Quindici anni fa la ‘ndrangheta assassinava Francesco Fortugno

 

Francesco Fortugno (Brancaleone15 settembre 1951 – Locri16 ottobre 2005) assassinato mentre svolgeva l’incarico di vicepresidente del Consiglio Regionale della CalabriaDopo la laurea in medicina nel 1975, si specializza in chirurgia generale e medicina legale, affermandosi come medico a Reggio Calabria. Muove i primi passi in politica nella Democrazia Cristiana, con cui sarà eletto consigliere comunale del suo paese nel 1986.

Nel 1992 diventa vicesegretario comunale della Democrazia Cristiana e successivamente aderisce alla corrente di Mino Martinazzoli che lo induce a schierarsi con il Partito Popolare Italiano di Gerardo Bianco e ad aderire al centrosinistra. Divenuto primario ospedaliero, fu inoltre professore a contratto presso la facoltà di Medicina dell’Università di Catanzaro. Sul piano dell’attività amministrativa maturò esperienze di consigliere comunale e vice presidente dell’assemblea dell’USL di Melito di Porto Salvo.

Dopo essere stato segretario regionale aggiunto nella CISL medici di Reggio Calabria, entrò nell’esecutivo nazionale della stessa confederazione sindacale e della Commissione per la contrattazione degli accordi nazionali di lavoro e della legge di riforma sanitaria.

Dal 1996 al 1999 fu assessore a Reggio Calabria, mentre dal 1999 al 2001 fu vicesindaco di Locri nella giunta di Giuseppe Lombardo. In questo anno subentra come consigliere regionale a Luigi Meduri, eletto al Parlamento; nel 2005, entra a far parte subito del Consiglio Regionale, con la vittoria di Agazio Loiero, eletto con la Margherita, e viene scelto come vicepresidente del Consiglio Regionale.

L’assassinio Il 16 ottobre 2005 a Locri, nel giorno delle primarie dell’Unione, è stato ucciso all’interno del seggio da un killer a volto coperto, con 5 colpi di pistola. Ai funerali ha partecipato anche Carlo Azeglio Ciampi, allora presidente della Repubblica.

Negli stessi giorni migliaia di studenti scendono in piazza a manifestare contro l’uccisione del politico e contro la ‘Ndrangheta. Nasce “Ammazzateci tutti“.

Gli subentra in Consiglio Regionale Domenico Crea, un politico che, secondo l’accusa, era al servizio delle famiglie della ‘Ndrangheta[1]. Crea viene arrestato nel 2008 su ordine della Direzione Distrettuale Antimafia nell’ambito di un’inchiesta sulla sanità[2].

L’arresto dei sicari e i processi Il 21 marzo 2006, dopo 5 mesi di indagini, sono stati arrestati i nove presunti colpevoli dell’omicidio. Si tratta di Vincenzo Cordì, 49 anni, Domenico Novella, 30, Antonio Dessì, 24 anni, Gaetano Mazzara, 42 anni, Salvatore Ritorto, 27 anni, Domenico Audino, 27 anni, Carmelo Crisalli, 26 anni, e Nicola Pitari, 27 anni, tutti di Locri. Ai primi quattro il provvedimento restrittivo è stato notificato in carcere. Per loro le accuse variano dall’associazione di tipo mafioso all’omicidio e alla rapina a mano armata. In particolare, Salvatore Ritorto è accusato di essere l’autore materiale dell’omicidio.

Il 21 giugno 2006 sono stati arrestati Alessandro e Giuseppe Marcianò, padre e figlio, rispettivamente caposala e infermiere in un ospedale di Locri. Sono accusati di essere i mandanti dell’assassinio di Francesco Fortugno.

Il 30 maggio 2007 il movimento antimafia “Ammazzateci tutti” presenta formale richiesta per costituirsi parte civile al processo. Insieme alla Regione Calabria, alla Provincia di Reggio Calabria e al comune di Locri è l’unica organizzazione a presentare tale istanza.

Il 15 ottobre 2007 si suicida il collaboratore di giustizia Bruno Piccolo, uno dei due “pentiti” che hanno permesso di arrestare i presunti mandanti dell’assassinio.

Il 2 febbraio 2009 la sentenza di primo grado nel processo per la morte di Fortugno condanna all’ergastolo gli imputati ritenuti esecutori materiali: Alessandro e Giuseppe Marcianò, Salvatore Ritorto e Domenico Audino. La moglie del politico calabreseMaria Grazia Laganà, chiede che le indagini vadano avanti, perché a suo avviso ci sarebbero fatti che devono ancora emergere. Lastessa Laganà sarà poi condannata a due anni di carcere per truffa. Il 19 maggio 2015 la Corte diAppello di Reggio Calabria assolve l’ex Deputata Laganà da tutte le accuse per cui era statacondannata in primo grado.

