La famiglia Borsellino diffida ex pentito, “fiducia in Paci”

La famiglia di Paolo Borsellino si scaglia contro l’ex pentito Vincenzo Calcara, autore di tre missive contro il pm Gabriele Paci, impegnato nella requisitoria al processo sul boss Matteo Messina Denaro. “Diffidiamo il signor Calcara dall’utilizzare strumentalmente qualunque riferimento alla vedova e ai figli del giudice Borsellino a sostegno di qualunque sua iniziativa e ribadiamo – dice l’avvocato Fabio Trizzino, legale dei familiari del giudice – la totale fiducia nei confronti della Procura di Caltanissetta e in particolare del dottor Gabriele Paci di cui in questi anni ha avuto modo di constatare una totale abnegazione e correttezza nella difficile ricostruzione e ricerca della verità sulla Strage che ha condotto alla morte del nostro congiunto, dottor Paolo Borsellino”. Nel carteggio, tra l’altro, l’ex pentito ricorda di aver iniziato la sua collaborazione con il magistrato Paolo Borsellino, affermando di essersi rifiutato di eseguire un attentato contro il giudice, ordinato da don Ciccio Messina Denaro, padre di Matteo. Paci aveva definito Calcara “uno di quelli che inquinavano i pozzi”. AGI 16.9.2020


Nel corso dell’udienza di oggi, mercoledì 16 settembre 2020, tenutasi a Caltanissetta per il processo a Matteo Messina Denaro, accusato per le stragi del ’92, l’avvocato Fabio Trizzino, difensore dei familiari di Borsellino, nel corso del suo intervento ha stigmatizzato la figura dell’ex pentito in merito alla lettera dallo stesso inviata alla Corte d’Assise di Caltanissetta, facendo mettere a verbale che lui personalmente e le persone che rappresenta prendono le distanze da qualunque riferimento che il Calcara fa a membri della famiglia Borsellino, cogliendo l’occasione per diffidarlo dal continuare su questa strada perché la famiglia Borsellino in questi anni ha potuto soltanto constatare personalmente la serietà e lo sforzo immane di pubblici ministeri e procuratori che si sono avvicendati in questi anni, ribadendo la totale fiducia in particolare proprio al Dottore Paci e nell’operato della Procura della Repubblica di Caltanissetta, precisando che solo grazie a loro si è arrivati a  questo punto di conoscenza della verità.  L’avvocato Trizzino – il quale ha parlato a nome dei famigliari del giudice Paolo Borsellino, Lucia, Fiammetta e Manfredi, ma anche della defunta  Signora Agnese – ha evidenziato  come la Procura di Caltanissetta stia faticosamente cercando dimettere insieme i pezzi di una verità che è stata fondamentalmente allontanata dall’operato dell’altra Procura della Repubblica. Questi attacchi strumentali alla Procura di Caltanissetta e soprattutto al dottor Gabriele Paci – ha affermato in udienza l’avvocato dei Borsellino – sembrano veramente un modo ulteriore per sovvertire ancora una volta la realtà di questa tragedia immane, una lunga tragedia che non si è ancora conclusa dopo 28 anni perché qualcuno non ha fatto il proprio dovere.Da LA VALLE DEI TEMPLI 16.9.2020


Famiglia Borsellino diffida ex pentito Vincenzo Calcara, “fiducia in Paci”. “La famiglia di Paolo Borsellino si scaglia contro l’ex pentito Vincenzo Calcara, autore di tre missive contro il pm Gabriele Paci, impegnato nella requisitoria al processo sul boss Matteo Messina Denaro. “Diffidiamo il signor Calcara dall’utilizzare strumentalmente qualunque riferimento alla vedova e ai figli del giudice Borsellino a sostegno di qualunque sua iniziativa e ribadiamo – dice l’avvocato Fabio Trizzino, legale dei familiari del giudice – la totale fiducia nei confronti della Procura di Caltanissetta e in particolare del dottor Gabriele Paci di cui in questi anni ha avuto modo di constatare una totale abnegazione e correttezza nella difficile ricostruzione e ricerca della verità sulla Strage che ha condotto alla morte del nostro congiunto, dottor Paolo Borsellino”. Nel carteggio, tra l’altro, l’ex pentito ricorda di aver iniziato la sua collaborazione con il magistrato Paolo Borsellino, affermando di essersi rifiutato di eseguire un attentato contro il giudice, ordinato da don Ciccio Messina Denaro, padre di Matteo. Paci aveva definito Calcara “uno di quelli che inquinavano i pozzi”. Il 9 agosto l’ex pentito Calcara aveva postato sulla sua pagina Facebook un post contro il pm Gabriele Paci, dal quale ancora una volta  – oltre alle ignobili accuse al magistrato – si evinceva il tentativo di un ennesimo depistaggio in difesa del latitante Matteo Messina Denaro. Un passaggio del post di Calcara, il quale non parlò mai di Matteo Messina Denaro, merita particolare attenzione, altro non fosse che per il fatto che dimostra come l’ex pentito fosse perfettamente consapevole del ruolo che l’attuale latitante avrebbe avuto nel compiere l’attentato al giudice Paolo Borsellino e che se il Calcara ne avesse parlato sarebbe certamente stato possibile impedire la strage, arrestare Matteo Messina Denaro (che all’epoca non era latitante) e gli stessi vertici regionali di “cosa nostra” che durante quel periodo lo incontravano a Castelvetrano per organizzare le stragi. Successivamente, appena quattro giorni addietro, con un secondo post annunciava di aver denunciato al Consiglio Superiore della Magistratura il Proc. Aggiunto Dott. Gabriele Paci, chiedendo che venisse attivato un Procedimento Disciplinare nei suoi confronti riguardo le pesanti offese che il magistrato avrebbe rivolto alla sua persona nel corso della sua requisitoria durante il processo che si sta svolgendo a Caltanissetta, che vede imputato Matteo Messina Denaro come mandante per la strage di Via D’ Amelio. Calcara ha inoltre inviato tre missive alla Corte d’Assise di Caltanissetta contro il pm Paci che ne ha preso visione e ha chiesto che venissero trasmesse al tribunale di Catania competente per i fatti che riguardano I magistrati in servizio nel distretto di Caltanissetta. La gravità delle accuse mosse da Calcara al magistrato (a differenza di tantissimi altri casi nei quali per molto meno si scatena la difesa ad oltranza, con relativa grancassa mediatica, da parte di colleghi, Csm, antimafiosi da baraccone e pennivendoli vari) non hanno suscitato la benchè minima reazione. Ma v’è di più, ed è quel di più dinanzi al quale non si può tacere. Sulla totale inattendibilità dell’ex pentito è inutile dilungarsi, se ne è scritto tantissime volte. Quello che invece suscita non poche perplessità, quanto lo stesso scrive a proposito del processo che ha visto imputato Antonio Vaccarino, ex sindaco di Castelvetrano, che ha da sempre accusato per gravissimi fatti di mafia per i quale è sempre stato assolto. Vaccarino, ad oggi imputato per una vicenda ancora tutta da verificare e che portò anche all’arresto di due carabinieri con la fantasiosa accusa (giornalistica) di essere tutti e tre le talpe di Matteo Messina Denaro, si trova attualmente detenuto nonostante l’età (74 anni) e le gravi condizioni di salute in cui versa e delle quali torneremo a occuparci. Tra i testi sentiti al processo nel quale era imputato Vaccarino, anche lo stesso pm Gabriele Paci, del quale Calcara scrive “Nientemeno, non va sottaciuto che il Dott. Gabriele Paci, soltanto il giorno prima della sua requisitoria si trovava a testimoniare presso il Tribunale di Marsala, in favore dell’ ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino, definendolo a piu’ riprese una brava persona”. Una colpa grave quella del magistrato, agli occhi di Calcara, che da sempre accusa Vaccarino di fatti rivelatisi infondati, tanto da indurre la Procura Generale di Catania a ipotizzare un depistaggio operato da Calcara in danno dell’ex sindaco. Nel corso dell’udienza di oggi, mercoledì 16 settembre 2020, tenutasi a Caltanissetta per il processo a Matteo Messina Denaro, accusato per le stragi del ’92, l’avvocato Fabio Trizzino, difensore dei familiari di Borsellino, nel corso del suo intervento ha stigmatizzato la figura dell’ex pentito in merito alla lettera dallo stesso inviata alla Corte d’Assise di Caltanissetta, facendo mettere a verbale che lui personalmente e le persone che rappresenta prendono le distanze da qualunque riferimento che il Calcara fa a membri della famiglia Borsellino, cogliendo l’occasione per diffidarlo dal continuare su questa strada perché la famiglia Borsellino in questi anni ha potuto soltanto constatare personalmente la serietà e lo sforzo immane di pubblici ministeri e procuratori che si sono avvicendati in questi anni, ribadendo la totale fiducia in particolare proprio al Dottore Paci e nell’operato della Procura della Repubblica di Caltanissetta  , precisando che solo grazie a loro si è arrivati a  questo punto di conoscenza della verità. L’avvocato Trizzino – il quale ha parlato a nome dei famigliari del giudice Paolo Borsellino, Lucia, Fiammetta e Manfredi, ma anche della defunta  Signora Agnese – ha evidenziato  come la Procura di Caltanissetta stia faticosamente cercando dimettere insieme i pezzi di una verità che è stata fondamentalmente allontanata dall’operato dell’altra Procura della Repubblica. Questi attacchi strumentali alla Procura di Caltanissetta e soprattutto al dottor Gabriele Paci – ha affermato in udienza l’avvocato dei Borsellino – sembrano veramente un modo ulteriore per sovvertire ancora una volta la realtà di questa tragedia immane, una lunga tragedia che non si è ancora conclusa dopo 28 anni perché qualcuno non ha fatto il proprio dovere. Tranciante il giudizio di totale inattendibilità espresso sul falso pentito Vincenzo Calcara, il quale anche nei suoi ultimi post afferma di collaborare con la Procura di Palermo, facendo riferimento pure alla documentazione prodotta dai pm della DDA, Dott.Padova e Dott.ssa Dessì, da lui fornita sul vissuto storico di Antonio Vaccarino, e acquisita agli atti. Orbene, nel ricordare a chi legge come da tali accuse Vaccarino venne a suo tempo assolto, oggi dovremmo chiederci – anche alla luce della totale inattendibilità del Calcara, sancita in diverse sentenze – a cosa possa tornare utile la documentazione prodotta (sempre che potesse essere acquisita anche a voler far salvo il ne bis in idem) e la collaborazione che il Calcara afferma di fornire alla Procura di Palermo. A quale titolo? A chi? Calcara, ogni qualvolta fa riferimento alla sua collaborazione, oltre che di Padova e della Dessì, fa i nomi del procuratore Francesco Lo Voi e dell’ex magistrato Natoli. Illazioni, quelle del Calcara, che certamente danneggiano l’immagine della magistratura e rispetto le quali anche i magistrati tirati in ballo forse dovrebbero intervenire per chiarire come nessuna procura dipenda da un pentito, vero o falso che sia…. Gian J. Morici. 16 Settembre 2020 | LA VALLE DEI TEMPLI

10.4.2021 FAMILIARI VITTIME DI MAFIA: L’EX PENTITO VINCENZO CALCARA DICHIARA IN UDIENZA OMICIDI PER I QUALI NON È MAI STATO INDAGATO  Enzo, spara! – E ho sparato”.
A dichiararlo è l’ex pentito Vincenzo Calcara il quale risponde in modo affermativo alla domanda posta dall’avvocato Santino Russo del foro di Agrigento, se avesse commesso ulteriori omicidi oltre quello di Francesco Tilotta, al quale aveva truffato un milione di vecchie lire, e per la cui uccisione aveva scontato una pena a 15 anni di carcere.
È stato mai indagato per questo omicidio? – ha chiesto l’avvocato Russo, il quale, basito per la risposta negativa data dall’ex collaboratore di giustizia, ha rilevato come ci si trovasse in presenza di una notitia criminis.
Le sconcertanti dichiarazioni da parte dell’ex collaboratore di giustizia, assistito dall’avvocato Antonio Consentino, sono state rese nel corso dell’udienza tenutasi presso il Tribunale di Agrigento l’11 marzo, nata a seguito di una querela per diffamazione a mezzo stampa presentata da Calcara a carico di Gian J. Morici, editore del sito lavalledeitempli.net, difeso dall’avvocato Russo, che in suo articolo aveva descritto l’ex pentito come omertoso e reticente.
Calcara, sentito come teste della Procura di Agrigento – ma citato quale teste anche dallo stesso Morici – ha reso inoltre dichiarazioni, mai rese prima dinanzi l’Autorità Giudiziaria, in merito alla presenza di Matteo Messina Denaro il giorno in cui ricevette da Francesco Messina Denaro l’incarico di tenersi pronto a uccidere il Giudice Paolo Borsellino.
Proprio l’aver taciuto sullo spessore criminale dell’attuale boss latitante, è stata una delle accuse mosse a Calcara da alcuni magistrati (Alessandra Camassa e Massimo Russo) e recentemente anche dal Procuratore Aggiunto di Caltanissetta, Gabriele Paci, che nel corso della sua requisitoria al processo che ha portato alla condanna all’ergastolo di Matteo Messina Denaro (accusato di essere tra i mandanti delle stragi in cui furono uccisi i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino) ha definito l’ex pentito come un ‘inquinatore dei pozzi’ e collaboratore di giustizia eterodiretto.
Particolare di non poco conto, il riferimento al trasporto di una cassa dalla Calabria alla Sicilia, trasporto al quale il Calcara prese parte, che secondo le sue supposizioni avrebbe potuto contenere l’esplosivo destinato all’attentato al Giudice Borsellino.
Un fatto inedito, del quale non risulta se ne abbia riferito ai magistrati affinchè si potessero sviluppare indagini che potessero consentire di risalire a chi fornì l’esplosivo per l’attentato di Via D’Amelio.
“A distanza di quasi trent’anni, sulla strage di Via D’Amelio e sui depistaggi delle indagini, si allungano ancora troppe ombre oscure – dice il presidente dell’associazione nazionale familiari vittime di mafia, Giuseppe Ciminnisi – Se dei collaboratori di giustizia – oltre al falso pentito Scarantino – hanno taciuto o mentito sulle responsabilità di chi volle le stragi; se hanno taciuto per decenni delitti commessi o la partecipazione ad altri reati, sarebbe incomprensibile che dopo averne dichiarato in un’aula giudiziaria, non si volesse procedere a verificarne le dichiarazioni rese e assumere di conseguenza le decisioni che ne derivano. Nella qualità di coordinatore nazionale dei familiari di vittime di mafia dell’associazione che mi onoro di rappresentare – prosegue Ciminnisi – ritengo sia dunque indispensabile chiedere che venga al più presto fatta chiarezza in merito alle dichiarazioni dell’ex pentito Calcara rese dinanzi i giudici di Agrigento, su fatti di reato tanto gravi, ed è per tale ragione che ho affidato ai legali di mia fiducia il voler valutare come procedere nelle sedi opportune”. 
ALQUAMAH

10.4.2021 – EX PENTITO CONFESSA OMICIDI, FARE CHIAREZZA NOTA DI GIUSEPPE CIMINNISI, COORDINATORE DELL’ASSOCIAZIONE “ Enzo, spara! – E ho sparato”.

Così ha detto “l’ex pentito Vincenzo Calcara” rispondendo “in modo affermativo alla domanda posta dall’avvocato Santino Russo del foro di Agrigento” rispetto al fatto “se avesse commesso ulteriori omicidi oltre quello di Francesco Tilotta, al quale aveva truffato un milione di vecchie lire, e per la cui uccisione ha già scontato una pena a 15 anni di carcere”. La circostanza è riportata in un comunicato dell’associazione ‘I Cittadini contro le mafie e la corruzione’ a firma del coordinatore nazionale Giuseppe Ciminnisi. “È stato mai indagato per questo omicidio? – ha chiesto l’avvocato Russo riferendosi a quest’ulteriore omicidio, che, rimanendo basito per la risposta negativa data dall’ex collaboratore di giustizia, ha rilevato come ci si trovasse in presenza di una notitia criminis”. Insomma – si continua – “le sconcertanti dichiarazioni da parte dell’ex collaboratore di giustizia Vincenzo Calcara sono state rese durante l’udienza dell’11 marzo, nel corso del processo ad Agrigento, scaturito a seguito della querela per diffamazione a mezzo stampa presentata da Calcara a carico dell’editore del sito lavalledeitempli.net, che in un articolo aveva descritto l’ex pentito come omertoso e reticente”.

