Mafia: Omicidio del poliziotto Agostino e della moglie: dopo 32 anni ergastolo per il boss

 

11.6.2021   Omicidio Agostino, le motivazioni della sentenza: “Ucciso perché scoprì i rapporti tra i boss di Cosa nostra e i servizi segreti”  Motivando l’ergastolo inflitto il 19 marzo scorso al boss Nino Madonia, il gup di Palermo Alfredo Montalto scrive che una delle visite di Bruno Contrada e Giovanni Aiello (“faccia da mostro”), nel covo di vicolo Pipitone “fu notata da Agostino che stava effettuando un appostamento”. E durante le indagini si è osservato anche un “tentativo non riuscito di depistaggio” da parte del boss Giuseppe Gravian.  La ragione dell’omicidio di Antonino Agostino sta (anche) nei “rapporti che Cosa nostra, e nel caso specifico la cosca dei Madonia, intratteneva con esponenti importanti delle forze dell’ordine collegati ai servizi di sicurezza dello Stato”. Lo scrive il gup di Palermo Alfredo Montalto nelle motivazioni – appena depositate in cancelleria – della sentenza con cui il 19 marzo scorso ha condannato all’ergastolo il boss Nino Madonia per l’esecuzione del poliziotto 28enne e della moglie incinta di due mesi, Ida Castelluccio, il 5 agosto del 1989. Avvenuta non soltanto perché Agostino dava la caccia ai boss latitanti su “sollecitazione dei servizi segreti“, ma, “come emerge dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia”, anche a causa delle interlocuzioni tra la mafia siciliana e gli apparati istituzionali. Il giovane agente, infatti, aveva scoperto le frequentazioni di boss mafiosi come Madonia con “esponenti delle forze dell’ordine e dei servizi di sicurezza” tra cui l’ex dirigente della Squadra mobile Bruno Contrada, poi condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, ma anche l’ex questore Arnaldo La Barbera e il poliziotto Giovanni Aiello, detto “faccia da mostro”.Questo movente, argomenta il gip, “conduce il delitto nell’alveo degli interessi precipui del mandamento di Resuttana capeggiato dai Madonia, con i quali tutti gli esponenti delle forze dell’ordine intrattenevano rapporti”. Il boss Vito Galatolo, ad esempio, “ebbe a vedere personalmente Contrada” in varie occasioni nel covo di vicolo Pipitone a Palermo, “contestualmente a una persona, appartenente ai servizi segreti” soprannominato “il mostro” perché aveva “la guancia destra deturpata da un taglio, la pelle rugosa e arrossata”. Sia Contrada che Aiello, ricorda, “sono stati visti anche in occasione di incontri con altri esponenti mafiosi“. Ed “è significativo evidenziare – si legge – che secondo quanto riferito da Vito Galatolo, una delle visite di Contrada e Aiello, in occasione della quale questi incontrarono Nino Madonia, Pino Galatolo, Vincenzo Galatolo, Gaetano Scotto e Raffaele Galatolo, fu notata da Agostino che stava effettuando un appostamento proprio nel vicolo Pipitone”. Ugualmente significativi sono “i riscontri acquisiti in ordine alla effettiva conoscenza tra Contrada e Aiello e gli strettissimi rapporti esistenti tra i predetti risalenti agli anni Settanta. Le indagini seguite al delitto, secondo la sentenza, sono state inoltre inquinate da un “tentativo di depistaggio intervenuto ad opera di uno dei più noti esponenti mafiosi in stato di detenzione, Giuseppe Graviano”, che, “in data 14 luglio 2020, ha rimesso alla Corte d’Assise di Reggio Calabria una memoria difensiva nella quale, tra i molti temi affrontati, vi sono anche specifici riferimenti” all’omicidio Agostino. Nel documento, il capomafia sosteneva che i mandanti sarebbero dovuti essere cercati tra gli uomini vicini al boss collaboratore di giustizia Salvatore Contorno: Graviano, scrive il gup, dice “che il movente del duplice omicidio andrebbe individuato nelle indagini che Agostino avrebbe iniziato sulla gestione del collaboratore Contorno e nel coinvolgimento dello stesso Agostino nel fallito attentato all’Addaura ai danni di Giovanni Falcone”. La memoria, poi, “prosegue con alcune elucubrazioni che legherebbero il duplice omicidio alla strage di via D’Amelio, ma il cui evidente fine è sempre quello di addossare tutte le responsabilità solo ed esclusivamente ai quei soggetti già indicati come tutti legati a Contorno”, quello che per il gup è un “tentativo non riuscito di depistaggio ad altri fini”. IL FATTO QUOTIDIANO 9.6.2021

