COMO ricorda CAPACI 2019

 

 

Il 23 Maggio, come ogni anno, a  cura del CENTRO STUDI SOCIALI CONTRO LE MAFIE – PROGETTO SAN FRANCESCO, state commemorate le vittime della strage di Capaci. L’appuntamento si è tenuto  all’ALBERO FALCONE ai Giardini pubblici a Lago –  Lungo Lario Trento di Como.

 

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Oltre a 5 classi di studenti del Caio Plinio, Siulp, Associazione Nazionale Polizia di Stato e Confindustria, sono state numerose le autorità  presenti alla cerimonia in rappresentanza di Governo, Prefettura, Questura, Provincia, Comune di Como, Comitato dei Sindaci 5, Carabinieri, Polizia peniteziaria, Commissione Sicurezza del Comune di Como,  In rappresentanza della CISL dei LAGHI, Francesco Diomaiuta, responsabile territoriale (in foto insieme a Claudio Ramaccini e Benedetto Madonia del Progetto San Francesco),  Luisa Romano e Renzo Zavattari per la FNP. In contemporanea, CISL nazionale a Palermo alle diverse  manifestazioni commemorative.

 

 

 

     Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: due vite intrecciate dallo stesso destino 
     

Giovanni Falcone

Paolo Borsellino

     

 

  Gli Angeli custodi di Falcone e Borsellino

Il 23 maggio 1992 la mafia, oltre a Giovanni Falcone, uccide la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo.

 

 

 57 giorni dopo Capaci un’altra strage: sono passati 27 anni dalla strage di via d’Amelio a Palermo nella quale persero la vita Paolo Borsellino e cinque dei sei componenti della sua scorta: Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Claudio Traina e Vincenzo Fabio Li Muli. Lo sapeva Paolo Borsellino, lo aveva già previsto, ma sapeva anche di non poterlo evitare. A riportarci i pensieri del giudice fu la moglie Agnese: “Mi ucciderà la mafia ma saranno altri a farmi uccidere. La mafia mi ucciderà quando altri lo consentiranno”. Agnese Borsellino non si è mai tirata indietro quando le hanno chiesto di parlare degli uomini della scorta di suo marito: “Erano persone che facevano parte della nostra famiglia. Condividevamo le loro ansie e i loro progetti. Era un rapporto, oltre che di umanità e di amicizia, di rispetto per il loro servizio. Mio marito mi disse ‘quando decideranno di uccidermi i primi a morire saranno loro’, per evitare che ciò accadesse, spesso usciva da solo a comprare il giornale e le sigarette quasi a mandare un messaggio ai suoi carnefici perché lo uccidessero quando lui era solo e non in compagnia dei suoi angeli custodi”.

 

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A cura  di Claudio Ramaccini Direttore Centro Studi Sociali contro le mafie – Progetto San Francesc