La ‘NDRANGHETA è la più pericolosa…

 

La RELAZIONE  DIA 2024  

 


E’ stata presentata la relazione annuale 2024 del ministro dell’Interno al Parlamento che è stata illustrata dal generale di corpo d’armata, Michele Carbone, direttore della Dia. Lo scorso anno, la Direzione investigativa antimafia, nella lotta alla criminalità organizzata, ha sequestrato beni per 93,4 milioni e confiscato beni per 159,9 milioni, dopo la segnalazione di operazioni sospette.

La Dia ha sequestrato beni per 56,7 milioni alla camorra, per 15,9 milioni alla ‘ndrangheta, per 13 milioni alla mafia foggiana e per 5,9 milioni a Cosa nostra; confiscati beni per 104 milioni a Cosa nostra, per 30,9 milioni alla camorra, per 8,1 milioni alla ‘ndrangheta e per 2,2 milioni alla mafia foggiana.

Divise per regioni, le interdittive vedono al Nord lo strapotere della ‘ndrangheta per l’82%, la camorra per il 10% e cosa nostra per il 6%. L’1% riguarda la stidda e le mafie foggiane.

Al Centro, invece, prevale la camorra con il 34% dei provvedimenti, la ‘ndrangheta con il 31% anche se le restanti mafia raggiungono il 34%.

Al Sud, la parte del leone la fa la camorra con il 34% di interdittive, seguita cosa nostra con il 25% e la camorra con il 19. Le mafie foggiane rappresentano il 5%.

Nei settori economici, il bersaglio preferito delle organizzazioni criminali sono l’edilizia e l’immobiliare che raccolgono il 38% delle interdittive. A seguire c’è il ricco settore agroalimentare e della zootecnia che vede il 14% dei provvedimenti antimafia, mentre il settore del commercio e noleggio di veicoli ha raggiunto il 10%.

Carbone ha sottolineato come “accanto alla ormai consolidata propensione ad adattarsi alla mutevolezza dei contesti socio-economici, che le organizzazioni mafiose hanno sviluppato e perfezionato nel tempo e alla già concretizzata vocazione imprenditoriale, emerge una sempre maggiore tendenza ad estendere e implementare ampie ed articolate capacità relazionali, particolarmente mirate al perseguimento di illeciti arricchimenti. Resta fermo il loro profilo discreto, silente, carsico, al fine di mascherare l’effettiva gravità delle proprie azioni, soprattutto in termini di minaccia alla sicurezza del Paese.

Non di rado, l’accentuazione della vocazione economica delle consorterie si sposa, soprattutto nelle regioni trainanti per l’economia ove maggiore è la presenza imprenditoriale e più vivaci gli scambi finanziari, con la determinazione di evadere l’Erario da parte di alcuni titolari di imprese che tendono ad aggirare le regole della libera concorrenza, ignorando i comportamenti fiscalmente corretti. Si tratta di fenomeni difficili da intercettare poiché in molti casi gli imprenditori, piuttosto che incolpevoli vittime dei mafiosi, ne diventano in qualche modo conniventi e complici”.

La ‘ndrangheta risulta l’organizzazione più pericolosa, definita “proteiforme”, “la quale – ha proseguito il direttore della Dia – si distingue per la pervicace vocazione affaristico‐imprenditoriale e per il ruolo di protagonista di rilievo nell’ambito del narcotraffico internazionale. In effetti, rispetto ad altre matrici mafiose tradizionali, l’organizzazione calabrese manifesta una versatilità tattica straordinaria, che le consente di adattarsi ai molteplici contesti in cui opera. Essa attrae abilmente i propri interlocutori – che spaziano dagli attori della politica locale agli operatori economici e imprenditoriali – prospettando un apparente ventaglio di opportunità e vantaggi immediati, per poi fagocitare e controllare tutti i settori in cui penetra”. REPORT DIFESA 27.5.2025

 

 

 

L’impianto organizzativo della ‘ndrangheta nella Provincia di Comosi articolerebbe tramite l’operatività di locali giudiziariamente riconosciuti (locali di Erba, Canzo e Asso, Mariano Comense, Appiano Gentile, Senna Comasco, Fino Mornasco e Cermenate).