 

Il giudice sull’omicidio di Nino Agostino: “Ucciso perché dava la caccia ai boss latitanti.Le motivazioni della sentenza con la quale a marzo il capomafia Nino Madonia è stato condannato all’ergastolo anche per l’uccisione della moglie del poliziotto, Ida Castelluccio, che era incinta. Il duplice delitto risale al 5 agosto del 1989. Il gup mette in evidenza anche il “tentativo non riuscito di depistaggio da parte di Giuseppe Graviano” Sarebbe stato ucciso da Cosa nostra “perché cercava boss latitanti”, questo scrive il gup Alfredo Montalto nelle motivazioni della sentenza per il duplice omicidio del poliziotto Nino Agostino e di sua moglie Ida Castelluccio, incinta di cinque mesi, avvenuto il 5 agosto del 1989. Il giudice, davanti al quale il processo si è svolto con il rito abbreviato, ha inflitto l’ergastolo al boss Nino Madonia. Altri due imputati, il boss Gaetano Scotto e Francesco Paolo Rizzuto, accusato di favoreggiamento, hanno scelto il dibattimento e sono stati rinviati a giudizio a 32 anni dai fatti. La caccia ai latitanti “viene prevalentemente, anche se non esclusivamente, indicata dai collaboratori di giustizia, quale causa della decisione mafiosa di uccidere il poliziotto”, scrive ancora il gup. E aggiunge, come riporta l’Adnkronos: “Sono stati acquisiti agli atti anche importantissimi riscontri su questa attività di Agostino che si rivelano assolutamente significativi, se non decisivi, per confermare l’attendibilità delle dichiarazioni soprattutto perché l’attività di ricerca dei latitanti non rientrava tra i compiti di servizio assegnati ad Agostino nel commissariato dove lavorava e, pertanto, non vi è traccia documentale, ma è stata svolta da Agostino come da altri su sollecitazioni e stimolo, ovviamente informali, di appartenenti ai servizi di sicurezza”. Ma, per Montalto, emergerebbe anche un altro movente “come emerge dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, una ulteriore possibile concomitante ragione dell’uccisione”, che sarebbe “collegata ad alcuni rapporti che Cosa nostra, e nel caso specifico la cosca dei Madonia, intratteneva con esponenti importanti delle forze dell’ordine soprattutto collegati ai servizi di sicurezza dello Stato”. Il giudice fa riferimento anche alle dichiarazioni di Giovanni Brusca secondo cui i Madonia “riuscivano ad avere notizie da talpe interne alla questura di Palermo riguardo anche a coloro che erano dediti alla ricerca dei latitanti”. Nelle motivazioni della sentenza, che sono state depositate stamattina, viene rimarcato anche un “tentativo di depistaggio intervenuto ad opera di uno dei più noti esponenti mafiosi in stato di detenzione, Giuseppe Graviano”. E prosegue: “Graviano il 14 luglio 2020 ha rimesso dalla casa circondariale di Terni nella quale si trovava detenuto, alla Corte d’Assise di Reggio Calabria che lo stava processando per alcuni delitti omicidiari commessi in quel territorio, una memoria difensiva nella quale, tra i molti temi affrontati, vi sono anche specifici riferimenti all’omicidio” Agostino-Castelluccio. Nella memoria si legge che “l’omicidio Agostino si inserirebbe in un unico contesto che muove dall’omicidio del padre di Graviano, Michele, e giunge sino all’arresto dello stesso Giuseppe Graviano. Secondo il boss i mandanti dell’omicidio Agostino andrebbero cercati tra gli uomini vicini al boss Contorno. Per di più – scrive il gup – Graviano aggiunge che il movente del duplice omicidio andrebbe individuato nelle indagini che Agostino avrebbe iniziato sulla gestione del collaboratore Contorno e nel coinvolgimento dello stesso Agostino nel fallito attentato all’Addaura ai danni di Giovanni Falcone”. Infine il giudice rimarca: “Il memoriale prosegue con alcune elucubrazioni che legherebbero il duplice omicidio alla strage di via D’Amelio ma il cui evidente fine è sempre quello di addossare tutte le responsabilità solo ed esclusivamente ai quei soggetti già indicati come tutti legati a Contorno” e per questo il giudice parla di un “tentativo non riuscito di depistaggio ad altri fini. PALERMO TODAY


