Agenda rotta. La Palermo bene, quella buona e le surreali divisioni per l’anniversario della morte di Borsellino

 

Il 19 luglio ci saranno tre grandi manifestazioni nel capoluogo siciliano per commemorare l’eccidio di Via D’Amelio del 1992. Una spaccatura tutta politica che fa scivolare in secondo piano il vero senso della commemorazione

Potendo, inserirebbero una data in più nel calendario. Un luglio di 32 giorni. Con due 19 luglio, come una data che si inceppa. Allo scrittore argentino Borges, chissà, sarebbe piaciuto. Qui non siamo nella letteratura, purtroppo, ma nella realtà, ed è quello che accade, in Sicilia, sulle spoglie delle vittime della mafia. La memoria è sempre più terreno di scontro, e mentre si avvicina un’altra data fatidica, il 19 luglio, appunto, giorno in cui si ricorda l’eccidio di Via Mariano D’Amelio, a Palermo, in cui persero la vita il dottore Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta, le tensioni tra i diversi fronti dell’antimafia aumentano.

E così, il 19 luglio sarà almeno doppio. La destra siciliana si dà appuntamento, come ogni anno, in piazza Vittorio Veneto, a Palermo, per raggiungere via D’Amelio la sera del 19 luglio e rendere omaggio a Paolo Borsellino. Il secondo corteo, invece promosso dalla Cgil con una serie di sigle, sfilerà dall’Albero Falcone a partire dalle 15, il corteo gemello del 23 maggio finì a manganellate, e ai partecipanti fu impedito di arrivare all’Albero Falcone, scelto adesso come punto di partenza. 

È anche per questo che l’avvicinarsi del 19 luglio si è caricato di tensioni. Serpeggia tra associazioni, comitati studenteschi, collettivi, una voglia di rivincita. Si legge nel manifesto delle sigle aderenti: «Noi siamo in strada. Per noi la battaglia è questa, mentre c’è chi non ha problemi ad avere rapporti con chi ha avuto il sostegno di condannati per reati di mafia». Il riferimento è a Maria Falcone, sorella del magistrato Giovanni, che con la sua Fondazione collabora con Regione e Comune, nonostante il presidente della Regione Renato Schifani e il sindaco di Palermo Roberto Lagalla abbiano l’appoggio di Marcello dell’Utri e Totò Cuffaro, i grandi nemici dell’antimafia militante siciliana.

Nel manifesto, poi, anche un passaggio sulla presidente meloniana della commissione Antimafia, Chiara Colosimo, la cui elezioni è definita «inopportuna»: «Inopportunità – si legge ancora – dovuta ai suoi rapporti con Luigi Ciavardini, condannato, in via definitiva, come esecutore materiale della strage di Bologna». Un attacco, dunque, alla presidente che sarà presente il 19 luglio durante le commemorazioni per la strage.

La sera, dicevamo, ci sarà la fiaccolata organizzata da gruppi e movimenti che della galassia della destra siciliana, che da sempre ha avuto Paolo Borsellino nel suo pantheon. «In tanti anni mai una polemica, mai un incidente tra la nostra comunità e le Agende rosse – racconta Fabio Granata, uno dei politici di riferimento per la lotta alla mafia nella destra siciliana – anzi applausi reciproci e sorrisi. Da qualche anno, invece, il 19 luglio ha iniziato purtroppo a esser vissuto in un clima del tutto diverso».«Loro sono la Palermo bene – ironizzano intanto le associazioni antimafia – noi invece siamo la Palermo buona».

Alberto Di Benedetto, del forum 19 luglio e social media manager di Fratelli d’Italia a Montecitorio, cerca di gettare acqua sul fuoco: «Ogni manifestazione in ricordo di Borsellino o contro la mafia è importante, ben accetta e va rispettata. Poi, che la gente vada a quella delle 15 o passi dalla fiaccolata, per me è indifferente. Io mi auguro davvero che ogni anno possa esserci sempre più gente. Alla fiaccolata abbiamo sempre scelto di non avere simboli di partito, perché l’antimafia non deve avere colore politico».

Ma in realtà le manifestazioni per ricordare la strage non sono due, ma tre. C’è infatti l’altro fronte, quello delle celebrazioni ufficiali, che vede una spaccatura ancora più dolorosa quello della famiglia Borsellino con il movimento delle Agende Rosse, nato sulla scorta della domanda di verità e giustizia dopo la strage di Via D’Amelio. Le agende rosse insistono ancora sul tema della Trattativa Stato – mafia, nonostante il bollo definitivo della Cassazione. La famiglia Borsellino è di diverso avviso. I figli non credono che Paolo Borsellino sia stato ucciso perché si oppose alla trattativa Stato-mafia, ritengono più plausibile che dietro la strage del 19 luglio 1992 possa esserci invece l’interesse mostrato dal magistrato per il rapporto mafia-appalti del Ros dei Carabinieri.

Fabio Trizzino, legale della famiglia Borsellino, nonché marito di Lucia Borsellino, attacca: «Ho l’impressione che i movimenti antimafia possano essere oggetto di una strumentalizzazione da parte di chi ha interesse, una volta viste cadere determinate ricostruzioni, a insistere. Mi chiedo se le Agende rosse siano veramente al servizio della ricerca della verità, oppure se sono innamorate di una tesi, quella della trattativa, in maniera dogmatica». 

Trizzino difende anche Colosiamo: «Nella scorsa legislatura la mia audizione in commissione Antimafia, auspicata dall’allora presidente Nicola Morra, non ha trovato tempi e modi per essere realizzata. Forse perché le tesi portate avanti dalla famiglia Borsellino venivano ritenute non in linea con una certa narrazione? L’attuale presidente della commissione, Chiara Colosimo, ha invece subito manifestato la sua disponibilità alla mia audizione».

Le parole di Trizzino hanno provocato la reazione del fratello del giudice, Salvatore Borsellino, che, si è detto «incazzato» e ha aggiunto: «Da avvocato Trizzino dovrebbe sapere che la trattativa non è stata smentita, è solo stata considerata non reato». E ancora: «Non posso accettare che si accusino le Agende Rosse, e quindi me, di andare dietro a un’idea e non di ricercare la verità come ho fatto, e continuo a fare, in tutti questi anni. Non sono solo deluso, mi perdoni il termine, sono incazzato». Il presidente del Tribunale di Palermo, Piergiorgio Morosini, ha cercato di fare da paciere proponendo un confronto in campo neutro, il Tribunale: «Vorrei aprire il palazzo di giustizia, dove hanno vissuto e lottato i nostri martiri, a chi ormai non dialoga più».

Si avvicina così un 19 luglio all’insegna della divisione e della contrapposizione che mette in secondo piano la questione sostanziale: la richiesta inevasa di verità e giustizia sui mandanti del massacro di Paolo Borsellino e sui loro complici, al quale ha fatto seguito – ricordiamolo sempre – il più grave depistaggio nella storia della Repubblica. A mettere tutti d’accordo, comunque, ci pensa il ministro della Giustizia Carlo Nordio. La sua idea di rivedere il concorso esterno per associazione mafiosa ha creato in Sicilia cori unanimi di dissenso, da movimenti e associazioni sia a destra sia a sinistra.

E poi c’è un’altra cosa a mettere tutti d’accordo: il caldo. Il 19 luglio la Sicilia sarà al centro di un’ondata di caldo eccezionale. A Palermo sono attesi 43 gradi. Nell’afa del pomeriggio, ricordare Borsellino e le vittime della mafia sarà una prova di resistenza umana. Chissà se litigheranno anche su quello, nei vari cortei, su chi ha sudato di più, e con chi.