E quindi “Calcara, sentito come teste della Procura – ma citato quale teste anche dallo stesso Morici – ha fatto dichiarazioni mai rese prima dinanzi l’autorità giudiziaria, in merito alla presenza di Matteo Messina Denaro il giorno in cui ricevette da Francesco Messina Denaro l’incarico di tenersi pronto a uccidere il giudice Paolo Borsellino”.

“Quella di aver sempre taciuto sullo spessore criminale dell’attuale boss latitante, è stata una delle accuse mosse a Calcara da alcuni magistrati e più di recente anche dal procuratore Aggiunto di Caltanissetta, Gabriele Paci, che nel corso della sua requisitoria al processo che ha portato alla condanna all’ergastolo di Matteo Messina Denaro (accusato di essere tra i mandanti delle stragi in cui furono uccisi i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino) ha definito l’ex pentito un ‘inquinatore dei pozzi’ e collaboratore di giustizia eterodiretto”, si sottolinea. “Calcara – prosegue Ciminnisi – in aula ha fatto riferimento al trasporto di una cassa dalla Calabria alla Sicilia, che secondo le sue supposizioni probabilmente avrebbe contenuto l’esplosivo destinato all’attentato al Giudice Borsellino. Un fatto inedito, del quale non risulta ne avesse riferito in precedenza ai magistrati affinchè potessero sviluppare indagini per risalire a chi fornì l’esplosivo per l’attentato di Via D’Amelio. A distanza di quasi trent’anni, sulla strage di Via D’Amelio e sui depistaggi delle indagini, si allungano ancora troppe ombre oscure”. Insomma “se dei collaboratori di giustizia – oltre al falso pentito Scarantino – hanno taciuto o mentito sulle responsabilità di chi volle le stragi; se hanno taciuto per decenni delitti commessi o la partecipazione ad altri reati dichiarandoli soltanto adesso in un’aula giudiziaria, sarebbe incomprensibile se non si volesse procedere alle opportune verifiche e alle determinazioni consequenziali. Nella qualità di coordinatore nazionale dei familiari di vittime di mafia dell’associazione che mi onoro di rappresentare – continua Ciminnisi – ritengo sia dunque indispensabile chiedere che venga al più presto fatta chiarezza in merito alle dichiarazioni dell’ex pentito Calcara rese dinanzi i giudici di Agrigento, su fatti di reato tanto gravi, ed è per tale ragione che ho affidato ai legali di mia fiducia il voler valutare come procedere nelle sedi opportune”. IL FATTO NISSENO 10.4.2021


Un pentito per tutte le stagioni. Ci fu la stagione dei pentiti (in verità mai finita a giudicare da quanto accade con i nuovi Buscetta e chi miracolosamente riacquista la memoria dopo quasi trent’anni) che se per molti versi diede un notevole contributo nella lotta alla mafia, per altri, servì a sviare indagini facendo accusare innocenti e mettendo al riparo i veri autori dei crimini. Come nel caso del falso pentito Vincenzo Scarantino.

Ma tra i tanti “pentiti incredibili” se si vuol trovare un autentico supercampione delle testimonianze, non ci si può sbagliare, è Vincenzo Calcara!

Calcara per decenni è stato considerato un superpentito. “Uomo d’onore riservato” di Francesco Messina Denaro, super killer di Cosa nostra al quale sarebbe stato affidato l’omicidio di Paolo Borsellino, testimone del trasporto di dieci miliardi di lire all’arcivescovo Paul Casimir Marcinkus, conoscitore dei retroscena dell’attentato a Papa Wojtyla ad opera di Alì Agca, trafficante di droga, rapinatore e, infine, estortore di ristoratori filmando un topo.

Nel 2014 si era pure proposto invano al Papa per importanti rivelazioni sulla scomparsa di Emanuela Orlandi.

La credibilità di Calcara è stata a lungo oggetto di valutazioni non proprio lusinghiere. A partire dalla sentenza della Corte di Assise di Caltanissetta nel processo per l’omicidio del giudice Ciaccio Montalto, i cui giudici valutarono come del tutto inattendibile il Calcara. Una valutazione non diversa da quella che fecero i giudici che lo esaminarono all’udienza dell’11 gennaio 2012 in merito all’omicidio di Mauro Rostagno.

Lapidaria la testimonianza del giudice Massimo Russo che sia al Borsellino Quater che in Commissione Parlamentare Antimafia, ha ricordato di averlo imputato di autocalunnia aggravata dall’articolo 7, avere agevolato la mafia (processo finito in prescrizione)  “perché lui dice di essere un uomo d’onore ed è certo che non è mai stato uomo d’onore, né ha avuto a che fare con i mafiosi, ma questo ce lo dicono venti o trenta collaboratori di giustizia, era un personaggio che ha detto delle cose che andavano oltre la sua cognizione e non sappiamo se siano farina del suo sacco o di qualche altro sacco che non è di farina.”

E il dubbio – se non la certezza – che Calcara abbia detto delle cose che non siano farina del suo sacco ma di qualche altro sacco che non è di farina, deve averlo avuto anche la Procura Generale di Catania che ha ritenuto di dover chiedere l’accoglimento della revisione di un processo, parlando delle falsità delle accuse del Calcara e facendo riferimento ad un depistaggio.

Di recente, dopo aver sempre taciuto su Matteo Messina Denaro e sul vero ruolo di Francesco Messina Denaro in Cosa nostra, aveva insistito per essere chiamato a testimoniare a Caltanissetta nel corso del processo che vedeva imputato Matteo Messina Denaro per le stragi del ’92.

Una richiesta più volte respinta dal pm Gabriele Paci, che nella sua requisitoria ha motivato il mancato accoglimento della richiesta avanzata definendo  l’ex pentito “uno di quelli che inquinava i pozzi” e come un collaboratore di giustizia eterodiretto.

Questo ha fatto sì che Calcara intervenisse pesantemente tentando di condizionare il processo, arrivando a querelare sia il magistrato che l’avvocato dei figli del giudice Paolo Borsellino che lo aveva diffidato dal formulare le più ignobili accuse nei confronti di un magistrato impegnato in importanti processi, compreso questo su Matteo Messina Denaro che ha portato alla condanna all’ergastolo.

È di ieri la notizia che l’ex pentito Vincenzo Calcara sarà tra i 913 testi citati dalla Dda di Catanzaro guidata dal procuratore Nicola Gratteri nel processo nato dall’operazione antimafia Rinascita-Scott, che vede oltre 300 imputati.  

Non è la prima volta che Calcara è chiamato a testimoniare in un processo in Calabria. Il suo nome compare nella sentenza emessa il 29 gennaio 1999, dalla Corte di Appello di Reggio Calabria, alla quale si era arrivati partendo da un’ipotesi investigativa in merito ai sequestri di persona commessi nella provincia di Reggio Calabria dalla cosiddetta “Anonima Sequestri”.

Tra i testi del processo “Aspromonte”,  l’ex pentito Vincenzo Calcara che già in primo grado aveva narrato di contatti tra le famiglie calabresi e quelle siciliane, di traffici di droga e di armi, ai quali lui stesso, a suo dire, aveva preso parte.

Nel corso di quel processo Calcara fu in grado di riconoscere soggetti mai visti prima e descrivere in maniera molto dettagliata il percorso, le località e i paesaggi incontrati lungo il viaggio, compreso un monumento che era stato spostato 5 anni prima dalla piazza nella quale l’ex pentito lo aveva visto nella prima e unica volta che si era recato a S. Luca.

Anche in quel caso, i giudici che si trovarono a dover assolvere gli imputati dalle accuse di Calcara, non furono affatto teneri nei suoi confronti, ritenendo, tra le altre cose, che il riferimento alla statua dipendesse “non già da una conoscenza personale e diretta (così come tutte le altre indicazioni troppo precise e puntuali per non destare perplessità), bensì da riferimenti consigliati o appresi”.

Siamo certi che la Dda di Catanzaro e il procuratore Nicola Gratteri avranno riscontrato elementi tali da ritenere utile la testimonianza di Calcara al processo Rinascita-Scott, nonostante la sua macilenta credibilità.

C’è però da sperare che almeno questa volta l’ex pentito si attenga a fatti realmente di sua conoscenza – se ne sa – e non voglia propinare teorie in merito alle sue “cinque entità” costituite da Cosa Nostra, Massoneria deviata, Vaticano deviato, Servizi segreti deviati e ‘ndrangheta, utili soltanto ad alzare un’altra cortina fumogena utile ad allontanare gli inquirenti sulla genesi delle stragi di Capaci e via D’Amelio, cavalcando l’onda di processi in corso.

Che non sia, insomma, un pentito per tutte le stagioni, visto che in molte circostanze – l’ultima in ordine di tempo quella del processo a Matteo Messina Denaro – gli è stato impedito di indirizzare il corso della giustizia in una direzione diversa da quella che ha preso e che ormai trova conforto nei numerosi riscontri emersi in sede giudiziaria.    Gian J. Morici 10 Gennaio 2021 | LA VALLE DEI TEMPLI

Con riferimento all’articolo del Riformista qui riportato, mi tocca precisare che l’altra Procura cui intendevo riferirmi, era quella diretta da Tinebra.
Il richiamo, inoltre, all’osservanza del codice e al processo come luogo dove si accertano fatti attraverso le prove, rimanda ad una circostanza che molti purtroppo dimenticano o non conoscono.
Invero, del capitolo della c.d. Trattativa Stato Mafia si è occupata in principio l’attuale Procura di Caltanissetta, proprio per l”attitudine a intravedere, in astratto, nella condotta dei protagonisti ipotesi delittuose configurabili come concorso in strage.
L’applicazione rigorosa delle norme del codice di rito nella ricerca dei riscontri, ha condotto La attuale procura di Caltanissetta a concludere per l’irrilevanza penale delle condotte analizzate. Giudizio che, dopo un’ analisi attentissima delle carte, noi condividiamo.
Ci tenevo a precisare, giacché il Riformista – quotidiano che apprezzo moltissimo- propone un’ interpretazione del mio pensiero che incolpevomente sconta la possibilità di un fraintendimento della mia dichiarazione in aula al processo Messina Denaro, accompagnata forse da una foga eccessiva, la quale giammai giova alla linearità dell’esposizione.   FABIO TRIZZINO


L’AVVOCATO DEI BORSELLINO CONTRO LA PROCURA DI PALERMO: HA ALLONTANATO LA VERITÀ  Nei giorni scorsi un ex pentito ha gettato fango sul Pm di Caltanissetta Gabriele Paci. La cosa ha avuto una ricaduta sul processo contro Messina Denaro in corso proprio a Caltanissetta, e che si occupa delle stragi del ‘92. In aula ha preso la parola l’avvocato Trizzino, che è l’avvocato dei figli di Borsellino, e ha rilasciato una dichiarazione molto significativa. Ha detto: «Esprimo totale fiducia nel lavoro di questa Procura. Ripeto: di questa Procura, di questa Procura (e ha calcato la voce tra volte sulla parola “questa”, ndr), che dal 2008 sta faticosamente cercando di mettere insieme i pezzi di una verità che è stata fondamentalmente allontanata dall’operato dell’altra Procura». Poi ha aggiunto: «In particolare esprimiamo fiducia nei confronti del dottor Gabriele Paci, il quale lavora col codice in mano non facendo sociologia o storia». Non è difficilissimo interpretare queste frasi. Trizzino non ha fatto nomi ma chi conosce la storia capisce. L’altra Procura a cui si riferisce l’avvocato dei Borsellino, e cioè la Procura che ha allontanato la verità, a occhio e croce è la Procura di Palermo. E anche il riferimento alla differenza tra il dottor Paci che usa i codici diversamente da altri magistrati che fanno invece «sociologia o storia», è in modo assai evidente molto polemico. Quali sono i nomi degli altri magistrati ai quali si riferisce Trizzino? Provate a indovinare. Trizzino ha pronunciato queste frasi alzando la voce e mostrando anche una certa emozione e una certa rabbia. Ha fatto anche riferimento esplicito al depistaggio operato attraverso il falso pentito Scarantino che per anni ha seppellito la verità sull’omicidio Borsellino. Naturalmente la dichiarazione dell’avvocato dei figli di Paolo Borsellino ha valore, tecnicamente, solo all’interno del processo di Caltanissetta. Però le parole che ha usato erano molto chiare e molto pesanti. E dimostrano una sfiducia evidente verso la Procura di Palermo e – sempre a occhio e croce – verso il processo Stato-Mafia tutto costruito non certo sui codici ma su ipotesi di tipo sociologico o storico. IL RIFORMISTA 20 Settembre 2020


Tre missive scritte da un ex pentito contro i pm Gabriele Paci saranno trasmesse per competenza al Tribunale di Catania. Lo ha disposto la corte d’Assise di Caltanissetta nel processo in corso contro il latitante Matteo Messina Denaro, accusato di essere il mandante delle Stragi di Capaci e via d’Amelio. Il carteggio, composto da due lettere ed un esposto scritti dall’ex collaboratore di giustizia Vincenzo Calcara, è stato ricevuto dalla Corte presieduta dal giudice Roberta Serio, che ne ha dato notizia in apertura d’udienza senza acquisirlo agli atti del fascicolo.  Il contenuto delle tre missive si riferisce alla requisitoria condotta dal procuratore aggiunto Paci, nel corso della quale definì l’ex pentito “uno di quelli che inquinava i pozzi’, riferendosi ad alcune omissioni riscontrate nei suoi verbali. “Le dichiarazioni del Calcara, in questo processo, sono già state valutate nel corso della requisitoria”, ha detto il pm che, dopo aver preso visione delle tre lettere, ha chiesto la trasmissione degli atti al Tribunale di Catania, competente per i fatti che riguardano i magistrati in servizio nel distretto di Caltanissetta. Nel carteggio, tra l’altro, l’ex pentito ricorda di aver iniziato la sua collaborazione con il magistrato Paolo Borsellino, confessando di essersi rifiutato di eseguire un attentato contro il giudice, ordinato da don Ciccio Messina Denaro.   AGI 16.9.2020


 

Vincenzo Calcara : Le mie verita’ PAGINA FB 9.10.2020   Carissime Amiche e Carissimi Amici ,  Vi informo che ho avuto conferma che il Consiglio Superiore della Magistratura , Sezione Disciplinare , ha aperto un Procedimento contro il P.M Gabriele Paci e una denuncia per diffamazione aggravata e’ stata mandata al Tribunale di Catania per competenza . Vi informo anche che l’ Ordine degli Avvocati di Palermo ha aperto un numero di Protocollo nei confronti dell’ avvocato Fabio Trizzino , che ho anche denunciato per diffamazione aggravata alla Procura di Caltanissetta , che non sara’ presa in carico dal P.M Paci ma da un altro P.M per conflitti di interessi in quanto il PM Paci e l’ Avvocato Trizzino hanno esternato il loro rapporto di amicizia durante il Processo che si sta svolgendo a Caltanissetta che vede imputato Matteo Messina Denaro per la strage di Via d’ Amelio .  In questi giorni , sia al C.S.M , sia alla Procura di Catania e Caltanissetta , sia all’ Ordine degli avvocati , mandero’ ulteriore documentazione ad integrazione e corredo per smentire con prove sia il PM Paci , sia l’ Avvocato Trizzino . Per quanto riguarda quest’ ultimo ho delle prove schiaccianti che la diffida che l’ avvocato Trizzino ha fatto contro di me a nome dei figli di Paolo Borsellino , non e’ partita dai figli di Paolo Borsellino ma e’ stata una iniziativa dell’ avvocato Trizzino . Queste prove le mandero’ in questi giorni al Presidente della Corte di Assise di Caltanissetta , Dott.ssa Roberta Serio e rinnovero’ la mia controdiffida contro l’ Avvocato Trizzino. Nell’ occasione invitero’ ancora una volta il P.M Gabriele Paci di essere ascoltato e farmi avere dei confronti con quei collaboratori di Giustizia che da oltre vent’ anni hanno dichiarato che ero imbeccato e manovrato dal Dott. Paolo Borsellino ed altri. Dimostrero’ , sotto suo interrogatorio che non sono ne un inquinatore di pozzi , ne un Collaboratore di Giustizia eterodiretto come lui mi ha definito. Portero’ le prove che il Dott. Paolo Borsellino , insieme ai suoi fedelissimi ,il Dott. Francesco Lo Voi e il Dott. Gioacchino Natoli, indagava a 360 gradi , compresa la massoneria deviata , uomini deviati delle istituzioni , uomini deviati del Vaticano , politici della provincia di Trapani e di Palermo e comunque indagava anche sugli appalti scorretti , sia nella provincia di Trapani , sia nella provincia di Palermo. Il Dott. Paolo Borsellino in primis indagava su tutto cio ‘ che va oltre ”cosa nostra” e che e’ piu’ pericoloso di ”cosa nostra” , iniziando da uomini corrotti delle istituzioni .

