ROBERTO MARIA FERDINANDO SCARPINATO. Presidente, una sola domanda per la dottoressa Lucia Borsellino e varie domande per l’avvocato Trizzino.
Dottoressa Lucia Borsellino, chiedo se le risulta che il dottor Giammanco fu costretto ad andare via dalla procura della Repubblica di Palermo a seguito di un documento sottoscritto da otto sostituti procuratori della DDA, nel quale si minacciava di dare le dimissioni se Giammanco non fosse stato allontanato. E se a seguito di questo documento ebbe inizio l’inchiesta del CSM, nel quale furono raccolte le dichiarazioni a cui ha fatto riferimento varie volte l’avvocato Trizzino, nel corso del quale i sostituti raccontavano quello che era successo. E se si ricorda chi prese l’iniziativa e chi furono i sottoscrittori di questo documento.
Per quanto riguarda invece l’avvocato Trizzino faccio una premessa. Io non farò alcuna domanda sulle parti della dichiarazione dell’avvocato Trizzino nelle quali ha fatto riferimento alla mia persona, questo per ragioni di eleganza istituzionale e anche perché, tenuto conto dell’esiguo tempo a mia disposizione, ritengo di dovermi concentrare soltanto sulle questioni rilevanti.
Ho fatto questa premessa affinché il mio silenzio al riguardo non venga frainteso come acquiescenza alle dichiarazioni dell’avvocato Trizzino, che ritengo in più punti inesatte. Fatta questa premessa vado alle domande.
L’avvocato Trizzino ha affermato che l’inchiesta «mafia-appalti», scaturita dall’annotazione del ROS depositata il 20 febbraio 1991, produsse solo sette arresti, che ha specificato nelle persone di Siino Angelo, Lipera Giuseppe, Farinella Cataldo, Falletta Alfredo, Morici Serafino, arrestati nel giugno del 1995, a cui si aggiungono Cascio Rosario e Buscemi Vito arrestati nel febbraio del 1992.
In sostanza, dunque, tenuto conto della portata dell’inchiesta la montagna aveva prodotto un topolino. Ciò sarebbe avvenuto perché la procura di Palermo aveva sottovalutato le risultanze processuali o, peggio, non aveva voluto approfondirle.
Più in particolare l’avvocato Trizzino ha dichiarato che la procura richiese nel febbraio del 1992 un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Vito Buscemi, definito dall’avvocato Trizzino il «Buscemino», perché poco rilevante a suo parere, e rimase invece inerte nei confronti di Buscemi Antonio, mafioso definito il «Buscemone», per sottolinearne l’importanza, che era socio occulto di imprese riconducibili al gruppo Ferruzzi il cui patron era Raul Gardini le cui imprese operavano in Sicilia.
Ciò premesso chiedo all’avvocato Trizzino se lei sia a conoscenza che la Commissione parlamentare antimafia in data 3 febbraio 1999 procedette all’audizione del procuratore della Repubblica di Palermo, dottor Giancarlo Caselli, il quale depositò una relazione della procura di Palermo di 107 pagine, nella quale si ripercorreva analiticamente tutto lo sviluppo dell’indagine «mafia-appalti», originata dall’annotazione del ROS depositata il 20 febbraio 1991, mai archiviata, proseguita negli anni 1992-1993 e seguenti, con una successione analiticamente indicata in quella relazione di ordinanze di custodie cautelari nel corso delle quali venivano arrestati complessivamente circa 120 soggetti (tra mafiosi, imprenditori di respiro nazionale, politici, professionisti) e venivano richieste numerose richieste di autorizzazione a procedere nei confronti di ministri e parlamentari.
In particolare chiedo all’avvocato Trizzino se le risulta che in quella relazione venne documentato che non è affatto vero che l’inchiesta si concluse negli anni 1991-1992 con sette arresti da lei citati, ma che già nel maggio del 1993 fu chiesta e ottenuta ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 25 persone, tra cui tutti i capi mafia che gestivano gli appalti (Riina, Giuseppe Lipera, uomini politici, dirigenti di enti regionali che gestiscono appalti per mille miliardi).