Il 28 febbraio 2024, la Corte d’Appello di Milano ha confermato,in rito abbreviato, 34 condanne inflitte il 19 dicembre 2022 dal Tribunale di Milano, per un totale di circa 200 anni di reclusione, nei confronti di altrettanti soggetti fermati il 16 novembre 2021 nell’ambito dell’operazione “Cavalli di razza”e ritenuti vicini, tra gli altri, al locale di Fino Mornasco.
Le indagini, che il 16 novembre 2021 videro le DDA di Milano, Reggio Calabria e Firenze coordinare l’esecuzione di oltre 100 misure cautelari, ebbero ad oggetto le proiezioni della cosca MOLÈ-PIROMALLI di Gioia Tauro (RC) in Lombardia, Toscana e Svizzera.
Il filone lombardo delle indagini si concluse con l’esecuzione, da parte della Polizia di Stato e della Guardia di finanza, di una misura cautelare nei confronti di 34 soggetti indiziati, a vario titolo, di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, occultamento e distruzione di documenti contabili, bancarotta, falso in bilancio, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, turbativa di gare pubbliche e utilizzo illecito di carte di  credito.
Il successivo 21 ottobre 2024, la Corte d’Appello di Milano, nell’ambito del medesimo processo in rito ordinario, ha condannato 9 soggetti comminando complessivamente oltre 70 anni di reclusione.  Il 28 maggio 2024, la Polizia di Stato, nell’ambito dell’operazione “Hocus Pocus” , ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 30 soggetti riconducibili a due gruppi criminali ritenuti vicini ai locali di Erba e Canzo-Asso e responsabili di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, porto abusivo di armi e munizioni, estorsioni, usura, minaccia, reati tributari, autoriciclaggio, malversazione di erogazioni pubbliche ed altro. Con riferimento agli illeciti di natura economico-finanziaria, è emerso l’utilizzo di società di comodo prive di reale operatività nonché di prestanome nullatenenti e di professionisti del settore (avvocati, consulenti finanziari, commercialisti) che avrebbero realizzato diverse intestazioni fittizie di beni, falsi in bilancio, reati tributari, truffe, autoriciclaggio (riutilizzando i proventi dell’attività di spaccio per acquistare locali pubblici e finanziare società), compravendita di titoli azionari, false assunzioni e appropriazioni indebite, al fine di ottenere finanziamenti agevolati e garantiti dallo Stato, oltre che truffe nei confronti di istituti bancari per ottenere mutui e fidejussioni. Tra le altre, si segnala l’acquisto di ingenti quantitativi di carburante da importanti società petrolifere utilizzando il credito ottenuto dalle stesse attraverso le cc.dd. carte carburante, generando in tal modo debiti che in seguito rimanevano insoluti. Le indagini, inoltre, hanno fatto emergere alcuni episodi usurari per i quali, a fronte di capitali erogati per importi di diverse decine migliaia di euro, sarebbero stati computati tassi di interesse anche superiori al 10% mensile.  Con riferimento alla criminalità straniera, il 22 maggio 2024 la Polizia di Stato ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare758 nei confronti di 18 persone, in prevalenza di origine turca, ritenuti responsabili di far parte di un’associazione a delinquere armata finalizzata al compimento di atti terroristici in territorio europeo e turco, nonché al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, al traffico di stupefacenti e a reati in materia di armi. Nello specifico, sono state ravvisate diverse condotte di importazione di stupefacente, mediante autovetture dotate di doppifondi al,fine di introdurre in vari paesi europei, tra cui l’Italia e la Germania, ingenti quantitativi di cocaina e Mdma-Extasy-Anfetamina.


L’affermazione criminale dei clan calabresi si fonda, in primis, sui vincoli tradizionalistici e familiari, che rafforzano la struttura fin dalla base. I legami di sangue, infatti, rappresentano una caratteristica endemica che ha permesso alle cosche di preservarsi in misura superiore rispetto ad altre matrici mafiose, riducendo l’esposizione al rischio del pentitismo. Negli ultimi anni, tuttavia, si è registrato un numero rilevante di ‘ndranghetisti che hanno scelto di collaborare con la giustizia; in talune rilevanti inchieste concluse nel 2024, anche le dichiarazioni rese da testimoni di giustizia hanno fornito ampio riscontro alla ricostruzione di specifici eventi delittuosi e delle dinamiche criminali generali. È altresì evidente che l’adesione al sistema ‘ndrangheta non si fonda esclusivamente sui vincoli di nascita: oltre ai solidi legamistrutturali, le cosche tendono a costruire una rete funzionale mediante “legami a ponte” instaurati con politici, amministratori locali, imprenditori e professionisti conniventi o collusi, strumenti indispensabili per il raggiungimento dei propri obiettivi, a scapito della crescita dell’economia legale. Tale schema si inserisce in un più ampio disegno finalizzato a inquinare il circuito economico e a estromettere dalla competizione i soggetti operanti in ambito legale


Rapporto Dia, Musacchio: “Il crimine organizzato avanza con la complicità dell’economia legale”

​Intervista al criminologo Vincenzo Musacchio dopo la Relazione sull’attività svolta e risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia nel 2024

 

Le caratteristiche delle “nuove mafie”

 

Rispetto alle precedenti relazioni, anche in quest’ultima, emerge un ruolo centrale nel crimine organizzato italiano e internazionale della ‘ndrangheta, come se lo spiega?

