ALBERTO TERSIGNI – ANGIOLO PELLEGRINI
AUDIO udienze
SOTTO ACCUSA L’UOMO DI FALCONE. Il generale PELLEGRINI depistò le indagini
DEPISTAGGIO: chiesto il rinvio a giudizio per i generali PELLEGRINI e TERSIGNI
Depistaggio: pm nisseni,a giudizio 2 ex generali dei Carabinieri
La procura di Caltanissetta ha chiesto il rinvio a giudizio per gli ex generali dei carabinieri Angiolo Pellegrini, 82 anni, e Alberto Tersigni, in pensione, con l’accusa di depistaggio.
Secondo l’ipotesi accusatoria i due ufficiali, in servizio alla direzione investigativa antimafia, avrebbero intralciato i pubblici ministeri che cercavano riscontri alle dichiarazioni del collaboratore nisseno Pietro Riggio, ex agente della polizia penitenziaria, poi finito in carcere per i suoi rapporti con i clan mafiosi, sulla strage di Capaci all’inizio degli anni Duemila.
Riggio, da confidente, raccontò agli ex ufficiali di aver appreso dall’ex poliziotto Giovanni Peluso che nel 2001 c’era un progetto di attentato nei confronti del giudice Leonardo Guarnotta.
I due carabinieri non avrebbero vagliato le dichiarazioni e sono accusati di aver affermato il falso ai pm nisseni che chiedevano chiarimenti e avrebbero ostacolato le indagini “finalizzate ad acquisire elementi per comprovare l’autenticità delle dichiarazioni di Riggio”.
Pellegrini fu collaboratore di Giovanni Falcone e dal 1981 al 1985 comandante della sezione anticrimine dei carabinieri a Palermo. Ha scritto anche un libro su quegli anni nel fronte antimafia. “Noi, gli uomini di Falcone”.
Tersigni ha avuto vari ruoli nell’Arma. E’ stato al nucleo operativo e radiomobile di Alessandria, poi a Potenza e poi al nucleo operativo di Caltanissetta nel 1992. Nel 2000 è stato trasferito al centro operativo della Dia a Palermo come capo settore delle investigazioni giudiziarie. Nel 2016 è stato nominato comandante del reparto operativo del comando provinciale dei carabinieri a Genova. Poi la pensione. ANSA 3.10.2024
12.2.2025 Processo per depistaggio, Riggio: usati nomi in codice tra gli agenti
Depistaggio: pentito Riggio, ‘così dovevo infiltrarmi per la cattura di Provenzano’
Caltanissetta, 11 feb. (Adnkronos) – “Sono stati dodici i colloqui investigativi a cui sono stato sottoposto nel 2004. In un’occasione si è presentato un tenente dei carabinieri che era in servizio al Ros di Caltanissetta”. Inizia così la deposizione del collaboratore di giustizia Pietro Riggio al processo a carico di due generali dei Carabinieri, due ex investigatori antimafia, Angiolo Pellegrini e Alberto Tersigni, accusati di depistaggio. Per la Procura di Caltanissetta, rappresentata in aula dal pm Pasquale Pacifico, i due ufficiali oggi in pensione, avrebbero depistato le indagini per riscontrare le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Pietro Riggio.. I due, in particolare, avrebbero intralciato, secondo l’accusa, il lavoro dei pubblici ministeri, che stavano cercando riscontri alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia nisseno Pietro Riggio sulla strage di Capaci. Alla sbarra anche l’ex poliziotto Giovanni Peluso, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Tersigni, 63 anni, difeso dall’avvocato Basilio Milio, e l’82enne Pellegrini hanno lavorato a lungo per la Dia. Pellegrini è stato anche uno storico collaboratore del giudice Giovanni Falcone. Il collaboratore di giustizia Riggio era un agente della polizia penitenziaria quando venne arrestato il 10 novembre del 1998 con l’indagine “Grande oriente”. Il pentito ha raccontato di essere stato detenuto con un certo Giuseppe Porto, con Domenico Vacca “e un certo De Nicola”. “Porto fu incuriosito dalle lettere trovate di Bernardo Provenzano con il blitz Grande Oriente – dice – Mi invogliò ad aprirmi su questa situazione e mi invogliò a creare una squadra all’interno dei servizi per la cattura di Provenzano. Porto mi invitò e mi disse che dovevo stare tranquillo e sereno perché da dentro riusciva ad avviare questo discorso con una persona che faceva servizio sia nei servizi segreti italiani che americani, un certo Antonio Mazzei. Questo mi avrebbe permesso di iniziare un discorso”. Poi il collaboratore Riggio, rispondendo alle domande del pm Pasquale Pacifico, aggiunge: “Io fin da subito sono stato chiaro, mi sono offerto dicendo che potevo trovare un aggancio in Carmelo Barberi e altri soggetti mafiosi che erano in auge in provincia di Caltanissetta come Ciro Vara, Domenico Vaccaro e Giancarlo Giugno”. Tornando al passato ha poi ricordati di avere “svolto servizio al carcere di Villalba, poi ho svolto al carcere di Petrusa di Agrigento e poi quello di San Cataldo”, da agente penitenziario. Quando venne ucciso Falcone, nella strage di Capaci, svolgeva servizio anche al carcere di Pianosa. Aveva svolto poi attività sindacale in quota al sindacato autonomo di polizia penitenziaria. “Dalla polizia penitenziaria sono stato destituito nell’agosto del 2001”, ricorda. E’ stato detenuto al carcere militare di Santa Maria Capua Vetere. Da aprile a settembre del 2000 Riggio va agli arresti domiciliari a Caltanissetta ed era autorizzato ad allontanarsi dall’abitazione dalle 10 alle 12. Il decreto di sorveglianza speciale viene notificato a dicembre del 2000 fino a giugno del 2001 quando sconta la condanna fino a settembre 2001. A marzo 2004 viene arrestato per l’operazione “Itaca bobcat” per associazione mafiosa ed estorsioni tra il 2000 e il 2003. E rimane detenuto fino all’8 marzo del 2008 durante il quale sconta anche la condanna a cinque anni. “L’8 luglio del 2008 inizio la collaborazione con la procura di Caltanissetta”. Riggio rimane a piede libero “fino all’8 giugno del 2016”. E torna in libertà nel 2020 con il decreto Covid. Oggi è un uomo libero.
PIETRO RIGGIO, da agente penitenziario a “mafioso di rango”. Ma qualcosa non torna…