto detto da Calamucci e Gallo “circa i rapporti tra il gruppo di via Pattari ed i servizi d’intelligence italiani e stranieri”. Sono inoltre “sorti dubbi”, scrivono gli investogatori, “circa l’appartenenza passata di Gallo a settori d’intelligence di qualche tipo del nostro Paese”. La prima volta che l’ex carabiniere De Marzio “viene notato negli uffici di via Pattari” è l’8 febbraio del 2023 “quando si presenterà accompagnato da due uomini non identificati che rappresenterebbero un’articolazione dell’intelligence dello Stato di Israele”.
Inoltre Nunzio Calamucci, intercettato mentre parla con Massimiliano Camponovo, il giorno prima dell’incontro con due persone legate ai servizi segreti israeliani, gli dice: “Ci hanno fatto una proposta”. Nell’informativa i carabinieri scrivono che l’hacker “conferma e spiega come abbiano già fruttato al gruppo 40mila euro” e che “ora in gioco vi è una commessa da un milione di euro”. Dice Calamucci: “Mi han proposto un lavoretto da un milione!”. E più avanti: “Metà dei dati li hanno dati al Vaticano, l’altra metà gli servono per combattere Wagner”. E ancora: “Hanno tutti i documenti originali del Qatar Gate”.

Atti riservati Eni

Sono stati poi individuati anche “atti riservati di Eni Spa” negli uffici a Milano, dove ha sede Equalize, la società di investigazione al centro dell’indagine della Dda e della Dna su una presunta rete di cyber-spie e che ha portato ai domiciliari il suo ad, l’ex ispettore di polizia, Carmine Gallo, e sotto inchiesta anche il proprietario, Enrico Pazzali, presidente di Fondazione Fiera che si è autosospeso. Come si legge nelle carte, nei locali della società, oltre a “un vero e proprio ‘archivio di Polizia” ci sono “numerosi” atti su Paolo Simeone, “noto youtuber e contractor italiano”, ma anche “atti riservati” del gruppo petrolifero. Secondo 

Mandato dalla Chiesa

In una conversazione del dicembre 2022, invece, “tra le tante captate sul tema Russia e degli attacchi hacker in Italia”, il gruppo al centro dell’inchiesta della Dda di Milano “discute sulle proprie attività d’intelligence sul tema e sui ricavi che ne può ottenere anche in relazione ad un mandato che asseriscono provenga direttamente dalla Chiesa». Negli atti degli investigatori si parla anche di una “ttività del gruppo (secondo alcune intercettazioni acquisite)” che «sembrerebbepatrocinata da Enti Ecclesiastici”.

Indagati i figli del fondatore di Bburago

Ci sono anche i fratelli Marco e Paolo Besana, figli di Mario, il fondatore della BBurago, l’azienda di modellismo, nel lungo elenco di indagati dalla Dda di Milano nell’inchiesta su un presunto gruppo di cyber-spie che è accusato di aver “esfiltrato” informazioni riservate da banche dati stategici nazionali. Come si legge nella carte dell’inchiesta i due fratelli rispondono di concorso in accesso abusivo a sistema informatico per via di questioni legate all’eredità.


Dossier, indagato il direttore Affari legali di Eni: “La banda aveva atti riservati del colosso. Contatti con uomini legati ai servizi israeliani”

 

Stefano Speroni, direttore degli Affari legali di Eni, è indagato per concorso in accesso abusivo in uno dei filoni dell’inchiesta di Milano sulla presunta associazione a delinquere dedita allo spionaggio tramite accessi illeciti alle banche dati pubbliche, capeggiata – secondo l’accusa – dall’ex poliziotto Carmine Gallo e dall’informatico Samuele Caramucci, entrambi agli arresti domiciliari. Venerdì Speroni è stato sottoposto a una perquisizione culminata nel sequestro dello smartphone: l’accusa riguarda un report redatto per “mettere in cattiva luce” l’imprenditore petrolifero Francesco Mazzagatti – amico dell’ex legale esterno dell’azienda Piero Amara – dal quale Eni si riteneva danneggiata.