Mafia: Omicidio Agostino, ergastolo per il boss Madonia  
Fu ucciso 32 anni fa insieme alla moglie. Altri due imputati  Il gup di Palermo Alfredo Montalto ha condannato all’ergastolo il boss Nino Madonia accusato del duplice omicidio del poliziotto Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio, uccisi il 5 agosto 1989. Il processo si è svolto con rito abbreviato.   Del duplice omicidio era imputato anche il boss Gaetano Scotto che, a differenza di Madonia, ha scelto il rito ordinario e quindi era in fase di udienza preliminare. Il gup lo ha rinviato a giudizio. Il processo a suo carico comincerà il 26 maggio 2021. Stessa decisione per il terzo imputato, Francesco Paolo Rizzuto, accusato di favoreggiamento. Il delitto è rimasto impunito per 32 anni. Dopo una lunga indagine a carico di Madonia, Scotto e Rizzuto la Procura di Palermo aveva chiesto l’archiviazione ritenendo che non ci fossero elementi idonei ad andare a processo. L’inchiesta è stata avocata dalla Procura generale che è giunta a conclusioni differenti e ha chiesto il rinvio a giudizio dei tre imputati. Agostino, agente di polizia formalmente assegnato alle Volanti, collaborava con i Servizi segreti alle indagini per la cattura dei grandi latitanti di mafia. Insieme a Emanuele Piazza, anche lui assassinato, Giovanni Aiello, morto d’infarto due anni fa, Guido Paolilli, agente di polizia e ad altri componenti allora di vertice dei Servizi di sicurezza, avrebbe fatto parte di una struttura di intelligence che teneva rapporti con alcuni esponenti di Cosa nostra. Rapporti, secondo l’accusa, opachi. Agostino avrebbe compreso le reali finalita’ della struttura a cui apparteneva (alla quale aveva offerto una pista per arrivare alla cattura di Salvatore Riina a San Giuseppe Jato), e avrebbe deciso di allontanarsene poco prima del matrimonio. Una scelta che, secondo gli inquirenti, ha pagato con la vita. ANSA 19.3.2021

 

