Roma mafiosa, l’allarme del Procuratore Giuseppe Pignatone sulla pace criminale nella capitale

Un «tacito accordo» a Roma fra le grandi organizzazioni mafiose per evitare «atti di violenza di stampo specificatamente mafioso». È la fotografia della città e delle infiltrazioni dei clan all’ombra del Cupolone fatta mercoledì mattina dal procuratore della Capitale Giuseppe Pignatone nel suo intervento agli Stati generali della legalità di Cgil Roma e Lazio.

«A ROMA C’È SPAZIO PER TUTTI» – Secondo capo della procura «a Roma c’è spazio per tutti ed è meglio, da parte delle organizzazioni mafiose, non attirare le attenzioni della magistratura, delle forze dell’ordine o creare allarme sociale, anche se i mafiosi, in quanto tali, portano la possibilità di atti di violenza».GUERRA TRA BANDE NEL 2011 – Un fronte diverso è quello della guerra fra bande, soprattutto per il controllo del traffico della droga e per questioni economiche legate a interessi illeciti, che nel 2011 e nei primi mesi del 2012 è stata alla base di molti dei quasi 50 omicidi avvenuti a Roma e provincia. Alcuni ancora irrisolti e collegabili all’azione di gruppi vicini alle cosche campane, siciliane e calabresi in trasferta nella Capitale, mentre altri riconducibili a espressioni locali della malavita che vogliono prendere possesso di fette di quartieri dove non esiste più la supremazia dei vecchi clan.
«DENARO DUBBIO»- «Roma – ha aggiunto Pignatone – vede crescere esponenzialmente la massa di denaro di dubbia origine che viene reinvestita sul territorio. Nella Capitale esistono imponenti fenomeni di evasione fiscale, criminalità economica e frodi e si osserva una lunga serie di fallimenti che muovono una quantità immensa di denaro. Non c’è ancora la consapevolezza di quanto sia importante contrastare questo fenomeno». Al dibattito ha preso parte anche il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, per il quale in città «non c’è il controllo militare da parte delle associazioni mafiose ma esiste una criminalità economica. E la speculazione edilizia è stata una delle cause che ha favorito il dilagare della criminalità» Corriere della Sera