MAFIA-APPALTI e i “Memoriali Nicolosi”.

 
 
Nel corso della audizione del 16 aprile 2025 degli ex ufficiali dei carabinieri Mori e De Donno presso la Commissione parlamentare  é stato richiamato  il memoriale che scrisse Rino Nicolosi nel quel descrisse ai magistrati catanesi come operava il sistema delle tangenti sugli appalti pubblici.
 
 
“Tra le imprese piu` significative che, ricordo, partecipavano al sistema degli appalti, ne concordavano la distribuzione e versavano il denaro a SALAMONE vi erano la COGEFAR, la LODIGIANI, la GRASSETTO, la ASTALDI, e le Cooperative vicine al P.C.I.. Questeultime mantenevano uno stretto rapporto anche con il Prof. ROSSITTO, tant’e` che in una occasione, intorno agli anni 1991 – 1992, quest’ultimo accompagnò l` l’Ing. CAVALLINI presso la mia segreteria politica in Catania ove mi furono consegnati complessivamente circa quaranta milioni in contanti. In altra circostanza lo stesso CAVALLINI – come ho gia` avuto modo di dichiarare – ebbe a consegnarmi un’altra somma all’incirca di pari importo; entrambe le dazioni, che certamente trovavano la loro giustificazione nell’aggiudicazione da parte della ITER di importanti lavori pubblici sul territorio della provincia di Catania, non vennero riferite esplicitamente ad un appalto, ma dovevano intendersi collegate alla costruzione delle scuole ovvero dell’Ospedale Garibaldi di Nesima. Del resto questo contributo ritengo che non escludesse altra dazione da parte della ITER al SALAMONE per il rispetto della regola operante nel sistema degli appalti. Cio` sicuramente almeno per quanto concerne l’appalto dell’ospedale che era opera di interesse regionale.
 

“L’ingresso delle cooperative nella distribuzione degli appalti regionali mi venne annunciata dall’ing. Salamone in occasione di unincontro che avvenne alla presenza dei rappresentanti della realtà lavorativa delle cooperative. Alcuni esponenti della deputazione nazionale e regionale mi avevano fatto presente l’interesse delle cooperative a lavorare nel settore degli appalti pubblici in Sicilia.  Dopo qualche tempo il Salamone, confermandomi tale interesse, mi disse che le cooperative intendevano inserirsi nel sistema degli appalti come una qualsiasi impresa, facendomi capire che le stesse avrebbero accettato le regole di aggiudicazione degli appalti secondo i criteri distributivi scelti dal Salamone e ulteriormente si sarebbero sottoposte al sistema di contribuzione in favore della classe politoca”.


 
All’ interno del documento le dichiarazioni di Nicolosi 

TESTO

 


TESTO


 

“Vi spiego il sistema Nicolosi”

In tre memoriali l’atto d’accusa del presidente della regione. Così voleva finanziare la politica: con opere pubbliche

Tira in ballo tutti, partiti e imprese. Rino Nicolosi, l’ex presidente della regione che ai magistrati catanesi ha svelato il suo “sistema degli appalti” in Sicilia, si difende sostenendo che al massimo è colpevole di finanziamento illecito al partito. In cambio delle rivelazioni sul sistema di spartizione degli appalti tra le imprese la procura catanese non lo ha arrestato per corruzione nell’ambito della inchiesta sull’ospedale di Nesima, quello vinto dalla “Iter Ravvenate” della Lega delle cooperative. Ai magistrati che gli mostravano i tabulati su tutti gli appalti siciliani vinti dalle grandi imprese nazionali e locali, con i relativi importi, l’ex potente dc ha sottolineato gli appalti e le imprese che stavano dentro il “suo” sistema. E questo fa supporre che nelle prossime settimane vi saranno sviluppi dell’inchiesta catanese.
In tre memoriali consegnati alla procura di Catania, Rino Nicolosi svela il “suo” sistema. Le grandi imprese nazionali, dalla Fiat alla Lega, secondo Nicolosi, erano d’accordo. A garantire era l’imprenditore Filippo Salamone. Ecco alcuni stralci dei tre memoriali. Nicolosi spiega come dentro il meccanismo siano finite anche le “coop rosse”:

“Nel corso del triennio tumultuoso 89-91 la presenza delle imprese cooperative aderenti alla Lega, già preesistente ma non in maniera massiccia in Sicilia, si fa più rilevante e rivendica (vedi convegno che si celebra a Palermo su “cooperazione e sviluppo”) un ruolo più incidente nella economia siciliana… Al quadro preesistente delle imprese di riferimento storico dei partiti si aggiunge a pieno titolo il sistema delle ‘cooperative rosse’ contemporaneamente riferimento del Pci e impresa – come tengono a precisare – a tutti gli effetti. E’ una presenza ben vista a livello istituzionale perché ritenuta refrattaria alle “vischiosità ambientali”, e dalle altre imprese ritenuta garante del rapporto col Pci”.