Vi informo che, anche se a malincuore, ho deciso di denunciare l’ avvocato Fabio Trizzino , in quanto sono venuto a conoscenza del fatto che durante il processo che vede imputato Matteo Messina Denaro di essere il mandante della Strage di Via d’ Amelio , l’ avvocato Fabio Trizzino , difensore dei figli del Giudice Paolo Borsellino , mi diffida testualmente dall’ utilizzare i nomi della famiglia Borsellino per sostenere le mie iniziative e mi ritiene inattendibile, in questo modo diffamandomi , proprio come il P.M Dott Gabriele Paci .

L’ avvocato Fabio Trizzino , attualmente , sostituisce l’ avvocato Vincenzo Maria Greco , con il quale, (grazie all’ aiuto di Manfredi Borsellino che mi ha fornito l’ email e il numero di telefono in quanto voleva che io venissi ascoltato, in quanto ha sempre creduto nella mia attendibilita’ ) , ho avuto contatti e , in una email mandatami il 07/11/2019 ,mi aveva informato del fatto che si sarebbero valutate le mie dichiarazioni in sede di eventuale riapertura dell ‘ istruttoria , ex articolo 507c.p.p . L’avvocato Greco non ha mai detto che le mie dichiarazioni erano inattendibili , ne tantomeno lo ha mai detto Manfredi Borsellino , a prescindere dai rapporti pregressi che ho avuto con lui . L’ avvocato Fabio Trizzino , invece , solo dopo aver letto l’ esposto contro il P.M Paci , per la prima volta dichiara che le mie dichiarazioni sono inattendibili ed esprime personalmente la vicinanza al Dott. Paci , definendo il mio esposto un attacco strumentale dichiarando di essere amico del Dott. Paci . Quest’ ultima dichiarazione denota un conflitto di interessi ( art. 24 del codice deontologico forense ) in quanto l’ avvocato nell’ esercizio dell’ attivita’ professionale deve conservare la propria indipendenza da condizionamenti di ogni genere , anche correlati a interessi riguardanti la propria sfera personale . Oltre a questo , riguardo i rapporti con i magistrati , l’ articolo 53 indica chiaramente che l’ avvocato non deve approfittare ne ostentare l’ esistenza di rapporti di amicizia , familiarita’ o confidenza con i magistrati . L’ avvocato Trizzino sostiene che il mio esposto contro il Dott. Paci sia un attacco strumentale per gettare ombre sul Dott. Paci . Non e’ assolutamente vero , poiche’ ho deciso di fare un esposto al Dott. Paci basandomi soltanto sul comportamento scorretto che il P.M Paci ha avuto contro la mia persona , in quanto il Dott. Paci , per quanto riguarda la mia persona , mi ha definito a piu’ riprese un collaboratore di Giustizia eterodiretto ed inquinatore di pozzi senza nemmeno chiamarmi a testimoniare , basandosi soltanto su dichiarazioni non riscontrate di quei collaboratori di Giustizia che mi definiscono inattendibile e che non facevo parte di ” cosa nostra”. L’avvocato Trizzino ha sempre saputo di questi collaboratori di giustizia , ma per lui sono sempre stato attendibile , tanto e’ vero che in questo processo, nei suoi interventi di parte civile che oramai erano conclusi , non ha mai detto che io sono inattendibile e l’ ha detto solo quando ho fatto l’ esposto contro il suo amico ,il P.M Paci . E’ evidente che l’ avvocato Trizzino si e’ presentato appositamente per prendere solo le difese del suo amico Gabriele Paci , piuttosto che riflettere attentamente sull’ utilita’ delle mie fondate dichiarazioni che avevo mandato all’ Ecc.ma Corte di Caltanissetta , Dott.ssa Roberta Serio, che piu’ volte ha invitato l’ avvocato Trizzino a riflettere sull’ utilita’ delle mie dichiarazioni . Ritengo doveroso informare che , tramite email , ho messo a conoscenza la famiglia Borsellino di questo esposto e di tutte le mie dichiarazioni senza pero’ mettere il loro nome in evidenza e non ho alcuna intenzione di utilizzarli a mio piacimento . Non l’ ho mai fatto e non lo faro mai !!! Tengo a specificare che , per quanto riguarda i figli del Dott. Paolo  Borsellino , ho sempre raccontato con grande gioia i meravigliosi rapporti che da oltre vent’ anni sono stati tra di noi e ho sempre voluto trasmettere l’ immenso affetto e stima che nutro nei loro confronti , sentimenti che per me non sono assolutamente mutati , senza MAI utilizzare il loro nome per sostenere le mie iniziative , al contrario mi sono sempre limitato a metterli solo a conoscenza , per questo motivo ritengo insensata l’ iniziativa dell’ avvocato Fabio Trizzino nel diffidarmi e non posso mai credere che questa diffida sia partita dai figli del Giudice Borsellino , Manfredi , Lucia e Fiammetta . Di questo, ripeto, ho le prove schiaccianti e dimostrero’ con i fatti che i figli di Paolo Borsellino mi ritengono fino in data odierna attendibilissimo , cosi’ come Salvatore Borsellino , fratello del Giudice Paolo Borsellino e il nipote di Agnese Borsellino , il Criminologo Luigi Furitano.  Non ci credo assolutamente poiche’ , recentemente mi sono recato al Tribunale di Catania e al Tribunale di Palermo per poter fornire personalmente le mie dichiarazioni al fine di smentire , oltre il Sign. Antonio Vaccarino e il giornalista Jean Joseph Morici , le pesanti dichiarazioni che alcuni Collaboratori di Giustizia avevano fatto offendendo la memoria del Giudice Paolo Borsellino , e , di quest’ ultimo aspetto ne ho discusso personalmente con Manfredi Borsellino quando , nell’ occasione , ci siamo incontrati e ricordo perfettamente di aver detto a Manfredi Borsellino che avrei lottato anche a costo della mia vita per difendere la memoria di suo padre, in quanto alcuni collaboratori insinuavano che io ero imbeccato e manipolato dal Giudice Paolo Borsellino . Potrei dimostrare l’ esistenza di questi ultimi incontri fornendo  foto fatte con Manfredi , con me , le mie figlie e altre importanti foto ,e di tantissime email che ci siamo scambiati  ,ma non lo faccio nel rispetto di Manfredi Borsellino.  L’ Avvocato Trizzino , inoltre , non vuole che io nomini la Signora Agnese Borsellino .  Questo e’ assolutamente inaccettabile , poiche’ ho conosciuto Fabio Trizzino nel 2000 , quando la Signora Agnese Borsellino , aveva ospitato me e le mie figlie , nella villetta di Villagrazia .  Il signor Trizzino , da quando mi conosce , non mi ha mai ritenuto inattendibile , anche perche’ , l’ ultima volta che ci siamo visti e’ stato il giorno del funerale della Signora Agnese Borsellino a maggio 2013 , e non potro’ mai dimenticarmi che per tutto il funerale piangeva e quando ci siamo abbracciati ha pianto sulle mie spalle e gli ho trasmesso con tutto il cuore la mia vicinanza . La Signora Agnese Borsellino ha sempre creduto in me , nella mia attendibilita’ , mi ha sempre incoraggiato e sostenuto , anche attraverso lunghissime telefonate e il mio affetto verso di lei era e rimarra’ sempre incommensurabile !!! 

TUTTI I MOMENTI CHE HO PASSATO CON LEI SONO STATI MOMENTI INDIMENTICABILI !!!   NON POSSO DIMENTICARMI DI TUTTI I CONSIGLI E LE LEZIONI DI VITA CHE MI HA DATO CON TANTO AFFETTO !!! LE MIE FIGLIE, ORMAI GRANDI, CONSERVANO ANCORA ADESSO TANTI DI QUEI REGALI CHE LEI CON AMORE GLI HA FATTO !!! PER OLTRE VENT’ANNI DEL NOSTRO FORTE LEGAME, QUESTA NOBILE DONNA , HA SAPUTO VERAMENTE FARMI COMPRENDERE IL VERO SENSO DELLA VITA SRADICANDO DEFINITIVAMENTE IN ME QUELLA CULTURA NEGATIVA CHE MI AVEVANO TRASMESSO FIN DA BAMBINO E HA RAFFORZATO GIORNO PER GIORNO DENTRO IL MIO ANIMO TUTTI QUEI VALORI CHE LEI STESSA MI HA INSEGNATO , IN PARTICOLARE HA SAPUTO FARMI CAPIRE COSA SIGNIFICA ESSERE ” UOMO LIBERO ” !!! 

La Signora Agnese Borsellino , cosi’ come anche Salvatore Borsellino , fratello del Giudice Borsellino , ha sempre creduto nell’ esistenza delle CINQUE ENTITA’ ( pezzi deviati delle istituzioni , della massoneria , del Vaticano e dei Servizi Segreti ) delle quali sono stato il primo a parlarne , la cui spiegazione e’ pubblicata dettagliatamente nei miei memoriali . Tanto e’ vero’ che la Signora Agnese Piraino Leto , vedova del Giudice Paolo Borsellino , nel Processo Borsellino Quater , ha dichiarato ai magistrati che qualche giorno prima di essere ucciso , il marito le confido’ che il Generale dei Carabinieri Antonio Subranni ( diretto superiore del Colonnello Mori ) era vicino ad ambienti mafiosi e che c’era un contatto tra mafia e parti deviati dello Stato . I Magistrati di Caltanissetta e Palermo acquisirono tali dichiarazioni .  Anche il Collaboratore di Giustizia Leonardo Messina , nelle sue dichiarazioni , conferma l’ esistenza di queste ENTITA’ parlando anche di una COMMISSIONE NAZIONALE ( della quale ne ho sempre parlato ) .  Parlano di queste ENTITA’ diverse persone tra cui Grasso , Veltroni ecc..  Ritengo importante informare che gli ultimi post che ho pubblicato giorni fa sul mio profilo facebook riguardanti il Dott. Gabriele Paci sono in data odierna condivisi sul profilo facebook di Salvatore Borsellino , fratello del giudice Paolo Borsellino  Tengo a specificare che non mi e’ arrivata nessuna diffida da parte di Salvatore Borsellino . I rapporti con Salvatore Borsellino, sono sempre stati meravigliosi , anche perche’ abbiamo fatto insieme diversi incontri di legalita’ nelle scuole e mi ha dato anche l’ onore di essere il padrino di Cresima delle mie figlie Lucia e Fiammetta .  Ricordo perfettamente di quando sia Salvatore Borsellino , sia Rita Borsellino ( sorella del Giudice Paolo Borsellino ) mi hanno riferito che il Dott. Paolo Borsellino parlava loro di me dicendogli che andava a fumarsi una sigaretta con un amico , e quell’ amico per Paolo Borsellino ero io !!!  Salvatore Borsellino , oltre ad aver pubblicato integralmente i miei memoriali sul suo sito www.19luglio1992.com , ha recentemente curato attentamente la prefazione del mio ultimo libro intitolato ” Dai memoriali di Vincenzo Calcara. Le cinque entita’ rivelate a Paolo Borsellino ” insieme all’ intervento di Manfredi Borsellino via Skype e del criminologo Luigi Furitano ,nipote di Agnese Borsellino. Non ho ricevuto alcuna diffida nemmeno da parte di Luigi Furitano , il quale da anni apprezza ed elogia la mia Collaborazione con la Giustizia fino alle ultime telefonate che ho avuto con lui di giorni fa.

Ritornando all’ Avvocato Fabio Trizzino , per difendere il suo amico , il Dott. Gabriele Paci , all’ improvviso non mi ritiene piu’ attendibile , nonostante entrambi siano a conoscenza delle seguenti sentenze che confermano la mia attendibilita’ : 

  • 1.Sentenza della quarta sezione della Corte D’ Assise di Palermo nell’ ambito del processo Santangelo
  • 2. Sentenza n°30/92, emessa il 16 luglio 1992 dalla Corte di Assise di Appello di Palermo, nell’ambito del procedimento n°53/89, depositata il 15 gennaio 1993; 
  • 3. Sentenza n°102/95 emessa il 26 maggio 1995 dal Tribunale di Marsala, sezione penale, nell’ambito del procedimento n°116/93 R.G., depositata il 23 ottobre 1995, con cui, fra gli altri, Vaccarino Antonino veniva condannato alla  pena di anni 18 di reclusione e Lire 100 milioni di multa, perchè ritenuto responsabile del reato di cui all’articolo 74 DPR 309/90, e lo assolveva ai sensi dell’articolo 530 secondo comma c.p.p. dal reato di cui all’articolo 416  bis del codice penale; 
  • 4. Sentenza n°1547/97 emessa il 16 aprile 1997 dalla Corte di Appello di Palermo, seconda sezione penale, depositata in data 08 ottobre 1997, con cui è stata parzialmente riformata la sentenza del Tribunale di Marsala n°102/95  e, fra gli altri, rideterminata in anni 6 di reclusione e Lire 21 milioni di multa la pena inflitta a Vaccarino Antonino per i reati di cui agli articoli 75 commi 1 e 5 della legge 685/75, 110 codice penale, 71 e 74 legge 685/75; 
  • 5. Sentenza n°2181/98, emessa il 04 dicembre 1998 dalla Corte Suprema di Cassazione. Sezione quinta penale, con cui, fra gli altri, è stato rigettato il ricorso di Vaccarino Antonino avverso la sentenza n°1547/97 della Corte di Appello di Palermo, seconda sezione penale;
  • 6. Sentenza n°14324/03 emessa dalla nona sezione del Tribunale penale di Roma, depositata il 03 settembre 2003, nell’ambito del procedimento  n°14324/2003 R.G.N.R., n°242/99 R.G. Tribunale, con cui Calcara Vincenzo veniva assolto dal reato di calunnia nei confronti del maresciallo dei carabinieri Giorgio Donato;
  • 7. Sentenza n°115/05 emessa dalla Corte di Appello di Roma, sezione terza penale che ha confermato la sentenza n°n°14324/03 del Tribunale penale di Roma che precede; 
  • 8. Sentenza n°1163/2003 emessa il 17 giugno 2004 dal GUP del Tribunale di Marsala Dottore Andrea Scarpa cui è stato dichiarato non luogo a procedere nei confronti di Calcara Vincenzo con la formula “perchè il fatto  non sussiste” in relazione al reato di calunnia, imputazione, questa, scaturita da una querela sporta da Vaccarino Antonino; 
  • 9. Sentenza n°505/2008 emessa nel procedimento n°209/2005 R.G. dal Tribunale di Marsala, in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Renato Zichittella, depositata il 21 dicembre 2009, instaurato a seguito di appello della Procura della Repubblica avverso sentenza di  proscioglimento del GUP, di con cui Calcara Vincenzo è stato prosciolto dal reato di calunnia nei confronti di Vaccarino Antonio; 
  • 10. Sentenza n°3612/2011 emessa il 26 ottobre 2011 dalla Corte di Appello di Palermo, prima sezione penale, con cui è stata confermata la sentenza n°505/2008 del Tribunale di Marsala. Inoltre, il 19 dicembre 2015, sono stato ascoltato al processo per la strage di Alcamo Marina e le mie dichiarazioni sono state ritenute assolutamente attendibili , tanto e’ vero che con le mie dichiarazioni ho contribuito alla scarcerazione dell’ ergastolano Giuseppe Gulotta . 

Non è ultroneo evidenziare, poi, come le mie dichiarazioni siano state già fondamentali, ed abbiano, pertanto, denotato la mia piena e inconfutabile attendibilità , nei processi sulla “Strage di Alcamo” (2124/2009 R.G.), con testimonianza resa il 27 gennaio 2012 avanti la Corte  di Appello di Reggio Calabria, ed “Alfano piu’ 15” la cui sentenza risale a dicembre 1992.  Si trovano eloquenti tracce nelle motivazioni delle sentenze, di diversi processi,dal processo Calvi, al processo Antonov per l’attentato al Papa, al processo Aspromonte, al processo per l’omicidio Santangelo, figlioccio di Francesco Messina Denaro, ai processi Alagna+15 e Alagna+30, alla sentenza  del Giudice Almerighi, nei quali tutti si è dimostrata la mia piena attendibilità. Per quanto riguarda il processo Aspromonte , riguardante il trasporto di  cocaina e armi tra la Sicilia e la Calabria , tutti gli imputati della famiglia mafiosa Nirta , chiamati in causa da me , sono stati condannati tutti in via definitiva , confermando quindi la mia piena attendibilita’. Questo traffico tra la Sicilia e la Calabria viene citato anche nelle motivazioni delle sentenze di primo e secondo grado nei quali Vaccarino e’ stato condannato .

