INCHIESTA VIA D’AMELIO – E se il depistaggio fosse grillino ?

 

 
 
 
 

«Possiamo parlare di depistaggio istituzionale e si sta addirittura imboccando la strada verso una relazione finale focalizzata su un’unica pista che stravolge la verità dei fatti», tuona Giuseppe Conte, capo del M5S, durante la conferenza stampa.

L’accusa riguarda la scelta della presidente della commissione antimafia di approfondire sia la pista mafia-appalti come causa dell’accelerazione della strage di Via D’Amelio, che di come sia stato gestito quel procedimento.
Quest’ultimo, dopo stralci e rinvii a giudizio di alcuni soggetti, fu archiviato nell’agosto del 1992. Si decise poi di riaprire ex novo un altro procedimento che però ha avuto un lungo travaglio: prima nel ’93 con un relativo processo attraversato da patteggiamenti e scarcerazioni, poi nel ’97 con un secondo processo, in cui vennero ripescati personaggi come Buscemi e Filippo Salamone, infine condannati, e ulteriori procedimenti annessi dopo il 2000.
L’attacco è diretto nei confronti della presidente Chiara Colosimo.
Quello che lei avrebbe fatto sarebbe un caso unico e vergognoso, addirittura depistante, denuncia il M5S durante la conferenza stampa indetta da Giuseppe Conte con la presenza del deputato Cafiero De Raho e il senatore Roberto Scarpinato, ex magistrati.
Una posizione che definiscono autoritaria e senza precedenti. La presidente della commissione nazionale, poi, viene stigmatizzata perché ha snobbato la memoria dei commissari contiani, sottoscritta ovviamente anche dall’ex capo procuratore Scarpinato. Ma cosa indica questa memoria? Una sfilza di piste e tesi che, in realtà – ad esempio Gladio e le presunte donne bionde presenti nelle stragi –sono state già attenzionate, soprattutto dalla commissione precedente presieduta dall’ex grillino Nicola Morra. Tesi, tra l’altro, che nel frattempo vengono man mano sconfessate da alcuni provvedimenti di archiviazione. Pensiamo alle ultime archiviazioni sulla pista nera che vede il coinvolgimento di Stefano Delle Chiaie o Paolo Bellini, oppure a Catania, per quanto riguarda l’ennesima denuncia contro l’ex Ros Mario Mori da parte del colonnello dei carabinieri Michele Riccio.
Un metodo che si ripropone anche nella relazione preliminare dei commissari pentastellati, che controbattono analiticamente l’audizione di Mori e De Donno e, più in particolare, la memoria depositata, praticamente ritirando fuori la relazione del 1998 sottoscritta dall’allora procuratore di Palermo, Giancarlo Caselli, e da tutti i suoi sostituti. La relazione, che ha certamente una sua dignità, non è un provvedimento giudiziario, quindi non è la Bibbia, ma una loro ricostruzione di come hanno svolto il procedimento mafia-appalti. Quindi testimoni di loro stessi. In realtà non è tuttora chiaro nulla visto il continuo emergere di nuovi elementi mai vagliati seriamente prima. Quindi far credere che il M5S è custode della verità, mentre gli altri sono depistatori, non è un’operazione intellettualmente onesta.
MAFIA-APPALTI
Il punto è che si è creato un paradosso. Il discorso mafia-appalti che non solo è cristallizzato in tutte le sentenze riguardanti le stragi di Capaci e Via D’Amelio come concausa preventiva, ma è anche attualmente sotto l’attenzione giudiziaria della procura nissena, viene tacciato come depistante. Nel contempo, invece si pretende di valorizzare le tesi piene di suggestioni che ciclicamente riemergono, sia a livello giudiziario che mediatico. Qualcosa, quindi, non torna nella denuncia del partito di Conte. E non torna ancora di più quando, durante la commissione antimafia presieduta da Giuseppe Pisanu, del centrodestra, si dedicò un’intera legislatura al teorema trattativa Stato-Mafia, addirittura avallandola. In quel caso andava bene l’approfondimento di una unica pista? Nessuno ha avuto nulla da ridire, nonostante si sia rivelata una tesi completamente priva di fondamento. Anche se – ed è interessante – nella relazione preliminare dei commissari contiani, per controbattere l’audizione di Mori e De Donno, hanno praticamente riproposto la stessa identica tesi dell’accusa del processo trattativa. Quell’accusa che è stata portata avanti in appello, come procuratore generale, dall’attuale senatore Scarpinato. E perse.
