
Franca Alagna, la compagna di Matteo Messina Denaro convocata nei giorni scorsi in Procura, ha detto di non ricordare dove fosse esattamente l’appartamento in cui restò per qualche tempo a Palermo. Era la metà degli anni Novanta, il boss di Castelvetrano era da poco latitante: «Non voleva che uscissi da casa», ha sussurrato la donna. Probabilmente, era l’appartamento di via Simone Cuccia messo a disposizione dal clan di Brancaccio fra il 1994 e il 1995: «Andava in giro con un furgoncino dell’azienda acquedotti che guidava Giorgio Pizzo – ha raccontato il pentito Pasquale Di Filippo – Lui era un dipendente dell’Amap. Un giorno, vennero fermati dalla Finanza, ma non furono riconosciuti. E, intanto, Matteo continuava a fare la bella vita». Mentre la compagna stava a casa. Anzi, quando restò incinta, nel 1995, Messina Denaro volle che Franca Alagna andasse ad abitare nell’abitazione della madre, a Castelvetrano. Lui, invece, dove si spostò?
Un capitolo importante dell’indagine coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia diretta da Maurizio de Lucia riguarda il soggiorno palermitano del superlatitante. A caccia di medici, professionisti e altri complici che l’hanno favorito. Gli accertamenti fin qui svolti ci dicono che nel 2012 il padrino faceva la spesa in una nota gastronomia di via Daita, a due passi dal Teatro Politeama. «È stato un nostro sporadico cliente — hanno raccontato i titolari — lo abbiamo riconosciuto dopo la cattura». I commercianti hanno riconosciuto anche Andrea Bonafede. «Ogni volta, spendevano tanti soldi».
Nel novembre 2014, Messina Denaro era invece alla “Nuova Co.ri.” di via Tasca Lanza, con l’identità dell’architetto Massimo Gentile, quella volta acquistò una Fiat 500. Nel 2020, il boss andò a Carini per un’altra 500. Due anni dopo, decise di cambiare auto e ancora una volta venne a Palermo per acquistarla: i carabinieri del Ros hanno scoperto che entrò in una concessionaria della zona di corso Calatafimi, per un’Alfa Romeo Giulietta, all’epoca si faceva chiamare Andrea Bonafede
Nel capoluogo, il superlatitante andava dall’oculista Antonio Pioppo, nel suo studio di via Pietro Scaglione. I poliziotti della Sisco hanno scoperto che andò non solo nel 2020 ma anche nel 2016. La ricetta del 2020 è intestata ad Andrea Bonafede; l’altra a Giuseppe Giglio. Pioppo, sentito dai magistrati, ha detto di non aver mai saputo della vera identità di quel paziente. La sua posizione è al vaglio della procura.
Per certo, Messina Denaro girava liberamente per Palermo. Anche per andare dal suo tatuatore di fiducia. «In via Rosolino Pilo», ha detto lui ai magistrati, per lanciare l’ennesima sfida durante un interrogatorio. Come dire, ero tranquillo nel centro di Palermo mentre mi cercavate in giro per il mondo. Dal registro del tatuatore è risultato che il 29 giugno 2012 si presentò Andrea Bonafede classe 1969; il giorno prima, è segnato il nome di un’altra persona di Campobello di Mazara, i carabinieri l’hanno convocata in caserma e non ha alcun tatuaggio. È probabile che nel 2012, il latitante utilizzasse quest’altra identità.
I soggiorni palermitani di Matteo Messina Denaro

Approfondito il filone d’indagine della Procura di Palermo sui soggiorni a Palermo di Matteo Messina Denaro durante la latitanza. Alcuni dettagli.
Matteo Messina Denaro a Palermo durante la latitanza: Franca Alagna, la madre della figlia del boss, Lorenza, convocata alcuni giorni addietro in Procura, ha risposto: “Non ricordo dove fosse l’appartamento in cui restai per qualche tempo a Palermo. Era la metà degli anni ’90. Lui non voleva che uscissi da casa”. Probabilmente – ipotizza Salvo Palazzolo – sarebbe stato l’appartamento in via Simone Cuccia reso a disposizione dal clan di Brancaccio fra il 1994 e il 1995. Il collaboratore della Giustizia, Pasquale Di Filippo, ha raccontato: “Messina Denaro a Palermo andava in giro con un furgoncino dell’azienda acquedotti che guidava Giorgio Pizzo, un dipendente dell’Amap. Un giorno vennero fermati dalla Guardia di Finanza, ma non furono riconosciuti”.
Ancora a Palermo nel 2012 Messina Denaro si serviva in un nota gastronomia di via Daita, nei pressi del Teatro Politeama. I titolari hanno ricordato: “E’ stato un nostro sporadico cliente. Lo abbiamo riconosciuto dopo la cattura. Abbiamo riconosciuto anche Andrea Bonafede. Ogni volta spendevano tanti soldi”. Nel novembre del 2014 Messina Denaro è stato alla “Nuova Co.ri.” di via Tasca Lanza, con l’identità dell’architetto Massimo Gentile, e acquistò una Fiat 500. Nel 2020, il boss andò a Carini per un’altra 500. Nel 2022, presentandosi come Andrea Bonafede, acquistò l’Alfa Romeo Giulietta in una concessionaria della zona di corso Calatafimi. E poi nel 2016 e nel 2020, sempre come Andrea Bonafede, è andato dall’oculista Antonio Pioppo, nel suo studio di via Pietro Scaglione. La prescrizione del 2020 è intestata ad Andrea Bonafede, e quella del 2016 a Giuseppe Giglio.
Lo stesso Matteo Messina Denaro, interrogato dopo l’arresto ha raccontato di essere andato dal suo tatuatore di fiducia, in via Rosolino Pilo. E lo ha ricordato con sarcasmo: lui ricercato in tutto il mondo, lui tranquillo per le strade del centro di Palermo. Nei primi anni duemila, essendo i Graviano di Brancaccio in carcere, Messina Denaro consolidò il contatto mafioso con Palermo tramite i Lo Piccolo. Poi, dopo l’arresto dei Lo Piccolo, legò con i Biondino. Il pentito Vito Galatolo ha raccontato di una lettera inviata ai Biondino nel 2012, con cui Messina Denaro avrebbe sollecitato un attentato contro il pubblico ministero Nino Di Matteo.
Angelo Ruoppolo (Teleacras)