La Camera approva la Commissione antimafia

 

 

Mercoledì 12 giugno, la Camera ha approvato il testo unificato della proposta di legge C. 482 ed abbinate-A: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere. Il provvedimento passa ora all’esame del Senato. Il Servizio Studi di Montecitorio ha predisposto un dossier illustrativo per comprendere la portata del provvedimento, i poteri della commissione, la sua composizione, la “gestione” delle informazioni acquisite e del segreto di Stato, le risorse economiche a disposizione della Commissione.

La Camera ha approvato proposta di legge A.C. 482, che mantiene quella adottata nella precedente legislatura con l’allargamento dell’attivita’ d’inchiesta parlamentare alle associazioni criminali anche straniere operanti sul territorio nazionale.

Volontà ribadita nel testo, che estende il raggio di azione conoscitiva della Commissione alle mafie straniere e alla criminalità transnazionale.

Tale disposizione è riprodotta anche nella proposta di legge A.C. 887, reca la denominazione adottata nelle legislature precedenti quella scorsa, che non fa riferimento alla criminalità straniera.

Il Servizio Studi di Montecitorio ha predisposto un dossier illustrativo per comprendere la portata del provvedimento, i poteri della commissione, la sua composizione, la “gestione” delle informazioni acquisite e del segreto di Stato, le risorse economiche a disposizione della Commissione.

Compiti

I compiti della Commissione, indicati nel comma 1 dell’articolo 1, identici nelle due proposte, riproducono praticamente in modo testuale quelli della legge 132/2008 e cioè:

– verificare l’attuazione delle disposizioni di legge adottate contro la criminalità organizzata e la mafia e, in particolare, quelle riguardanti le persone che collaborano con la giustizia e le persone che prestano testimonianza e quelle relative al regime carcerario previsto per le persone imputate o condannate per delitti di mafia, e promuovere iniziative legislative e amministrative necessarie per rafforzarne l’efficacia;

– accertare la congruità della legislazione vigente, anche riguardante il riciclaggio, formulando le proposte di carattere legislativo e amministrativo ritenute necessarie per rendere più coordinata e incisiva le iniziative contro la mafia;

– accertare e valutare le tendenze e i mutamenti in atto nell’ambito della criminalità di tipo mafioso anche con riferimento a processi di internazionalizzazione e cooperazione con altre organizzazioni criminali in attività illecite rivolte contro la proprietà intellettuale e la sicurezza dello Stato, avendo particolare riguardo – in tale ultimo campo – al ruolo della criminalità nella promozione e nello sfruttamento dei flussi migratori illegali;

– indagare sul rapporto tra mafia e politica anche riguardo alla sua articolazione territoriale;

– accertare le modalità di difesa del sistema degli appalti e delle opere pubbliche dai condizionamenti di tipo mafioso;

– esaminare l’impatto negativo derivante al sistema produttivo dalle attività delle associazioni mafiose, con particolare riferimento all’alterazione della libera concorrenza, dell’accesso ai sistemi bancario e finanziario, della trasparenza della gestione delle risorse pubbliche destinate allo sviluppo imprenditoriale;

– verificare l’adeguatezza delle norme sulle misure di prevenzione patrimoniale, sulla confisca dei beni e sul loro uso sociale e produttivo, proponendo le misure idonee a renderle più efficaci;

– verificare l’adeguatezza delle strutture preposte al contrasto e alla prevenzione della criminalità e al controllo del territorio; svolgere un monitoraggio sui tentativi di condizionamento e di infiltrazione da parte della criminalità di tipo mafioso negli enti locali e proporre misure per prevenire e contrastare tali tentativi, anche alla luce di una verifica dell’efficacia delle disposizioni legislative vigenti, con particolare riferimento a quelle in materia di scioglimento dei consigli degli enti locali e di rimozione degli amministratori di tali enti;

– riferire alle Camere al termine dei suoi lavori, nonché ogni volta che lo ritenga opportuno e comunque annualmente.

Come sopra accennato, va rilevato che, rispetto alla legge 132/2008, non compare tra i compiti della Commissione quello di indagare sui delitti e stragi di carattere politico mafioso.

Poteri

Con riferimento ai poteri della Commissione, le proposte di legge introducono una limitazione rispetto a quelli astrattamente riconosciuti alle Commissioni di inchiesta dall’articolo 82 Cost., in base al quale esse procedono alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria.