Durante la conferenza si è ricostruita una narrazione data per dato oggettivo. E ciò non va bene. Quando Scarpinato, ad esempio, afferma che è accertato il fatto che subito dopo l’attentato delle persone – tipo “man in black” – si sarebbero aggirate nell’auto di Borsellino ancora in fiamme per trovare la borsa e magari far sparire l’agenda rossa, è un racconto che va contestualizzato. Seppur menzionato nel Borsellino Quater, nei procedimenti successivi, in particolare il Mario Bo + altri, chiamato anche Borsellino Quinques, emerge che tale episodio non solo non è dimostrato, ma appare singolare: come è possibile che solo dopo vent’anni, due poliziotti, uno in particolare Francesco Maggi, si sia ricordato di questo, addirittura affermando che alcuni di loro li ha riconosciuti perché lavoravano nei servizi segreti? Parliamo dello stesso Maggi che, quando parla di aver preso lui la borsa dall’auto di Borsellino, cozza con i verbali di tutti i poliziotti che erano sul luogo, dove emerge un “passaggio di consegna” totalmente diverso.
Quindi, altro che chiaro. Una prova la si può trovare nel primo verbale dell’unico superstite della scorta di Borsellino – parliamo di Antonio Vullo – il quale dice chiaramente che dopo qualche minuto è arrivata una prima volante e subito dopo i vigili del fuoco. Non parla di alcun oscuro agente in giacca e cravatta che rovistava nell’auto in fiamme. Quindi, forse, certe ricostruzioni andrebbero vagliate con più accuratezza e magari romanzando il meno possibile. Però funziona così. Nonostante ciò, il M5S può presentarsi come il baluardo della verità.
LA PISTA DI BORSELLINO
Eppure, nessuno di loro ha chiesto che venga reso pubblico il materiale sequestrato dall’ufficio di Borsellino, utile per trovare una chiave di lettura. Sappiamo che Borsellino stava indagando sulla strage di Capaci e aveva individuato il movente. Allora elenchiamo qualche elemento dove sicuramente i commissari pentastellati stessi chiederanno alla presidente Colosimo di aiutarli a tirare fuori. Sarebbe una collaborazione attiva per la ricerca della verità. Borsellino, tra le tante carte, aveva: appunto dattiloscritto, in fotocopia, di 4 pagine, con foglietto adesivo recante la scritta a “Scarpinato (Contorno)”; missiva numero 340822/40554 del 29.05.1992 del ministero della Giustizia, diretta al Dr. Borsellino, con allegato tabulato; copertina colore verde contenente diversi suoi manoscritti e dattiloscritti, comprese diverse note; fascicoli riservati, note dell’alto commissario, deleghe e varie intercettazioni della procura di Palermo. Ed è solo la punta dell’iceberg. Però già sarebbe utile per una ricostruzione priva di suggestioni e leggende metropolitane.
DA VIA D’AMELIO A CAPACI
Approfondire Via D’Amelio deve portare inevitabilmente anche ad approfondire Capaci. Così come bisognerebbe partire dalla riunione del 1991, dove Totò Riina ottenne la delibera da tutto il gotha della mafia ad avviare la strategia stragista, comprese quelle continentali. Un dato certo è che i sopralluoghi a Firenze sono stati effettuati a maggio del ’92, qualche giorno prima della strage dove persero la vita Giovanni Falcone, la sua compagna e collega Francesca Morvillo e la scorta. Non solo è confermato dall’ex pentito Maurizio Avola, e c’è un riscontro della DIA, ma anche da altri pentiti come Gioacchino La Barbera.
Basterebbe ascoltare i processi, come quello “Orsa maggiore” svolto a Catania. A proposito della delibera della strategia mafioso – terroristica, siamo nell’anno in cui Falcone, anche pubblicamente, annunciò la necessità di un coordinamento tra procure per colpire il monopolio mafioso degli appalti pubblici, dove la grande imprenditoria che conta non si è sottratta. I delitti eccellenti – in particolare quello del carabiniere Giuliano Guazzelli e l’allora parlamentare democristiano Salvo Lima – e la strage di Capaci erano una questione da ritrovare negli appalti: non lo dicono gli ex ROS, che forse nemmeno ne sono a conoscenza (anche loro non conosco tutte le carte), ma lo ha affermato Paolo Borsellino allo scrittore Luca Rossi e riportato sul corriere della sera. Sarà un depistatore anche il giudice ucciso a Via D’Amelio? IL DUBBIO 14.5.2025 DAMIANO ALIPRANDI