La ‘ndrangheta da molti anni è paragonabile a una multinazionale del crimine di matrice transnazionale. Ha una grande versatilità operativa che le permette di adattarsi ai territori in cui opera. Ha ancora un ruolo primario nel settore del narcotraffico internazionale. È un’organizzazione criminale mercatistica, per cui opera agevolmente in ambito economico e finanziario. Queste peculiarità le consentono di rivestire un ruolo dominante nello scenario criminale internazionale.

Sempre dalla relazione DIA emerge il coinvolgimento della ‘ndrangheta nelle grandi opere, come mai assistiamo a un rafforzamento di questa tendenza?

Il ruolo di primo piano svolto dai gruppi mafiosi (non solo dalla ‘ndrangheta) nel settore dei lavori pubblici si spiega essenzialmente con le caratteristiche peculiari delle “nuove mafie” che hanno grandissime disponibilità economiche che poi utilizzano per corrompere al fine di ottenere appalti e aiuti economici e quindi incrementare i loro introiti. Le grandi opere infrastrutturali sono spesso connesse al controllo del territorio nel quale operano le mafie. La loro operatività è evidente soprattutto nella fornitura di materiali e manodopera legate al fatto che il processo di realizzazione di grandi opere infrastrutturali è connesso a tali comparti controllati proprio dalle organizzazioni criminali. L’aspetto corruttivo entra a pieno titolo nel circuito dell’appalto pubblico ed è strettamente connesso alle decisioni di politici, pubblici ufficiali, burocrati di Stato nei confronti dei quali i gruppi mafiosi, anche indirettamente, possono esercitare la loro pressione basata su un mix variabile di corruzione e violenza. I gruppi mafiosi operano anche nella gestione delle risorse economiche degli enti locali (Asl, Ospedali) e nei servizi di raccolta rifiuti. Lo stesso Ponte sullo Stretto di Messina sarà oggetto d’infiltrazioni mafiose calabresi e siciliane. A conferma di quanto detto i dati del periodo di riferimento della relazione Dia che attestano 208 provvedimenti interdittivi antimafia, di cui oltre 138 emanati da prefetture al di fuori della Calabria (alcuni dei quali in aree d’origine di altre matrici criminali quali Sicilia, Puglia, Campania, Lazio e Basilicata). Questi dati devono preoccupare e non poco.

Emerge anche un’alleanza tra cosche mafiose per gestione droga e armi?

Da qualche tempo le organizzazioni criminali moderne fanno rete tra loro. Sono tutti contatti e reti con finalità esclusivamente utilitaristica. Per comprendere bene il fenomeno mi viene in mente l’alleanza tra le mafie serbo-croate-kosovare e la ‘ndrangheta per il commercio e la vendita delle armi del post guerra nell’ex Jugoslavia, o ancora la rete di contatti tra mafie italiane e i cartelli dei narcos colombiani e messicani. Nella relazione è citata l’intesa tra Cosa nostra gelese e ‘ndrangheta calabrese per la gestione del traffico di stupefacenti. La relazione parla anche organizzazioni criminali di matrice ‘ndranghetista stabilite in Piemonte e la comunità Sinti, dedita in quel territorio alla commissione di reati predatori, che in talune circostanze ha svolto una funzione sussidiaria nel reperimento di armi da fuoco.

Nella relazione si parla anche di un’imprenditoria sempre più complice delle mafie, questa tendenza corrisponde alla realtà?

Ne accennai molti anni addietro parlando di “mafia degli imprenditori”, fondamentale nella costruzione del potere delle mafie in Italia. Questi imprenditori, di fatto, collusi con le organizzazioni criminali, gestiscono gli appalti, il lavoro nero, i traffici di rifiuti tossici, l’immigrazione e qualsiasi attività in grado di creare profitto, finanziando lecitamente il sistema mafioso mediante grandi iniezioni di denaro pulito. Non di rado questa tipologia d’imprese gestisce, in nome e per conto delle mafie, l’occupazione e il voto di scambio. Oggi molti imprenditori da vittime sono diventati complici. La presenza imprenditoriale è inoltre utile agli scambi finanziari, anche online, evadendo e aggirando le regole della libera concorrenza.

Quest’ultima tendenza rende più difficile la lotta alle nuove mafie?

