Mafie, Dolci: «L’antidoto è la coesione sociale»

 

Bagno di folla per la coordinatrice della Dda di Milano che ha tracciato l’identikit della nuova generazione mafiosa: «Ai giovani chiedo di scegliere da che parte stare»

CREMA – «Si presentano con aria da persone normali. Cercano il nostro consenso perché è lo strumento per raggiungere il potere. E dicono: noi siamo cattivi soltanto quando è necessario»: così Alessandra Dolci, coordinatrice della Direzione distrettuale antimafia di Milano, ha tracciato l’identikit della nuova generazione mafiosa in una sala Pietro da Cemmo traboccante per l’evento intitolato ‘È anche cosa-nostra’, organizzato dagli scout del clan Agesci Crema 3.

Il ritratto, sospeso fra spietatezza e seduzione, offerto dal magistrato di origine soresinese deve rappresentare il campanello d’allarme per una società che «ha smarrito la coesione sociale» e che «ha bisogno di recuperare il senso di comunità, unico vero anticorpo contro le mafie che si sono infiltrate nella nostra Lombardia a ogni livello».
Come? Con il sorriso della normalità e con una strategia ben precisa: «Dopo la stagione dei sequestri di persona e dei morti ammazzati sui marciapiedi, le organizzazioni mafiose, in particolar modo la ’ndrangheta, hanno cambiato pelle: oggi gli ’ndranghetisti sono imprenditori che hanno messo radici in settori economici chiave, non più soltanto l’edilizia, ma anche la sanità, la ristorazione, il mondo dei video poker e specialmente quello della logistica. Prediligono i comuni medio-piccoli, dove è più facile allacciare relazioni e avvicinare gli amministratori. Uno degli obiettivi principali delle ’ndrine è la richiesta di competenze in cambio di immunità dal pizzo e dalle mazzette: dietro i gruppi malavitosi più organizzati c’è sempre un professionista che ha ceduto alle minacce e alle lusinghe dei mafiosi».

Dolci, poi, si è rivolta ai giovani presenti in sala, molti (ovviamente) quelli con la divisa da boy scout: «Le mafie si vogliono sostituire allo Stato, ma chi non sa non vede: occorre acquisire consapevolezza per essere in grado di riconoscerle. Ai ragazzi presenti voglio dire: scegliete bene da che parte stare. Il riscatto comincia da voi».

Come dire: la sfida alle mafie, ora, è soprattutto ‘cosa-vostra’. La coordinatrice della Dda si è anche raccontata a cuore aperto: «Vivo sotto scorta, ma non ho mai avuto paura. Se iniziassi a tremare, allora dovrei cambiare mestiere. Il mio lavoro è una missione e, allo stesso tempo, una passione. Le limitazioni nella sfera privata? Quando ci si muove così a lungo sotto tutela, a un certo punto quasi non ci si fa più caso. Insomma: il gioco vale la candela».

E poi: «Ringrazio i ragazzi straordinari che sono sempre al mio fianco. Però confesso che, in passato, a tarda sera, qualche volta mi è capitato di ‘evadere’».

In platea, ad applaudire Dolci, c’erano altre due donne coraggio: Francesca Bommarito, a cui la mafia ha portato via un fratello, e Mariagrazia Trotti,che si è ribellata al ricatto della cosca. 

22.5.2023 Riccardo Maruti LA PROVINCIA