Analogamente a quanto previsto dalla L. 132/2008 e dalla L. 277/2006, e diversamente da quanto previsto dalle leggi istitutive delle Commissioni “antimafia” approvate nelle precedenti legislature, l’articolo 1, co. 2, secondo periodo, precisa che la Commissione non può adottare provvedimenti con riguardo alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e delle altre forme di comunicazione, né limitazioni della libertà personale, ad eccezione dell’accompagnamento coattivo dei testimoni di cui all’articolo 133 del codice di procedura penale.

La norma richiamata prevede che il giudice possa ordinare l’accompagnamento coattivo del testimone, del perito, della persona sottoposta all’esame del perito diversa dall’imputato, del consulente tecnico, dell’interprete o del custode di cose sequestrate, regolarmente citati o convocati, se omettono senza un legittimo impedimento di comparire nel luogo, giorno e ora stabiliti.

Il giudice può, inoltre, condannarli, con ordinanza, a pagamento di una somma da euro 51 a euro 516 a favore della cassa delle ammende nonché alle spese alle quali la mancata comparizione ha dato causa.

La limitazione dei poteri della Commissione di inchiesta, introdotta la prima volta con la L. 277/2006 (e confermata dalla L. 132/2008), ha origine da una proposta avanzata dai relatori (Sesa Amici e D’Alia) nel corso dell’esame in sede referente alla Camera del progetto di legge di istituzione della Commissione “antimafia” nella XV legislatura ( A.C. 40 ed abb.).

In quella sede i due relatori hanno sottolineato la necessità di predisporre adeguate cautele in ordine alla possibilità per la Commissione di disporre provvedimenti limitativi dei diritti costituzionalmente garantiti, in particolare le intercettazioni, al fine di tutelare i soggetti interessati, in quanto all’interno della Commissione non è attivabile quella garanzia che invece può ravvisarsi all’interno dell’autorità giudiziaria quando assume analoghi provvedimenti, che sono disposti dal giudice su richiesta del pubblico ministero (13 giugno 2006).

Detta innovazione è stata oggetto di numerose modifiche e affinamenti nel corso dell’esame parlamentare del provvedimento.

Inizialmente, infatti, il progetto di legge approvato in prima lettura dalla Camera recava – all’articolo 4 – una procedura aggravata per l’adozione, da parte della Commissione d’inchiesta, di provvedimenti limitativi delle libertà costituzionalmente garantite. In particolare, si richiedeva che l’adozione, da parte della Commissione, delle “deliberazioni aventi a oggetto i provvedimenti incidenti sui diritti di libertà costituzionalmente garantiti” avvenisse “a maggioranza dei due terzi dei componenti, con atto motivato e nei soli casi e modi previsti dalla legge”.

Il Senato, esaminando il progetto di legge approvato dalla Camera in prima lettura, aveva introdotto all’articolo 1, comma 2, il divieto per l’istituenda Commissione “antimafia” di “adottare provvedimenti attinenti la libertà personale e la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione”.

Il Senato aveva contestualmente soppresso il successivo articolo 4.

Il testo deliberato dalla Camera in seconda lettura riformulava il comma 2 dell’articolo 1 prevedendo che “la Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà personale, fatto salvo l’accompagnamento coattivo di cui all’articolo 133 del codice di procedura penale, o aventi ad oggetto intercettazioni delle comunicazioni”.

Il testo approvato definitivamente è il frutto di una ulteriore modifica introdotta dal Senato, che, individua il divieto con una formula più ampia di quella delle “intercettazioni delle comunicazioni”, che riprende quella usata dall’art. 15 della Costituzione (per cui, ad es. il divieto potrebbe estendersi al sequestro di documenti classificabili come corrispondenza).

Il comma 3, come già accennato, prevede che i compiti sopra individuati sono estesi anche alle altre associazioni criminali, comunque denominate, alle mafie straniere, alle organizzazioni di natura transnazionale ai sensi dell’art. 3 della L. 146/2006 e a tutte le organizzazioni criminali di tipo mafioso ai sensi dell’art. 416-bis (Associazione di tipo mafioso) codice penale. La L. 146/2006, di Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale – adottati dall’Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001 – intende promuovere la cooperazione tra gli Stati per prevenire e combattere in maniera efficace il crimine organizzato transnazionale.

In particolare, l’art. 3 definisce quale reato transnazionale il reato punito con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, qualora sia coinvolto un gruppo criminale organizzato, nonché sia commesso in più di uno Stato; ovvero sia commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o controllo avvenga in un altro Stato; ovvero sia commesso in uno Stato, ma in esso sia implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato; ovvero sia commesso in uno Stato ma abbia effetti sostanziali in un altro Stato.