Ansa  14.5.2025


Antimafia, Movimento 5 Stelle: “Da Mori e De Donno gravi bugie che allontanano la verità sulle stragi del ’92 e ’93”

Le dichiarazioni dei componenti pentastellati della commissione parlamentare Stefania Ascari, Anna Bilotti, Federico Cafiero de Raho, Michele Gubitosa, Luigi Nave e Roberto Scarpinato

“La memoria depositata da Mario Mori in commissione Antimafia e le dichiarazioni rilasciate in audizione da lui e da Giuseppe De Donno, nell’ambito del lavoro di indagine sulla Strage di via D’Amelio, contengono una serie di falsità e di distorsioni della realtà che lasciano sgomenti per la loro gravità e per il loro numero”. Lo affermano i componenti M5S della commissione parlamentare Antimafia Stefania Ascari, Anna Bilotti, Federico Cafiero de Raho, Michele Gubitosa, Luigi Nave e Roberto Scarpinato. “Dopo la prima seduta che li ha visti come auditi, abbiamo fatto una rigorosa verifica documentale e abbiamo raccolto tutto in una relazione depositata oggi in commissione Antimafia – dicono ancora i componenti -. Abbiamo constatato con sconcerto che i due hanno compiuto una totale riscrittura non solo della storia processuale delle stragi, ma anche della storia del Paese, tentando di carpire la buona fede di chi non conosce le complesse vicende in questione. Questa circostanza è particolarmente grave perché così facendo i due aumentano, anziché diminuire, la coltre di fumo che ancora oggi aleggia sull’attentato di via D’Amelio e sulle altre stragi del 1992-93″.”Solo per fare pochissimi esempi – aggiungono – abbiamo verificato che Mori e De Donno hanno citato una frase che sarebbe contenuta nel cosiddetto diario di Falcone, ma che in realtà in quel diario non esiste affatto! Hanno riportato nella commissione Antimafia una frase che non è mai esistita negli scritti di Falcone! Sempre sul diario di Falcone, Mori e De Donno hanno affermato una cosa opposta rispetto a quello che lo stesso De Donno disse davanti ai magistrati nel 1993. In un assurdo conrtocircuito di falsità e contraddizioni, Mori e De Donno arrivano persino a rivolgere a Falcone l’accusa di avere insabbiato le indagini sui politici nel procedimento mafia-appalti. Si resta basiti dinanzi a simili insinuazioni che non meriterebbero alcun commento. Le informazioni del tutto infondate riportate dai due sono tante altre e tutte gravi, si va dalla bugia secondo cui Borsellino non fosse stato informato dai colleghi sull’archiviazione parziale e temporanea di un filone dell’indagine mafia-appalti, poi riaperto una volta raccolti nuovi elementi, alla falsità sul contenuto delle rivelazioni del pentito Gaspare Mutolo”. “Nel frattempo, in Commissione da due anni qualsiasi iniziativa del M5S viene bloccata. Così la commissione Antimafia sta percorrendo strade del tutto depistanti e sta gettando alle ortiche l’ennesima occasione per scoprire tutte le verità sulle stragi del 1992-93”, concludono i pentastellati. PALERMO TODAY 14.5.2025


Stragi, M5s all’attacco: “Depistaggio istituzionale in Antimafia, ecco su cosa mentono Mori e De Donno”

 

