Il racconto di Franco Lannino, il primo fotoreporter arrivato sul posto

L’esplosione io l’ho vista: mi trovavo nelle alture sopra Palermo esattamente all’altezza di Baida, il quartiere che si trova in collina nella Conca d’Oro. Me lo fece notare mio figlio. Era una giornata molto calda tanto che stavo andando con la mia famiglia, mia moglie e allora il mio unico figlio, a San Martino a prendere un gelato. Vicino Baida, come dicevo, mio figlio mi fece notare una colonna di fumo che si alzava dalla parti del Cantiere navale, per intenderci per grandi linee. Ho capito che stava succedendo qualcosa di grave, perché la colonna era molto alta tanto da farmi pensare che c’era stato quantomeno un incendio o una esplosione. Essendo noi fotoreporter attivi 24 ore su 24, ho fatto inversione con la macchina e sono andato verso il luogo. Quando sono arrivato nelle vicinanze mi sono reso conto che si trattava di qualcosa di grave, tant’è che da un certo punto iniziavano le cinturazioni dei poliziotti e dei vigili urbani che mi hanno fermato in macchina e mi hanno detto cos’era successo, un’esplosione. A quel punto ho lasciato lì la macchina con la mia famiglia e a piedi mi sono diretto sul luogo. Una scena da guerra. È esattamente la prima cosa che mi venne in mente. Io sono stato il primo ad arrivare sul posto. C’era una devastazione totale: macchine ancora in fiamme, il fuoco altissimo. Sono arrivati i vigili del fuoco, i carabinieri, la guardia di finanza. La scena era proprio terrificante ed era quella di una guerra. Noi fotoreporter abbiamo fatto il callo davanti a certi fatti, agli omicidi, ma queste stragi ci hanno segnato più degli altri omicidi anche perché la maggior parte di quelli nelle guerre di mafia coinvolgevano mafiosi o quantomeno delinquenti. Dal giudice Chinnici in poi le cose sono cambiate e rimane l’amaro in bocca, ti rendi conto che il livello è troppo alto, il tiro si è alzato e ci doveva essere una risposta forte da parte dello Stato.