Chiaromonte «La mafia è severe più aggressiva e to Stato si accontenta dei proclami»
Si prepara una strage? «E chi può saperlo? Io non ho arti divinatorie». Gerardo Chiaromonte, comunista, presidente della commissione parlamentare per la lotta contro la mafia, prima di pronunciarsi chiede una puntualizzazione che lui definisce «pregiudiziale».
Dice il senatore Chiaromonte: «Sono stato molto in dubbio se accettare questo colloquio, perché sono convinto che i membri della commissione Antimafia meno dichiarazioni fanno, meno giudizi esprimono, meno previsioni offrono alla stampa, e meglio è per tutti. Anche agli stessi effetti della lotta contro la mafia».
Allude all’allarme lanciato dal senatore Calvi? «Non solo. A fare previsioni ormai sono in tanti». Le preoccupazioni, sta dicendo, sono eccessive, ingiustificate? «Non è questo il punto.
La situazione complessiva mi sembra molto grave, specie dopo l’attentato, fortunatamente fallito, contro il giudice Giovanni Falcone.
Ciò non vuol dire che debba sentirmi legittimato a fare, previsioni. Credo, anzi, che simili attività siano impossibili per un organismo politico qual è la commissione parlamentare Antimafia. Ritengo invece che spetti agli organi investigativi dello Stato valutare i rischi reali e, mi auguro, provvedere di conseguenza. Anche in questo caso sarebbe auspicabile che eventuali provvedimenti si mettessero in atto, senza fermarsi alla fase dell’annuncio più o meno solenne». Pensa ai blitz annunciati, come quello in Aspromonte? «Ed anche ad altro. Per esempio a certi atteggiamenti degli investigatori, o di certi giudici a Palermo.
Ma non mi sembra questo l’aspetto più grave.
La preoccupazione fondamentale che ho deriva dalla constatazione che l’impegno complessivo dello Stato nella lotta contro la mafia si è attenuato nel corso degli ultimi tempi.
Questo è un dato inconfutabile che noi sottoporremo anche al Presidente della Repubblica. E’ lui che nel¬ l’agosto dell’anno scorso, dopo la drammatica denuncia del giudice Paolo Borsellino, aveva chiesto se si fosse allentata la tensione sul fronte della lotta alla criminalità organizzata.
Adesso, dopo un anno, noi siamo costretti a rispondere: sì, si è attenuata». In che senso? Non si fanno più indagini? «Non escludo che siano in corso anche ottimi lavori da parte di magistrati e investigatori, ma mi pare manchi una spinta organica. Non vedo insomma l’impegno politico complessivo del governo. Non è ammissibile che solo dopo l’iniziativa della mamma di Cesare Casella si sia decisa la costituzione di un gruppo speciale antisequestri.
Mi sembra, insomma, che manchi l’impegno generale che contraddistinse la lotta al terrorismo».
Per questo il giudice Falcone può parlare di solitudine? «Ho troppa stima di Falcone per pensare che faccia affermazioni improvvisate, come qualche volta è accaduto ad altri.
Anche in questo caso, però, è necessa- ria qualche precisazione: sul piano politico Falcone ha avuto solidarietà, a Palermo ed anche fuori. Un intero Consiglio comunale si è pronunciato a favore del suo lavoro.
Il Consiglio superiore della magistratura, dopo anni di tergiversazioni, gli ha espresso finalmente il giusto riconoscimento. Questi sono fatti positivi da non dimenticare. Ma Giovanni Falcone, evidentemente, allude ad altro.
All’opera che è stata compiuta, per mesi e mesi, in direzione dello smantellamento dei pool antimafia e, quando parla di solitudine, pone interrogativi irrisolti su quello che è stato l’atteggiamento di una parte della magistratura siciliana o di parti dell’apparato dello Stato. Sono domande inquietanti che giriamo a chi di competenza, cioè al Csm, da una parte, e, dall’altra, al governo». Francesco La Licata I giudice Giovanni Falcone oggi spiegherà i suoi sospetti al Csm LA STAMPA 13.8.1989