Allora, la politica lo ascoltava compatta. Oggi, perĂČ, il quadro Ăš ben diverso. La scena Ăš polarizzata, frammentata, ideologizzata. Le accuse lanciate da un certo settore della magistratura palermitana a partire dalla fine degli anni Novanta hanno avuto un peso e chi un tempo era in prima linea nelle indagini Ăš stato trasformato, nellâimmaginario collettivo e mediatico, in una figura opaca, talvolta losca.
Ă Mori a prendere la parola. «Il 22 settembre 1986 â ricorda â assunsi il comando del Gruppo Carabinieri Palermo 1°. Era la mia prima volta in Sicilia». Dopo una carriera nellâArma, compreso il Nucleo Speciale di Dalla Chiesa, si capiva che per combattere la criminalitĂ organizzata non bastava inseguire i singoli reati, ma occorreva studiarne la struttura, la logica, lâeconomia. «A Palermo trovai altro: unâattivitĂ frammentata, senza strategia», afferma. Lâazione immediata, seppur dâimpatto, mancava di visione.
Eppure, il 6 maggio 1987, i suoi uomini arrestarono Francesco Madonia e due figli, condannati a piĂč ergastoli â un successo che perĂČ non svelĂČ le dinamiche interne di Cosa nostra. Mori capĂŹ che la mafia non teme lâarresto dei suoi esponenti â sono sempre rimpiazzabili â ma teme che si scavi nei suoi legami esterni, in particolare negli appalti pubblici, il vero motore del potere mafioso. «Il pizzo rende poco. Ă nel condizionamento degli appalti che la mafia costruisce il suo impero», sottolinea. Ed Ăš su questo fronte, metodo poi abbracciato con convinzione da Giovanni Falcone, che decise di attivare un nucleo speciale, al di fuori degli schemi tradizionali.
Dopo Mori, interviene De Donno e ricostruisce lâindagine del 1989 condotta con il magistrato Di Pisa sugli appalti truccati a Palermo, con Ciancimino e Lima ai vertici del sistema. Una lettera trovata nella cassaforte del sindaco Orlando, firmata dallâAlto Commissario Antimafia, segnala il coinvolgimento di Ciancimino. Orlando non sa spiegare e viene indagato. Anche Falcone conosce bene la vicenda: nel â91 la cita al CSM per difendersi da accuse dello stesso Orlando. Ma lâinchiesta si arena: arresti, lettere anonime, unâindagine che coinvolge Di Pisa, poi assolto, ma estromesso. Tutto si ferma lĂŹ.
GiĂ prima della consegna ufficiale del dossier, De Donno aveva trasmesso a Falcone e ai pm Pignatone e Lo Forte alcune annotazioni in cui si ipotizzavano responsabilitĂ di politici. Ma da Palermo, secondo lui, non arrivĂČ mai alcuna delega. Il 9 luglio 1991 scattarono i primi arresti, tra cui Angelo Siino, ma la Procura â denuncia De Donno â agĂŹ senza informare il ROS e consegnĂČ lâintero dossier alle difese, rendendo pubbliche informazioni riservate. Da quel momento, lo scontro tra magistrati e carabinieri si fece insanabile. Il 20 luglio, un articolo del Corriere della Sera rese pubblici i contrasti. Pochi giorni dopo, Giammanco smembrĂČ lâinchiesta, inviando i fascicoli alle Procure dellâisola: lâindagine unitaria era finita.
Falcone reagisce: affida alla giornalista Liana Milella alcuni appunti che diventeranno i suoi âdiariâ e incarica De Donno di informare il presidente dellâAntimafia Chiaromonte sullâintera indagine. In uno di quegli scritti, pubblicati dal Sole 24 Ore, accusa Giammanco di aver cercato di bloccare lâinchiesta sugli appalti, su pressione â scrive â di «qualche uomo politico».
Nel frattempo, da Massa Carrara arriva alla Procura di Palermo unâinformativa su alcune societĂ legate allâimprenditore Antonino Buscemi. Gli incroci con le indagini del ROS sono evidenti. Ma nessuno informa i Carabinieri. «Con quella segnalazione potevamo completare il quadro â dice oggi De Donno â. Ma la pratica fu data alla Guardia di Finanza e chiusa in fretta con lâarchiviazione».
E alla fine lâarchiviazione arriva anche per lâinchiesta madre. Il 13 luglio 1992, gli allora pm Guido Lo Forte e Roberto Scarpinato chiedono lâarchiviazione del dossier. Per De Donno, quella richiesta Ăš il sigillo su una lunga operazione di ridimensionamento. E non sarebbe stato lâunico ad annusare che qualcosa non andasse. Borsellino stesso, in quelle settimane, aveva definito la strage di Capaci «stabilizzante» e aveva manifestato lâintenzione di riaprire lâindagine su mafia e appalti. Come se sapesse che lĂŹ dentro si nascondesse qualcosa che altri volevano non vedere. Alla prossima audizione, data ancora da stabilire, ci saranno le domande poste dai commissari. Si prevede forte tensione.
La strage di via D’Amelio, De Donno: «Nell’ufficio di Borsellino carte su mafia e appalti»
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