Un «bollino blu» da accreditare

 

di Lionello Mancini

La sola volontà di agire, quando c’è, rende le cose molto più semplici di come appaiono. L’ennesima conferma viene dal caso (si veda Il Sole 24 Ore del Lunedì dell’11 maggio 2015) della procedura decisa dalla piccola Banca di Macerata, a favore delle imprese con rating di legalità.

Ecco come è andata: a metà gennaio, la BPrM riceve da Via Nazionale – come ogni altra banca italiana – il testo dell’audizione svolta dal Governatore davanti alla commissione Antimafia. Nel documento intitolato “Prevenzione e contrasto della criminalità organizzata”, si legge a pagina 11: «Un contributo alla creazione di un contesto più orientato alla legalità può venire da incentivi specifici, come potrebbe diventare il rating di legalità. Il Dm 57 del 20 febbraio 2014 del Mef prevede che le banche tengano conto del rating nel concedere prestiti; che la Banca d’Italia vigili sull’osservanza delle disposizioni da parte delle banche; che le banche trasmettano alla Banca d’Italia entro il 30 aprile una relazione relativa ai casi in cui il rating non ha influito sulle modalità di concessione del credito. Abbiamo incluso l’osservanza delle disposizioni tra gli elementi che devono essere considerati nell’analisi qualitativa del profilo di rischio di credito dell’intermediario. Analizzeremo le relazioni degli intermediari e ne daremo informazione. Consapevoli degli oneri che questi obblighi impongono al sistema, cercheremo soluzioni che contemperino le esigenze informative con i costi».

Parole semplici e chiare, che hanno portato la banca marchigiana a operare in modo altrettanto diretto, disegnando un processo interno ad hoc, approvato dal cda e pubblicato sul sito nel giro di due settimane.

Niente di particolare, oltretutto il Maceratese è un’area di piccole e piccolissime aziende (per lo più calzaturiere o dell’indotto), dai fatturati così contenuti da non rientrare nella casistica del rating, accessibile con almeno due milioni di ricavi.

«Ci è sembrato doveroso agire, anche se nella nostra zona di aziende con il rating ce ne sono solo quattro, perché crediamo nell’etica degli affari e poi, magari, qualcun altro verrà spinto a richiederlo» spiega il direttore generale di BPrM, Ferdinando Cavallini.

Semplice semplice, per BPrM. Invece, a voler dipingere il quadro generale della situazione, tutto si confonde e si complica. Tanto che la vera domanda è ancora senza risposta: quanti altri istituti hanno ragionato e agito nello stesso modo, mettendo in atto ciò che – semplicemente – prevede la legge?

L’Associazione bancaria non ha cifre, perché «non monitora questa tipologia di iniziative», anche se il direttore generale Giovanni Sabatini assicura che «le singole banche hanno definito processi organizzativi interni volti a definire i potenziali benefici derivanti dal rating di legalità e gli eventuali i motivi per l’irrilevanza del rating stesso».

Ed è anche vero, come sostiene l’Associazione, che le imprese meritevoli di bollino blu hanno già buoni rapporti con il pianeta del credito, che ben le conosce e dunque agisce di conseguenza, senza particolari accorgimenti.

Ma è altrettanto reale la delusione raccolta dagli imprenditori cui le stellette non hanno portato i benefici attesi. Addirittura, un costruttore veneto, che aveva comunicato in agosto l’ottenimento del rating, si è visto tagliare il fido dalla sua banca di riferimento in un periodo delicato come quello che precede il Natale – tredicesime, gratifiche, premi di produzione – senza motivi specifici che non fossero i bilanci di quella stessa (primaria) banca.

Insomma, la distanza tra il mondo che produce e quello che presta denaro resta grande, nonostante le dichiarazioni di ottimi intenti, i generosi flussi del Quantitative easing e le ferite riportate dal sistema delle imprese negli anni della recessione e del credit crunch.

Siamo un Paese speciale per confondere e complicare le regole: almeno mettiamo in pratica quelle chiare, semplici, nate con finalità ampiamente condivise. Per dire: il sito dell’Antitrust aggiorna il contatore delle imprese con le stellette, le prefetture riportano gli elenchi delle white list. Si potrebbe immaginare, prima o poi, di leggere su un sito la panoramica delle banche che hanno studiato l’offerta “premiante” per la loro clientela di qualità?

Sole 24 Ore 18.5.2015