Composizione

L’articolo 2, comma 1, di entrambi i testi, per quanto riguarda la composizione della Commissione, contiene poche modifiche rispetto alla legge istitutiva della Commissione antimafia approvata nella XVI legislatura: il numero dei componenti, fissato dalla legge 132/2008 in 25 deputati e 25 senatori, viene ridotto a 20 e 20, dalla pdl A.C. 482, e a 15 e 15, dalla pdl A.C. 887.

Relativamente ai criteri di nomina dei componenti, il primo periodo del comma 1 dell’art. 2 ribadisce, come nella citata legge132/2008, che essi vengono scelti dai Presidenti delle Camere, a differenza nella legge 277/2006 che stabiliva che fossero nominati.

La scelta viene effettuata, tenendo conto, in proporzione, del numero dei componenti i gruppi parlamentari e comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento. Tuttavia, il secondo periodo dello stesso comma 1, nel prescrivere criteri per l’individuazione dei componenti della Commissione, si riferisce alla nomina dei componenti stessi.

Analogo riferimento è presente nel comma 3.

La modifica della formulazione del testo, operata già dalla legge 132/2008, sembra indicare la volontà di assegnare un ruolo maggiormente incisivo ai Presidenti delle Camere in relazione ai criteri di nomina successivamente indicati, ovvero:

– specificità dei compiti assegnati alla Commissione; tale precisazione era contenuta anche nella L. 277/2006 e nel corso dell’esame parlamentare aveva provocato un ampio e vivace confronto.

La disposizione origina da una proposta contenuta nella pdl A.C. 688 (on. Angela Napoli), che intendeva impedire la nomina a componenti della Commissione dei parlamentari nei confronti dei quali fosse aperto un procedimento giudiziario per reati di stampo malavitoso o contro la pubblica amministrazione.

Tuttavia, durante l’esame in sede referente presso la I Commissione della Camera, erano state evidenziate forti perplessità sia sotto il profilo del merito che relativamente alla compatibilità costituzionale della proposta.

Alla luce di tali considerazioni, e nonostante l’ampia condivisione dell’obiettivo perseguito, era stato pertanto ritenuto opportuno, nel prosieguo dell’esame in sede referente, prevedere che la nomina dei componenti della Commissione da parte dei Presidenti delle Camere dovesse tenere conto solo della specificità dei compiti assegnati alla Commissione d’inchiesta medesima.

Ciononostante, la Commissione Giustizia della Camera, nel parere sul testo unificato elaborato in sede referente, rilevava come tale previsione configurasse ancora “una sorta di status di componente della Commissione d’inchiesta, che non trova alcun fondamento nella Costituzione, considerato che ogni parlamentare in quanto tale, è legittimato ad esserne componente”, e manifestava altresì, la propria perplessità sulla previsione per legge ordinaria di parametri a cui i Presidenti delle Camere dovessero attenersi nella nomina di componenti di organi costituzionali quali le Commissioni d’inchiesta.

Come evidenziato dai relatori, la I Commissione, tenuto conto della rilevanza della questione, non aderiva alla richiesta soppressiva contenuta in tale parere, preferendo rinviare un ulteriore approfondimento della materia alla fase di discussione dell’Assemblea, ove, le proposte emendative sul punto, sia in senso soppressivo che in senso di maggiore e più puntuale definizione, sono state respinte.

Il Senato, esaminando il progetto di legge approvato dalla Camera in prima lettura, ha in seguito accolto la formulazione proposta nel testo unificato circa i criteri di nomina dei componenti.

– rispetto delle indicazioni contenute nella proposta di autoregolamentazione avanzata, con la relazione approvata nella seduta del 18 febbraio 2010, dalla Commissione antimafia nella XVI legislatura (doc. XXIII, n. 1), relativa ai criteri cui attenersi per la designazione dei candidati alle elezioni regionali amministrative.

Si tratta di un documento analogo a quello adottato nella XV legislatura (3 aprile 2007) relativo ai criteri cui attenersi per la designazione dei candidati alle elezioni regionali e amministrative, rivolto alle formazioni politiche e alle liste civiche, che vi aderiscono volontariamente e che, al momento dell’adesione, si impegnano a non presentare o appoggiare candidati nei cui confronti, sia stato emesso decreto che dispone il giudizio, ovvero sia stata emessa misura cautelare personale non revocata ne¿ annullata, ovvero che si trovino in stato di latitanza o di esecuzione di pene detentive, ovvero che siano stati condannati con sentenza anche non definitiva, per una serie di delitti.

Vi è inoltre l’impegno contestuale a rendere pubbliche le motivazioni della scelta di non rispettare le indicazioni da questo stesso contenute.

