Caso Mattarella, furono solo i boss? L’inchiesta che divide l’antimafia

 

Piersanti Mattarella

 

Alla prima del film sul presidente della Regione ucciso il 6 gennaio 1980, il figlio Bernardo, Fiammetta e Manfredi Borsellino

 

La nuova inchiesta della procura di Palermo sui killer di Piersanti Mattarella è tutt’altro che conclusa, si cercano riscontri all’ipotesi che a sparare quel 6 gennaio 1980 siano stati due sicari di mafia (Antonino Madonia e Giuseppe Lucchese), ma intanto un risultato è già arrivato: si è aperto un gran dibattito sul più intrigato dei delitti eccellenti di Palermo, al pari delle stragi Falcone e Borsellino. Cosa non da poco in una stagione in cui l’antimafia sociale appare sempre più stanca, per nulla interessata alla ricerca della verità sui grandi misteri siciliani.

Dunque, ecco il dibattito che si è aperto dopo la notizia della nuova inchiesta: l’omicidio di Piersanti Mattarella fu solo mafia? O fu anche altro, come sospettava il giudice Falcone, che mise sotto inchiesta i killer neri Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini, poi però assolti?.

Il professore Salvatore Lupo ha sostenuto la prima ipotesi: «Le ultime risultanze confermano quanto già il processo aveva appurato: che la pista neofascista non c’entra — ha scritto l’autorevole storico sulle pagine di questo giornale — (…) Fu un delitto politico-mafioso». La pensa diversamente il professore Costantino Visconti («Possiamo dire davvero che fu solo mafia?»), l’ordinario di diritto penale suggerisce di analizzare la vicenda secondo una duplice chiave interpretativa: «Bisogna tenere distinte le due piste — ha sostenuto — l’una prettamente penalistica, che deve accertare l’identità di esecutori e mandanti; l’altra storico-politica». Nel dibattito di questi giorni, altri hanno ricordato che il delitto Mattarella è un capitolo delle sentenze che a Bologna hanno condannato all’ergastolo l’ex terrorista nero Gilberto Cavallini per la strage della stazione avvenuta il 2 agosto 1980.

Proprio Bologna è uno degli snodi del documentario “Magma. Mattarella, il delitto perfetto” diretto da Giorgia Furlan e prodotto dalla società “42° Parallelo” di Mauro Parissone. «Non fu solo mafia», ha detto il giornalista scrittore Attilio Bolzoni, grande conoscitore delle storie di Palermo, alla presentazione del film, mercoledì al Rouge et noir.
Nel film rivivono le parole di Falcone: «Questa è un’indagine complessa — diceva il giudice all’Antimafia, nel 1988 — perché si tratta di capire se, e in quale misura, la “pista nera” sia alternativa a quella mafiosa, oppure si compenetri con quella mafiosa». Poi, però al processo non sono arrivati riscontri alle accuse del fratello di Giusva Fioravanti e i giudici non hanno neanche dato peso al riconoscimento del killer nero fatto dalla moglie di Mattarella. La condanna è invece arrivata per i boss della Cupola, ritenuti i mandanti del delitto del presidente della Regione che voleva cambiare la Sicilia e la politica nel nome dei valori per cui si batteva un altro grande uomo delle istituzioni, Aldo Moro.

Cosa c’è davvero dietro il delitto Mattarella? In attesa della conclusione dell’inchiesta, una cosa è certa: già nei momenti immediatamente successivi all’omicidio, scattò il solito rituale dei delitti eccellenti in cui i killer di mafia sono solo un capitolo della storia. Il 6 gennaio 1980, scomparve un guanto che era stato sequestrato dalla polizia nella 126 dei killer. Lo stesso copione delle prove trafugate che andò in scena il giorno della strage di via D’Amelio. E mercoledì sera, insieme a Bernardo Mattarella, il figlio di Piersanti, c’erano anche Fiammetta e Manfredi Borsellino, poi pure i vertici giudiziari di Palermo — Frasca, Sava e Morosini, non il procuratore de Lucia — un modo per ribadire che la magistratura palermitana è al fianco dei familiari delle vittime, ma la ricerca della verità viene portata avanti esclusivamente nelle sedi istituzionali, non nei dibattiti pur importanti in occasione delle ricorrenze.

Era il messaggio che stava a cuore a Maria Mattarella, morta nel settembre scorso. Diceva: «Spero che tanta attenzione per mio papà ogni 6 gennaio non sia soltanto perché era il fratello dell’attuale presidente della Repubblica. Vorrei che Piersanti Mattarella venisse ricordato sempre». Magari riaprendo quei due volumi con i suoi discorsi, pubblicati anni fa dall’Ars, sono anche sul sito Web dell’Assemblea, ma nascosti dentro vecchi link: eppure, quelle parole sono di straordinaria attualità in questa Sicilia che sembra tornare indietro. Fra boss scarcerati, nuovi e vecchi complici nei palazzi della politica.