Siamo nel 2010. Agnese Piraino Leto in Borsellino, segnata da una terribile malattia, riceve una telefonata da parte dell’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga: “Via D’Amelio è stata da colpo di stato”.
Poche parole che fanno riemergere i ricordi di una vita, a partire dall’incontro con Paolo, giovane pretore a Mazara del Vallo, fino a narrare i momenti più bui, il tradimento da parte di chi avrebbe dovuto combattere al loro fianco.
“La stanza di Agnese” è un dialogo incessante tra lei e Paolo, che continua tra le pieghe dei ricordi, tra tenerezza e indignazione, tra vita familiare e storia di un Paese. I proventi della vendita del libro sono stati devoluti a “La casa di Paolo”, organizzazione no profit sorta nel 2015 negli stessi luoghi del quartiere di Palermo in cui è nato Paolo Borsellino.
La stanza di Agnese. Il libro spettacolo di Osvaldo Capraro su Paolo Borsellino.
Presentazione avvenuta il 14 gennaio 2023 nella libreria Minopolis. Mariella Fusillo ha dialogato con l’autore alla presenza di un pubblico attento e interessato.
Sono trascorsi tanti anni da allora e la domanda resta sempre la stessa: perché ?
Quante indagini.
Quanti processi. Bis, tris, quater. Appello. Cassazione.
Ipotesi, testimonianze, ritrattazioni, condanne, assoluzioni, ritrattazioni delle ritrattazioni, tutto vero, tutto falso.
Di certo, due cose sono davanti agli occhi di tutti.
La prima è che chi doveva indagare sulla strage non l’ha fatto, anzi si è impegnato nel depistare.
Una delle pagine più vergognose della storia giudiziaria italiana. La storia d’Italia, si sa, è una storia di depistaggi.
La seconda è che “Cosa nostra” dopo via D’Amelio, ha avuto pochi benefici e molti guai.
I boss erano improvvisamente impazziti? Oppure hanno avuto promesse che qualcuno poi non ha mantenuto? La storia d’Italia, si sa, è costellata di misteri irrisolti.
Quel che si sa è quello che racconta Agnese, la moglie di Borsellino:
“Dopo il funerale con i miei figli Lucia, Manfredi e Fiammetta siamo tornati a casa a Villagrazia.
Mia figlia Fiammetta è salita su per le scale, è entrata nella stanza mia e di Paolo, si è seduta sul letto, si è distesa, si è raggomitolata sul lenzuolo ancora sgualcito nell’impronta lasciata dal corpo del suo papà Paolo. Ed è rimasta lì, a lungo, dentro il vuoto. Un vuoto che nessuno ha mai più colmato. E che resterà per sempre”.
Stefano Carbonara Monipoli Tre Rose
E a teatro…
Sara Bevilacqua, nel doppio ruolo di interprete e regista, è Agnese Piraino Leto Borsellino, vedova del magistrato palermitano. Colpita dalla leucemia e consapevole che i suoi giorni stanno per finire, Agnese ricostruisce le vicende della sua esistenza, tra rimpianti, disincanto e commozione. Figlia del presidente del Tribunale di Palermo e ben inserita nell’alta borghesia della città, la sua era una vita destinata a privilegi e salotti buoni: per tutti era la “signorina dei pizzi e merletti”, appellativo che non le dispiaceva alla luce della sua passione per gli abiti. Ma la relazione con un giovane procuratore di stanza a Mazara del Vallo, Paolo Borsellino, all’epoca il più giovane magistrato d’Italia, diventato poco tempo dopo suo marito, avrebbe portato un cambiamento molto più radicale del previsto.
Il racconto di Agnese tra date, nomi e vicende, tanto pubbliche quanto private, scorre con la serenità di chi non ha fretta di riannodare fili e riaprire scenari. Ma anche con la disillusione di chi, ormai, è consapevole che da quel primo incontro con Paolo la vita avrebbe subìto non solo un’evoluzione ma un vero e proprio stravolgimento. Il rapporto con quest’uomo giusto e gentile, di grande cultura e sempre pronto al “babbìo”, allo scherzo quasi infantile, le restituisce uno sguardo sul mondo e sulla vita che prima non conosceva.
Più che un monologo, “La stanza di Agnese” è un dialogo mai interrotto con Paolo che attraversa tanto momenti terribili e carichi di angoscia, come gli omicidi del capitano Basile, del procuratore Chinnici e le stragi di Capaci e via D’Amelio, quanto quadri di vita familiare fatti di semplicità e di piccole cose. Un dialogo nel quale toni di tenerezza verso i propri figli si intrecciano con sussulti di indignazione nei confronti dei traditori dello Stato. Il risultato è una storia d’amore e di passione etica e politica, ma anche di un dolore inaccettabile.
Lo spettacolo ricompone la dimensione umana, famigliare e sentimentale che fa di Paolo Borsellino non solo un uomo che ha dato la vita per lo Stato, ma anche un marito, un padre e un amico prezioso. Agnese ha vissuto molte vite.
Prima di conoscere Paolo, dopo averlo incontrato, dopo essere diventata madre, dopo aver perso l’amore della sua vita, dopo aver scoperto la malattia contro la quale ha combattuto a lungo. Ha conosciuto il dolore più lacerante, la disperazione, la paura, la negazione della libertà. “La stanza di Agnese” è uno spettacolo di memorie, di denuncia, di invito a non mollare, che testimonia – specie alle nuove generazioni – la cura per la vita, per la giustizia, per l’onestà.
La cura che trasforma tutto – inclusa la propria vita – in amore, l’unico strumento per opporsi all’orrore del mondo. E non di un mondo qualsiasi, del nostro. Di quel Paese, l’Italia, che Agnese Borsellino sognava di veder rinascere. «I nomi che con Paolo abbiamo dato ai nostri figli – ha detto una volta – sono proprio il simbolo della speranza e di un passato nobile che resta immortale, proiettato nel futuro. Manfredi, l’ultimo re di Sicilia, Lucia la creatura di Alessandro Manzoni, Fiammetta uno dei personaggi amati dal Boccaccio.
Io non perdo la speranza in una società più giusta e onesta, sono convinta che le giovani generazioni sapranno fare meglio di noi. Non bisogna mai smettere di credere nelle istituzioni, di rispettarle e di servirle. Paolo lo ha fatto fino alla fine, anche davanti al sospetto di essere stato tradito». «È stato un lavoro lungo ed appassionante – ha raccontato Sara Bevilacqua –.
Tutto è nato da una suggestione proposta dalla Scuola Caponnetto. Con Osvaldo Capraro e Daniele Guarini ci siamo messi subito all’opera per compiere un lunghissimo viaggio di ricerca. Abbiamo intervistato i figli Fiammetta e Manfredi e il fratello Salvatore per raccogliere elementi che servissero alla realizzazione dello spettacolo. Abbiamo inviato loro il testo in anteprima e la risposta è stata entusiasmante.
Sapere che la famiglia Borsellino condivida il nostro lavoro è, ancor prima del debutto, un risultato emozionante».