Inoltre confermano la mia piena attendibilita’ le due interviste che sono state fatte ai Giudici Dott. Priore e Dott. Pennisi. 

Nei processi di Caltanissetta e Trapani non sono stati ascoltati due Collaboratori di Giustizia attendibilissimi,Carlo Zichittella e Salvatore Ciulla , i quali,conoscendomi personalmente, al contrario di quei pentiti che non mi hanno mai conosciuto e che mi smentiscono, hanno confermato la mia appartenenza a ” cosa nostra” . VEDASI PROCESSO ALAGNA PIU’ 30 . Non sono stati ascoltati neanche altri importanti Collaboratori di Giustizia che , al contrario di altri , non hanno mai affermato che sono un falso pentito , ne cito alcuni – Gaspare Mutolo , Leonardo Messina e Giuffre’ , quest’ ultimo ha addirittura confermato cio’ che io avevo detto all’ inizio della mia collaborazione al Dott. Paolo Borsellino e agli allora Sostituti Procuratori Francesco Lo Voi e Gioacchino Natoli , riguardo il piano per uccidere il Dott. Paolo Borsellino , organizzato su ordine di Toto’ Riina da Francesco Messina Denaro , padre del superlatitante Matteo Messina Denaro. PER LA PROCURA DI PALERMO CONTINUO AD ESSERE ATTENDIBILE, COSI’ COME ANCHE MI RITENGONO ATTENDIBILE LA PROCURA DI MARSALA , LA PROCURA DI ROMA E ALTRE PROCURE , COMPRESA ANCHE LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE .Riguardo il piano organizzato per uccidere il Dott. Paolo Borsellino , porto una prova schiacciante , una prova ineluttabile , che conferma che io dicevo la verita’ e che ho fatto di tutto per salvare la vita del Giudice Paolo Borsellino. Si tratta dell Informativa scritta dal Generale dei Carabinieri Antonio Viesti il 20 giugno 1992 , nella quale dichiara che il Dott. Borsellino era in serio pericolo di vita per gli arresti che aveva fatto nel trapanese un mese prima , precisamente nel mese di maggio. Questa informativa e’ emersa nel processo per la trattativa stato-mafia. Gli arresti a cui si riferisce il Generale Viesti , sono gli stessi arresti che il Dott . Paolo Borsellino , il Dott. Francesco Lo Voi e il Dott. Gioacchino Natoli avevano fatto fare tramite le mie dichiarazioni . Vennero arrestati , oltre ad Antonio Vaccarino , tantissimi uomini di ” cosa nostra” sconosciuti all’ A.G . Di tutto questo , l’ Avvocato Fabio Trizzino ne e’ sempre stato a conoscenza .  Sulla base di quanto scritto fin ora , posso constatare che , nonostante il Presidente della Corte di Assise di Caltanissetta , Dott.ssa Roberta Serio abbia invitato l’ avvocato Fabio Trizzino a riflettere sull’ utilita’ delle mie dichiarazioni , quest’ ultimo ha preferito soffermarsi nel difendere l’ amico , senza appunto prendere nemmeno in considerazione quanto ho mandato , considerando anche che tutto cio’ che ho mandato , e’ sempre stato ritenuto attendibile dall’ avvocato Trizzino ma , stranamente , leggendo l’ esposto contro il P.M Paci mi ritiene per la prima volta inattendibile . Alla Domanda del Presidente Dott.ssa Serio se Vincenzo Calcara e’ inattendibile , l’ Avvocato Fabio Trizzino ha risposto ” Assolutamente si ”  In tal modo , l’ avvocato Fabio Trizzino , difendendo il dott. Paci che mi definisce un collaboratore di giustizia eterodiretto ed inquinatore di pozzi , automaticamente appoggia e conferma queste affermazioni del Dott Paci che non hanno alcun riscontro !!!!  Specifico che il PM Paci e l’ Avvocato Trizzino mi nominano in un Processo nel quale io non sono stato chiamato a testimoniare e quindi non potevo difendermi . E’ inconcepibile che venga diffamata la mia persona senza che facessi parte del Processo . L’avvocato Trizzino attacca la mia persona per motivi personali e non come avvocato , poiche’ le sue accuse non sono contro un testimone o un imputato , ma bensi’ contro una persona che non fa parte del Processo . Siccome l’ Avvocato Trizzino dichiara che sono inattendibile , e quindi un falso pentito , cio significherebbe che tutte le persone che sono state condannate con le mie dichiarazioni sono innocenti . Se l’ avvocato Trizzino sostiene cio’ , perche non inizia a difendere da ora queste persone chiedendo a loro favore la revisione per la condanne di 416 bis e traffico internazionale di droga , le stesse condanne che sono state attribuite ad esempio a Francesco Messina Denaro e Antonio Vaccarino ?  L’ avvocato Fabio Trizzino che disprezza le altre Procure , dovrebbe spiegare il perche ‘ tante Procure come Palermo , Marsala Roma ecc..(compresa la Corte di Cassazione ) mi ritengono attendibile ( mi riservo di presenare tutte le sentenze che attestano la mia attendibilita’ ) e non hanno tenuto in considerazione le dichiarazioni di quei Collaboratori di Giustizia che affermano che sono inattendibile , al contrario di tantissimi altri Collaboratori di Giustizia che non hanno mai dichiarato che sono inattendibile !!! . Finisco col dire che sono stato il primo che ho parlato di un attentato al Dott. Paolo Borsellino quando era Procuratore a Marsala , il cui incarico di ucciderlo mi era stato affidato da Francesco Messina Denaro con la presenza del figlio Matteo e questo ne’ il PM Paci , ne l’ avvocato Trizzino  l’ hanno voluto prendere in considerazione . Comprendo ovviamente che la difesa di Matteo Messina Denaro rappresentata dall’ avvocato Baglio , non abbia voluto tenere rilevanti le L mie dichiarazioni in quanto non difendo assolutamente Matteo Messina Denaro , poiche’ ho dichiarato che Matteo Messina Denaro era in perfetta simbiosi con il padre .  Di questo piano organizzato per uccidere il Dott. Paolo Borsellino ne parla nel suo libro uscito di recente anche l’ ex Magistrato Antonio Ingroia , il quale mi ha sempre ritenuto attendibile .  Dopo ventotto anni dalla mia Collaborazione con la Giustizia in modo leale , e’ inammissibile che la mia persona venga infangata cosi’ dall’ avvocato Fabio Trizzino .  Ho sempre creduto nella Giustizia a cui ho affidato la mia vita per amore della Verita’ !!! Ritengo importante sottolineare. che Il Dott. Paolo Borsellino disse solo a me una frase che e’ diventata un’ icona dell’ Antimafia e che ho riferito in Corte di Assise di Appello durante il processo per l’ omicidio del sindaco di Castelvetrano Vito Lipari : ” CHI HA PAURA MUORE OGNI GIORNO CHI NON HA PAURA MUORE SOLO UNA VOLTA . E’ BELLO MORIRE PER CIO ‘ CHE SI CREDE ” . Sono sicuro che quella Giustizia in cui ho sempre creduto e per cui ho sempre lottato non e’ ne’ fredda ne’ inumana !!!  Vi terro’ aggiornati sulla mia pagina e sul mio profilo sull’ evolversi della situazione . Mando ad ognuno di Voi un forte e caloroso abbraccio .


1.10.2020 – Pagina FB Vincenzo Calcara  Amiche e Amici Carissimi, oltre all’esposto che ho presentato al C.S.M. contro il P.M. Paci, stamattina ho mandato via pec una controdiffida, un esposto e una querela per diffamazione nei confronti dell’avv. Fabio Trizzino al Presidente della Corte di Assise di Caltanissetta, Dott.ssa Roberta Serio, e , all’ inizio dell’ udienza che si e’ tenuta riguardo il Processo che vede imputato Matteo Messina Denaro accusato per essere il mandante per la strage di Via D’ Amelio , il Presidente ha deciso di inoltrare tutto alla Procura della Repubblica di Catania , affinche’ oltre al PM Paci, vengano valutati i comportamenti scorretti tenuti dall’ avvocato Trizzino nei miei confronti nel suo ultimo intervento durante il Processo. Il Presidente ha deciso di depositare il tutto anche in cancelleria , cosi’ come tutto cio’ che ho mandato in precedenza . Sono venuto a conoscenza del fatto che durante il processo che vede imputato Matteo Messina Denaro di essere il mandante della strage di via d’Amelio, l’avv. Fabio Trizzino, difensore di parte civile, mi diffida testualmente dall’utilizzare i nomi dei figli di Paolo Borsellino, per sostenere le mie iniziative e mi ritiene inattendibile, in questo modo diffamandomi, proprio come il P.M. Gabriele Paci. ha deciso di mandare questa mia controdiffida , esposto e querela per diffamazione alla Procura della Repubblica di Catania , insieme all’ esposto e a tutte le mi (?)

L’avvocato Fabio Trizzino, attualmente, sostituisce l’avv. Vincenzo Maria Greco, con il quale, ( grazie all’aiuto di Manfredi Borsellino che alcuni mesi fa ha fornito l’ email e il numero di telefono , in quanto voleva che io venissi ascoltato ) , ho avuto contatti e , in una email ,mi aveva informato del fatto che si sarebbero valutate le mie dichiarazioni in sede di eventuale riapertura dell’ istruttoria , ex articolo 507 c.p.p.
L’ avvocato Greco , non ha mai detto che le mie dichiarazioni erano inattendibili , ne tantomeno lo ha mai detto Manfredi Borsellino , a prescindere dai rapporti pregressi che ho avuto con lui .
L’ avvocato fabio Trizzino , invece , solo dopo aver letto l’ esposto contro il P.M Paci , per la prima volta dichiara che le mie dichiarazioni sono inattendibili ed esprime personalmente la vicinanza al Dott. Paci , definendo il mio esposto un’ attacco strumentale dichiarando di essere amico del Dott. Paci .
Quest’ ultima dichiarazione denota un conflitto di interessi ( art. 24 del codice deontologico forense ) in quanto l’ avvocato nell’ esercizio dell’ attivita’ professionale deve conservare la propria indipendenza da condizionamenti di ogni genere , anche correlati a interessi riguardanti la propria sfera personale. Oltre a questo , riguardo i rapporti con i magistrati , l’ art. 53 indica chiaramente che l’ avvocato non deve approfittare ,ne ostentare l’esistenza di rapporti di amicizia , familiarita’ o confidenza con i magistrati.
L’avvocato Trizzino sostiene che il mio esposto contro il Dott. Paci sia un’ attacco strumentale per gettare ombre sul Dott. Paci . Non e’ assolutamente vero , poiche ‘ ho deciso di fare un esposto al Dott. Paci basandomi soltanto sul comportamento scorretto che il P.M Paci ha avuto contro la mia persona , in quanto il Dott. Paci , per quanto riguarda la mia persona , mi ha definito a piu’ riprese un collaboratore di giustizia eterodiretto ed inquinatore di pozzi senza nemmeno chiamarmi a testimoniare , basandosi soltanto su dichiarazioni non riscontrate di quei collaboratori di giustizia che mi definiscono inattendibile e che non facevo parte di ”cosa nostra” .
L’avvocato Trizzino ha sempre saputo di questi collaboratori di giustizia , ma per lui sono sempre stato attendibile , tanto e’ vero che in questo processo , nei suoi interventi di parte civile che oramai erano conclusi , non ha mai detto che io sono inattendibile e l’ ha detto solo quando ho fatto l’ esposto contro il suo amico , il P.m Paci .
E’ evidente che l’ avvocato Trizzino si e’ presentato appositamente per prendere solo le difese del suo amico Gabriele Paci, piuttosto che riflettere attentamente sull’ utilita’ delle mie fondate dichiarazioni che avevo mando alla Corte, che piu’ volte ha invitato l’avvocato Trizzino a riflettere sull’ utilita’ delle mie dichiarazioni .
Vi informo che tramite email, ho messo a conoscenza la famiglia Borsellino di questo esposto e di tutte le mie dichiarazioni senza pero’ mettere il loro nome in evidenza e non ho alcuna intenzione di utilizzarli a mio piacimento, non l’ho mai fatto e non lo faro’ mai !!!
Tengo a specificare che, per quanto riguarda i figli del Dott. Paolo Borsellino, ho sempre raccontato con grande gioia i meravigliosi rapporti che da oltre vent’ anni sono stati tra di noi e ho sempre voluto trasmettere l’ immenso affetto e stima che nutro nei loro confronti , sentimenti che per me non sono assolutamente mutati , senza MAI utilizzare il loro nome per sostenere le mie iniziative , al contrario mi sono sempre limitato a metterli solo a conoscenza , 
per questo motivo ritengo insensata l’ iniziativa dell’ avvocato Fabio trizzino nel diffidarmi e non posso mai credere che questa diffida sia partita dai figli del Giudice Borsellino , Manfredi, Lucia e Fiammetta.
Non ci credo assolutamente poiche, recentemente mi sono recato al Tribunale di Catania e al tribunale di Palermo per poter fornire personalmente le mie dichiarazioni al fine di smentire, oltre il Sig. Antonio Vaccarino e il giornalista Jean Joseph Morici ( denunciato e rinviato a giudizio per diffamazione aggravata nei miei confronti), le pesanti dichiarazioni che alcuni Collaboratori di Giustizia avevano fatto offendendo la memoria del Giudice Paolo Borsellino, e, di quest’ultimo aspetto ne ho discusso personalmente con Manfredi Borsellino quando, nell’occasione, ci siamo incontrati e ricordo perfettamente di aver detto a Manfredi Borsellino che avrei lottato anche a costo della mia vita per difendere la memoria di suo Padre, in quanto alcuni collaboratori insinuavano che io ero imbeccato e manipolato dal Giudice Paolo Borsellino.
Potrei dimostrarvi l’esistenza di questi ultimi incontri fornendo foto fatte con Manfredi , con me, le mie figlie e una delle figlie di Manfredi Borsellino, e di tantissime email che ci siamo scambiati, ma non lo faccio nel rispetto di Manfredi Borsellino, in quanto solo Manfredi Borsellino puo’ autorizzarmi a fare cio’.
l’Avvocato Trizzino, inoltre, non vuole che io nomini la Signora Agnese Borsellino .
Questo e’ assolutamente inaccettabile , poiche’ ho conosciuto Fabio Trizzino nel 2000, quando la Signora Agnese Borsellino, aveva ospitato me e le mie figlie, nella villetta di Villagrazia.
Il Signor Trizzino, da quando mi conosce, non mi ha mai ritenuto inattendibile, anche perche’, l’ultima volta che ci siamo visti e’ stato il giorno del funerale della Signora Agnese Borsellino a maggio 2013, e non potro’ mai dimenticarmi che per tutto il funerale piangeva e quando ci siamo abbracciati ha pianto sulle mie spalle e gli ho trasmesso con tutto il cuore la mi vicinanza.
La Signora Agnese Borsellino ha sempre creduto in me, nella mia attendibilita, mi ha sempre incoraggiato e sostenuto, anche attraverso lunghissime telefonate e il mio affetto verso di lei era e rimarra’ sempre incommensurabile!!!
TUTTI I MOMENTI CHE HO PASSATO CON LEI SONO STATI MOMENTI INDIMENTICABILI!!!
NON POSSO DIMENTICARMI DI TUTTI I CONSIGLI E LE LEZIONI DI VITA CHE MI HA DATO CON TANTO AFFETTO!!! LE MIE FIGLIE, ORMAI GRANDI, CONSERVANO ANCORA ADESSO TANTI DI QUEI REGALI CHE LEI CON AMORE GLI HA FATTO!!! PER OLTRE VENT’ANNI DEL NOSTRO FORTE LEGAME, QUESTA NOBILE DONNA , HA SAPUTO VERAMENTE FARMI COMPRENDERE IL VERO SENSO DELLA VITA SRADICANDO DEFINITIVAMENTE IN ME QUELLA CULTURA NEGATIVA CHE MI AVEVANO TRASMESSO FIN DA BAMBINO E HA RAFFORZATO GIORNO PER GIORNO DENTRO IL MIO ANIMO TUTTI QUEI VALORI CHE LEI STESSA MI HA INSEGNATO, IN PARTICOLARE HA SAPUTO FARMI CAPIRE COSA SIGNIFICA ESSERE “UOMO LIBERO” !!!
La Signora Agnese Borsellino, cosi’ come anche Salvatore Borsellino, fratello del Giudice Borsellino, ha sempre creduto nell’esistenza delle CINQUE ENTITA’ ( pezzi deviati delle istituzioni, della massoneria, del Vaticano e dei Servizi Segreti) delle quali sono stato il primo a parlarne, la cui spiegazione e’ pubblicata dettagliatamente nei miei memoriali.
Tanto e’ vero che la Signora Agnese Piraino Leto, vedova del Giudice Paolo Borsellino, nel Processo Borsellino Quater, ha dichiarato ai Magistrati che qualche giorno prima di essere ucciso, il marito le confido’ che il Generale dei Carabinieri Antonio Subranni ( diretto superiore del Colonello Mori ) era vicino ad ambienti mafiosi e che c’era un contatto tra mafia e parti deviati dello Stato. i Magistrati di Caltanissetta e Palermo acquisirono tali dichiarazioni.
Anche il Collaboratore di Giustizia Leonardo Messina, nelle sue dichiarazioni, conferma l’esistenza di queste ENTITA’ parlando anche di una COMMISSIONE NAZIONALE.
Parlano di queste ENTITA’ diverse persone tra cui Grasso, Veltroni ecc…
Ritengo importante informarvi che gli ultimi post che ho pubblicato giorni fa sul mio profilo facebook riguardanti il Dott. Gabriele Paci sono in data odierna condivisi sul profilo facebook di Salvatore Borsellino, Fratello del Giudice Paolo Borsellino.
Tengo a specificare che non mi e’ arrivata nessuna diffida da parte di Salvatore Borsellino.
I rapporti con Salvatore Borsellino, sono sempre stati meravigliosi, anche perche’ abbiamo fatto insieme diversi incontri di legalita’ nelle scuole e mi ha dato anche l’onore di essere il padrino Cresima delle mie figlie Lucia e Fiammetta.
Ricordo perfettamente di quando sia Salvatore Borsellino, sia Rita Borsellino (sorella del Giudice Paolo Borsellino) mi hanno riferito che il Dott. Paolo Borsellino parlava loro di me dicendogli che andava a fumarsi una sigaretta con un amico, e quell’amico per Paolo Borsellino ero io !!!
Salvatore Borsellino, oltre ad aver pubblicato integralmente i miei memoriali sul suo sito www.19luglio1992.com , ha recentemente curato attentamente la prefazione del mio ultimo libro intitolato ” dai Memoriali di Vincenzo Calcara. Le cinque entita’ rivelate a Paolo Borsellino” insieme all’intervento di Manfredi Borsellino via Skype e del criminologo Luigi Furitano, nipote di Agnese Borsellino.
Non ho ricevuto alcuna diffida nemmeno da parte di Luigi Furitano, il quale da anni apprezza ed elogia la mia Collaborazione con la Giustizia.
Tutto questo potrei provarlo tramite email e messaggi whats up intercorsi tra me e Luigi Furitano fino a giorni fa, ovviamente solo attraverso il suo consenso.
Ritornando all’ Avvocato Fabio Trizzino, per difendere il suo amico, il Dott. Gabriele Paci, all’improvviso non mi ritiene piu’ attendibile, nonostante entrambi siano a conoscenza delle seguenti sentenze che confermano la mia attendibilita’ :

