di Lionello Mancini
di Lionello Mancini
Perché le imprese più impegnate sul fronte della legalità temono la magistratura, procure in testa? E perché queste ultime mostrano di diffidare delle imprese? Sono domande un po’ grossolane, però hanno il pregio di rispecchiare temi concreti, preoccupazioni assai diffuse tra gli imprenditori che credono all’alleanza con lo Stato, anzi ci contano (e ci investono). Eppure questi interrogativi, a volte angosciosi, restano sotto traccia; c’è timore persino a sollevarli e dunque le risposte – ammesso che ne esistano – tardano ad arrivare. Su questi interrogativi si innestano poi fondate preoccupazioni per come possa svilupparsi una forte rete civile cui piace la legalità partecipata e consapevole, di qualità ben superiore a quella imposta da caterve di norme e manette.
È ormai acquisito che – molto semplificando – per procedere verso il mercato, il rigore nel fare impresa, il rifiuto di ogni illegalità, servono due solide gambe. La prima gamba è lo Stato che, dotato dei mezzi adeguati, colpisce le cosche e scava senza remore nella “zona grigia”; la seconda gamba è data da una società civile che preferisca il merito sull’appartenenza, rinunci ai favori elargiti da potenti, opti per un mondo economico orgoglioso della propria integrità e forte degli strumenti per difenderla.
Una parte del problema sta nelle differenze tra i due versanti. Il primo è più consolidato anche se, come ripetono i magistrati più esperti, la repressione da sola non basta, perché dove l’illegalità è un sistema con rare eccezioni, i comportamenti vincenti risultano quelli più intonati al contesto malato. La seconda gamba è meno robusta. Negli anni in cui gli uomini dello Stato già morivano numerosi e il potere politico dominante si relazionava indisturbato con i boss, affarismo e intermediazione rendevano più del mercato “vero”. Erano gli anni in cui chi si ribellava lo faceva per carattere e a proprio rischio, isolato dal suo stesso ambiente, come ricorda la vicenda di Libero Grassi. Ma è anche vero che le cose non stanno più così, lo testimoniano imprenditori, associazioni e persino prefetti, magistrati, poliziotti.