MATURITÀ 🟧 PAOLO BORSELLINO: il coraggio e la speranza dei giovani contro la mafia – di Francesco Mario Canu studente di Nola

 


Il tema di Francesco Mario Canu, studente che ha affrontato con impegno e passione l’esame di maturità, condividendo riflessioni preziose sulla lotta alla mafia

Paolo Borsellino è stato un magistrato italiano nato il 19 gennaio 1940 a Palermo, insieme al giudice Falcone diventa un simbolo della lotta Stato contro Mafia.
Sicuramente posso meglio di molti altri descrivere il giudice Borsellino in quanto tanti anni fa (negli anni ‘90) il mio papà ha avuto la gestione della sicurezza di questi magistrati con le loro famiglie presso l’istituto penitenziario dell’Asinara.
Dai racconti del mio papà, il giudice Borsellino è cresciuto nello stesso quartiere del giudice Falcone. Hanno subito condiviso l’amicizia e la carriera in magistratura entrandovi nel 1963.
Negli anni ‘80 entrano a far parte del pool antimafia di Palermo per indagare su «cosa nostra».  
Il metodo usato dal giudice Borsellino è innovativo, a dire del mio papà, perché si basava su una ricerca attenta e curata delle informazioni che venivano condivise a tutti i livelli, culminato con il maxi processo di Palermo del 1986.
Con questo processo venne dato un duro colpo all’organizzazione mafiosa, anche se nel periodo successivo questi magistrati con le loro famiglie furono costretti a sistemarsi all’Asinara per motivi di sicurezza.
Successivamente il giudice Borsellino, anche dopo la morte del suo collega Falcone a Capaci 23 maggio 1992, pur sapendo del rischio che stava correndo, continuò nelle indagini però dopo solo 57 giorni cioè il 19 luglio 1992 anche lui con tutta la sua scorta perse la vita in un attentato a Palermo.
Ora ad oltre trent’anni dalla morte del giudice Borsellino si parla e si è scritto ancora molto di lui, mettendo in risalto le sue grandissime doti professionali e morali, senza dimenticare l’incredibile coraggio dimostrato in quanto sapeva bene che dopo la morte di Falcone stessa sorte sarebbe toccato a lui.
Rileggendo le parole di Paolo Borsellino, colpisce la fiducia che aveva nei giovani. In un periodo difficile come quello in cui viveva, con la mafia che colpiva duramente, lui credeva che fossimo noi ragazzi il vero motore del cambiamento.
Non perché siamo già pronti, perfetti o forti, ma perché abbiamo la possibilità di scegliere da che parte stare. E farlo ogni giorno. Quando si pensa alla mafia, si immagina spesso qualcosa di lontano, che riguarda solo alcune zone d’Italia o che ormai è superato. Ma non è così.

La mafia oggi: nuove forme, vecchie minacce

La mafia esiste ancora, anche se a volte si nasconde dietro apparenze più moderne: corruzione, silenzi, convenienze. E proprio per questo, serve una coscienza nuova.
Serve scegliere la legalità anche nelle piccole cose, nel rispetto delle regole, nel rifiutare scorciatoie, nell’essere onesti anche quando nessuno ci guarda.
In questo articolo posso affermare che Borsellino si rivolge ai giovani con una semplicità espositiva, dichiarando che la lotta alla mafia non deve essere soltanto basata sulla repressione ma deve prospettarsi come un movimento culturale e anche religioso che coinvolga tutti e tutti devono sentire il profumo della libertà.
Ecco la libertà sempre presente nei discorsi di Borsellino, che deve contrapporsi all’odore o meglio al puzzo del compromesso, dell’indifferenza e della complicità.
A tal riguardo ricordo bene alcune parole del mio papà su Borsellino, «è diventato eroe solo dopo la morte, in vita veniva spesso snobbato e addirittura osteggiato».
Con la morte di Borsellino ci siamo ricordati di alcuni interventi sui giovani che per lui rappresentavano una grande speranza.
Per Borsellino, noi giovani dovevamo ricevere cognizione del fenomeno mafioso, anziché lasciarci nell’indifferenza, così da poter essere coscienti del gravissimo problema con quale si convive. Ai giovani che crescono e diventano adulti, Borsellino afferma ed io sono sicuro che ciò deve essere alla base di ogni tipo di atteggiamento, il giovane deve essere alimentato e incoraggiato ad entrare in sana società da cui potrà avere i necessari consensi.

Il cambiamento parte dalle nostre scelte quotidiane

Come studente, non combatto la mafia con indagini o arresti, ma con le mie scelte. Quando studio con impegno, quando non copio, quando rispetto un compagno, quando parlo apertamente anche se è scomodo, sto già contribuendo a quel mondo diverso di cui parlava Borsellino. E se tutti, giorno dopo giorno, scegliessimo la strada giusta anche nelle piccole cose, l’effetto si sentirebbe anche in grande. In fondo, Borsellino dice una cosa molto semplice ma profonda: la speranza non è qualcosa che viene da fuori, ma nasce dentro di noi.
È un atteggiamento, un modo di pensare, una responsabilità che non si può scaricare sugli altri. Sta a noi essere cittadini attivi, informati, consapevoli. Non servono eroi, serve impegno.
Ricordare figure come Borsellino e Falcone non è solo un esercizio di memoria. È un modo per capire da dove veniamo e dove possiamo andare. Loro ci hanno lasciato un’eredità fatta di coraggio e verità. Tocca a noi raccoglierla. Io credo che davvero i giovani possano essere speranza. Non perfetti, non santi, ma capaci di fare la differenza. Basta crederci. E iniziare, anche con poco, anche da soli.

Scuola e cultura: antidoti alla mafia

La mafia è una malattia che ha cercato di uccidere l’Italia, i mafiosi agiscono senza rispetto di niente e di nessuno, con le loro azioni ci fanno vedere un mondo «tutto bello, tutto facile» verso il quale noi giovani veniamo attirati ma invece ci ritroviamo travolti dalla morte di persone innocenti, a cui si aggiunge anche la distruzione di quanto di buono si può aver costruito fino a quel momento. Pertanto ritengo che sia molto importante ‘coltivare i giovani’ con l’istruzione, la cultura e la conoscenza che sono sicuramente gli antidoti contro la mafia.
Il messaggio di Borsellino è chiaro, anch’io sono dello stesso avviso, la scuola ha il grande compito che deve educare alla legalità, deve insegnare il rispetto delle regole e la responsabilità nei giovani, i quali venendo coinvolti dal corpo docenti riusciranno ad uscire dalla morsa della piovra (mafia) dando un senso alla vita del giovane che potrà impegnarsi nella società la quale riconoscerà le sue capacità.
Solo con il mantenimento di queste premesse si potrà ottenere e costruire una società più giusta e libera dalla mafia, ricordiamoci che la mafia teme la scuola perché essa prospera nell’ignoranza e nella cultura del silenzio.  *Studente liceo scientifico Albertini di Nola –Fonte Sylo24

 

 

PAOLO BORSELLINO alla maturità. Il commosso ringraziamento di FIAMMETTA, LUCIA e MANFREDI