Dagli atti risulta che il colosso di San Donato Milanese si sia rivolto alla Equalize, la società di Gallo e dell’ex presidente della Fondazione Fiera di Milano Enrico Pazzali, per sapere se Mazzagatti fosse coinvolto in vicende criminali. Il report, dal costo di cinquantamila euro, viene pagato da Eni nel gennaio 2023: secondo i pm, nel documento è confluito anche “materiale illecitamente acquisito”. Negli uffici della Equalize, si legge nelle carte, erano custoditi “atti riservati” del colosso petrolifero. “Eni non era (come non è) al corrente delle presunte condotte illecite attribuite a Equalize nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Milano”, ha puntualizzato il cane a sei zampe. In un secondo momento, un portavoce ha spiegato di non voler commentare “dettagli che in questo momento stanno emergendo in modo totalmente decontestualizzato” e ha confermato come Eni abbia “a suo tempo conferito a Equalize un incarico investigativo a supporto della propria strategia e difesa nell’ambito di diverse cause penali e civili, nonché verifiche procedurali su alcuni fornitori potenzialmente di rilevanza processuale. Non risultano sottratti o mancanti atti di Eni, altre informazioni riservate o commercialmente rilevanti, o effrazioni ai sistemi informatici della società”, ha concluso.

In una maxi informativa redatta a giugno dal Nucleo investigativo dei Carabinieri di Varese – il corpo di polizia giudiziaria che ha condotto le indagini – si ricostruisce inoltre “la presenza di soggetti legati all’intelligence israeliana presso gli uffici di via Pattari”, sede della Equalize a Milano. Il rapporto descrive come Calamucci e Vincenzo De Marzio, un altro degli indagati, nel febbraio 2023 abbiano incontrato “due uomini non identificati che rappresenterebbero un’articolazione dell’intelligence dello Stato di Israele“. Nell’incontro, si legge, Calamucci ha messo “a disposizione a nome del gruppo” ai due israeliani “i dati esfiltrabili dalle banche dati strategiche nazionali” e si è reso “disponibile alle attività d’intelligence richieste previo pagamento”. A loro volta, gli israeliani “propongono al gruppo una partnership anche per trasferire a quest’ultimo le informazioni eventualmente di interesse per il cliente Eni spa”.

Nell’informativa si cita anche un dialogo in cui “discutono dell’implementazione del database” con i “dati di tutti i prefetti e i magistrati“. Nell’intercettazione gli interlocutori fanno ricerche su una serie di nomi di magistrati o ex, in particolare della Procura di Milano (tra gli altri, i pm Laura Pedio, Paolo Storari e Francesco Greco). Nella richiesta di misure cautelari depositata a luglio, la Direzione distrettuale antimafia di Milano parla di una “cintura istituzionale” che “inconsapevolmente scorre attorno all’organizzazione e genera negli appartenenti a quest’ultima una forte sensazione d’impunità. Il “punto di forza” della banda, scrive il pm Francesco De Tommasi, è la “rete relazione di altissimo livello di cui beneficiano” Gallo e Pazzali, che lunedì si è dimesso suo ruolo in Fondazione Fiera. I due, si legge, “intrattengono” rapporti “confidenziali” con persone dei “più elevati ranghi delle istituzioni pubbliche, estranee ai fatti e all’oscuro delle dinamiche criminose”. Sono inoltre “sorti dubbi”, annotano gli investigatori nell’informativa, “circa l’appartenenza passata di Gallo a settori d’intelligence di qualche tipo del nostro Paese”.

 


Cosa si sa sull’inchiesta dei dati rubati al Ministero dell’Interno: come funzionava lo “spionaggio” di Equalize

 

Sono 800mila i fascicoli top secret rubati da Equalize Srl, ovvero la società di investigazioni dell’ex poliziotto Carmine Gallo. Cosa sta succedendo? E come funzionava il loro “spionaggio”?

