SALVATORE MADONIA, detto Salvino

 

 

 

Chi è Salvatore Madonia, il boss che vuole riorganizzare Cosa Nostra

Il killer dell’imprenditore Libero Grassi continua a gestire gli affari delle cosche palermitane. È detenuto al 41 bis dal 10 luglio 1992

Sono 25 gli arresti dei carabinieri di Palermo dopo un blitz che ha colpito le cosche mafiose di San Lorenzo, Partanna, Mondello, Tommaso Natale e Pallavicino/Zen (appartenenti al mandamento di San Lorenzo) e della cosca di Resuttana.

In manette anche Mariangela Di Trapani, moglie dello storico boss Salvino Madonia, che aiutava il marito a riorganizzare Cosa Nostra per il dopo Riina. Le indagini della procura distrettuale antimafia lanciano l’allarme: a Palermo si paga ancora il pizzo tra intimidazioni e minacce.

Figlio di Francesco Madonia

Salvatore Madonia, conosciuto come “Salvino” o “Salvuccio”, è nato a Palermo il 16 agosto del 1956. È figlio dello storico boss di Cosa NostraFrancesco Madonia, condannato all’ergastolo nel processo “Borsellino ter”. Quando il padre finì in carcere, nell’87, Salvatore cominciò a rappresentarlo nella commissione provinciale di Cosa Nostra.

Salvatore Madonia si trova in carcere dal 1991, condannato al 41 bis dal 10 luglio del 1992.

L’assassinio di Libero Grassi

Il 29 agosto 1991 fu lui ad uccidere Libero Grassi, l’imprenditore tessile di Palermo che non voleva pagare il pizzo e aveva denunciato la mafia con una lettera aperta sul Giornale di Sicilia e in tv da Michele Santoro. Il pentito Marco Favaloro raccontò che Salvino sparò alle spalle di Grassi, per l’omicidio fu condannata in via definitiva l’intera Cupola.

Matrimonio in cella

Il 23 maggio del 1992, lo stesso giorno dell’attentato a Falcone, si sposò nel carcere dell’Ucciardone con Mariangela Di Trapani, figlia di don Ciccio Di Trapani che controllava proprio la zona di Capaci. Alcuni ipotizzano che l’uccisione del magistrato fosse stata un vero e proprio omaggio nunziale, il giorno della strage il Giornale di Sicilia ricevette infatti una telefonata anonima: “è un regalo di nozze per Salvino”.

Il ruolo nella strage di via D’Amelio

Nel 2012 è stato anche imputato e poi condannato all’ergastolo come mandante della strage di via D’Amelio dove morì il magistrato Paolo Borsellino, con l’aggravante della finalità terroristica per aver ricattato lo Stato. Le dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza gli sono costate anche l’imputazione per la strage di Capaci, per cui è stato colpito da ordinanza di custodia cautelare il 16 aprile 2013.

Le condanne

Salvatore Madonia è stato condannato a più ergastoli per associazione mafiosa, omicidio, traffico di armi, spaccio di droga ed estorsione. Segregato al 41bis dal 1992 negli ultimi mesi ha denunciato le inaccettabili condizioni di vita nel carcere di Viterbo contestando di non avere biancheria pulita, luce a sufficienza e privacy. Contestazioni che sono state tutte respinte o dichiarate inammissibili.


Palermo 16 agosto 1956. Mafioso. Detto “Salvino”. Terzo di quattro figli del fu Francesco Madonia (vedi scheda di Giuseppe Madonia). Detenuto dal 91, dal 10 luglio 92 al 41 bis. Condannato in via definitiva a più ergastoli per associazione mafiosa (nel 97), omicidi, armi, droga, estorsione. Sposato con Mariangela Di Trapani, un figlio. Quando il padre finì in carcere, nell’87, a rappresentarlo nella commissione provinciale di Cosa Nostra cominciò ad andarci lui.

• Una delle sue vittime, Matteo Corona, fu giustiziata da Salvino per avere osato schiaffeggiarlo durante una partita di calcio nel cortile del carcere (durante una detenzione precedente a quella ininterrotta dal 91 ad oggi). Salvino aveva in testa di affogarlo, invece si dovette accontentare di sparargli il 29 aprile dell’89. Oltre al movente della vendetta per lo schiaffo i giudici della Cassazione scrissero che ce n’era un altro, essendo il Corona legato a Vincenzo Puccio, esponente di vertice del mandamento mafioso di Ciaculli, avversario dei corleonesi e dei Madonia, ucciso l’11 maggio 1989 (Cass. 20 aprile 2005).