Antonino Agostino, detto Nino (Palermo, 29 marzo 1961Villagrazia di Carini, 5 agosto 1989), è stato un poliziotto e agente segreto italiano, membro del SISDE, specializzato nella cattura dei latitantiIl 5 agosto 1989 Antonino Agostino, agente di Polizia alla questura di Palermo, era a Villagrazia di Carini con la moglie Ida Castelluccio, sposata appena un mese prima ed incinta di due mesi. La sorella Flora festeggiava i 18 anni e così Antonino andò insieme alla moglie al villino dei genitori sul lungomare Colombo a Villagrazia di Carini. Era l’occasione per Ida di comunicare alla sua amica Flora di aspettare un bambino. Le due erano legatissime; grazie a lei nel 1986 aveva conosciuto Antonino. Verso le 19:40, prima di andarsene, i due giovani coniugi andarono dal vicino per fargli vedere l’album di nozze. Improvvisamente arrivò una motocicletta con due persone; iniziarono a sparare: Antonino fece in tempo ad aprire il cancello e fare scudo alla moglie. Colpito da vari proiettili morì all’istante. Ida urlò che stavano uccidendo il marito e da terra li affrontò “vi conosco”. Uno dei due le sparò al cuore. I genitori di Agostino, uditi gli spari, andarono a soccorrere il figlio e la nuora: Antonino era morto, Ida si trascinava verso il corpo del marito. La madre di Agostino, insieme ad un vicino, la portarono in auto all’ospedale cittadino (distante pochi chilometri). Ida morì pochi minuti dopo il ricovero. Il corpo del giovane poliziotto fu coperto dalla madre quando tornò dall’ospedale. Quel giorno, Agostino non portava armi addosso. La squadra mobile di Palermo seguì inutilmente per mesi un’improbabile “pista passionale”. La notte della morte di Antonino Agostino e della moglie, alcuni ignoti “uomini dello Stato” riuscirono ad entrare nell’abitazione dei coniugi defunti e fecero sparire degli appunti che riguardavano delle importanti indagini che stava conducendo Agostino. Ai funerali di Antonino Agostino e Ida Castelluccio, tenutisi la mattina del 7 agosto 1989, erano presenti i giudici antimafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Lo stesso Falcone disse ad un amico commissario, pure presente al funerale: Antonino Agostino stava indagando sul fallito attentato dell’Addaura: il 21 giugno 1989 alcuni agenti di scorta trovarono su una spiaggia dell’Addaura un borsone contenente cinquantotto candelotti di tritolo. In quella stessa spiaggia si trovava la villa di Giovanni Falcone, obiettivo del fallito attentato. Agostino aveva scoperto qualcosa di importante su quel borsone-bomba dell’Addaura e per questo è stato eliminato. Attualmente i mandanti e gli esecutori dell’omicidio di Agostino e della Castelluccio sono ignoti. il padre di Antonino, dal giorno del duplice omicidio non si è più tagliato la barba come forma di protesta contro l’occultamento della verità sulla morte del figlio e della nuora. Secondo il pentito di mafia Giovanbattista Ferrante, Totò Riina ordinò un’indagine interna a Cosa Nostra per individuare i responsabili dell’omicidio del poliziotto, ma «Anche lui non riuscì a sapere nulla». Il collaboratore di giustizia Oreste Pagano ha dichiarato che «è stato ucciso perché voleva rivelare i legami mafiosi con alcuni della questura di Palermo. Anche sua moglie sapeva: per questo hanno ucciso anche lei»[ Nel 2009 il collaboratore di giustizia Vito Lo Forte dichiarò che Agostino, insieme con il collega Emanuele Piazza, anch’egli agente del SISDE, si trovava nei pressi dell’Addaura la mattina del 20 giugno 1989, il giorno prima del fallito attentato a Falcone e riuscirono ad impedire che l’attentato si compisse, fingendosi sommozzatori e rendendo inoffensivo l’ordigno nelle ore notturne antecedenti al ritrovamento. Tuttavia nel 2011 il pool di periti nominati dal gip di Caltanissetta Lirio Conti ha stabilito che il Dna delle cellule epiteliali, estratte dalla muta subacquea e dal borsone ritrovati sul luogo del fallito attentato, non erano compatibili con quelle di Agostino e Piazza, smentendo così le dichiarazioni di Lo Forte Nell’agosto 2011 risultano, inoltre, indagati per l’omicidio dei due coniugi l’ex prefetto di Messina e Reggio Calabria ed ex capo di gabinetto dell’Alto commissariato antimafia dismesso nel 1992, Antonio Daloiso e l’ex funzionario di polizia Guido Paolilli. Le indagini su questo misterioso omicidio sono state svolte dall’Autorità giudiziaria di Palermo e sono state affidate dapprima ai magistrati Antonino Di Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene e poi, per la Procura Generale, a Roberto Scarpinato, Nico Gozzo e Umberto De Giglio. Wikipedia


Processo omicidio Agostino, la requisitoria di Domenico Gozzo. Le dichiarazioni dei vari collaboratori di giustizia, secondo la tesi presentata dell’accusa, mettono in primo piano il ruolo di Nino Madonia nell’omicidio Agostino, ritenuto un ostacolo perché avrebbe potuto scoprire e denunciare questi i rapporti che intercorrevano tra alti esponenti delle forze di polizia, uomini di sicurezza e boss mafiosi.