Al momento della lettura della sentenza nessun rappresentante delle istituzioni e del movimento antimafia “Ammazzateci tutti” era presente in aula.[3][4][5]

Il 24 marzo 2011 la Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria conferma la sentenza di primo grado, condanna all’ergastolo per Alessandro e Giuseppe Marcianò, padre e figlio, ritenuti i mandanti del delitto, Salvatore Ritorto, indicato come il killer, e Domenico Audino. Assolti invece per non aver commesso il fatto Vincenzo Cordì e Carmelo Dessì[6].

Il 3 ottobre 2012 la Corte di cassazione conferma definitivamente le condanne all’ergastolo di Giuseppe Marcianò come mandante dell’omicidio, Salvatore Ritorto il Killer del politico e Domenico Audino; Annulla con rinvio, per un nuovo processo di secondo grado, la condanna di Alessandro Marcianò padre di Giuseppe[7].

Il 17 luglio 2013 la Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria conferma la condanna all’ergastolo per Alessandro Marcianò. L’8 luglio 2014 la Cassazione rende definitivo il carcere a vita.[8] WIKIPEDIA


16 Ottobre 2020 ADNKRONOS 15° anniversarioMattarella: ”Omicidio Fortugno sfida intollerabile a istituzioni democratiche” “A quindici anni dal brutale assassinio di Francesco Fortugno desidero rinnovare i sentimenti di vicinanza e solidarietà alla sua famiglia, a quanti gli furono amici, a coloro che seppero cogliere subito in quel delitto così vile e crudele il segno turpe dell’organizzazione mafiosa, la minaccia rivolta all’intera comunità civile, la sfida intollerabile alle istituzioni democratiche”. E’ quanto scrive il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel messaggio inviato all’onorevole Maria Grazia Laganà Fortugno. “Fortugno -ricorda il Capo dello Stato- era un uomo mite, un medico conosciuto e affermato, che con passione e spirito di servizio aveva deciso di impegnarsi per lo sviluppo della propria comunità. Era stato eletto da pochi mesi Vicepresidente del Consiglio Regionale della Calabria quando venne ucciso per mano di killer della ‘ndrangheta. L’organizzazione criminale intendeva, ancora una volta, riproporre il proprio ricatto di potere, attentare alla libertà dei cittadini, intimidire la società nel tentativo di sottometterla ai suoi traffici illegali”. “La reazione della Locride e della Calabria, a partire dai suoi giovani, fu allora immediata e mise in luce una grande volontà di riscatto, di liberazione dalle mafie, di recupero della legalità contro ogni compromissione, omertà, zona grigia. Le sentenze, a conclusione dei processi, hanno confermato quella matrice criminale e l’inaccettabile intento di violenza e oppressione. Anche questo giorno di memoria -conclude Mattarella- può contribuire a dare forza alla Calabria e all’Italia onesta che vuole liberarsi dalla sopraffazione criminale ed è consapevole che solo nella legalità è possibile uno sviluppo delle comunità e dei territori, tanto più di quelli che sentono la necessità di ridurre il divario di opportunità e di risorse”