Un “depistaggio istituzionale“, compiuto grazie al “sequestro politico” della commissione Antimafia “con il quale la maggioranza nega all’Italia la verità sulle stragi e mette il bavaglio alle opposizioni“. È un attacco durissimo quello lanciato dal Movimento 5 stelle nei confronti dell’organo parlamentare di Palazzo San Macuto. “La commissione antimafia, a partire dal presidente Chiara Colosimo, non vuole svolgere la sua funzione pubblica”, ha detto Giuseppe Conte, durante una conferenza stampa convocata nella sede del M5s in via Campo di Marzio a Roma. L’ex premier ha incontrato i giornalisti insieme ai due ex magistrati eletti dal M5S: Federico Cafiero De Raho e Roberto Scarpinato, principale autore della contro-relazione depositata dai 5 stelle agli atti dell’Antimafia.
L’appello a Mattarella e la replica di Colosimo – Novanta pagine di dossier per smentire punto su punto molti degli argomenti ricostruiti a San Macuto da Mario Mori e Giuseppe De Donno, nell’ambito dell’indagine di via d’Amelio. Un’audizione definita il frutto “della volontà di vendetta” dei due ex ufficiali del Ros dei carabinieri “nei confronti dei magistrati che li hanno processati”. “Possiamo parlare di depistaggio istituzionale“, perché “si sta indagando su una sola strage” di mafia, “e invece sono molte di più. Si sta addirittura imboccando verso una relazione finale focalizzata su una sola pista che stravolge la verità dei fatti”, ha detto Conte, citando più volte il rapporto e lanciando un allarme istituzionale direttamente al presidente della Repubblica: “Questa – ha detto l’ex premier – è una situazione da segnalare ai presidenti di Camera e Senato” e “senza volerlo tirare per la giacchetta, chiediamo anche a Mattarella di prestare attenzione“. Alla conferenza dei 5 stelle, Colosimo risponde con una breve dichiarazione in cui attacca Scarpinato: “Non intendo replicare ad accuse false dall’inizio alla fine per dare ulteriore visibilità a chi nei suoi anni da magistrato ha indagato su questi argomenti formulando tesi accusatorie risultate poi infondate e ora vorrebbe dettare legge al di fuori dei regolamenti parlamentari”. Ma andiamo con ordine.
De Raho: “Da Colosimo atteggiamento arrogante” – Dopo l’audizione di Mori e De Donno, i 5 stelle hanno deciso di depositare una contro-relazione per confutare la ricostruzione dei due carabinieri sui moventi dietro alla strage di via d’Amelio. “Essere una commissione di inchiesta significa svolgere indagini e analisi con gli stessi poteri dell’autorità giudiziaria. Per raggiungere l’obiettivo c’è bisogno di imparzialità e di un metodo democratico in un confronto dialettico paritetico tra maggioranza e opposizione. Al momento il metodo in Commissione Antimafia è autoritarioe quale vengono censurate le domande, come ieri ha fatto la presidente Chiara Colosimo. Un atteggiamento arrogante e prepotente, cui si aggiunge il fatto che l’interesse della commissione si è indirizzato sulla sola strage di Via d’Amelio in una ricostruzione basata esclusivamente sul movente mafia-appalti. Questo significa fare un cattivo servizio ai cittadini”, ha detto De Raho, che dell’Antimafia è vicepresidente di minoranza. Il riferimento è al comportamento di Colosimo, che ieri ha praticamente redarguito i dem Peppe Provenzano e Walter Verini, rei di aver chiesto a Mori un’opinione sulle stragi del 1993 e le evidenti connessioni con via d’Amelio. Una domanda che mette in crisi tutta la ricostruzione della commissione, basata sulla pista sostenuta dai carabinieri: a sentire Mori e De Donno, infatti, fu per bloccare le indagini su mafia e appalti che Cosa Nostra uccise Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ma la memoria depositata dai due ex Ros, unite alle loro dichiarazioni a San Macuto, per i 5 stelle ha “posto in evidenza una serie di falsificazioni e di distorsioni della realtà che lasciano sgomenti per la loro gravità e per il loro numero”, si legge nella relazione. “Si tratta – come appare evidente – di una totale riscrittura non solo della storia processuale delle stragi, ma anche della storia del paese”, prosegue sempre i dossier, redatto soprattutto grazie al lavoro di Scarpinato, già procuratore aggiunto di Palermo e Caltanissetta, che da magistrato ha lungamente indagato sulle stragi.
