Perché fu ucciso Paolo Borsellino, ora lo sappiamo ma non perché non si indagò

Molti tasselli adesso si incastrano e comincia a diventare abbastanza chiaro il motivo per il quale fu ucciso Paolo Borsellino. Fu ucciso perché voleva indagare sul dossier mafia-appalti, probabilmente l’atto di accusa più documentato e clamoroso di sempre sui rapporti tra economia mafiosa (e potere mafioso) ed economia legale. Forse è lo stesso motivo per il quale è stato ucciso Giovanni Falcone, ma questo non è sicuro. Occorrerebbero delle indagini.

Fin qui la Procura di Palermo (diciamo in questi quasi trent’anni), non ha ritenuto di doverle svolgere. Si è limitata a cadere nella trappola tesagli da un falso pentito (Vincenzo Scarantino) che – come si dice – l’ha mandata pe’ campi per parecchi anni, con l’aiuto (o il mandato) di diversi uomini delle istituzioni; e poi a mettere in piedi quel processo un po’ farsa, quello sulla presunta trattativa Stato-mafia, dove l’imputato principale, paradossalmente, è il generale Mori, cioè l’uomo che ha raccolto il dossier mafia-appalti, cioè l’amico di Falcone e Borsellino, cioè l’uomo che, dopo Borsellino e Falcone, ha dato di più nella lotta a Cosa Nostra.

Per ora noi giornalisti non possiamo fare altro che raccogliere gli elementi di assoluta evidenza. Quelli che risultano dai documenti, dalle dichiarazioni, dalle testimonianze, comprese quelle che sono state ignorate dalla magistratura. Un giornalista che fa questo con molto impegno da diversi anni è Damiano Aliprandi, del Dubbio, che ieri ha pubblicato stralci della testimonianza pronunciata nel 1992 davanti al Csm da uno dei magistrati palermitani, Domenico Gozzo, che in quei giorni era sulla piazza. Gozzo parla di una riunione di tutti i Pm della Procura di Palermo, convocati dal procuratore Giammanco, il 14 luglio del 1992, una cinquantina di giorni dopo l’assassinio di Falcone. Era presente Paolo Borsellino in qualità di Procuratore aggiunto. Da sola questa testimonianza dimostra che Paolo Borsellino, dopo l’uccisione di Falcone, voleva che si lavorasse sul dossier mafia- appalti e mostrava di conoscere bene quel dossier, e rimproverava i suoi colleghi di averlo sottovalutato.

Non poteva sapere che, proprio il giorno prima, i sostituti procuratori Roberto Scarpinato e Guido Lo Forte avevano firmato la richiesta di archiviazione del dossier. Nessuno glielo disse. Alla riunione, secondo il ricordo di Gozzo, del dossier parlò Pignatone, che era uno dei sostituti procuratore che erano incaricati di seguirlo. Pignatone però non era tra quelli che il giorno prima aveva firmato la richiesta di archiviazione. Possibile che non sapesse niente? E poi, alla riunione pare ci fosse anche Lo Forte (Scarpinato aveva problemi a casa): perché quando Borsellino chiese del dossier e pretese anche che fosse fissata una riunione ad hoc per discuterne, Lo Forte non avvertì che era stata già chiesta l’archiviazione? Timidezza, paura dell’ira di Borsellino? O un modo per evitare una seccatura, o strategia?

La riunione chiesta da Borsellino non si tenne mai. Perché nel frattempo Borsellino fu ucciso. Forse si potrebbe anche scrivere: Borsellino fu ucciso perché quella riunione non si tenesse mai. E chi lo uccise raggiunse lo scopo. Perché a nessun magistrato che ne aveva il potere e la competenza venne in mente di convocare la riunione, dopo la morte di Borsellino. Preferirono ascoltare Scarantino… Per capire bene che non mi sto inventando niente, ricopio le frasi più importanti della deposizione del magistrato Domenico Gozzo, riportate ieri da Aliprandi sul Dubbio (il verbale della deposizione al Csm è del 29 luglio del 1992, appena 10 giorni dopo l’uccisione di Borsellino). Alla fine della descrizione mi limiterò a ricordarvi alcune date, la cui successione fa impressione.

Ecco le parole di Gozzo: «Alla Procura di Palermo c’è questa consuetudine di fare delle assemblee in cui si discute di vari temi… La riunione del 14 luglio è stata l’ultima a cui ha partecipato Paolo Borsellino, era seduto due sedie dopo di me, era una riunione… in cui i vari colleghi erano chiamati a riferire sui processi che avevano gestito… su mafia e appalti, quindi, c’era il collega Pignatone (se non ricordo male) e doveva esserci anche il collega Scarpinato che però non poté venire per problemi di famiglia. Ho visto proprio questo contrasto più che latente, visibile, perché proprio Borsellino chiese e ottenne che fosse rinviata – perché al momento aveva dei problemi – la discussione su questo processo e fece degli appunti molto precisi: come mai non fossero inserite all’interno del processo determinate carte che erano state mandate…». Gozzo specifica che il processo è quello relativo a mafia- appalti e, alla domanda di quali carte si trattasse, risponde: «Si trattava di carte che erano state inviate (quello che ho sentito là, chiaramente, posso riferire) alla procura di Marsala – e nella fattispecie dal collega Ingroia, che adesso è anche lui alla Procura di Palermo – che era lo stesso processo, però a Marsala. C’erano degli sviluppi e, quindi, erano stati mandati a Palermo e lui (Borsellino, ndr.) si chiedeva come mai non fosse stata seguita la stessa linea. E, poi, diceva che c’erano dei nuovi sviluppi (in particolare un pentito di questi che ultimamente aveva parlato), e sono rimasto sorpreso perché dall’altra parte si rispose: “ma… vedremo”… Cioè, di fronte ad una offerta così importante (io riferisco i fatti): “Ma, vedremo se è possibile… ma, è il caso di acquisirlo?”».

Benissimo. Ora un occhio alle date, perché qualcosa dicono.

13 luglio. Scarpinato e Lo Forte firmano la richiesta di archiviazione del dossier mafia-appalti.

14 luglio. Si tiene l’assemblea dei Pm nella quale Borsellino parla di mafia-appalti senza evidentemente sapere che è stata già avanzata la richiesta di archiviazione.

19 luglio. Borsellino viene ucciso insieme alla scorta.

22 luglio. La richiesta di archiviazione del dossier mafia-appalti viene depositata formalmente.

14 agosto. Mafia-appalti è archiviata e non se ne parlerà più. Nel dossier erano indicate tutte le aziende dell’Italia continentale che trattavano con la mafia.

P.S. 1 – La domanda è questa: il processo sull’ipotesi di trattativa tra stato e mafia è stato messo in piedi per dare una spiegazione all’uccisione di Borsellino diversa dalla ragione che ora appare in tutta la sua evidenza e sulla quale non si è voluto indagare?

P.S. 2 – Un ricordo: nei verbali di interrogatorio della moglie di Borsellino, dopo la sua uccisione, si legge questa frase: «Ricordo perfettamente che il sabato 18 luglio 1992 andai a fare una passeggiata con mio marito sul lungomare di Carini, senza essere seguiti dalla scorta. Paolo mi disse che non sarebbe stata la mafia a ucciderlo, della quale non aveva paura, ma sarebbero stati i suoi colleghi e altri a permettere che ciò potesse accadere. In quel momento era allo stesso tempo sconfortato, ma certo di quello che mi stava dicendo».

Dopo aver letto queste parole, c’è qualcuno che può restar tranquillo?

 

Piero Sansonetti — 22 Agosto 2020 RIFORMISTA