Il governatore Giuseppe Scopelliti, il sindaco che è stato il più amato della città, nei mesi scorsi ha evocato la Rivolta, i Moti di Reggio per mobilitare una città disperata, puntando il dito contro i suoi detrattori (giornalisti e opposizione). Sull’orlo della bancarotta (180 milioni di euro è il buco di bilancio comunale accertato dalla Procura) e di una disoccupazione intellettuale che sta portando di nuovo i giovani a emigrare. Con gli imprenditori che vantano crediti dal Comune e che non sono più in grado di garantire gli impegni, senza essere pagati.
Una città ormai “conquistata” dal potere e dal denaro delle cosche della ’ndrangheta, essendo la politica entrata in crisi. Non c’è un settore che non sia controllato da una ’ndrina, da un mafioso. Prendiamo per esempio le case popolari. I beneficiari sono poco meno di quattromila, di questi seicento sono deceduti, una cinquantina emigrati e soprattutto una settantina sono mafiosi. Non solo hanno avuto la casa ma non la pagano.
Reggio è una città che ha visto i suoi figli cadere per le guerre di mafia in ogni strada, vicolo, incrocio, piazza. L’ultima, mille morti, è finita nel 1991. E da allora, come l’Araba fenice, si è ripresa, è cambiata, si è modernizzata.
Non lascia spazio alcuno la ’ndrangheta che controlla tutto. A partire dal cuore dell’economia locale, dal mercato ortofrutticolo. Diversi concessionari di box del mercato hanno precedenti per mafia o sono risultati legati a famiglie mafiose. In una città dove tutti conoscono tutti, il Comune fa la politica dello struzzo. Non vede, anzi aiuta, rinunciando con una delibera addirittura a riscuotere il canone di locazione.
Ogni Comune che si rispetti ha la sua Avvocatura civica, legali in grado di fronteggiare tutti i processi in cui il Comune è coinvolto. Ma a Reggio, l’amministrazione si rivolge ad avvocati esterni, così tra i “difensori” si può scoprire il parente di un assessore o di un mafioso.
E piene di mafiosi sono perfino alcune cooperative e associazioni no profit, che hanno ottenuto dal Comune l’affidamento di servizi. Ma anche nel settore dei lavori pubblici la ’ndrangheta opera indisturbata. Palazzo San Giorgio ha rinunciato a sottoscrivere l’adesione alla Stazione unica appaltante provinciale, insieme agli altri Comuni calabresi. Il risultato è che decine di imprese di mafia lavorano per il municipio.
Nel dicembre scorso è stato arrestato il consigliere comunale del Pdl Giuseppe Plutino. Era ancora procuratore della città Giuseppe Pignatone, poi trasferito a Roma, e nella conferenza stampa disse chiaramente: “C’è la prova di un sostegno elettorale da parte della cosca Caridi al consigliere Plutino in occasione delle ultime elezioni amministrative”.
Plutino è solo? Basta sfogliare le cronache giudiziarie sui quotidiani locali per ritrovare una decina tra assessori e consiglieri impelagati in inchiesta di mafia o per avere rapporti familiari con esponenti delle ’ndrine. Diverse imprese a partecipazione pubblica e privata sono state accaparrate al cinquanta per cento dalla ’ndrangheta. E ora, mentre si muove il governo, si aspettano nuove azioni della magistratura.
di Guido Ruotolo – La Stampa 9.10.2010