Le chiedo se le risulta che in quella relazione veniva documentato che unitamente a Salvatore Riina e altri mafiosi fu arrestato nel maggio del 1993 proprio quel Buscemi Antonino da lei definito «Buscemone», nei cui confronti la procura, secondo quanto lei ha affermato, avrebbe omesso di approfondire le indagini.
Se le risulta che ancor prima del maggio del 1993, già nell’ottobre del 1992 la procura della Repubblica aveva chiesto il sequestro e la confisca per misure di prevenzione di tutto il patrimonio dei Buscemi, comprese le quote riconducibili al gruppo Ferruzzi.
Quindi se può precisare alla Commissione in che senso la procura di Palermo non avrebbe sviluppato le indagini su Buscemi Antonino, lasciandolo indenne nel tempo da conseguenze giudiziarie.
Se le risulta che nel maggio del 1993 tra gli imprenditori di livello nazionale tratti in arresto dalla procura vi erano Lodigiani Vincenzo, la cui importanza non penso di dover sottolineare, Claudio De Eccher con tutto lo staff dirigenziale di quell’impresa, Salomone Filippo, imprenditore cerniera tra l’imprenditoria del Nord e del Sud.
Se le risulta che tra i politici arrestati vi era l’onorevole Salvatore Lombardo, che poi fu arrestato sempre nel 1993, l’onorevole Sciangula Salvatore. Che furono richieste, sempre nel 1993, autorizzazioni a procedere nei confronti dell’ex Ministro Mannino, del Ministro Nicola Caprio, di Severino Citaristi, di Rosario Nicolosi, di Michelangelo Russo.
Se le risulta che sempre nel 1993 fu incriminato l’ex Ministro Calogero Mannino per una tangente di 900 milioni e sempre nel 1993 fu iniziato un processo per concorso esterno nei confronti di Mannino.
Se le risulta che gli anni seguenti fu sequestrato tutto il patrimonio della Ferruzzi.
Lei ha detto che il 13 luglio 1992 fu archiviato il processo «mafia-appalti».
Le chiedo se le risulta se fu archiviato il processo «mafia-appalti» o se invece quel processo non fu mai archiviato ma furono archiviate soltanto alcune posizioni processuali, che il processo non fu mai archiviato tant’è che si era in attesa di informative dei ROS che furono depositate il 5 settembre nel processo aperto. Quindi il processo non poteva essere chiuso il 13 luglio se vengono depositate il 5 settembre del 1992 delle nuove informative.
Se le risulta che l’archiviazione del 13 giugno del 1992 fu determinata anche dal fatto che non solo non c’erano a quella data le collaborazioni di Baldassare Di Maggio e di altri, ma dal fatto che la procura di Catania non aveva comunicato alla procura di Palermo che Lipera, personaggio centrale, aveva iniziato a collaborare, e quindi le dichiarazioni di Lipera non fu possibile prenderle in considerazione nel provvedimento di archiviazione che altrimenti non ci sarebbe stato.
L’altra domanda è questa. Lei ha descritto l’informativa «mafia-appalti» del 20 febbraio 1991 come un’informativa che sostanzialmente consentiva di ricostruire tutta la gestione illecita degli appalti e ha attribuito una grande rilevanza giustamente alla componente politica di quel «tavolino» che aggiustava gli appalti.
Le chiedo se le risulta che quell’informativa constava di circa 900 pagine, di 484 allegati, si concludeva con delle schede riassuntive finali nelle quali venivano segnalati personaggi di maggiore interesse investigativo, 43 persone, di cui 23 come personaggi di interesse per il 410-bis e 22 come personaggi di interesse per il reato di associazione a delinquere semplice.