L’omicidio di Nino Agostino e della moglie Ida, rito abbreviato per il boss Madonia.Vennero uccisi il 5 agosto 1989 a Villagrazia di Carini. Il giudizio per Madonia inizierà il 27 novembre. Gli altri due coimputati, il boss Gaetano Scotto e Francesco Paolo Rizzuto, hanno scelto invece il rito ordinario e per loro prosegue l’udienza preliminar A distanza di 31 anni dal duplice omicidio del poliziotto Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio, uccisi il 5 agosto 1989 a Villagrazia di Carini, il 27 novembre inizierà il processo a carico del boss Nino Madonia, accusato del duplice omicidio. Lo ha stabilito oggi il gup di Palermo Alfredo Montalto al termine dell’udienza preliminare. Il boss ha chiesto di essere giudicato in abbreviato. Gli altri due coimputati hanno scelto invece il rito ordinario. Per loro prosegue l’udienza preliminare. Si tratta del boss Gaetano Scotto, accusato di omicidio, e di Francesco Paolo Rizzuto, amico del poliziotto ucciso, imputato di favoreggiamento. La prossima udienza si terrà il 3 novembre nel corso della quale la Procura chiederà il rinvio a giudizio per i due.  PALERMO TODAY 2.11.2020

 

 

A processo due boss e un complice per la morte dell’agente Agostino –  Fu ucciso nel 1989 insieme alla moglie incinta. Aveva scoperto l’esistenza di pezzi infedeli dello Stato. Il padre: “Ora mia moglie puo’ riposare in pace”




Il ricordo dell’agente Agostino e della moglie Ida, intanto si scava per la verità  La Polizia di Stato ricorda l’agente Antonino Agostino, scomparso per mano mafiosa, proprio il 5 agosto di 31 anni fa. Domani ci sarà la commemorazione. Il poliziotto e la moglie Ida Castelluccio furono uccisi sul lungomare di Villagrazia di Carini da sicari giunti in moto. Per uno strano gioco del destino, la morte, per mano mafiosa, raggiunse la coppia in una fase di estrema felicità della loro vita: a conclusione di un momento di convivialità familiare, i coniugi avevano appena comunicato ai parenti di aspettare un figlio.

Nei  giorni scorsi la Procura Generale di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio dei boss Antonino Madonia e Gaetano Scotto accusati dell’omicidio dell’agente di polizia Antonino Agostino e della moglie Ida Castelluccio. Il processo è stato chiesto anche per Francesco Paolo Rizzuto imputato di favoreggiamento aggravato. Agostino e la moglie, che aspettava un bambino, vennero assassinati la sera del 5 agosto 1989 davanti alla casa di famiglia a Villagrazia di Carini (Palermo). Dall’inchiesta che la Procura Generale ha delegato alla Dia è emerso che l’agente Agostino, formalmente assegnato alle Volanti, collaborava con i Servizi Segreti alle indagini finalizzate alla ricerca di latitanti di mafia.

Antonino Agostino fu raggiunto per primo dai colpi dei killer e morì quasi sul colpo, facendo scudo alla moglie. La donna, anche lei colpita intenzionalmente, sarebbe deceduta pochi minuti dopo in un nosocomio cittadino. La giovane coppia sarà ricordata nel corso di una formale cerimonia che si terrà sul lungomare “Cristoforo Colombo”, di Villagrazia di Carini, alla presenza di autorità Civili e Militari che deporranno una Corona di alloro sul cippo che sorge a pochi metri dal luogo ove i coniugi furono trucidati. A seguire, sarà celebrata una Santa Messa presso la Cattedrale di Palermo che verrà officiata, congiuntamente, da Don Luigi Ciotti e da Padre Massimiliano Purpura, Cappellano della Polizia di Stato.  

di Gaetano Ferraro | 04/08/2020 BlogSicilia