‘NDRANGHETA, ECCO PERCHE’ FU UCCISO FORTUGNO: DEPOSITATA LA SENTENZA. OMICIDIO POLITICO-MAFIOSO PER ELIMINARE UN PERSONAGGIO SCOMODO Il 16 ottobre 2005 a Locri si è consumato uno dei fatti delittuosi più gravi degli ultimi decenni. Francesco Fortugno è stato vittima di un omicidio politico-mafioso realizzato in attuazione di un programma predeterminato al fine di eliminare un personaggio scomodo. Lo scrivono i giudici della Corte d’assise di Locri nelle motivazioni della sentenza emessa nel febbraio scorso. A conclusione di un’istruttoria dibattimentale durata poco meno di due anni la Corte, presieduta da Olga Tarzia, con Angelo Ambrosio a latere, aveva riconosciuto colpevoli e aveva condannato all’ergastolo Alessandro Marcianò e il figlio Giuseppe quali mandanti, Salvatore Ritorto quale esecutore materiale e Domenico Audino quale fiancheggiatore. Erano stati, inoltre, condannati anche Vincenzo Cordì e Carmelo Dessì, rispettivamente a dodici e quattro anni di reclusione per il reato di associazione mafiosa, mentre Antonio Dessì era stato condannato a 8 anni per altri reati. Le motivazioni di quella decisione, depositate ieri mattina, sono raccolte in mille e duecento pagine all’interno delle quali i giudici hanno ricostruito le fasi e il movente di un delitto che ha sconvolto le coscienze. «Le modalità del fatto – scrivono i giudici – e la simbologia della quale era rivestito per il soggetto colpito, per il luogo prescelto, dove era in corso lo scrutinio per la scelta del candidato premier dello schieramento di centrosinistra in vista delle elezioni politiche nazionali, nel rispetto delle regole di democrazia, la tragica platealità dell’azione commessa in pieno giorno, a distanza ravvicinata dalla vittima, sono tutte esemplificative dell’attualizzazione, in quello scenario, di un chiaro metodo mafioso». La Corte ribadisce l’attendibilità dei due pentiti, Domenico Novella e Bruno Piccolo (quest’ultimo morto suicida nella località in cui si trovava in regime di protezione) sottolinea il contesto sociale in cui è maturata l’iniziativa «essendo recepita – si legge nelle motivazioni – la violenza e la grave prevaricazione nell’azione scellerata da tutti i consociati, in particolare in un contesto territoriale in cui è certa l’esistenza di associazioni mafiose». Per i giudici, l’uccisione del politico aveva rappresentato l’attuazione di un programma stabilito perché bisognava eliminare uno scomodo personaggio. Così, secondo la ricostruzione della Corte che ha recepito l’impostazione dei pubblici ministeri Mario Andrigo e Marco Colamonici, veniva considerato Fortugno «da Marcianò e dai soggetti che lo stesso supportava o unitamente ai quali destinava la sua attività elettorale». I giudici illustrano anche il contesto nell’ambito del quale era maturato il delitto: in occasione delle elezioni regionali del 2005 i due mandanti del delitto, il caposala dell’ospedale di Locri Alessandro Marcianò e suo figlio Giuseppe, si impegnarono per l’elezione a consigliere regionale di Domenico Crea che però risultò il primo dei non eletti nella lista della Margherita, mentre Fortugno riuscì ad essere eletto. Crea, che aveva interessi nel mondo della sanità, subentrò al posto di Fortugno dopo l’omicidio ma è stato arrestato per associazione mafiosa e altro successivamente, nell’ambito dell’operazione “Onorata sanità”, nata da una inchiesta della Dda di Reggio Calabria. I Marcianò, secondo l’impostazione dell’accusa ribadita nelle motivazioni della sentenza, per riabilitarsi agli occhi di Crea organizzarono l’eliminazione di Fortugno rivolgendosi a elementi vicini alla cosca Cordì, potente organizzazione di ‘ndrangheta conosciuta anche per la storica faida con i Cataldo per assicurarsi il predominio mafioso a Locri. «La protratta insistenza dell’idea delittuosa – proseguono i giudici della Corte D’Assise di Locri – è dimostrata dalla predisposizione di una serie di appostamenti e controlli finalizzati alla individuazione del momento favorevole per il compimento del gesto delittuoso. Dunque, è da escludersi anche per ragioni logiche che tale gesto possa essere ricondotto a una deliberazione momentanea, ma è stata accuratamente studiata mantenendo il ruolo di regista proprio il Marcianò Alessandro, soggetto che unitamente al figlio era maggiormente interessato all’evento». Paolo Toscano – GDS

L’OMICIDIO – Il 16 ottobre 2005 a Locri, nell’androne di Palazzo Nieddu, durante le primarie dell’Ulivo veniva ucciso a colpi di pistola Francesco Fortugno, vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria.

LA SVOLTA – A dare una svolta decisiva alle indagini era stata la collaborazione di Bruno Piccolo, titolare di un bar dove si riunivano le giovani leve della cosca Cordì. Il successivo pentimento di Domenico Novella aveva permesso agli inquirenti di completare il quadro e di arrestare, dopo i presunti autori, anche i presunti mandanti.

IL PROCESSO – Si è celebrato davanti alla Corte d’assise di Locri e si è concluso, nel febbraio scorso, con quattro condanne all’ergastolo.

LE MOTIVAZIONI – Sono state depositate ieri. La Corte, nel maggio scorso, alla scadenza dei 90 giorni, aveva chiesto una proroga.