1. Sentenza della quarta sezione della corte d’assise di Palermo nell’ambito del Processo Santangelo.

2. Sentenza num.30/92, emessa il 16 luglio 1992 dalla Corte di Assise di Appello di palermo, nell’ambito del procedimento num. 53/89, depositata il 15 gennaio 1993 ;

3. Sentenza num. 102/95 emessa il 26 maggio 1995 dal tribunale di Marsala, sezione penale, nell’ambito del procedimento num. 116/93 R.G, depositata il 23 Ottobre 1995 , con cui , fra gli altri, Vaccarino Antonio veniva condannato alla pena di anni 18 di reclusione e Lire 100 milioni di multa , perche’ ritenuto responsabile del reato di cui all’articolo 74 DPR 309/90, e lo assolveva ai sensi dell’articolo 530 secondo comma c.p.p. dal reato di cui all’articolo 416 bis del codice penale ;

4. Sentenza num. 1547/97 emessa il 16 aprile 1997 dalla Corte di Appello di Palermo , seconda sezione penale , depositata in data 08 ottobre 1997, con cui e’ stata parzialmente riformata la sentenza del Tribunale di marsala num. 102/95 e, fra gli altri, rideterminata in anni 6 di reclusione e Lire 21 milioni di multa la pena inflitta a Vaccarano Antonio per i reati di cui agli articoli 75 commi 1 e 5 della legge 685/75 , 110 codice penale , 71 e 74 legge 685/75 ;

5. Sentenza num. 2181/98 , emessa il 04 dicembre 1998 dalla Corte Suprema di Cassazione. Sezione quinta penale, con cui, fra gli altri, e’ stato riggettato il ricorso di Vaccarino Antonio avverso la sentenza num.1547/97 della Corte di Appello di Palermo, seconda sezione penale

6. Sentenza num. 14324/03 emessa dalla nona sezione del Tribunale penale di Roma , depositata il 03 settembre 2003 , nell’ambito del procedimento num. 14324/2003 R.G.N.R. , num. 242/99 R.G. Tribunale , con cui Calcara Vincenzo veniva assolto dal reato di Calunnia nei confronti del maresciallo dei carabinieri Giorgio Donato;

7. Sentenza num. 115/05 emessa dalla Corte di Appello di Roma , sezione terza penale che ha confermato la sentenza num. 14324/03 del Tribunale penale di Roma che precede;

8.Sentenza num. 1163/2003 emessa il 17 giugno 2004 dal GUP del Tribunale di Marsala Dottore Andrea Scarpa cui e’ stato dichiarato non luogo a procedere nei confronti di Calcara Vincenzo con la formula ” perche’ il fatto non sussiste ” in relazione al reato di calunnia , imputazione, questa, scaturita da una querela sporta da Vaccarino Antonio;

9. Sentenza num. 505/2008 emessa nel procedimento num. 209/2005 R.G. dal Tribunale di Marsala , in composizione monocratica , nella persona del Giudice Dott. Renato Zichittella , depositata il 21 dicembre 2009 , instaurato a seguito di appello della Procura della Repubblica avverso sentenza di proscioglimento del GUP , di con cui Calcara Vincenzo e’ stato prosciolto dal reato di calunnia nei confronti di Vaccarino Antonio;

10. Sentenza num. 3612/2011 emessa il 26 ottobre 2011 dalla Corte di Appello di Palermo , prima sezione penale , con cui e’ stata confermata la sentenza num. 505/2008 del Tribunale di Marsala.

Inoltre , il 19 dicembre 2015, sono stato ascoltato a processo per la strage di Alcamo Marina e le mie dichiarazioni sono state ritenute assolutamente attendibili, tanto e’ vero che con le mie dichiarazioni ho contribuito alla scarcerazione dell’ergastolano Giuseppe Gulotta.
Non e’ ultroneo evidenziare, poi, come le mie dichiarazioni siano state gia’ fondamentali, ed abbiano, pertanto, denotato la mia piena e inconfutabile attendibilita’, nei processi sulla ” Strage di Alcamo” ( 2124/2009 R.G.), con testimonianza resa il 27 gennaio 2012 avanti la Corte di Appello di Reggio Calabria , ed “Alfano Piu’15 ” la cui sentenza risale a dicembre 1992.
Si trovano eloquenti tracce nelle motivazioni delle sentenze, di diversi processi, dal processo Calvi, al processo Antonov per l’attentato al Papa, al processo Aspromonte, al processo per l’omicidio Santangelo, figlioccio di Francesco Messina Denaro, ai processi Alagna +15 e Alagna+ 30, alla sentenza del Giudice Almerighi, nei quali tutti si e’ dimostrata la mia piena attendibilita’.
Per quanto riguarda il processo Aspromonte , riguardante il trasporto di cocaina e armi tra la Sicilia e la Calabria, tutti gli imputati della famiglia mafiosa Nirta, chiamati in causa da me, sono stati condannati tutti in via definitiva, confermando quindi la mia piena attendibilita’.
Questo traffico tra la Sicilia e la Calabria viene citato anche nelle motivazioni delle sentenze di primo e secondo grado nei quali Vaccarino e’ stato condannato.
Inoltre confermano la mia piena attendibilita’ le due interviste che sono state fatte ai Giudici Dott. Priore e Dott. Pennisi .
Nei processi di Caltanissetta e Trapani non sono stati ascoltati due Collaboratori di Giustizia attendibilissimi , Carlo Zichittella e Salvatore Ciulla , i quali, conoscendomi personalmente , al contrario di quei pentiti che non mi hanno mai conosciuto e che mi smentiscono , hanno confermato la mia appartenenza a “cosa nostra ” .
Non sono stati ascoltati neanche altri importanti Collaboratori di Giustizia che, al contrario di altri, non hanno mai affermato che sono un falso Pentito , ne cito alcuni : Gaspare Mutolo , Leonardo Messina e Giuffre’.
Quest’ultimo ha adirittura confermato cio’ che io avevo detto all’inizio della mia Collaborazione al Dott. Paolo Borsellino e agli allora Sostituti Procuratori Francesco Lo Voi e Gioacchino Natoli, riguardo il piano per uccidere il Dott. Paolo Borsellino, organizzato su ordine di Toto’ Riina da Francesco Messina Denaro, padre del superlatitante Matteo Messina Denaro.
PER LA PROCURA DI PALERMO CONTINUO AD ESSERE ATTENDIBILE, COSI’ COME ANCHE MI RITENGONO ATTENDIBILE LA PROCURA DI MARSALA , LA PROCURA DI ROMA E ALTRE PROCURE, COMPRESA ANCHE LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE.
Riguardo il piano organizzato per uccidere il Dott. Paolo Borsellino, porto una prova schiacciante, una prova ineluttabile, che conferma che io dicevo la verita’ e che ho fatto di tutto per salvare la vita del Giudice Paolo Borsellino.
Si tratta dell’informativa scritta dal Generale dei Carabinieri Antonio Viesti il 20 giugno 1992, nella quale dichiara che il Dott. Borsellino era in serio pericolo di vita per gli arresti che aveva fatto nel trapanese un mese prima, precisamente nel mese di maggio.
Questa informativa e’ emersa nel processo per la trattativa stato-mafia. Gli arresti a cui si riferisce il Generale Viesti, sono gli stessi arresti che il Dott. Paolo Borsellino, il Dott. Francesco Lo Voi e il Dott. Gioacchino Natoli avevano fatto fare tramite le mie dichiarazioni. Vennero arrestati, oltre ad Antonio Vaccarino, tantissimi uomini di “cosa nostra” sconosciuti all’ A.G.
Sulla base di quanto scritto finora, posso constatare che, nonostante la Corte abbia invitato l’Avvocato Fabio Trizzino a riflettere sull’utilita’ delle mie dichiarazioni, quet’ultimo ha preferito soffermarsi nel difendere l’amico, senza appunto nemmeno prendere in considerazione quanto ho mandato, considerando anche che tutto cio’ che ho mandato alla Corte , e’ sempre stato ritenuto attendibile dall’Avvocato Trizzino ma, stranamente, leggendo l’esposto contro il P.M Paci mi ritiene per la prima volta inattendibile .
In tal modo, l’Avvocato Fabio Trizzino, difendendo il Dott. Paci che mi definisce un collaboratore di Giustizia eterodiretto ed inquinatore di pozzi, automaticamente appoggia e conferma queste affermazioni del Dott. Paci che non hanno alcun riscontro !!!!
Cio’ significherebbe che tutte le persone condannate con le mie dichiarazioni sono innocenti.
Se l’Avvocato Trizzino sostiene cio’, perche’ non inizia a difendere da ora queste persone chiedendo a loro favore la revisione per le condanne di 416 bis e traffico internazionale di droga , le stesse condanne che sono state attribuite ad esempio a Francesco Messina Denaro e Antonio vaccarino?
Sia il PM Gabriele Paci , sia l’Avvocato Fabio Trizzino che disprezzano le altre Procure, dovrebbero spiegare il perche’ tante Procure come Palermo, Marsala, Roma ecc… ( compresa la Corte di Cassazione) mi ritengono attendibile e non hanno tenuto in considerazione le dichiarazioni di quei Collaboratori di Giustizia che affermano che sono inattendibile, al contrario di tantissimi altri Collaboratori di Giustizia che non hanno mai dichiarato che sono inattendibile!!
Finisco col dire che sono stato il primo che ho parlato di un attentato al Dott. Paolo Borsellino quando era Procuratore a Marsala, il cui incarico di ucciderlo mi era stato affidato da Francesco Messina Denaro con la presenza del figlio Matteo e questo ne’ il P.M Paci, ne’ l’Avvocato Trizzino l’hanno voluto prendere in considerazione. Comprendo ovviamente che la difesa di Matteo Messina Denaro rappresentata dall’Avvocato Baglio, non abbia voluto tenere in considerazione le mie dichiarazioni in quanto non difendo assolutamente matteo Messina Denaro, poiche’ ho dichiarato che Matteo Messina Denaro era in perfetta simbiosi con il padre.
Di questo piano organizzato per uccidere il Dott. Paolo Borsellino ne parla nel suo libro uscito di recente anche l’ex Magistrato Antonio Ingroia , il quale mi ha sempre ritenuto attendibile. Dopo ventotto anni dalla mia Collaborazione con la Giustizia in modo leale, e’ inammissibile che la mia persona venga infangata cosi’ brutalmente dal P.M. Paci e dall’Avvocato Fabio Trizzino . Ho sempre creduto nella Giustizia a cui ho affidato la mia vita per Amore della Verita’!
Vi informo che il Dott. Paolo Borsellino disse solo a me una frase che e’ diventata un’icona dell’Antimafia e che ho riferito in Corte di Assise di Appello durante il processo per l’omicidio del sindaco di Castelvetrano Vito Lipari : ” CHI HA PAURA MUORE OGNI GIORNO CHI NON HA PAURA MUORE SOLO UNA VOLTA .E’ BELLO MORIRE PER CIO’CHE SI CREDE”.
Per questo motivo sono pronto a morire per la Verita’ e la Giustizia e se mi uccidono ben venga la mia morte !!!!
Sono sicuro che quella Giustizia in cui ho sempre creduto e per cui ho sempre Lottato non e’ ne’ fredda , ne’ inumana !!!


VINCENZO CALCARA – HO DENUNCIATO AL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA il Proc. Aggiunto Dott. Gabriele Paci chiedendo che venga attivato un Procedimento Disciplinare nei suoi confronti riguardo le pesanti offese che il Pm Paci ha rivolto alla mia persona nel corso della sua requisitoria durante il Processo che si sta svolgendo a Caltanissetta che vede imputato Matteo Messina Denaro come mandante per la strage di Via D’ Amelio . Il Dott. Paci si e’ reso protagonista di un comportamento scorretto , che ha altresi’ inciso negativamente sulla fiducia e sulla considerazione di cui deve godere un Magistrato , cosi’ compromettendo il prestigio dell’ ordine Giudiziario , in quanto il compito di un magistrato e’ quello di esercitare le proprie funzioni con imparzialita’ , correttezza , diligenza laboriosita’ , riserbo , equilibrio e rispettando la dignita’ della persona nell’ esercizio delle sue funzioni , ed anche fuori dall’ esercizio delle proprie funzioni e non deve tenere comportamenti che compromettano il prestigio e il decoro sia del magistrato stesso , sia dell ‘ Istituzione Giudiziaria .