 
 

Si indaga per capire quanti e quali dati sono stati violati dalla società di sicurezza e investigazioni, la Equalize Srl, finita ora nel mirino della Direzione distrettuale antimafia di Milano. L’inchiesta guidata dal procuratore Francesco De Tommasi ha portato all’arresto ai domiciliari anche dell’ex poliziotto Carmine Gallo: dovrà ora difendersi dall’accusa di aver preso parte a un’associazione a delinquere finalizzata agli accessi abusivi di banche dati strategiche nazionali con l’obiettivo di ottenere informazioni sensibili e segrete e venderle al miglior offerente. Quali informazioni e a quale prezzo sono state vendute è ancora tutto da chiarire. Agli arresti sono finiti anche Nunzio Calamucci, Massimiliano Camponovo e Giulio Cornelli, ovvero manager di altre aziende collegate a quella dell’ex poliziotto.

In libertà ma finiti nella lista degli indagati ci sono il presidente di Fondazione Fiera Milano e consigliere della Bocconi Enrico Pazzali, principale socio di Equalize, oltre a clienti come il finanziere Matteo Arpe, la giudice Carla Giovanna Ranieri, l’imprenditore Leonardo Maria Del Vecchio. Non solo: la rete di hacker avrebbe clonato o utilizzato abusivamente un indirizzo email assegnato al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Alla fine in tutto sono 800mila i fascicoli rubati.  Cosa sta succedendo? E come funzionava il loro “spionaggio”?

Come riuscivano a rubare i dati sensibili al Ministero dell’Interno

Gli indagati, attraverso hacker e tecnologia, riuscivano a entrare all’interno di banca dati cassaforte di dati sensibili. Nel dettaglio, i fedelissimi di Equalize sono riusciti ad accedere al Sistema d’Indagine informatico(Sdi) della polizia: ovvero una delle più vecchie e ricche banche dati del Paese al cui interno si può trovare di tutto, da segnalazioni a qualsiasi altri tipi di informazioni al vaglio di indagini. Chi può accedere a questo sistema sono persone autorizzate, nonché ovviamente ufficiali di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza. Di certo però non gli addetti di Equalize. Ma come avveniva l’accesso nelle banche dati?

Gli “spioni” legati all’agenzia Equalize accedevano ai dati del Ministero dell’Interno mediante un RAT (Remote Access Trojan) che l’associazione a delinquere inseriva nei diversi server. Così come Equalize si serviva di persone di fiducia per infiltrarsi all’interno di vari gruppi di lavoro. Nel primo caso, servendosi di un malware e di un hacker, si garantivano il controllo del pc agendo così allo stesso modo del proprietario del pc.

Con in mano i dati scaricati direttamente dal Ministero dell’Interno non avevano rivali sul mercato: gli indagati potevano così facilmente anche corrompere i diversi operatori di polizia, ovvero chi era autorizzato ad accedere alle banche dati.

L’obiettivo di Equalize era quello di scaricare più dati possibili

L’obiettivo dell’associazione a delinquere era quello di scaricare più dati possibili. In una conversazione intercettata tra Calamucci e Gallo si sente il primo che spiega al secondo l’organizzazione interna: la Procura in questa chiamata ha scoperto che a progettare il Sistema d’Indagine informatico sono anche “i ragazzi di Colchester” vicini a Calamucci. Il sistema inoltre è detenuto nei server di fisici di Torino e si può accedere tramite appunto il Rat. Proprio con questo sistema funziona anche la banca dati del Ministero dell’Interno. Ma c’è di più, i “ragazzi” vicini a Calamucci avevano per altri 4 anni e mezzo la manutenzione del sistema. Da qui l’intenzione di Calamucci, nella conversazione di Gallo, di poter scaricare più dati possibili in questo arco di tempo.

Spettava ad altri scoprire la chiave d’accesso alle banche dati: si trattano di veri e propri “fabbri del sistema” che fornivano l’accesso alla “back door”. Gli hacker erano chiamati a lavorare spesso perché l’infrastruttura di rete e software del Viminale è in continuo aggiornamento ed evoluzione.