Se le risulta che in tutte le 900 pagine, in tutti i 484 allegati non vi era un rigo che facesse riferimento ai personaggi più importanti del potere politico siciliano, che gestivano gli appalti in quel periodo, cioè l’onorevole Salvo Lima, l’onorevole Rosario Nicolosi, l’onorevole Calogero Mannino e poi anche in campo nazionale l’onorevole De Michelis.
Se le risulta che fu appurato che tali nominativi non erano menzionati in quella informativa perché a quella data non erano state ancora acquisite delle notizie, ma che al contrario non erano menzionati per una scelta del ROS. Fu accertato in realtà che esistevano delle conversazioni intercettate estremamente importanti che riguardavano questi politici. Una di queste era un’intercettazione del 6 aprile 1990, quindi quasi un anno prima dell’informativa, che riguardava l’onorevole Lima, referente della mafia in Sicilia, il quale telefonava a un dirigente della Sirap, che gestiva mille miliardi di appalti in Sicilia, e gli diceva di essere amico di Cataldo Farinella, un mafioso importante che venne arrestato nel 1991. Nell’informativa del ROS c’erano pagine e pagine che riguardavano Cataldo Farinella, conversazioni, tant’è che fu arrestato, non si menzionava affatto che c’era una telefonata in cui Lima raccomandava Farinella alla Sirap. Questa telefonata non fu tirata fuori neanche dopo l’omicidio di Lima.
Se le risulta che venne accertato che non furono omesse soltanto le conversazioni che riguardavano Lima, ma anche le conversazioni tra Ciaravino e La Cavera del 19 marzo 1990, in cui si parlava di Mannino, si parlava di Nicolosi, si parlava di Lombardo nell’affare Sirap, la telefonata del 22 aprile del 1990 in cui si parlava di Nicolosi, dell’assessore Gorgone.
Se le risulta che queste intercettazioni vengano a conoscenza della procura di Palermo soltanto il 5 settembre del 1992, quando il ROS si decise a depositarle con l’informativa Sirap, e il primo ottobre del 1992 quando la procura di Catania trasmise l’informativa Caronte, nonostante l’informativa del febbraio 1991 doveva essere un’informativa riassuntiva di tutto il quadro e dare un chiaro quadro ai magistrati di tutte le componenti implicate negli appalti.
Le chiedo se le risulta che il maresciallo capo Iannetta Carmine, colui che effettuava gli ascolti in diretta, sentito dalla procura il 9 ottobre del 1998, e richiesto di spiegare perché non fossero state inserite le intercettazioni dei politici nell’informativa del febbraio del 1991 alla procura di Palermo, rispose: «Aggiungo che in effetti tali circostanze non furono evidenziate nel rapporto per valutazioni operate dai miei superiori che le ritennero irrilevanti».
Le chiedo se lei può dare una spiegazione del motivo per cui il ROS nel febbraio del 1991, facendo un’informativa riepilogativa di tutto, ritenne irrilevanti le intercettazioni che riguardavano i politici.
La terza domanda è questa. In base alla sua prospettazione degli avvenimenti, i mandanti dell’accelerazione della strage di via D’Amelio andrebbero ricercati e individuati all’interno di coloro che temevano che Paolo Borsellino, rimanendo in vita, potesse svolgere indagini che avrebbero portato alla luce gli affari sporchi che si celavano dietro l’affaire «mafia-appalti», compromettendo lucrosi interessi economici e personaggi importanti appartenenti al mondo politico, economico e alla magistratura. Da questa prospettazione si desume che il depistaggio Scarantino, visto che Scarantino non voleva certamente proteggere i mafiosi, fu finalizzato a impedire che le indagini potessero orientarsi sul filone «mafia-appalti» e potessero fare emergere le responsabilità di personaggi eccellenti e potenti coinvolti nella vicenda «mafia-appalti». Più in particolare, lei ha prospettato che responsabili dell’accelerazione possono essere stati Giammanco, Buscemi Antonino, socio occulto di Raul Gardini, il quale era amico di Martelli.