Le tappe nella ricostruzione della verità  La svolta significativa nelle indagini per scoprire i presunti mandanti ed esecutori materiali dell’omicidio di Francesco Fortugno, è avvenuta a seguito dell’operazione condotta dal commissariato di Siderno che stava indagando sull’omicidio di Salvatore Cordì, (classe ’54), avvenuto in Siderno il 31 maggio 2005. Nel corso dell’attività investigativa gli inquirenti acquisivano informazioni ritenute “interessanti” attraverso una microspia collocata all’interno dell’auto di Antonio Dessì. In particolare, venivano acquisiti elementi a carico di alcuni indagati. Nel gruppo di “nuove leve” dell’asserita cosca Cordì, Domenico Novella aveva assunto un ruolo di primo piano. Ruolo confermato da Bruno Piccolo all’indomani della sua collaborazione con lo Stato, ad un mese dall’arresto nell’operazione “Lampo”, condotta dalla polizia il 14 novembre 2005, quale risultato conclusivo delle indagini sul “Gruppo Novella”. Le dichiarazioni di Piccolo, rese dal 6 dicembre 2005 ai magistrati della Dda reggina, aprirono uno squarcio sull’omicidio Fortugno, avvenuto il 16 ottobre 2005 nell’atrio di Palazzo Nieddu, dove si stavano svolgendo le primarie dell’Ulivo. Il collaboratore, infatti forniva «utili indicazioni in merito alle armi utilizzate dal gruppo, alla detenzione delle stesse, alle modalità di comunicazione fra gli affiliati e in ultimo specificando la dinamica dell’omicidio Fortugno». Una dinamica che Piccolo affermava di aver appreso «attraverso le confidenze di Carmelo Dessì e sulla base di quanto direttamente o indirettamente ascoltato da Salvatore Ritorto, Domenico Audino e Domenico Novella». In ordine all’omicidio Fortugno, Bruno Piccolo riferiva particolari significativi, quali la descrizione dell’abbigliamento del killer e i mezzi utilizzati dal commando. Particolari che hanno trovato riscontro alle successive dichiarazioni rese un dibattimento dai testimoni oculari presenti all’esterno del seggio. Alle dichiarazioni di Piccolo seguiva il 21 marzo 2006 l’operazione “Arcobaleno”, dal nome di un bar di via Garibaldi, gestito dal collaboratore, ritrovo del “Gruppo Novella”, all’interno del quale era stata posizionata una microspia. Nell’immediatezza della notifica in carcere della misura cautelare Domenico Novella iniziava la propria collaborazione narrando le vicende che hanno portato all’omicidio Fortugno, puntualizzando che per compiere l’agguato il commando aveva utilizzato una Fiat Uno bianca, rubata poche ore prima dell’azione di fuoco. Il commando, secondo Novella, sarebbe stato composto da Salvatore Ritorto, presunto killer, e Giuseppe Marcianò che avrebbe guidato la macchina. I riscontri degli inquirenti, consentivano di accertare il furto dell’auto avvenuta ad Ardore, divenuta oggetto di indagine in un secondo tempo, visto l’equivoco sul colore della macchina dettato da una testimone che avrebbe visto una macchina scura. Novella, quindi, confermava il nome del killer e forniva informazioni sui mandanti dell’omicidio, indicandoli in Alessandro Marcianò e Giuseppe Marcianò, arrestati nel giugno 2006 nell’ambito dell’operazione “Arcobaleno2”. Le dichiarazioni di Novella sul possibile movente trovavano conferma “casuale, quanto straordinaria”, anche in altra indagine condotta dalla Dda, in seguito al tentato omicidio, nel febbraio 2004, dell’on. Saverio Zavettieri. Rocco Muscari STAMPA LIBERA  4 AGOSTO 2009


NOTE

  1. ^ «Tra le mie braccia anche il più fesso è miliardario» Corriere della Sera
  2. ^ Calabria: indagini sulla Sanità, 18 arresti C’è anche il consigliere regionale Crea Corriere della Sera
  3. ^ Processo Fortugno, Arlacchi (Idv): Nessun politico regionale presente in aula a Locri | Calabria Notizie Archiviato il 6 febbraio 2009 in Internet Archive.
  4. ^ Processo Fortugno: tutti condannati – Nuova Cosenza Quotidiano Digitale
  5. ^ Speciale Processo Fortugno: ” Il Giorno Dopo La Sentenza Tra Rabbia E Lacrime” – Calabriareport.It[collegamento interrotto]
  6. ^ Processo Fortugno. Depositate le motivazioni della sentenza d’appello | Newz.it
  7. ^ Fortugno, confermati tre ergastoli su quattro – Corriere della Calabria
  8. ^ Processo Fortugno, ergastolo definitivo anche per Alessandro Marcianò

a cura di Claudio Ramaccini  Direttore Centro Studi Sociali contro la mafia – Progetto San Francesco