Caro Presidente Mattarella ne consegue che la sua presenza avrebbe quindi offerto autorevole copertura istituzionale ad una “messinscena indecente”.
Una teca lucida, perfetta per selfie, dirette, cerimonie. Dentro, la borsa carbonizzata di Paolo Borsellino, deposta come un trofeo al centro del Transatlantico della Camera dei Deputati.
Applausi, lacrime facili dei soliti coccodrilli istituzionali.
Una messinscena indecente, l’ennesima. Dentro quella borsa c’era l’Agenda Rossa, rubata, sparita, mai ritrovata. E quella non la mostrano. Perché fa paura.
Non è memoria, è marketing. Non è commemorazione, è falsificazione di Stato. Un vero schifo.
Lo dice Salvatore Borsellino, lo grida da anni, oggi con una rabbia più feroce:
“La borsa di mio fratello fu sottratta dalla sua macchina ancora in fiamme. Non da mafiosi. Ma da chi indossava una divisa da carabiniere. Nessuno scrisse una relazione. Nessuno aprì un fascicolo. Nessuno cercò l’Agenda.”
E oggi? Oggi la esibiscono come un feticcio, mentre l’oggetto vero del delitto resta nei caveau dei servizi segreti, protetto dal buio e dall’omertà istituzionale.
Sono passati 33 anni dalla strage di via D’Amelio. E ancora nessun processo ha individuato i mandanti del furto dell’Agenda Rossa. Nessuno ha chiesto conto del perché, pochi minuti dopo l’esplosione, quell’oggetto è scomparso nel nulla. Solo silenzio, bugie, depistaggi.
E mentre il tempo passa, si perquisiscono le case dei morti – La Barbera, Tinebra – per dare in pasto alla stampa l’illusione della ricerca della verità. Ma la verità non la vogliono trovare.
Perché la verità fa tremare le fondamenta di questo Paese.
“Quella Agenda conteneva nomi, appunti, rivelazioni. Era la scatola nera di un sistema marcio. E probabilmente oggi è custodita nei sotterranei dei Servizi segreti. La stessa struttura che ha garantito impunità a decine di stragi.”
Salvatore Borsellino non risparmia nessuno. Non risparmia Giorgia Meloni, che osa legittimarsi passando “sotto la gigantografia di Paolo”, mentre il suo governo è lo stesso che ha sdoganato l’idea che “con la mafia si può convivere”.
Non risparmia il Presidente della Repubblica, presente alla cerimonia della borsa, muto quando il Coordinamento delle vittime di stragi gli aveva chiesto di non firmare il Decreto Sicurezza – quel decreto che dà ai Servizi la licenza di delinquere con la benedizione della legge.
Non risparmia il maresciallo Carmelo Canale, le cui bugie e le cui versioni cambiano come il vento. Quello stesso Canale che ammise che Paolo gli aveva detto: “Nell’Agenda Rossa ce n’è anche per te”. E adesso cerca riabilitazione nel pantano delle mezze verità.
Non risparmia l’Antimafia di facciata, quella che limita le indagini a Via D’Amelio, ignorando i mandanti veri, i colletti bianchi, le relazioni pericolose, il patto Stato-mafia.
Non è una commemorazione. È un oltraggio.
“Non pensino di cavarsela con le cerimonie. Non pensino di usare il nome di Paolo come santino da scrivania. Chi non ha il coraggio della verità, tradisce Paolo ogni giorno”.
Perché la memoria non è una teca. Non è una borsa bruciata. Non è una foto con il lutto al braccio. La memoria vera è azione, coraggio di fare nomi e cognomi.
E finché l’Agenda Rossa resta sepolta nel fango della Ragion di Stato, questo Paese è ancora complice
WORDNEWS 3 luglio 2025
Per SALVATORE BORSELLINO i figli del fratello PAOLO hanno condiviso una squallida cerimonia in memoria del loro padre