Sicuramente non facilita le indagini che hanno sempre più bisogno di strumenti tecnologici avanzati, di intercettazioni e di collaboratori di giustizia. Le complicità con le mafie, anche nelle forme della connivenza e della contiguità, quando sono frutto di corruzione, tangenti e di fatture fittizie, diventano convenienti anche per l’imprenditore-vittima spinto sempre più di frequente a non denunciare l’estorsione o l’usura proprio perché alla fine gli ritornano remunerative.

Sul settore sequestri e confische cosa ci dicono i dati?

I risultati delle attività concluse dalla DIA nel 2024 parlano chiaro. I sequestri di beni ammontano a un valore di circa 94 milioni e le confische a quasi 160 milioni di euro. Sono 53 le attività investigative concluse nel 2024 e sono 309 i provvedimenti restrittivi eseguiti. Sebbene la mafia abbia generato un vasto patrimonio attraverso attività illegali, non è sempre facile e possibile individuare e sequestrare la gran parte dei loro beni. Questo è uno dei problemi che andrà risolto, soprattutto a livello europeo e internazionale dove operano anche le nostre mafie.

Qual è la situazione che sta vivendo in questo momento Cosa Nostra?

Si sta sicuramente riorganizzando. I tempi dei Corleonesi ormai rappresentano il passato. Il momento storico in atto ci dice che si cerca di fondere le nuove e le vecchie generazioni, configurando un nuovo modello di organizzazione maggiormente compartecipata senza leader di primo piano. I settori criminali operativi restano quelli del traffico di stupefacenti, le estorsioni, le forniture di beni, servizi e manodopera a prezzi maggiorati, il gioco d’azzardo e le scommesse online, il riciclaggio del denaro sporco. La Relazione si sofferma anche sui settori dell’economia legale analizzando l’infiltrazione nei processi decisionali degli enti locali, l’acquisizione diretta o indiretta di attività economiche tramite imprenditori compiacenti e prestanome, l’infiltrazione del comparto agro-alimentare mediante truffe finalizzate all’indebita percezione di finanziamenti pubblici destinati allo sviluppo agro-pastorale.

Che cosa accade, invece, nel territorio campano per quanto riguarda la camorra?

La struttura della camorra, rispetto a Cosa nostra e ‘ndrangheta, è sempre stata più diffusa e meno accentrata, per cui più difficile da combattere. I numeri che riguardano questa mafia parlano di 240 misure interdittive antimafia nel corso del 2024, di cui 232 nelle sole province di Napoli e Caserta. Siamo di fronte, quindi, a enti locali in gran parte gestiti dalla camorra. La relazione ben definisce le particolari peculiarità di quest’organizzazione mafiosa. Accanto ad organizzazioni criminali definibili per struttura e per capacità delinquenziali, di livello inferiore, coesistono organizzazioni mafiose di più lunga tradizione, che nel tempo si sono evolute in strutture organizzative più complesse per il conseguimento di una molteplicità d’interessi illegali. Queste ultime protendono verso alleanze che spesso si consolidano in reti criminali e adottano strategie sistemiche all’interno del contesto socio-economico in cui operano anche oltre le aree di tradizionale immanenza, agendo come vere e proprie imprese mafiose.

Da ultimo, qual è la situazione della cd. Quarta mafia?

Nella relazione della Dia un paragrafo intero è dedicato alla criminalità organizzata pugliese. È evidente la pericolosità criminale notevolmente accresciuta per la maggiore disponibilità economica spesso connessa al traffico di stupefacenti con l’Albania. In Puglia convive una pluralità di organizzazioni criminali (sacra corona unita barese e leccese, mafia foggiana, cerignolana, garganica e sanseverese) per lo più autonome, caratterizzate da un accentuato dinamismo conseguente agli altalenanti rapporti di contrasto e alleanze interni. All’occorrenza queste organizzazioni mafiose realizzano tra loro, in maniera sinergica, reti funzionali al soddisfacimento comuni interessi criminali al fine di accrescere i loro profitti. Il traffico di stupefacenti della criminalità pugliese negli ultimi anni si è notevolmente rafforzato grazie alla creazione d’interconnessioni con altre organizzazioni criminali che garantiscono privilegiati canali di approvvigionamento dello stupefacente sia esteri (Albania e Spagna) sia nazionali (‘ndrangheta e camorra).

In conclusione cosa ci dice di nuovo quest’ultima relazione della Dia?

In buona sostanza, per noi esperti del settore, dice poco rispetto a quanto già sapevamo e di cui abbiamo scritto più volte in passato. Un dato, tuttavia, mi preoccupa particolarmente: il rischio crescente riguardante l’interesse delle mafie per le grandi opere pubbliche. RAI NEWS 29.5.2025


Le RELAZIONI della DIA