Le proposte di legge in esame introducono una nuova disposizione in materia, non presente nelle leggi precedenti di istituzione delle Commissioni “Antimafia” che disciplina il caso in cui una delle condizioni sopra indicate sopravvenga dopo la costituzione della Commissione: in tal caso l’interessato deve informarne immediatamente il Presidente della Camere di appartenenza.

E’ previsto il rinnovo biennale della composizione della Commissione, i cui membri possono essere confermati.

Le modalità di costituzione e di formazione dell’Ufficio di presidenza, composto dal presidente, due vicepresidenti e due segretari sono le stesse previste nella passata legislatura con una sola differenza: per l’elezione del Presidente della Commissione, si prevede la non computabilità delle schede bianche con il conseguente effetto di abbattimento, in pari misura del quorum.

Il Presidente è eletto da parte della Commissione a scrutinio segreto ed è eletto il candidato che ottiene il voto della maggioranza assoluta dei componenti la Commissione; qualora nessun candidato raggiunga tale risultato, si procede al ballottaggio tra i due candidati più votati; nel caso di parità di voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il candidato più anziano di età.

E’ previsto inoltre il voto limitato per l’elezione dei due vicepresidenti e dei due segretari: ciascun componente della Commissione esprime un solo voto, e vengono eletti i due candidati che riportano il maggior numero di voti.

Nel caso in cui si verifichi la parità dei voti, si applicano le disposizioni previste per l’elezione del presidente. L’articolo 3 dà la facoltà alla Commissione di organizzare i propri lavori con la costituzione di uno o più comitati.

Audizioni, segreto di Stato e regolamento interno

L’articolo 4 disciplina le audizioni a testimonianza in maniera analoga con quanto stabilito nella XVI legislatura, mantenendo comunque ferme le competenze dell’autorità giudiziaria.

Si prevede, in particolare l’applicazione degli artt. 366 (Rifiuto di uffici legalmente dovuti) e 372 (Falsa testimonianza) del codice penale, nonché l’applicazione dell’art. 203 (Informatori della polizia giudiziaria e dei servizi di sicurezza) del codice di procedura penale.

L’art 366 c.p. punisce con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da euro 30 a euro 516 al perito, interprete, o custode di cose sottoposte a sequestro che ottiene con mezzi fraudolenti l’esenzione dall’obbligo di comparire o di prestare il suo ufficio e, in generale ai testimoni e ad ogni altra persona chiamata ad esercitare una funzione giudiziaria.

L’art. 372 c.p. punisce la falsa testimonianza con la reclusione da due a sei anni.

L’art 203 c.p.p. prevede che il giudice non può obbligare gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria nonché il personale dipendente dai servizi di informazione a rivelare i nomi dei loro informatori. Se questi non sono esaminati come testimoni, le informazioni da essi fornite non possono essere acquisite né utilizzate.

Resta ferma la vigente disciplina in tema di segreto professionale e bancario ed è sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell’ambito del mandato.

L’articolo 5, per quanto riguarda la richiesta di atti e documenti, riproduce testualmente quanto previsto dalla legge 132/2008, con la significativa introduzione della non opponibilità del segreto di Stato alla richiesta di atti in possesso dei servizi di informazione attinenti alle materie d’indagine della Commissione. Si ricorda che la disciplina del segreto di stato è contenuta principalmente negli articoli da 39 a 42 della legge di riforma dei servizi di informazione (legge 124 del 2007).

Nella definizione pratica delle modalità di ricorso del segreto di Stato si suole distinguere tra l’apposizione e l’opposizione del segreto di Stato.

L’apposizione del segreto consiste nell’atto di individuazione in concreto dei documenti, dei fatti, delle notizie od altro che, se conosciuti, possono compromettere la sicurezza dello Stato e quindi devono rimanere segreti.

La responsabilità e la competenza per l’apposizione del segreto di Stato spetta al Presidente del Consiglio, il quale, con proprio regolamento, stabilisce i criteri per l’individuazione degli atti suscettibili di essere oggetto di segreto di Stato.

L’atto di opposizione è il provvedimento, spettante in ultima istanza al Presidente del Consiglio, che attesta nei confronti dell’autorità giudiziaria l’apposizione del segreto di Stato su un documento. Nel caso di opposizione del segreto di Stato, l’autorità giudiziaria ne informa il Presidente del Consiglio, ai fini dell’eventuale conferma.

La conferma da parte del Presidente del Consiglio, impedisce al giudice di acquisire ed utilizzare gli elementi di conoscenza e di prova coperti dal segreto, ma non preclude all’autorità giudiziaria di procedere in base a elementi autonomi e indipendenti dagli atti, documenti e cose coperte dal segreto.