Il P.M Gabriele Paci mi ha definito testualmente un Collaboratore di Giustizia eterodiretto . Ricordo a me stesso che il termine eterodiretto si riferisce a chi lascia che le proprie azioni vengano guidate dagli altri , essendo privo di autonomia decisionale .
TENGO A SPECIFICARE CHE TUTTO CIO’ CHE HO DICHIARATO SIN DALL’ INIZIO DELLA MIA COLLABORAZIONE CON LA GIUSTIZIA , L’ HO SEMPRE DICHIARATO SPONTANEAMENTE CON PROVE E RISCONTRI E PER COGNIZIONE DIRETTA , SENZA CHE NESSUNO MI GUIDASSE , POICHE’ , SE COSI’ NON FOSSE STATO , LE UNICHE PERSONE CHE AVREBBERO POTUTO GESTIRE LA MIA COLLABORAZIONE ERANO I MAGISTRATI CON CUI HO COLLABORATO , OVVERO IL DOTT. PAOLO BORSELLINO E I SUOI FIDATISSIMI SOSTITUTI PROCURATORI, IL DOTT. FRANCESCO LO VOI E IL DOTT. GIOACCHINO NATOLI .
PER CODESTI MOTIVI CHE IO SIA UN COLLABORATORE DI GIUSTIZIA ETERODIRETTO E’ TOTALMENTE ASSURDO !!!
Inoltre il P.M Paci mi definisce un inquinatore di pozzi . Cio’ per avere io affermato in passato che Mariano Agate , in ”cosa nostra” , era il capo della provincia di Trapani .
E’ VERAMENTE INCOMPRENSIBILE IL COMPORTAMENTO ASSUNTO DAL DOTT. PACI , IN QUANTO NON SONO L’ UNICO COLLABORATORE DI GIUSTIZIA CHE INDICA AGATE MARIANO COME CAPO DELLA PROVINCIA DI TRAPANI , VIENE INDICATO ANCHE DA ALTRI COLLABORATORI DI GIUSTIZIA TRA I QUALI BUSCETTA CALDERONE , DI CARLO , LEONARDO MESSINA , CANCEMI , GIUFFRE’,ONORATO , DI MATTEO , LA BARBERA, DRAGO E MARCHESE . ANCHE QUESTI COLLABORATORI DI GIUSTIZIA SONO INQUINATORI DI POZZI ?
EBBENE , SULLA BASE DI QUALI RISCONTRI IL MAGISTRATO PACI HA FATTO TALE AFFERMAZIONE , PER DI PIU’ SENZA MAI CHIAMARMI A DEPORRE IN DETTO PROCESSO ?  PERCHE’ TUTTO QUESTO INTERESSE DA PARTE DEL PM PACI A SCREDITARE E DIFFAMARE LA MIA PERSONA ?
Nientemeno , non va sottaciuto che il Dott. Gabriele Paci , soltanto il giorno prima della sua requisitoria si trovava a testimoniare presso il Tribunale di Marsala , in favore dell’ ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino , definendolo a piu’ riprese una brava persona . Antonio Vaccarino in detto Processo e’ stato condannato a sei anni di reclusione per rivelazione di segreto d’ ufficio con l’ aggravante di favoreggiamento a ” cosa nostra” , nonostante il Dott. Paci avrebbe cercato di scagionarlo .
Il P.M Paci non poteva non sapere che Antonio Vaccarino , come e’ noto , tramite le mie dichiarazioni , e’ stato condannato in via definitiva dalla Suprema Corte di
Cassazione a sei anni di reclusione per traffico internazionale di droga insieme a tanti altri uomini di ” cosa nostra” , IL PM PACI NON POTEVA NON SAPERLO , in particolare per il fatto che nello stesso processo , in cui Paci ha testimoniato ,
i PM della DDA di Palermo , Dott.Padova e Dott.ssa Dessi’ , hanno chiesto di produrre tutta la documentazione da me fornita sul vissuto storico di Antonio Vaccarino , documentazione che e’ stata acquisita .
Come ho gia scritto nel post precedente , il Dott. Paci mi accusa del fatto che io non abbia mai parlato di Matteo Messina Denaro , ma solo del padre Francesco .
Questo non e’ vero , in quanto ne parlai prima al Dott. Borsellino e sono anni che parlo di Matteo Messina Denaro a diversi Magistrati e se fossi stato chiamato a deporre nel Processo che si sta svolgendo a Caltanissetta , avrei parlato della posizione di Matteo Messina Denaro all’ interno di ” cosa nostra” .
IL PM GABRIELE PACI , INOLTRE , BASA LA SUA REQUISITORIA SU ALCUNI COLLABORATORI DI GIUSTIZIA COME BRUSCA , SINACORI,
GERACI E SIINO I QUALI , IN MEZZO ALLE LORO DICHIARAZIONI OGGETTIVAMENTE ATTENDIBILI CERCANO DI UNIRE ALTRE LORO DICHIARAZIONI INATTENDIBILI , SENZA PARLARE DI QUELLE ENTITA’ COLLEGATE A COSA NOSTRA !!!
Se solo il PM Paci mi avesse chiamato a deporre , avrebbe potuto constatare che le mie dichiarazioni avrebbero demolito in toto le false dichiarazioni di questi Collaboratori di Giustizia … MA COSI’ NON E’ STATO … Il Pm. Paci , purtroppo si e’ solo limitato a diffamarmi pesantemente senza nemmeno ascoltarmi !!!   12.9.2020

Carissime Amiche , Carissimi Amici ,  Il Dott . Paolo Borsellino mi ha insegnato che bisogna avere il coraggio di dire sempre la Verita’ senza paura e di lottare per essa affinche ‘ ci possa essere Giustizia !!! Questo e ‘ un punto focale che ho cercato cercato di trasmettere alle mie figlie , poiche’ da quando ho iniziato la mia Collaborazione con la Giustizia ho fatto di questo insegnamento un punto cardine nella mia vita !!! 
Ebbene , inizio con l ‘ informarVi che ieri , durante il Processo che si e ‘ tenuto a Caltanissetta a carico di Matteo Messina Denaro, accusato per essere il mandante della strage di Via d ‘ Amelio, il Presidente Roberta Serio ha dato notizia , in apertura d ‘ udienza , dell’ esposto che ho fatto contro il P.M Gabriele Paci e di tutte le mie dichiarazioni che ho mandato alla Corte , tutte provate e riscontrate dalla Procura di Palermo e non solo !!! 
Nonostante il Presidente abbia pregato di prendere attentamente visione di queste mie dichiarazioni e di valutarle nel corso dell’ udienza , il PM Gabriele Paci non ha voluto minimamente analizzare le mie dichiarazioni , si e ‘rifiutato , evidentemente per il fatto che ho inviato al Consiglio Superiore della Magistratura un esposto contro di lui ,di cui e’ venuto a conoscenza ,nel quale ho sottolineato gli errori commessi dal Dott. Paci contro la mia persona !!!
Nonostante il Dott. Paci non abbia voluto considerare le mie dichiarazioni , Il Presidente Roberta Serio ha preso visione completa dell’ esposto contro il P.m Paci e ha deciso di inviarlo , insieme a tutte le mie dichiarazioni , al Tribunale di Catania , nella sezione competente al comportamento dei Magistrati e si aprira’ un Processo per valutare la condotta del P.m Paci . Di questo come gia’ sapete, se ne stanno gia ‘ occupando il Consiglio Superiore della Magistratura , il Ministro della Giustizia , il Procuratore Generale della Corte di Cassazione e il Consiglio Giudiziario della Corte d ‘ Appello di Caltanissetta .
Detto questo , in attesa di ulteriori sviluppi che riguardano il mio esposto contro il PM Paci , dei quali Vi terro’ aggiornati, continuero ‘ sempre a combattere per la Verita’ e la Giustizia senza mai tirarmi indietro e senza paura , poiche ‘ come mi ha insegnato il Giudice Paolo Borsellino , chi ha paura muore ogni giorno , chi non ha paura muore solo una volta !!! 
Non temo gli attacchi mediatici , non ho mai avuto paura di dire la Verita’ e , nonostante possa aver infastidito diverse persone , ho ritenuto inevitabile , come persona offesa , di fare un esposto contro il P.M Gabriele Paci poiche’ si e’ riservato di fare contro la mia persona accuse molto pesanti e infondate definendomi un Collaboratore di Giustizia eterodiretto e inquinatore di pozzi , affermazioni delle quali ora e ‘chiamato a risponderne a prescindere dal fatto che sia un Magistrato !!!!  17.9.2020

Abbiamo notato che nel sunto del calcara manca qualcosa che riguarda proprio questa udienza. Ecco alcuni punti che non vengono riportati dal signor calcara nel suo post.

1) Il processo non è solo per la strage di via D’ Amelio ma stragi 92/93.

2) La presidente aveva informato le parti, compreso pm, sui plichi pervenuti ( che sono in cancelleria) e tutte le parti hanno, all’ unanimità, espresso di non ritenere utili le dichiarazioni del calcara perché considerato dalle stesse parti interpellate inattendibile.

3) La presidente ha lasciato gli atti a disposizione delle parti ma non potranno essere utilizzati nel processo perché non sono entrati nel fascicolo del dibattimento.

4) Il pm Paci ha detto di conoscere perfettamente ogni dichiarazione del Calcara ed è stato lui stesso a chiedere alla presidente Serio di trasmettere gli atti che lo riguardano a Catania perché sicuro del suo operato.

5)L’ avvocato Trizzino, legale di Lucia, Manfredi e Fiammetta Borsellino, dopo aver espresso totale fiducia nell’operato del dr Paci e della procura, ha diffidato pubblicamente il Calcara in udienza( mettendolo a verbale) dal pronunciare il nome della famiglia Borsellino, diffidandolo dal prendere iniziative a nome dei Borsellino e ha specificato di non averlo mai citato come teste perché lo ritengono di una inattendibili assoluta.

Questi alcuni dei punti che il calcara, probabilmente per distrazione, non ha riportato nel suo post.  Pagina FB FRATERNO SOSTEGNO AD AGNESE BORSELLINO

 

Gli ingiusti attacchi del signor Calcara al dottor Gabriele PaciAbbiamo letto vari articoli che riportano l’ attacco di tale signor Calcara ( ex collaboratore) verso il dr Gabriele Paci, attualmente procuratore aggiunto a Caltanissetta, impegnato in vari processi molto delicati tra cui quello contro Matteo Messina Denaro come mandante delle stragi 92/93. Questa amministrazione conosce bene la professionalità e l’ impegno del dr Paci nei processi in cui lo stesso è stato pubblico ministero e prima ancora nelle indagini che hanno portato i processi. Molti di voi sapranno che ci occupiamo di ricerca storica. Ebbene in questo ambito sono decine e decine gli atti a firma di Paci che abbiamo potuto leggere in questi anni. Verbali di collaboratori, requisitorie, richieste di ordinanze di custodia cautelare, sentenze definitive in cui Paci fu pm in primo grado. Vogliamo ricordare una su tutte la sentenza Omega( qualcuno lo chiamò maxi processo alle cosche del trapanese) che disegnò perfettamente le mappe della mafia di quella zona partendo dai fatti degli anni 70. Fu il primo processo in quella provincia che coinvolse decine e decine di mafiosi, si dipanarono le vicende di decine di omicidi fino allora rimasti insoluti. Vennero dimostrati i rapporti strettissimi tra i corleonesi e le famiglie del trapanese, l’esistenza di rapporti privilegiati tra Agate Mariano e Riina. In sostanza una sentenza che ha segnato la storia giudiziaria. Altro processo in cui il dr Paci fu nell’ufficio del pm è il Borsellino quater. Quello che ha portato alla luce” il più grande depistaggio della storia italiana”e da cui, indirettamente, nasce il processo contro Mario Bo+ altri che dovrà far luce proprio sugli accadimenti che portarono uno come Scarantino a essere considerato ” un collaboratore affidabile” tanto da far condannare anche molti innocenti.. E Gabriele Paci oggi è impegnato in due processi importanti.. importantissimi:quello contro MMD e il su menzionato Mario Bo+ altri. Quindi un grande Magistrato, preparato, professionale, colto e con un altissimo senso del dovere. E mai ci saremmo aspettati che un ex collaboratore, considerato inattendibile in moltissime sentenze, avrebbe scritto un esposto contro il dr Paci. Ci siamo chiesti il perché calcara lo accusi di averlo diffamato, di non averlo voluto sentire al processo etc etc. Ebbene, ci meraviglia il fatto che lo stesso ex collaborante non abbia” attaccato” altri che, al pari di Paci, avrebbero potuto sentirlo, ad esempio qualche parte civile.. E invece lui attacca il dr Paci come fosse l’unico preposto a citare un teste. Incredibile! Nella requisitoria al processo contro MMD il PM ha ben spiegato i motivi per il suo ufficio è arrivato a determinate considerazioni sul calcara e chi conosce la storia giudiziaria dell’ex collaboratore non può fare a meno di concordare sulle considerazioni del pm. Considerazioni che sono state fatte proprie anche dal legale dei figli del giudice Borsellino, Avvocato Trizzino, che ha ben spiegato le sue riflessioni sul soggetto e sui plichi che ha inviato al tribunale affermando totale solidarietà, stima e fiducia nei confronti del PM. Noi come amministrazione del gruppo di Agnese Borsellino ci uniamo alle parole dell’avvocato Trizzino e ribadiamo la nostra più grande solidarietà al dr Gabriele Paci, una persona onesta e per bene.  L’ Amministrazione  Pagina FB Fraterno Sostegno ad Agnese Borsellino


Giuseppe Ciminnisi (Familiari Vittime di mafia): Solidarietà al Magistrato Gabriele Paci e alla famiglia BorsellinoA nome mio e dei familiari di vittime innocenti di mafia che rappresento, esprimo sdegno per le accuse mosse dall’ex pentito Vincenzo Calcara al pm Gabriele Paci, attualmente impegnato a Caltanissetta nel processo che vede imputato il latitante Matteo Messina Denaro per le stragi del ’92. Accuse strumentali che Calcara ha utilizzato per scopi a noi poco chiari, rispetto le quali anche la famiglia del Giudice  Paolo Borsellino ha preso le distanze diffidando l’ex – e assai discusso – pentito, dal fare qualunque riferimento alla vedova e ai figli del giudice Borsellino a sostegno di qualunque sua iniziativa” Così dichiara Giuseppe Ciminnisi, coordinatore nazionale dei familiari di vittime innocenti di mafia dell’associazione ‘I cittadini contro le mafie e la corruzione’. Ciminnisi, nell’esprimere la totale fiducia nei confronti dei Magistrati di Caltanissetta e in particolare nell’operato del Procuratore aggiunto Dottor Gabriele Paci che aveva definito Calcara ‘uno di quelli che inquinavano i pozzi’, dopo aver letto l’odierno post dell’ex pentito, ricorda che solo grazie alla recente attività della Procura di Caltanissetta si è arrivati a delle verità che si spera possano far piena luce su uno dei più clamorosi depistaggi avvenuti nel corso della storia della Repubblica. “E’ grave – prosegue Ciminnisi – che ancora oggi, dopo quanto emerso nel corso dell’udienza di ieri a Caltanissetta, Calcara insista nelle sue infamanti accuse nei confronti di un Magistrato serio, capace e volenteroso, ignorando artatamente che anche i familiari del Giudice Borsellino hanno debitamente preso le distanze da ogni sua attività e/o dichiarazione, in particolare dopo che il difensore della famiglia Borsellino, l’Avvocato Fabio Trizzino, nel corso dell’udienza ha tacciato come assolutamente inattendibili le dichiarazioni dell’ex pentito. Ci preoccupano e addolorano le affermazioni di Calcara, che, come dichiarato in aula dal legale dei Borsellino, sembrano veramente un modo ulteriore per sovvertire ancora una volta la realtà di una tragedia immane che non si è ancora conclusa dopo 28 anni perché qualcuno non ha fatto il proprio dovere. In nome dell’Associazione e dei familiari delle vittime innocenti di mafia che rappresento, nell’esprimere solidarietà e vicinanza al Dottore Paci e alla famiglia Borsellino, sento il dovere di esortare quanti fanno realmente attività di contrasto alla mafia a voler far sentire la propria voce affinchè un Magistrato impegnato in un processo come quello in corso che vede imputato Matteo Messina Denaro, non rimanga isolato ed esposto ad attacchi vili e inqualificabili da parte di un soggetto le cui finalità non ci sono chiare”. LA VALLE DEI TEMPLI 17.9.2020


