Progetto San Francesco, nella Lombardia ad alto tasso d’infiltrazione mafiosa c’è chi lotta la criminalitá

 

 Intervista al Direttore del PSF, Alessandro de Lisi – AVANTI 16.11.2012

  
 

Nata in Brianza lì dove le mafie negli ultimi dieci anni si sono “riciclate” in doppio petto e laurea alla mano, lì dove nonostante la crisi molte piccole e medie imprese contribuiscono in maniera fattiva alla crescita del Pil italiano, lì dove le infiltrazioni mafiose trovano terreno fertile per far proliferare i loro affari. Si chiama Progetto San Francesco ed è un’associazione di promozione sociale nazionale, un centro studi, un movimento culturale federale e popolare a sostegno del sindacato, della responsabilità sociale, della contrattazione e del contrasto alle mafie nel mondo del lavoro. A fare il punto con Avanti! sulle attività portate avanti dall’associazione è il suo direttore nazionale Alessandro Filippo De Lisi.

 Direttore De Lisi può raccontaci come nasce e quali sono gli obiettivi di Progetto San Francesco?

 Il percorso che ha portato al Progetto San Francesco nasce dopo l’omicidio di Libero Grassi, dall’insegnamento di Nino Caponnetto e ha come principale obiettivo quello di combattere le infiltrazioni mafiose nel mondo del lavoro, agevolando soprattutto la coesione delle istituzioni (enti locali, forze sociali e formazione). Nasce in Lombardia ma sta diventando una realtà in tutto il Paese. E’ importante che l’azione contro le mafie si sposti dal dopocena, ovvero dai dibattiti da talk show al primo mattino, ossia all’azione concreta. L’associazione, voluta dal sindacato delle costruzioni (Filca) e del credito (Fiba) con gli amici del Siulp della Polizia di Stato, mira a risolvere un problema urgente, cresciuto a dismisura con la crisi, che altro non è che un bancomat per il mondo mafioso che opera costantemente al fine rompere la coesione e l’unità dei lavoratori.

 Quali sono le vostre proposte concrete per arginare l’infiltrazione della criminalità organizzata nel mondo del lavoro?

 Il reperimento dei fondi è ovviamente determinante, per questo chiediamo con forza che il 35% dei capitali confiscati alle mafie venga annualmente ridistribuito in fondi territoriali per il lavoro e verso le aziende in difficoltà. E’ necessario redigere un disciplinare che impedisca l’ingresso, nelle aziende e negli organi amministrativi, a falsi benefattori ed a imprenditori armati dalla ndrangheta. E’ pertanto utile stabilire parametri di rapporto costo/prezzo, ad esempio nelle aree edificabili e commerciali e decretare la responsabilità sociale per tutti coloro che vogliono investire in opere di pubblico interesse, introducendo nel Testo sulla corruzione il tema di quella tra privati. Progetto San Francesco chiede alle banche di rivedere le loro politiche e di rinunciare ai mutui sui beni confiscati e di intensificare i perlopiù assenti controlli, che espongono all’azione della ndrangheta le banche minori, come quelle di credito cooperativo. La riassegnazione dei beni confiscati è fondamentale perché ad oggi questi pesano sulle casse degli Enti locali. E’ necessario in Lombardia, come nel resto d’Italia ricostituire i principi morali: è doveroso che notai ed avvocati si costituiscano parte civile nei processi di ndrangheta e che si scriva una carta di principi, un “codice etico” accettato ed approvato dal Prefetto. Concludo sottolineando l’importanza del fatto che il reato di associazione mafiosa venga applicato su scala europea, evitando di farne un fenomeno tutto italiano.

 Ha parlato di Europa, cosa ne pensa della richiesta del PES di tassare le transazioni finanziarie?

 Molti dei paesi che noi definiamo “paradisi fiscali” sono membri degli accordi di Schengen. La proposta del Partito socialista europeo è sicuramente valida, ma a mio avviso necessita di un’integrazione, ovvero oltre al pagamento delle transazioni finanziarie, è fondamentale al contempo punire i reati di “mafia”.

 Che forma ha oggi la criminalità organizzata nel Nord Italia?

 Come prima cosa vanno sottolineati i tre ambiti di interesse in cui operano gli ndranghetisti, ossia la corruzione, la criminalità organizzata e l’erosione fiscale. Se in un passato, anche recente, il problema della ndrangheta era quello di riciclare, oggi il problema è diventato giustificare! La ndrangheta in Lombardia sta comprando i debiti delle ditte e delle famiglie più povere con attività come i “compro oro”: prima si parlava di sequestro di persona, oggi di sequestro di capitale. Giovanni Falcone riteneva che il “terzo livello” della mafia stesse sopra la “cupola”, ma oggi sappiamo che è l’esatto contrario, questo livello sono i soldi e il consenso sociale e questi non stanno sopra, ma sono le fondamenta, la base.

 L’Avanti! ha già trattato dei fatti avvenuti nel comune di Fino Mornasco. A riguardo possiamo parlare di atti ndranghetisti o ritiene che possa trattarsi di “altro”?

 Che si tratti di racket, estorsione o di altri atti criminosi sicuramente parliamo di ndrangheta o di albori della ndrangheta, che si basa innanzitutto sulla negazione di se stessa. La ndrangheta a differenza di Cosa Nostra necessita del consenso delle masse, proprio per questo trova fertilissimo terreno nel populismo. Non nego pertanto un certo disagio nel vedersi affermare movimenti sempre più demagogici, come quello di Beppe Grillo.

Quali sono le prossime campagne di Progetto San Francesco?

Come prima cosa ribadisco la necessità di arrivare al popolo “dal basso” come i maestri dell’antifascismo ci hanno insegnato, penso ad esempio a Gramsci e Rosselli nel loro confino ad Ustica. Progetto San Francesco garantisce l’adesione gratuita a tutti i Comuni ma accetta la collaborazione anche di privati. Attualmente sono attive tre campagne nazionali: la Patente a punti per le imprese, il rating della legalità voluto da Montante e da Confindustria e “Ricicliamoli!”. Tutte le informazioni a riguardo sono disponibili sul sito ufficiale www.progettosanfrancesco.it Proponiamo inoltre un pool di segretari comunali per la costituzione di un Distretto Sociale Antimafia.

Credo che ci abbia raccontato tutto il possibile, vuole aggiungere qualcosa?

 Si, ma cambio tema, due parole su Avanti!. Ritengo che questo giornale serva all’Italia e alla sua memoria storica, mi piacerebbe che la testata diventasse la casa degli antifascisti, attraverso un processo di partecipazione popolare. Io e la mia famiglia siamo sentimentalmente molto legati al giornale, mio nonno, antifascista venne incarcerato in Sicilia perché strenuo oppositore del Regime. Personaggi come Lavitola sono un lutto per tutta l’Italia e sono a mio avviso colpevoli di strage culturale (oltre che di reati penali). Se Lavitola è arrivato dove sappiamo non l’ha fatto da solo, per questo sogno che come cittadini eredi della Costituente antifascista, tutti si costituiscano parte civile al processo.

 Rossella Pera

AVANTI – 16.11.2012

 

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