Il Presidente del Consiglio deve comunicare ogni caso di conferma del segreto di Stato al Copasir, che, se ritiene infondato il ricorso al segreto, ne riferisce a ciascuna delle Camere.

L’autorità giudiziaria di fronte al provvedimento di conferma dell’opposizione del segreto di Stato può sollevare conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato dinnanzi la Corte costituzionale.

L’eventuale risoluzione del conflitto in favore dell’autorità giudiziaria preclude l’opposizione del segreto nel corso del procedimento per il medesimo oggetto.

Viceversa, qualora il conflitto sia risolto nel senso della sussistenza del segreto di Stato, l’autorità giudiziaria non può né acquisire né utilizzare, direttamente o indirettamente, atti o documenti sui quali è stato opposto il segreto di Stato.

La legge 133/2012 ha introdotto alcune modifiche significative alla disciplina dei servizi di informazione per la sicurezza, principalmente indirizzate al rafforzamento dei poteri di controllo del Copasir; tra queste si ricorda l’introduzione dell’obbligo di fornire al Copasir, in caso di conferma dell’opposizione del segreto di Stato, non solo le ragioni essenziali ma anche l’intero quadro informativo in possesso del Governo.

La non opponibilità del segreto di Stato non è prevista nella legge istitutiva della scorsa legislatura, tuttavia in passato si rintracciano alcuni precedenti in materia: la quinta Commissione antimafia istituita nella XII legislatura dalla L. 430/1994, riproduce integralmente la precedente L. 306/1992, con la sola, rilevante eccezione contenuta nell’art. 3, co. 2, secondo periodo, in forza della quale i fatti di mafia sono qualificati come eversivi dell’ordine costituzionale, al fine di escludere a tale riguardo, in forza del quadro normativo allora vigente, la possibilità di opporre il segreto di Stato.

Anche nella XV legislatura, la legge istitutiva della Commissione (L. 277/2006, art. 3, comma 2) prevedeva che in nessun caso per i fatti rientranti nei compiti della Commissione potesse essere opposto il segreto di Stato.

Tuttavia, occorre rilevare che le due leggi istitutive sopra citate sono state adottate in vigenza della legge 801/1977, che escludeva dal segreto di Stato solamente i fatti eversivi dell’ordine costituzionale (art. 12, 2° comma).

Con la riforma ad opera della citata legge 124/2007, art. 39, comma 11, è espressamente escluso che possano essere oggetto di segreto di Stato anche i fatti di terrorismo, quelli costituenti i reati di strage previsti dagli artt. 285 e 422 c.p. e i reati di mafia di cui agli artt. 416-bis (Associazione di tipo mafioso) e 416-ter (Scambio elettorale politico-mafioso) c.p.

Alla luce del regime stabilito dall’art. 39, comma 11, della legge 124/2007 andrebbe pertanto valutata l’effettiva portata normativa del comma 4 dell’art. 5.

Viene previsto come di consueto il vincolo del segreto, sanzionato penalmente (art. 326 c.p.), per i componenti la Commissione, i funzionari e tutti i soggetti che, per ragioni d’ufficio o di servizio, ne vengono a conoscenza; analogamente è sanzionata la diffusione anche parziale di tali atti e documenti (articolo 6).

Inoltre, si demanda ad un regolamento interno l’organizzazione delle attività il funzionamento della Commissione (articolo 7, comma 1).

Autorizzazione di spesa

L’autorizzazione di spesa prevista dall’articolo 7, comma 5, è pari, in entrambe le proposte a 300.000 euro per ciascun anno.

La legge 132/2008 (promulgata in agosto) prevedeva per il primo anno una autorizzazione di spesa di 150.000 euro per il primo anno e di 300.000 per gli anni successivi.

La fissazione di un “tetto” alle spese della Commissione bicamerale è una innovazione per l’Antimafia, introdotta la prima volta con la legge 277/2006.

Anche in questo caso come per la limitazione dei poteri si tratta di una modifica originata da una proposta dei relatori in sede referente alla Camera e fondata sulla considerazione dell’eccessivo volume “delle spese affrontate dalle Commissioni d’inchiesta negli ultimi tempi, che rendono perciò necessaria l’adozione di opportune misure atte a frenarne i costi per la finanza pubblica”.

Già nel corso della XV legislatura disposizioni analoghe erano già state adottate per altre commissioni di inchiesta.

Per ulteriori approfondimenti:

– Camera dei Deputati, Atto Camera: 482 – Proposta di legge: GARAVINI ed altri: “Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere” (482)

– Servizio Studi della Camera dei Deputati, Dossier 20 maggio 2013, n. 4 – Istituzione della Commissione di inchiesta antimafia – A.C. 482 e 887