“La notevole mobilitazione delle risorse pubbliche in Sicilia rese anche più rilevante la presenza di grandi imprese nazionali che mantennero il loro tavolo di rapporti e di mediazione appunto nazionale ma che probabilmente in Sicilia ricercarono direttamente forme di accordi e di garanzie locali. Anche se non fu mai rispettato uno schema unico per le diverse varianti introdotte da tante situazioni specifiche, si può dire che il meccanismo prevalente vedeva: le imprese siciliane contribuire a finanziare in prevalenza i partiti siciliani della maggioranza; le imprese nazionali soddisfare i loro permanenti impegni con le segreterie nazionali e contribuire direttamente o indirettamente al finanziamento dei partiti a livello regionale. Le cooperative rosse costituire un canale di finanziamento permanente per il Pci sia nazionale che presumo locale… Ma anche disposibili a dare delle contribuzioni al di fuori dal rapporto assolutamente preferenziale verso il Pci e lo stesso Psi”.

A proposito delle imprese locali, Nicolosi fa alcuni esempi: “Graci era impresa di riferimento storico di Lauricella e Gullotti, e successivamente di Andò. Rendo era impresa di riferimento storico di Drago. Costanzo, di Scalia e Urso. Salamone si legò alla vicenda politica della mia presidenza. Vita rimase sempre impresa di riferimento di Mannino. Finocchiaro operò complessivamente a 360 gradi preferendo spesso l’interlocuzione dei livelli politici medio-alti a preferenza di quelli locali. Versaci rimase sempre impresa di riferimento di Astone. Mangiapane era vicina al Pci”.

L’ex presidente della regione, dopo aver ammesso che sperava di governare questo suo sistema di spartizione degli appalti all’interno dell’illecito finanziamento ai partiti, riconosce il fallimento: “Così non è stato anche per la rozza e semplificata, e a volte interessata interpretazione che spesso ne è stata fatta da taluni imprenditori ma anche per il “salto di qualità” avviato dalla mafia quando – credo di poterlo datare attorno al ’90 -essa stessa si propone come “impresa” che pretende partecipare direttamente alla divisione degli appalti”. E Nicolosi accenna “ai riferimenti alla Calcestruzzi del signor Bini, al costruttore Buscemi, al suggerimento mandato ai costruttori catanesi Rendo di stare alla larga da Siino”.

L’ex presidente della regione racconta delle “dazioni” avute, tramite Salamone o direttamente le imprese, anche da altri politici siciliani: “Lauricella, Capria, Mattarella, Ayala, alcuni deputati liberali e del Msi, l’onorevole Gullotti”. “Per le contribuzioni alla corrente andreottiana, queste venivano garantite dall’onorevole Sciangula attraverso l’esercizio della sua funzione di assessore regionale ai lavori pubblici”. IL MANIFESTO 7.10.1997 Guido Ruotolo


Il pentito Siino: “Brusca voleva uccidere Rino Nicolosi.

 

Deposizione al processo sulla trattativa fra Stato e mafia di Angelo Siino, considerato a lungo il “ministro dei lavori pubblici” di Cosa nostra

 