Processo Matteo Messina Denaro: l’ex pentito Calcara contro il pm Paci

Rispetto alla credibilità del teste…



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Via d’Amelio, così Messina Denaro fu libero di colpire  La procura generale di Catania ipotizza un altro depistaggio. Dopo Scarantino, focus su un altro “falso” pentito, Vincenzo Calcara, che avrebbe sviato le indagini verso un ex sindaco, poi assolto dal 416 bis, per lasciare mani libere al boss già allora latitante Forse un giorno, molto lontano, si dovrà riscrivere da capo la storia delle stragi di Capaci e di Via D’Amelio, ma anche di come agirono taluni pentiti, rispetto sia alla conduzione delle indagini sia alla possibilità di arrivare ai latitanti. Uno per tutti: Matteo Messina Denaro. Attualmente sotto processo a Caltanissetta quale possibile mandante (non l’unico) delle stragi. Dopo la vicenda del falso pentito Scarantino, per ipotesi della procura generale di Catania, sta emergendo un altro probabile depistaggio ad opera di un altro pentito, tale Vincenzo Calcara. Addirittura più grave, secondo Giuseppe Ciminnisi, coordinatore nazionale Familiari vittime innocenti di mafia dell’associazione “I Cittadini contro le mafie e la corruzione”. Cosa sta emergendo? Il colpo di scena è arrivato giovedì scorso a Catania per la revisione del processo che portò l’ex sindaco di Castelvetrano, Antonio Vaccarino, ad essere condannato per traffico di droga, a seguito delle accuse formulate a suo carico dall’ex pentito Calcara. Quest’ultimo, spiega Ciminnisi in un comunicato, «aveva accusato l’ex sindaco di essere a capo della famiglia mafiosa di Castelvetrano e di aver chiesto all’ex pentito di prepararsi a uccidere il giudice Paolo Borsellino utilizzando un fucile di precisione. Fatti per i quali Vaccarino venne arrestato nel 1992 a seguito della cosiddetta ‘ Operazione Palma’ e successivamente assolto». Per capire meglio i fatti, bisogna rispolverare le accuse fatte da Calcara. «Fu Francesco Messina Denaro, defunto padre di Matteo, a darmi l’incarico di uccidere, nel 1991, l’allora procuratore di Marsala Paolo Borsellino. Un incarico del quale io, inizialmente, ero orgoglioso. Ero una testa calda, allora, latitante da un anno e mezzo, ma quando Vaccarino mi disse che poi sarei dovuto fuggire in Australia e su un biglietto mi scrisse a chi dovevo rivolgermi laggiù, mi è scattato qualcosa dentro…», così ha raccontato il pentito, le cui dichiarazioni, nel maggio del ’ 92, condussero all’arresto dell’ex sindaco Vaccarino. Dopo essere stato arrestato nell’operazione “Palma”, Vaccarino fu condannato dal Tribunale di Marsala a 16 anni di carcere per associazione mafiosa e droga. Ma in appello, nel 1997, gli hanno riformato la prima sentenza, ristabilendo la pena in sei anni e sei mesi di reclusione e 21 milioni di lire, assolvendolo dal reato di mafia. Vaccarino, sempre proclamatosi innocente, ha scontato una parte della sua pena nel carcere di Pianosa dove ha dichiarato di subire torture e sevizie. Oggi chiede la revisione della condanna, assistito dagli avvocati Baldassare Lauria, Giovanna Angelo e Laura Ancona. La richiesta di revisione si fonda su una serie di prove che, per i legali, dimostrerebbero come l’unico pentito accusatore, Calcara, abbia reso dichiarazioni false, per accreditarsi quale collaboratore. Nel corso dell’udienza di giovedì, la Procura generale, oltre a chiedere l’annullamento di quella sentenza ritenendo Calcara assolutamente inattendibile – così come sostenuto da altri magistrati in diverse sedi – avrebbe fatto riferimento a un vero e proprio depistaggio messo in atto dal pentito. «Un’affermazione – denuncia Ciminnisi – che prospetta inquietanti scenari in merito alle ragioni che nell’autunno del 1991 portarono Calcara a collaborare con la giustizia. Infatti, mentre Calcara in quel periodo muoveva accuse nei confronti di soggetti rivelatisi poi estranei alla consorteria mafiosa, l’attuale boss latitante Matteo Messina Denaro, a Castelvetrano incontrava i vertici di “Cosa nostra” per organizzare le stragi del 1992, nel corso delle quali vennero uccisi Falcone e Borsellino». Se dovessero essere confermate le accuse della Procura generale di depistaggio, la storia sarebbe davvero da riscrivere e si prospetterebbero scenari inquietanti. «Ci troveremmo – spiega Ciminnisi – dinanzi a un fatto ben più grave di quello di Scarantino e delle sue dichiarazioni su Via D’Amelio». Perché? «Mentre le false dichiarazioni di Scarantino servirono a indirizzare le indagini in direzione diversa rispetto ai veri responsabili dell’attentato, quelle di Calcara – se dimostrato quanto sostenuto dalla Procura – distogliendo l’attenzione da Matteo Messina Denaro, permettendogli di agire indisturbato, sarebbero state funzionali al compimento della strage».  Il Dubbio 2 Luglio 2019


VINCENZO CALCARA –  ECCO LE PROVE CHE POSSONO PORTARE ALLA VERITA’ SULLA MORTE DEL DOTT. PAOLO BORSELLINO , E CHE DIMOSTRANO LA FALSITA’ DI ALCUNI COLLABORATORI DI GIUSTIZIA !!!   La morte del dott. Paolo Borsellino non e’ stata decisa solo da ”cosa nostra” (presieduta da Toto’ Riina , Provenzano ed altri ), ma anche da altre entita’ collegate a ”cosa nostra” che sono piu’ pericolose di ”cosa nostra stessa e sono : L’ENTITA’ di COSA NOSTRA, l’ENTITA’ della NDRANGHETA, l’ENTITA’ dei PEZZI DEVIATI DELLE ISTITUZIONI, l’ENTITA’ DEI PEZZI DEVIATI DELLA MASSONERIA e l’ENTITA’ DEI PEZZI DEVIATI DEL VATICANO !!!

Di queste entita’ ne parlo ampiamente nei miei memoriali ” I MEMORIALI DI VINCENZO CALCARA ” che sono pubblicati sul sito di Salvatore Borsellino www.19luglio1992.com e sul sito www.antimafiaduemila.com
Sono stato definito un Collaboratore di Giustizia eterodiretto e un inquinatore di pozzi.
Ma sulla base di quali riscontri ?
Il P.M Gabriele Paci mi definisce un inquinatore di pozzi , poiche’ ho affermato che Mariano Agate era il capo provincia di Trapani .
Paci , nella sua requisitoria (non dimentichiamoci che il P.M Paci , il giorno prima della sua requisitoria si trovava a testimoniare in favore di Antonio Vaccarino , definendolo una brava persona) , si riferisce solo alla mia persona dimenticandosi che non sono stato solo io a indicare Agate Mariano come capo della provincia di Trapani , ma lo hanno indicato importanti Collaboratori di Giustizia :
1) I COLLABORATORI DI GIUSTIZIA BUSCETTA E CALDERONE nelle loro dichiarazioni individuano Agate Mariano come uomo di riferimento nello scacchiere trapanese.
2) COLLABORATORE DI GIUSTIZIA DI CARLO :
All’ udienza del 30/01/2020 , il Collaboratore di Giustizia di Carlo conferma che dal 1985 il capo provincia e’ Agate Mariano poiche , oltre ad averglielo confermato i suoi fratelli appartenenti alla famiglia di Altofonte , lo viene a sapere anche dal Caruana , compare di anello di Francesco Messina Denaro , che si trovava a Londra insieme a lui .
3) COLLABORATORE DI GIUSTIZIA LEONARDO MESSINA:
Leonardo Messina apparteneva alla famiglia di San Cataldo e aveva stretti contatti con uomini di “cosa nostra” . Nel verbale del 1996 il Dott. Tescaroli interroga Leonardo Messina e gli chiede chi e- il capo provincia di Trapani . Messina risponde che il capo provincia e- Agate Mariano e riferisce di averlo saputo dal Furnari che fa parte della famiglia di Castelvetrano .
4) COLLABORATORE DI GIUSTIZIA CANCEMI SALVATORE :
Cancemi e- stato uno degli esecutori della strage di Capaci ed era uno appartenente al direttorio della commissione regionale , insieme a Riina , Gangi e Biondino, i quali , nel giugno del 1992 , hanno deciso l’ accellerazione dell’ attentato per uccidere Borsellino .
Nel Verbale del 12 maggio 2020 , Cancemi conferma che Agate Mariano era capo provinciale e di averlo saputo da Riina , da Ganci e da Biondino Salvatore , quest- ultimo autista di Riina .
5) COLLABORATORE DI GIUSTIZIA GIUFFRE’ :
Giuffre’ faceva parte della commissione di Palermo. Era l’ uomo piu’ fidato di Provenzano .
Nel verbale del 12 marzo 2004 reso a Catania , Giuffre’ conferma di sapere con certezza che Agate Mariano e- capo provincia poiche ‘ gli e’ stato riferito da Provenzano . Lo sa tutta la commissione di Palermo.
6) COLLABORATORE DI GIUSTIZIA ONORATO :
Onorato conferma che il capo provincia e ‘Agate Mariano poiche’ lo ha saputo da Biondino Salvatore (autista di Riina)
7) COLLABORATORE DI GIUSTIZIA DI MATTEO :
Di Matteo specifica che alle riunioni che si verificano a casa sua nel periodo precedente le stragi era sempre presente Agate Mariano .
8)COLLABORATORE DI GIUSTIZIA LA BARBERA :
La Barbera faceva l ‘ autista a Bagarella (cognato di Riina )e aveva stretti contatti con Brusca )
La Barbera e ‘certo che Agate Mariano e’ capo provincia e afferma che il Sinacori lo sostituira’ nel 1996.
9) COLLABORATORE DI GIUSTIZIA DRAGO :
Drago era il killer di Brancaccio ed era l’amico del cuore di Matteo Messina Denaro . Nella sentenza Borsellino ter , Drago conferma che Agate Mariano e’ capo provincia .
10) COLLABORATORE DI GIUSTIZIA MARCHESE
Marchese conferma che Agate Mariano e- capo provincia di Trapani .
Ci sono anche le intercettazioni di Riina nel carcere , nelle quali Riina dice a Lo Russo “ se ci fosse il padre , perche’ suo padre buonanima u ‘ zu Ciccio di Castelvetrano , capo mandamento di Castelvetrano ..” . In queste parole Riina conferma che Francesco Messina Denaro non e- capo provincia , ma capo mandamento .
Inoltre , la Corte di Appello di Catania , che decide di unificare il Processo Borsellino Ter e Capaci , nelle pagine. 206 e 452 viene confermato che Agate Mariano e’ il capo provincia . A pag. 456 viene specificato : ” con il beneplacito di Agate Mariano , a capo della provincia di Trapani .” . La Cassazione , poi , dice che tutte le fonti indicano Mariano Agate come capo provincia .