Scarpinato: “Le stragi sono ancora tra noi” – “Mori e De Donno hanno compiuto una totale riscrittura non solo della storia processuale delle stragi, ma anche della storia del paese tentando di carpire la buona fede di chi non conosce le complesse vicende in questione. Questa circostanza è particolarmente grave perché così facendo i due aumentano, anziché diminuire, la coltre di fumo che ancora oggi aleggia sulla strage di via D’Amelio e sulle altre stragi del 1992-93″, ha spiegato il senatore dei 5 stelle. “Ho detto in passato e lo ripeto oggi che le stragi sono ancora tra noi. E’ una storia che ha una grande attualità politica. Non furono solo di mafia e ci sono indicatori inequivocabili”, ad esempio “i depistaggi che hanno contrassegnato tutte le indagini fino agli anni 2000″ che “non furono messi in atto per coprire i mafiosi ma mandanti e complici”, aggiunge Scarpinato. L’ex procuratore generale di Palermo ha poi passato in rassegna tutta una serie di interrogativi rimasti insoluti sulle stragi di Capaci, di via d’Amelio, di Firenze, Roma e Milano. A partire da quelli contenuti nelle motivazioni del processo Borsellino Quater: “L’agenda rossa la presero o i servizi segreti o i carabinieri”. Secondo Scarpinato per capire “l’operazione politica di questa maggioranza di destra, bisogna capire che ci siamo dimenticati di tutte queste cose. Quale è dunque la missione di questa maggioranza? Far sparite tutti questi temi importanti dal dibattito, spostando tutta l’attenzione sul versante mafia-appalti, un’arma di distrazione di massa”. Per il senatore “c’è una contro-narrazione, basata su falsità documentali, per portare sul banco imputati la magistratura”, per “gettare fango sui magistrati“. Per Scarpinato nel nostro Paese è avvenuta una sorta di operazione di riciclaggio politico e in questo modo “il programma della P2 è in corso di avanzata realizzazione”.
Conte: “Fdi non fa passi avanti sulla strategia della tensione” – Conte è d’accordo e sottolinea “tutti i segni della strategia della tensione, della matrice neofascista di queste stragi”, che vengono ignorati da Giorgia Meloni, nonostante alcuni passi avanti fatti sull’antifascismo. “Abbiamo un partito che con grande difficoltà sta facendo dei passetti avanti. Io riconosco che Meloni l’ultimo 25 aprile ha compiuto un passetto avanti. Prima venivano denunciate le leggi razziali del 1938, da ultimo si è iniziato a prendere distanza da quello che è il fascismo sul piano politico. Però attenzione: tutti i segni della strategia della tensione, quindi della matrice neofascista di questre stragi, non rimettono a un passato lontano, ma a personaggi che ancora oggi sono viventi, sono amici, come quelli con cui la presidente Colosimo si è fatta una foto. Non una foto qualsiasi: è l’atteggiamento affettuoso che la dice lunga sull’intreccio che Fdi ancora oggi trova inestricabile. Questo è il mandato politico, la necessità di coltivare una sola pista, una sola strage, per deviare l’attenzione da tutto il resto”, ha detto l’ex premier, riferendosi allo scatto con la presidente dell’Antimafia e Luigi Ciavardini, uno degli autori della strage di Bologna. “Poi – ha aggiunto Conte – c’è il tema della magistratura, un potere autonomo scomodo che sta dando fastidio a questa classe politica che vuol restare al comando”, la “funzione intimidatoria è abbastanza evidente. Sono due linee rosse ma non passeranno”. Il leader del M5s ha spiegato che “tutti gli interventi fatti oggi dovevano essere fatti in commissione, dove ci sono rappresentati dei cittadini di tutte le forze politiche, ma il partito di maggioranza ha acquisito il monopolio di quella commissione e ci sta portando verso una loro verità. Questo bullismo sta sfregiando i familiari delle vittime che non a caso lo scorso ottobre erano con noi”. Poi ha ripetuto ancora una volta: “La memoria depositata da De Donno e Mori contiene una serie di falsità e omissioni. Creare confusione contribuisce a gettare ombra sulla verità. Da parte della maggioranza possiamo parlare di depistaggio istituzionale, e non ce lo meritiamo”. 14 Maggio 2025 FQ


DAMIANO ALIPRANDI (*) Una nota di colore. Alla conferenza stampa indetta dal M5S per attaccare la presidente della Commissione Antimafia (c’è un precedente storico: accadde negli anni 90 a Ottaviano Del Turco, e sempre su “mafia e appalti”), Conte, affiancato dai suoi fedelissimi Scarpinato e De Raho, tra un delirio e l’altro ha dichiarato di voler “attenzionare” il presidente Mattarella su quello che ha definito un depistaggio istituzionale da parte di Chiara Colosimo.
Peccato che Conte ignori che fu proprio Scarpinato, sulla base delle dichiarazioni di Salamone (l’imprenditore di punta che faceva da tramite con la mafia e che nel ’93 se la cavò con un anno e mezzo di patteggiamento), a inquisire Sergio Mattarella.
Ingiustamente, visto che Mattarella fu prosciolto da ogni accusa.
Nella tragedia — perché qui il M5S sta davvero gettando fumo negli occhi — a volte la storia sa essere grottesca. (*)  giornalista de IL DUBBIO 

 

 

 

🟥 VIA D’AMELIO – DE DONNO e MORI: ostacoli a inchiesta Ros su mafia e appalti

 

 

MAFIA e APPALTI dal 1992 ad oggi