Nell’elenco delle sue vittime vanta anche due innocenti. Il primo, in ordine di tempo, Andrea Savoca, di anni quattro, figlio di Giuseppe, che era stato condannato (insieme al fratello Salvatore), in una riunione plenaria della commissione provinciale, perché entrambi andavano rapinando tir appartenenti a ditte che pagavano regolarmente il pizzo, mettendo così in cattiva luce Cosa Nostra. A punire Giuseppe Savoca ci stava pensando lo Stato, infatti egli era detenuto, quando il 24 luglio 1991 uscì dal carcere per un permesso di quattro giorni. La mattina del 26 luglio Salvino si armò di pistola, e andò in moto (guidata da persona non identificata) all’inseguimento della Volkswagen Passat guidata da Giuseppe Savoca, che per compagnia si era portato dietro il figlioletto. Nel condannare Salvino i giudici della Cassazione scrissero che aveva sparato nove colpi, di cui otto raggiunsero Giuseppe Savoca, e uno, «per errore nell’esecuzione», il figlio (che a differenza del padre non morì sul colpo, bensì qualche ora dopo in ospedale, dove era stato trasportato da alcuni passanti). Lo stesso giorno i familiari si decisero ad andare a denunciare la scomparsa del fratello, Salvatore Savoca, sparito nel nulla il 24 luglio, quando si era allontanato da un residence della località Isola delle Femmine, dove era in villeggiatura con la moglie, per recarsi come al solito nel cantiere di un’impresa di Palermo (oltre che per il suo omicidio, Salvino fu condannato anche per occultamento di cadavere). Nell’accusare Salvino, il pentito Giovanni Brusca aggiunse che nella stessa riunione in cui erano stati decisi gli omicidi Savoca, all’ordine del giorno era stata messa anche la «questione relativa all’abolizione, per motivi di sicurezza, dell’uso, tra uomini d’onore, di salutarsi in pubblico con un bacio sulla guancia» (Cass. 18 novembre 2005).

L’avere ucciso, per sbaglio, un bambino di quattro anni non lo dovette mettere molto in crisi, se poco più di un mese dopo, il 29 agosto, si armò di nuovo e andò dritto ad uccidere Libero Grassi, l’imprenditore tessile che non aveva voluto saperne di pagare il pizzo, e non solo aveva denunciato i mafiosi alle autorità, ma aveva scritto una lettera aperta sul Giornale di Sicilia, ed era andato anche in televisione, a Samarcanda, a farsi intervistare da Santoro. Disse il pentito Marco Favaloro, autoaccusatosi di aver partecipato all’agguato, che Salvino, per non avere il coraggio di guardare negli occhi Libero Grassi, gli sparò alle spalle. Con lui è stata condannata in via definitiva l’intera Cupola (sentenza del 18 aprile 2008), in forza del “teorema Buscetta”, dal nome del superpentito Tommaso Buscetta (morto nel 2000), che spiegò al giudice Falcone come i delitti eccellenti compiuti all’interno di Cosa Nostra fossero necessariamente decisi dal suo vertice.

Si sposò in carcere, all’Ucciardone, il 23 maggio 92, lo stesso giorno dell’attentato al giudice Falcone, con Mariangela, di 18 anni più piccola, figlia di don Ciccio Di Trapani che controlla proprio la zona di Capaci (alcune ore dopo l’attentato qualcuno chiamò per rivendicare la strage: «Questo è il regalo di nozze per Salvino»). Ristretto al 41 bis dal 10 luglio successivo, non aveva più potuto toccare la moglie, né era mai uscito dal carcere, eppure nel 2000 la moglie Mariangela ebbe un figlio che Salvino riconobbe. Il suo avvocato spiegò che aveva provveduto a far conservare il suo seme in una banca, aggiungendo: «La gente pensa chissà che cosa di questi detenuti al 41 bis. Salvino Madonia è una persona con tantissimi interessi. Studia ed è aggiornato su tutto: dai fatti italiani a quelli di politica estera». Nel 2006 il gip di Palermo Fabio Licata autorizzò la sua richiesta di procedere a inseminazione artificiale per avere un secondo figlio, a condizione «che il detenuto non lasci il carcere e tutto si svolga in un regime di massima sicurezza» (le spese, alcune migliaia di euro, a carico del servizio sanitario nazionale). Ma stante il divieto di ricorso all’inseminazione in vitro per le coppie fertili, la procedura non fu poi autorizzata, finché la Cassazione, il 20 febbraio 2008, ha definitivamente accolto il ricorso del Madonia (che a quella data aveva quasi cinquantadue anni).

• Al carcere duro è anche il fratello Giuseppe (vedi scheda), mentre al fratello Antonio (condannato per concorso morale nell’omicidio di Libero Grassi e per le stragi del 93) il 41 bis è stato revocato il 2 luglio 2008. Unico libero, il più piccolo della famiglia, Aldo, il farmacista, assolto dopo un arresto per traffico di droga.

Per un po’ fu assistito da un avvocato pagato dallo Stato, finché non circolò la voce che Madonia girava in carcere in abiti firmati, e la Dia, fatti altri accertamenti, gli fece revocare il gratuito patrocinio (ma lui continua a chiederlo e finora la Cassazione gli ha detto di no).

«Noi sottoposti al 41 bis siamo dei vuoti a perdere, e allora non sarebbe meglio oltre a decretare la morte civile, di andare all’aldilà?» (Salvatore Madonia a Sergio D’Elia e Maurizio Turco, nel 2002).

A seguito dell’apertura dell’inchiesta bis nel 2012 da parte della Procura di Caltanissetta (vedi Gaspare Spatuzza), è imputato come mandante della strage di via D’Amelio, con l’aggravante della finalità terroristica (indurre lo Stato a trattare con la Mafia sotto l’urto di un’azione eclatante). Le dichiarazioni di Spatuzza gli sono costate anche l’imputazione per la strage di Capaci, per cui è stato colpito da ordinanza di custodia cautelare il 16 aprile 2013, in quanto reggente del mandamento di Resuttana, e dunque di appartenente alla commissione provinciale di Cosa Nostra.

Il 22 aprile 2014, in apertura del processo “Borsellino quater”, collegato in videoconferenza, si è lamentato in quanto, trasferito dall’Aquila al carcere di Viterbo, non gli è stata consegnata documentazione processuale necessaria a difendersi, né biancheria. (a cura di Paola Bellone).