I rapporti con i servizi segreti e la mafia

Al centro delle indagini ci sono anche gli accertamenti dei rapporti tra Carmine Gallo e si servizi segreti. L’ex super poliziotto parla di documenti che in Italia sono top secret. Così come Nunzio Calamucci. Il pubblico ministero Francesco De Tommasi ha infatti spiegato che la presunta associazione a delinquere – come riporta Ansa – gode di appoggi di alto livello, in vari ambienti, anche quello della criminalità mafiosa e quello dei servizi segreti, pure stranieri. E ancora: gli indagati si vanterebbero di poter intervenire su indagini e processi. Inoltre tutto è possibile grazie a una loro struttura a “grappolo”: questo vuol dire che ogni collaboratore e collaboratore a sua volta ha contatti sia nelle forze dell’ordine che nelle altre pubbliche amministrazioni. Così in poco tempo avevano, secondo la Procura, messo in piedi un vero e proprio traffico illegale di dati illeciti.


Inchiesta hacker: i dossieraggi, i clienti e le vittime. Cosa sappiamo finora

Il caso dossieraggio nasce dall’indagine della Direzione distrettuale antimafia di Milano che venerdì 25 ottobre ha portato alla luce un network di presunti spioni guidato dall’ex super poliziotto Carmine Gallo (ai domiciliari), braccio operativo di Enrico Pazzali, presidente di Fondazione Fiera (estranea all’indagine), che si è autosospeso

Inchiesta hacker, Viminale: “Verifiche su accessi abusivi”

Il caso dossieraggio nasce dall’indagine della Direzione distrettuale antimafia di Milano che venerdì 25 ottobre ha portato alla luce un network di presunti spioni guidato dall’ex super poliziotto Carmine Gallo (ai domiciliari), braccio operativo di Enrico Pazzali, presidente di Fondazione Fiera (estranea all’indagine) e titolare di Equalize, azienda di investigazione che era il perno di una attività di dossieraggio illegale. Pazzali si è auto-sospeso dal ruolo di presidente de.lla Fondazione Fiera Milano, comunicando la sua decisione in serata al comitato esecutivo dell’ente. Del sistema facevano parte anche altre due società, Mercury Advisor srls e Develope and Go srls. Indagate 52 persone con 16 richieste di arresto, solo quattro delle quali sono state concesse dal Gip. Emesse anche due interdittive nei confronti di un poliziotto e un finanziere. Tra le accuse – a vario titolo – c’è l’associazione per delinquere finalizzata all’accesso abusivo a sistema informatico, corruzione, intercettazione abusive e rivelazione del segreto d’ufficio.

Pazzali era già stato amministratore di Fiera Milano spa nel 2009-2015 e poi alla guida di Eur spa: è tra coloro per i quali il non Gip non ha concesso la custodia cautelare.

È invece agli arresti domiciliari Gallo. La procura di Milano aveva chiesto per lui la custodia cautelare in carcere. Ex funzionario di polizia, 65 anni, nella carriera di Gallo c’è il ruolo determinante nel risolvere il delitto dello stilista Maurizio Gucci. Colonna portante delle prime maxi operazioni milanesi contro la’ndrangheta, fu protagonista delle indagini sui sequestri di persona e tra gli artefici della liberazione dell’ostaggio Alessandra Sgarella. Ha lasciato definitivamente la Polizia nel 2018. È ad di Equalize.

L’altro protagonista dello spionaggio illegale è Nunzio Samuele Calamucci(ai domiciliari): 45 anni, ufficialmente «ingegnere e consulente aziendale» ma soprattutto hacker che ha fatto parte del collettivo Anonymous. Calamucci era riuscito a infiltrare una società che aveva creato il nuovo database del Viminale e ne gestiva la manutenzione.

Il sistema di dossieraggio

La banda che, secondo i magistrati, aveva rapporti dalla criminalità organizzata ai servizi segreti anche esteri, attraverso l’agenzia offriva e vendeva rapporti su persone grazie ad accessi abusivi a banche dati dello Stato: lo Sdi, il sistema presso il ministero dell’Interno dove afferiscono tutte le notizie relative all’attività delle forze di polizia (gli accessi del gruppo sarebbero stati 350mila), la banca dati dell’Inps, Serpico (Sistema informatico dell’Agenzia delle Entrate), Anpr (Anagrafe nazionale della popolazione residente), Siva (Sistema informativo valutario). Migliaia di dati che finivano in report spesso “mimetizzati” in modo da apparire leciti. SOLE 24 ore