Totò Riina: “Borsellino era intercettato, sapevamo che doveva andare dalla mamma”. Così la mafia ha organizzato l’esplosione. Cosa Nostra teneva sotto controllo il telefono del magistrato Paolo Borsellino. A rivelarlo è lo stesso Totò Riina.
Durante una conversazione intercettata, è lo stesso Totò Riina che rivela a un suo compagno di carcere che Cosa Nostra teneva sotto controllo il telefono di Borsellino. Riina parlando con il compagno di carcere dice: “Sapevamo doveva andare perché le ha detto “domani mamma, vengo”’ e continua “Troppo bello, sapevo che ci doveva andare alle cinque. Corri, piglia e mettigli un altro sacco”.
Dalle parole del criminale legato a Cosa Nostra emerge che la mafia aveva messo sotto controllo il telefono del giudice Paolo Borsellino e, intercettando le chiamate, aveva scoperto che il magistrato si sarebbe recato dalla madre alle 17:00.
Così si sono organizzati affrettandosi ad imbottire di esplosivo la 126 usata come autobomba con un altro sacco esplosivo. Soddisfatto del lavoro, Totò Riina nel corso della chiacchierata con il compagno di carcere, aggiunge –minchia come mi è uscito”.
Inoltre, ci sono pesanti giudizi espressi dal capomafia su Rita, la sorella del magistrato ucciso: “Una disgraziata – dice Riina a Lorusso- la vedi inviperita nel telegiornale, quanto è inviperita la disgraziata, non ha digerito la morte di questo suo fratello che ci ha suonato il campanello a sua madre”.
A proposito di campanello, “Borsellino suonò e scoppiò tutto, questa del campanello però è un fenomeno. Questa una volta il Signore l’ha fatta e poi basta. Arriva, suona e scoppia tutto”. È questo un altro pezzo della conversazione intercettata in cui Riina racconta al suo compagno di carcere, Alberto Lorusso, che a innescare l’esplosione che uccise il magistrato fu lo stesso Paolo Borsellino, suonando al citofono in cui era stato messo il telecomando che fece partire l’esplosione.
Secondo gli inquirenti, Cosa Nostra avrebbe predisposto una specie di triangolazione: un primo telecomando avrebbe attivato la trasmittente, poi suonando al citofono lo stesso Paolo Borsellino avrebbe inviato alla ricevente, piazzata nell’autobomba, l’impulso che avrebbe innescato l’esplosione. Per i magistrati questa tecnica è utilizzata quando, per chi deve agire, è difficile o impossibile rimanere sul luogo dell’esplosione.
La conversazione è stata ora depositata al processo sulla “trattativa”. NOTIZIE NAZIONALI il 22/07/2014 Lucia Di Candilo