Le faccio questa domanda. La falsa collaborazione di Scarantino non inizia nel 1992 – nel 1992 Scarantino viene arrestato – inizia il 24 giugno del 1994, due anni dopo, quella è la data del primo verbale dichiarativo.
Tenuto conto che il 24 giugno del 1994 Giammanco non era più il procuratore di Palermo da due anni e il nuovo procuratore della Repubblica era Giancarlo Caselli. Tenuto conto che Buscemi Antonino, il «Buscemone», era stato già arrestato il maggio 1993 e le sue quote azionarie erano sequestrate dalla procura di Palermo. Tenuto conto che Raul Gardini si era suicidato nel luglio del 1993 e che Martelli non era più Ministro da anni.
Le chiedo chi erano secondo la sua prospettazione i soggetti potenti coinvolti «in mafia-appalti» che potevano orchestrare un depistaggio che coinvolgeva i vertici della polizia da La Barbera in su.
Le chiedo inoltre se lei ritiene importante il fatto che il collaboratore Francesco Di Carlo abbia indicato Arnaldo La Barbera, colui che fu l’artefice del depistaggio Scarantino, come la stessa persona che si recò in un carcere inglese per chiedere l’aiuto di cosa nostra per neutralizzare Giovanni Falcone.
L’altra domanda riguarda Subranni. Lei ha parlato di Subranni ma io le voglio leggere pagina 715 della sentenza della Borsellino quater, della motivazione, dove citando Agnese Borsellino si riporta alla sua frase che dice: «Confermo che mi disse (Paolo, il marito) che il generale Subranni era “punciutu”. Mi ricordo che quando me lo disse era sbalordito. Ma aggiungo che me lo disse con tono assolutamente certo. Non mi disse chi glielo aveva detto, mi disse comunque che quando gliel’avevano detto era stato tanto male da aver avuto conati di vomito. Per lui infatti l’Arma dei carabinieri era intoccabile».
PRESIDENTE. Senatore, chiedo scusa, io non sono intervenuta fino ad ora perché devo rispetto e tempo a tutti, però sono venti minuti che lei interviene…
ROBERTO MARIA FERDINANDO SCARPINATO. Su cinque ore di esposizione.
PRESIDENTE. Non è un dibattito tra me e lei, le dico quali sono…
ROBERTO MARIA FERDINANDO SCARPINATO. Se mi vuole togliere la parola…
PRESIDENTE. Non le tolgo la parola, le spiego qual è la questione e lei poi finisce la sua ampia possibilità di fare domande. Qui non siamo in un’aula di tribunale, questo non è un controesame di un teste, lo dico a me stessa perché lo capiscano tutti, anche chi ci ascolta fuori. Quelle che vanno fatte qui sono domande che servono per ricostruire la storia, non per legittimare o meno alcune posizioni. Siccome lei è giustamente partito con eleganza, le chiedo gentilmente intanto di stare nei tempi e dopodiché di ricordarsi che questo non è un esame di un teste.
ROBERTO MARIA FERDINANDO SCARPINATO. Lei non mi deve ricordare niente, perché io sto facendo domande precise all’avvocato Trizzino, non sto facendo…
PRESIDENTE. Senatore, lei parla da venti minuti facendo premesse di due e domande di mezzo secondo, questo io lo permetto a tutti fino a un tempo congruo che permetta a tutti i commissari di parlare, altrimenti si tratta di un’audizione, senatore. Finisca.
ROBERTO MARIA FERDINANDO SCARPINATO. Rinuncio alle mie domande.
PRESIDENTE. No, guardi, può finire nel tempo congruo.
ROBERTO MARIA FERDINANDO SCARPINATO. Rinuncio
6 ottobre 2023
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