Negli anni Ottanta Cosa nostra aveva progettato di uccidere l’ex presidente della Regione siciliana, Rino Nicolosi. A raccontarlo al processo sulla trattativa tra Stato e mafia, deponendo in videoconferenza, è il pentito di mafia Angelo Siino.
“Me lo raccontò Giovanni Brusca – ha detto l’ex “ministro dei lavori pubblici” di Cosa nostra rispondendo alle domande dei pm Nino Di Matteo e Francesco del Bene – Mi disse che Nicolosi stava iniziando a rompere sugli appalti e che gli voleva rompere le corna. Brusca incaricò Nitto Santapaola di fare un “lavoretto a Nicolosi” ma Santapaola si rifiutò, come mi disse successivamente”.
“Io e Rino Nicolosi ci occupavamo entrambi di appalti – ha detto ancora Siino – io facevo i lavoretti di secondo ordine, ma eravamo gelosi l’uno dell’altro. Io rispettavo un criterio. Lui assegnava gli appalti per una miscela di interessi all’interno della Regione”.
I voti di Martelli. “Nel 1987 Claudio Martelli mi venne a trovare a casa a Palermo per chiedermi di votare per lui e per cercare voti per lui”, ha detto Siino. Il collaboratore ha detto rispondendo al pm Nino Di Matteo che Claudio Martelli, capolista in Sicilia e futuro ministro della Giustizia, gli avrebbe fatto “approvare delle leggi che avrebbero incontrato l’interesse di certe persone”.
La citazione. Per giustificare una sua incertezza nella deposizione al processo, Siino ha parafrasato il capo dello Stato, mostrando di essere informato a fondo sull’audizione di Giorgio Napolitano al Quirinale: “Non sono certo Pico della Mirandola… mi arrangio”, ha risposto Siino al pubblico ministero che lo sollecita a collocare temporalmente con maggior precisione un suo incontro con il boss catanese Nitto Santapaola, avvenuto alle falde dell’Etna tra la fine degli anni Ottanta e il 1991. Le stesse parole erano state usate dal presidente della Repubblica, che si era rivolto così al pubblico ministero.
I boss “zii”. Totò Riina veniva chiamato “Zio 1” mentre Bernardo Provenzano veniva chiamato “Zio 2”, ha raccontato Siino che ha parlato anche della figura di Pino Lipari, l’ex consigliere economico del boss Provenzano. “Lipari si occupava delle segrete cose dei corleonesi”. 

 


BIOGRAFIA – Rosario (detto Rino) Nicolosi

Durata del mandato: 1 febbraio 1985 – 12 agosto 1991
Luogo e data di nascita/morte: Acireale (Ct) 28 luglio 1942 – Acireale (Ct) 30 novembre 1998
Professione: impiegato e dirigente sindacale Cisl
Partito di appartenenza: Democrazia Cristiana
Biografia: Esponente della corrente di sinistra della Democrazia cristiana. Prima consigliere comunale di Acireale, viene eletto deputato all’Assemblea regionale siciliana nel 1976 e vi rimane per quattro legislature. Ricopre incarichi di assessore regionale e nel 1985 è eletto presidente della Regione, guidando cinque governi. Si dimette dall’Ars il 22 ottobre 1991 e si candida alla Camera con la Dc. Nel gennaio 1994 aderisce al Partito popolare italiano. Resta coinvolto nelle inchieste della tangentopoli siciliana.
Fonte REGIONE SICILIA


Rosario Antonino Nicolosi, detto Rino (Acireale, 28 luglio 1942 – Acireale, 30 novembre 1998), è stato un politico e sindacalista italiano. Dottore in Chimica industriale. Dirigente sindacale della Cisl, fu un esponente di spicco della corrente di sinistra della Democrazia Cristiana. Consigliere comunale di Acireale in gioventù, nel 1976 fu eletto la prima volta Deputato all’Assemblea regionale siciliana nel collegio di Catania. Rieletto nel 1981, fu consecutivamente assessore all’Industria e poi ai Lavori pubblici. Nel 1985 venne eletto presidente della Regione Siciliana e mantenne la carica per sei anni negli anni ottanta, guidando cinque governi della Regione. Rieletto per la quarta legislatura nel 1991, il 22 ottobre dello stesso anno si dimette dall’Ars, per potersi candidare nell’aprile 1992 alla Camera con la DC, dove fu eletto deputato con 110 000 preferenze, nel collegio Sicilia orientale. Fu vice-capogruppo del suo partito alla Camera dei deputati. Nel gennaio 1994 aderì al PPI.Finito nello scandalo di Tangentopoli a causa dell’affaire del Centro le Ciminiere di Catania, nel marzo 1994 tentò di rientrare in parlamento con Sicilia Futura una lista locale e si candidò al Senato nel collegio di Acireale, ma ottenne circa il 9% dei consensi ed il suo tentativo fu effimero.Un suo memoriale che consegnò nel 1997 ai magistrati della procura di Catania, gettò scompiglio nella classe politica siciliana della prima repubblica facendo i nomi tra gli altri dei DC Sergio Mattarella, Calogero Mannino, Salvo Lima, Nino Drago, dei comunisti Luigi Colajanni, Michelangelo Russo, Gianni Parisi, dei socialisti Salvo Andò, Salvatore Lauricella, Nicola Capria, e dei repubblicani Aristide Gunnella ed Enzo Bianco. Morì il 30 novembre 1998 a causa di un tumore all’età di 56 anni.  WIKIPEDIA

 

MAFIA e APPALTI dal 1992 ad oggi