Così il credito “sgambetta” i beni sequestrati

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di Lionello Mancini

di Lionello Mancini

Il credito continua a fare lo sgambetto ai sequestri giudiziari e mette a rischio le attività economiche che lo Stato toglie dalle mani di un indagato, un imputato, un mafioso. Come? Chiudendo i rubinetti proprio quando – a rigor di logica – l’intervento giudiziario riconquista al mercato un’attività, grazie a una gestione sana, non inquinata e controllata dalla magistratura. Il problema è stato più volte denunciato dall’Agenzia per i beni sequestrati, dagli amministratori incaricati, dalle stesse Procure, ma tutto continua come prima.
Un caso emblematico di questi “sgambetti”, è in corso a Reggio Calabria, dove ai primi di giugno la Procura ha ottenuto il sequestro dei beni di un imprenditore, sospettato di riciclaggio a favore di un politico finito in galera per legami con la mafia. Tra le attività sequestrate, anche due concessionarie di moto, l’Automania (vende Ducati, Peugeot, Kawasaki) e Automania due (Yamaha), attività con una loro storia – la prima sul mercato da oltre 20 anni, la seconda da otto – e, in tutto questo tempo, il concessionario ha collaborato con finanziarie di credito al consumo, quelle società che con i loro prestiti permettono ai clienti di rateizzare gli acquisti.
Al momento del sequestro, l’amministratore giudiziario avverte queste società – alcune con finanziamenti in corso, altre convenzionate con la rivendita – del “cambio” di gestione e quindi del suo subentro. Anziché apprezzare l’intervento di pulizia, le finanziarie reagiscono chiudendo i rubinetti. Quelle con operazioni in corso, la Neos (Intesa San Paolo) e la Compass (Mediobanca), non accettano il nuovo interlocutore; tra le altre, Findomestic (Bnp Paribas) fa sapere che la convenzione è sospesa mentre Agos Ducato (Crédit Agricole) e Ducati Financial Bank non hanno ancora risposto. Nessuna motivazione, se non “l’insindacabile giudizio” delle società e – senza tanti giri di parole – “l’indisponibilità a stipulare la convenzione con l’Amministrazione giudiziaria”. I costruttori di motociclette, da anni in rapporti con le due Automanie, hanno ribadito ai partner creditizi che nulla è cambiato, invitandoli a dare fiducia all’amministratore giudiziario. Senza risultati, almeno finora.
Ma se le finanziare e i loro circuiti di appartenenza non cambiano musica, i clienti – come sta già accadendo – dopo aver scelto una moto, vanno a concludere altrove l’affare non appena vengono a sapere dell’impossibilità di rateizzare. In tempi brevissimi, perciò, l’attività aziendale (che in questo mese si è retta di fatto solo sulla vendita dei ricambi) risulterà compromessa fino all’asfissia.
Dal caso di Reggio giunge così l’ennesima dimostrazione che non siamo un Paese normale. E qui non c’entrano la Calabria o le moto, qui c’entra un’idea di economia rovesciata per cui gli affari potrebbero continuare con un soggetto quanto meno sospetto, ma non con chi viene delegato a ripristinare la legalità. Un rovesciamento già sperimentato con i beni sotto ipoteca, mutuo, fido o prestito: il sequestro giudiziario porta alla rescissione dei contratti o alla richiesta perentoria di rientro da parte delle banche. Ne consegue la perdita di quei beni e il consolidarsi di un’ottica distorta secondo la quale i criminali danno posti di lavoro, mentre lo Stato li sopprime.

Sole 24 ore 15.7.2013

 

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