Considerando che non sono solo io ad indicare Mariano Agate come capo della provincia di Trapani , anche tutti i Collaboratori di Giustizia sopracitati e che sono stati escussi nel Processo che si sta celebrando a Caltanissetta che vede imputato Matteo Messina Denaro come mandante della strage di Via d’ Amelio ,che indicano Agate come capo provincia sono inquinatori di pozzi e pentiti eterodiretti ?
Il P.m Paci , durante la sua requisitoria , si dimentica di tutti questi Collaboratori di Giustizia e fa cenno solo a Leonardo Messina , ma definisce solo me come Collaboratore di Giustizia eterodiretto e inquinatore di pozzi . Perche’ tutto questo interesse da parte del Dott. Paci a screditare e diffamare la mia persona ?
Come ho gia’ accennato , il P.M Paci in data 2 luglio 2020 , viene chiamato in difesa del Vaccarino e del colonnello Zappala e ha dichiarato che il Vaccarino e’ una brava persona aggiungendo che Calcara e’ un pentito eterodiretto le cui dichiarazioni hanno portato poi alla condanna di Vaccarino per traffico internazionale di droga. Specifico che Vaccarino e’ stato condannato con le mie dichiarazioni provate e riscontrate e con le dichiarazioni del Collaboratore di Giustizia Ciulla Salvatore, quest’ ultimo, come me , ancora non e’ stato chiamato dalla Procura di Caltanissetta , ovvero dal PM Paci , per essere ascoltato . In questo processo in cui era imputato Vaccarino si e’ fatto riferimento alla mia persona , tanto e’ vero che la Procura di Palermo ha chiesto che fosse acquisita la documentazione da me fornita relativa al vissuto storico del Vaccarino , atti che durante il dibattimento i P.M della D.D.A di Palermo Padova e Dessi’ hanno chiesto di produrre e che sono stati acquisiti .
L’ accusa ha fatto riferimento a tutto cio’ che ho sempre dichiarato sul Vaccarino , definendo quest’ ultimo un doppiogiochista affiliato a ” cosa nostra” , a Francesco Messina Denaro e al figlio Matteo .
Nonostante i testimoni chiamati in difesa del Vaccarino , tra i quali e’ stato ascoltato il Dott. Gabriele Paci , il Generale Mario Mori e il Colonnello Giuseppe De Donno , quest’ ultimi due condannati nel Processo per la trattativa Stato – mafia , l’ esito del Processo di 1° grado e’ stata una condanna per Antonio Vaccarino a sei anni di reclusione per concorso in rivelazione di segreto d’ ufficio con l’ aggravante di favoreggiamento personale alla mafia e dei suoi del suo coimputato , il Colonnello Zappala, condannato a quattro anni di reclusione .
Di tutto questo il Dott. Paci nella sua requisitoria non ne parla !!!
Durante la sua requisitoria , il P.M Gabriele Paci da pieno credito a Collaboratori di Giustizia che , anche durante il Processo che vede imputato Matteo Messina Denaro, fanno dichiarazioni prive di senso, che spesso sono senza riscontri , in quanto si basano su deduzioni personali di questi Collaboratori di Giustizia .
Uno di questi e’ il Collaboratore di Giustizia Vincenzo Sinacori .
Durante il Processo, il Collaboratore di Giustizia Vincenzo Sinacori , afferma che Matteo Messina Denaro gli aveva detto che io ero stato costruito e istruito a dovere dal Dott. Paolo Borsellino e che non facevo parte di” cosa nostra “,circostanza confermata anche da un altro Collaboratore di Giustizia , Geraci.
Tutto cio e’ totalmente falso e mi chiedo come questi Collaboratori di giustizia possano affermare simili assurdita ‘ !!!
Per quanto riguarda queste affermazioni , durante la requisitoria , il P. M Dott. Gabriele Paci ha dichiarato che il pensiero ignorante dei mafiosi che un Giudice possa suggerire delle falsita ‘da far dire poi dal Collaboratore di Giustizia e ‘totalmente falso , ma nello stesso tempo, Matteo Messina Denaro , in base a quanto detto da Sinacori , avrebbe detto che io ero un pazzo e che non facevo parte di ” cosa nostra ”.
Dove sono le prove che Matteo Messina Denaro abbia detto a Sinacori che io non facevo parte di ” cosa nostra ” ?
Supponiamo che quanto dica il Sinacori sia reale , l’ unica motivazione per la quale Matteo Messina Denaro possa aver affermato una cosa del genere puo’ ricondursi alla sua perdita di prestigio per il fatto che il padre possa essersi fidato di una persona che successivamente divenne poi Collaboratore di Giustizia . Questo non significa pero’ che io non facessi parte di ”cosa nostra” . Quanto detto dal Collaboratore di Giustizia Sinacori , pero’ , non viene smentito dal Dott. Paci .
Perche’ Il Dott. Paci non crede che io sia stato costruito e istruito dal Dott..Borsellino ma , al contempo , avrebbe presupposto che io sia un Collaboratore di Giustizia eterodiretto , credendo quindi in cio’ che Matteo Messina Denaro avrebbe detto sulla mia persona ? Il termine eterodiretto , nel vocabolario della lingua italiana si riferisce a chi lascia che le proprie azioni vengano guidate dagli altri , essendo privo di autonomia decisionale .Tengo a specificare che tutto cio ‘ che ho dichiarato sin dall ‘ inizio della mia Collaborazione con la Giustizia , l’ ho sempre dichiarato spontaneamente con prove e riscontri e per cognizione diretta , senza che nessuno mi guidasse , poiche’ , se cosi ‘non fosse stato , le uniche persone che avrebbero potuto gestire la mia collaborazione erano i Magistrati con cui ho collaborato , ovvero il Dott. Paolo Borsellino e i suoi fidatissimi .Sostituti Procuratori Francesco Lo Voi e Gioacchino Natoli .
Per questo motivo , quindi che io sia un pentito eterodiretto e’ una deduzione totalmente assurda !!!
In data 3-04-2019 durante il Processo che vede imputato Matteo Messina Denaro per la strage di Via D’ Amelio , in seguito alle domande del Procuratore Aggiunto Dott. Paci rivolte al Collaboratore di Giustizia Vincenzo Sinacori , teste chiamato dalla difesa del Vaccarino per la richiesta di revisione della condanna a 6 anni e sei mesi di reclusione per traffico internazionale di droga , e’ emerso che il Sinacori ha dichiarato cose non vere e questo lo dimostrero’ con prove e riscontri .
Innanzitutto , alla domanda del Dott Paci , rivolta al Sinacori , se ha memoria riguardo all’ omicidio dell’ ex sindaco di Castelvetrano Vito Lipari ,nel quale tengo a precisare che, come ho dichiarato in Corte di Assise d’ Appello di Palermo , il mio ruolo era quello di copertura , insieme ad altri uomini d’ onore ai killers Nitto Santapaola , Francesco Mangion e Mariano Agate e per quanto riguarda il ruolo di Antonio Vaccarino in questo omicidio e’ stato quello di affidarmi di far parte del gruppo di appoggio , il Sinacori risponde che ha partecipato a quell’ omicidio ed e’ stato condannato insieme ad altri perché si e’ autoaccusato e che le indagini per questo omicidio avevano accusato altre persone e chi le ha accusate e’ stato un certo Calcara facendo i nomi di Nitto Santapaola , Francesco Mangion, Mariano Agate …
Queste persone per il Sinacori non c’ entravano niente con questo omicidio e l’ unico che sapeva di questo omicidio , secondo il Sinacori , era Agate Mariano , persona che io ho accusato insieme a Nitto Santapaola e Francesco Mangion . A me non risulta che processualmente ci siano stati dei Collaboratore di Giustizia che hanno confermato la partecipazione del Sinacori all’ omicidio Lipari .
Riguardo queste affermazioni , e’ totalmente falso quando il Sinacori dichiara l’ estraneita’ all’ omicidio Lipari di Nitto Santapaola , Francesco Mangion e Mariano agate , poiché la colpevolezza di ques’ ultimi oltre a me , viene confermata pienamente dal Collaboratore di Giustizia Maurizio Avola , – -esecutore di circa 80 omicidi e ritenuto attendibilissimo da tutte le procure , il quale specifica che a parlargli dell’ omicidio Lipari e’ stato Francesco Mangion , e , su domanda del P.M Paci se Nitto Santapaola , Francesco Mangion e Mariano Agate sono colpevoli dell’ omicidio Vito Lipari , Avola , al contrario di Sinacori , risponde di Si !!!
Alla domanda del Dott. Paci se ci sono stati dei tentativi di ” cosa nostra ” di condizionare l’ andamento del processo Vito Lipari , Il Sinacori risponde di non saperlo . Su questa risposta del Sinacori viene una domanda spontanea , Come mai , visti i rapporti stretti tra il Sinacori e Matteo Messina Denaro , il Sinacori non e’ a conoscenza dell’ aggiustamento dei processi da parte di Matteo Messina Denaro a favore del suo capo Mariano Agate e di Nitto Santapaola e Francesco Mangion , come afferma il Collaboratore di Giustizia Maurizio Avola ? Maurizio Avola conferma che Matteo Messina Denaro si interesso’ ad aggiustare l’ andamento del processo Vito Lipari in favore di Nitto Santapaola , Francesco Mangion e Mariano Agate , facendo di proposito una trasferta a Catania .
Anche di questo , il P.M. Dott. Paci , nella sua lunga requisitoria non ne parla e non contesta niente al Sinacori .
. Sempre nel processo Lipari , ho dichiarato anche il ruolo che ha avuto Giuseppe Clemente , uomo d’ onore della famiglia di Castelvetrano . Giuseppe Clemente viene citato dal Sinacori come uomo d’ onore .
Inoltre , alla domanda del P.M Paci se all’ interno di ” cosa nostra” si era parlato di Calcara , il Sinacori risponde che nessuno faceva molto caso a questo Calcara perché si sapeva che era una cosa inutile , che non faceva parte di ” cosa nostra” e quando con Matteo Messina Denaro si parlava di Calcara , Matteo gli diceva che Calcara non sapeva niente e non poteva fare danni .
Sinacori , inoltre afferma che ha avuto ottimi rapporti con Matteo Messina Denaro prima e dopo la sua affiliazione a ”cosa nostra” facendo insieme a lui tanti omicidi, senza pero’ ricordarsi il giorno esatto di quando e’ diventato uomo d’ onore che , per un uomo di ” cosa nostra” e’ come una data di nascita . Io , Vincenzo Calcara , non posso mai dimenticare che la data della mia affiliazione a ” cosa nostra” e’ il 4 ottobre 1979 .
Alla domanda del Dott. Paci, rivolta al Sinacori , se con le Dichiarazioni del Collaboratore di Giustizia Vincenzo Calcara sono stati arrestati o condannati uomini di ” cosa nostra” , il Sinacori risponde di no, in quanto Calcara non aceva parte di ” cosa nostra” e non poteva fare danni a uomini d’ onore ma , cosa molto strana , si ricorda solo di Antonio Vaccarino che era innocente . Smentisco questa affermazione del Sinacori elencando tutti i nomi di uomini di ” cosa nostra” che sono stati arrestati e condannati in via definitiva per 416 bis – e , tanti di questi per traffico internazionale di droga insieme al Vaccarino .
CIULLA SALVATORE , collaboratore di Giustizia , condannato a 4 anni e mesi sei di reclusione
SPEZIA NUNZIO , condannato alla pena di anni 10 di reclusione , conosciuto dal Sinacori come capo della famiglia mafiosa di Campobello di Mazzara . Ho parlato di SPEZIA NUNZIO , indicandolo come uomo d’ onore prima di Sinacori .
FURNARI SAVERIO , condannato alla pena di 13 anni di reclusione
FURNARI VINCENZO , condannato alla pena di anni 13 di reclusione
GRECO DOMENICO , condannato alla pena di anni 6 e mesi sei di reclusione
CIRROTTA GIOVANNI , condannato alla pena di anni 14 di reclusione
ERRANTE PARRINO PAOLO , condannato alla pena di anni 13 di reclusione
GUZZO ANTONINO , condannato alla pena di anni 8 e mesi sei di reclusione
INDELICATO ROSARIO , condannato alla pena di anni 12 di reclusione
INZERILLO TOMMASO , condannato alla pena di anni 10 di reclusione
LUPPINO FRANCESCO , condannato alla pena di anni 6 di reclusione
MARCIANTE GREGORIO , condannato alla pena di anni 8 e mesi sei di reclusione
MESSINA ANTONIO , condannato alla pena di anni 17 di reclusione
NIELI GIROLAMO , condannato alla pena di anni 13 e mesi sei di reclusione
SANTANGELO VINCENZO , condannato alla pena di anni 14 di reclusione
VULTAGGIO GIUSEPPE , condannato alla pena di anni 6 di reclusione
MESSINA DENARO FRANCESCO ,padre di Matteo Messina Denaro , condannato alla pena di anni 15 di reclusione . Ho parlato di FRANCESCO MESSINA DENARO prima del Sinacori .
Dopo tutti questi arresti che sono stati fatti dal Dott. Paolo Borsellino , il quale mi riteneva attendibilissimo , in seguito alle mie dichiarazioni , come puo’ il Collaboratore di Giustizia Vincenzo Sinacori affermare che io non facevo parte di ” cosa nostra e che non potevo fare danni ?
Tornando alle dichiarazioni del Sinacori , non solo non porta le prove su quanto avrebbe dichiarato Matteo Messina Denaro sulla mia persona , ma in molte dichiarazioni e’ palese la non veridicita’ delle sue dichiarazioni .
Sinacori , in una delle sue dichiarazioni rese al Processo che si sta svolgendo a Caltanissetta che vede imputato Matteo Messina Denaro , fa riferimento ad una riunione che il P.M Paci ha voluto datare ad ottobre 1991 , in cui , secondo il Sinacori , erano presenti i fratelli Graviano , Riina , Agate Mariano e Matteo Messina Denaro .
Di questa riunione , ne parla solo Sinacori , il quale riferisce di esserci andato perche’ glielo ha detto Agate Mariano.
Questa riunione pero’ non ha nessun riscontro , in quanto non la ricordano nemmeno i Collaboratori di Giustizia Tranchina e Geraci .
Tranchina era l’ autista dei fratelli Graviano , mentre Geraci era l’ autista di Matteo Messina Denaro. Entrambi i Collaboratori si sono sempre ricordati di tutti i posti , ma di questa riunione non ne hanno memoria . Anche di questo fatto il PM Paci non chiede un’ approfondimento .
Inoltre Sinacori , indica Francesco Messina Denaro come capo provincia di Trapani . In base a questo , all’ udienza del 3 aprile del 2019 a Caltanissetta , viene chiesto a Sinacori quand’ e’ che viene sostituito Francesco Messina Denaro dal ruolo di capo provincia e a pag . 38 -39 il Sinacori dichiara che Matteo Messina Denaro sostituisce il padre negli anni’80 , periodo in cui c’e’ stata una guerra che secondo il Sinacori ha condotto Matteo Messina Denaro perche’ il padre stava un pochino male . Il Sinacori si riferisce alla faida di Partanna iniziata nel 1987 , la faida tra gli Accardo e gli Ingoglia . Quindi , secondo il Sinacori , Matteo Messina Denaro a soli vent’ anni e’ diventato capo provincia . Nella faida di Partanna, muoiono Ingoglia Filippo e Pietro e Petralia Vincenzo . Come capo della faida di Partanna viene condannato Francesco Messina Denaro perche’ e’ l’ esecutore materiale e non Matteo Messina Denaro che e’ stato assolto fino in Cassazione . E’ chiara dunque la falsita’ delle dichiarazioni del Sinacori per quanto riguarda la faida di Partanna. Inoltre , il 20 febbraio 1989 si verifica un’ altro omicidio e, sia Sinacori , sia Brusca indicano colpevole Matteo Messina Denaro , ma viene condannato Francesco Messina Denaro e non Matteo Messina Denaro . Anche qui sono evidenti le bugie di Sinacori e Brusca ma il P. M Paci non fa nessuna contestazione e non ne parla nella sua requisitoria .
Un’ altro Collaboratore di Giustizia sulle cui dichiarazioni il PM Paci basa la sua requisitoria , e’ il Collaboratore di Giustizia Giovanni Brusca .
Nel Processo per l’ omicidio di Calogero Santangelo ucciso a Palermo nel 1981
, il Collaboratore di Giustizia Giovanni Brusca , che ha sempre affermato che io non facessi parte di ” cosa nostra” e che Matteo Messina Denaro gli diceva che non facevo parte di ” cosa nostra” e che ero un fradiciume , e’ stato uno degli esecutori di questo omicidio .
Giovanni Brusca aveva dato all’ A.G un movente del tutto falso . Aveva dichiarato che Francesco Messina Denaro ha chiesto il favore di uccidere il Santangelo , in quanto quest’ ultimo portava nella brutta strada il figlio Matteo facendolo incontrare con delle donne . Il Brusca non ha detto altro !!!
Il vero movente per cui e’ stato ucciso Calogero Santangelo l’ ho portato io dinnanzi alla Corte D’ Assise di Palermo che vedeva imputato oltre a Brusca ed altri anche Toto’ Riina come mandante, quest’ ultimo condannato all’ ergastolo per questo omicidio .
Innanzitutto Francesco Messina Denaro non ha ritenuto opportuno riferire il vero movente al Brusca , in quanto perdeva di prestigio , poiche ‘ il Santangelo era il figlioccio di battesimo di Francesco Messina Denaro e il suo fiore all’ occhiello . Il motivo per cui e’ stato ucciso il Santangelo e’ stato quello che il Santangelo ha rubato una partita di droga insieme ad Epifanio Tumbarello , quest’ ultimo ucciso in secondo tempo dall’ uomo d’ onore Luppino Francesco , uomo d’ onore della famiglia di Campobello di Mazzara .
Nella sentenza per l’ omicidio di Calogero Santangelo della Corte di Assise di Palermo , Sezione quarta , P. M. dott.ssa Lia Sava , Sentenza N. 11-2003 R.G.C. Assise N.11165-02 R.G.N.R N.1457-02 R.G. GIP , emessa il 26- 09-2006 , e’ stato creduto il movente da me fornito e non quello di Brusca . Vedasi pagine 539-540-541-542-543-544- Il Dott. Paci , nella sua requisitoria non cita questa sentenza .
Su questo, molto tempo dopo dalle mie dichiarazioni , a pagina 534 il Collaboratore di Giustizia Brusca afferma che Francesco Messina Denaro , ” capo del mandamento di Castelvetrano ” rivolse a Salvatore Riina la richiesta di uccidere il Santangelo stigmatizzando pesantemente la mancanza di ” rispetto ” ed i comportamenti da ” ladro ” tenuti dal Santangelo . VEDASI FURTO DI DROGA COMMESSO DAL SANTANGELO , FATTO DA ME DICHIARATO AL DOTT. BORSELLINO .
Su cio’ che afferma il Brusca , riguardo al fatto che io non appartenevo a ” cosa nostra” lo smentisco categoricamente anche per un altro fatto che ritengo molto piu’ importante , cioe’ il notaio Albano , quest’ ultimo chiamato in causa da Brusca per quanto riguarda il vassoio d’ argento che il notaio , su incarico di Andreotti , ha regalato per il matrimonio ad una delle figlie dei cugini Salvo , uomini d’ onore di Salemi . Vedasi processo Andreotti .
Non ho mai capito il perché il Brusca , che all’ interno di ” cosa nostra ” era un uomo di grande spessore , non ha mai parlato o non ha mai saputo della potenza del notaio Albano all’ interno di ” cosa nostra” .
Io , Vincenzo Calcara , porto una prova micidiale che sono stato il primo a fare il nome del notaio Albano per fatti molto piu’ importanti di quelli dichiarati da Brusca .
Nella sentenza di primo grado del Tribunale di Roma , Presidente Mario Almerighi , emessa in data 5-06-2003 – successivamente alla sentenza di Caltanissetta che non mi ha ritenuto attendibile – e’ stato confermato con le mie dichiarazioni un trasporto di dieci miliardi di vecchie lire nel 1981 , al quale hanno partecipato Francesco Messina Denaro , Antonio Vaccarino, Stefano Cannata , Vincenzo Furnari , il Maresciallo dei Carabinieri Giorgio Donato e altri – reato prescritto per quest’ ultimi e tanti altri uomini d’ onore .
Questi soldi sono stati consegnati a casa del Notaio Albano , quest’ ultimo , quel giorno , li ha consegnati nelle mani del vescovo Marcinkus per riciclarli nella banca del Vaticano . Questi soldi appartenevano alla famiglia mafiosa di Castelvetrano .
Al contrario di Brusca , ho portato le prove su chi era in realta’ il notaio Albano , prove riscontrate . Prima di Brusca , sono stato io a fare il nome del notaio Albano , sconosciuto dalla Magistratura e
sono stato il primo a dichiarare alla Magistratura che il notaio Albano era un membro dei Cavalieri del Santo Sepolcro insieme a Marcinkus , che era di casa dentro il Vaticano , che era nato a Borgetto , provincia di Palermo , che aveva una moglie straniera e una figlia adottiva . In piu’ ho portato gli inquirenti presso l’ abitazione del notaio Albano .
Il Brusca non ha mai parlato di cio’ che io , prima di lui , avevo detto .
Oltre ad aver citato la sentenza di primo grado , cito anche la sentenza di secondo grado nella quale sono stato assolto , cosi’ come nella sentenza di primo grado , dal reato di calunnia per non aver commesso il fatto :
Corte D’ Appello di Roma R.g.1628-04 N. 115-05 , composta dai seguenti magistrati : Dott. Enzo Costanzo , Presidente , Dott. Eugenio Bettiol , consigliere, Dott. Raffaele De Luga Comandini , Consigliere . .
Nelle motivazioni di questa sentenza vengono citati quei pentiti che mi smentiscono : Ferro Giuseppe , Sinacori Vincenzo , Patti Vincenzo e Brusca Giovanni che non sono stati creduti ne’ tenuti in considerazione .
Sempre per quanto riguarda il Collaboratore di Giustizia Giovanni Brusca, a pagina 5-6 Il Giudice Dott.ssa Vincenzina Massa , Tribunale di Palermo , sez . Del Giudice per le indagini preliminari , letti gli atti del procedimento penale N.1323-98 R.G.N.R 5430-98 RGGIP, ha riscontrato che ” Sin dal primo approccio emergeva chiaramente che il Brusca ha progettato un sofisticato piano di depistaggio finalizzato a salvare da conseguenze di tipo giudiziario alcune persone e soprattutto a destabilizzare alcuni processi . Il Brusca voleva inserire nelle sue dichiarazioni elementi di contrasto con quelle di altri attendibili Collaboratori di Giustizia , allo scopo di metterne in dubbio la credibilita’ complessiva . ” A pagina 4 , il Brusca cita un uomo di ” cosa nostra” , Carlo Greco. Io sono stato il primo a indicare Carlo Greco come uomo di ” cosa nostra ”e coinvolto nel traffico di droga .
Inoltre , a pagina 535-537 il Brusca cita il nome di Pino Clemente indicandolo come ” uomo d’ onore” di Castelvetrano . Prima di Brusca , all’ inizio della mia collaborazione , quando ho parlato dell’ omicidio Lipari al Giudice Borsellino e ai suoi Sostituti , sono stato io il primo a dichiarare l’ appartenenza a ” cosa nostra ” di Giuseppe Clemente , il quale contribui’ all’ omicidio di Vito Lipari .
Infine a pagina 380 viene evidenziato che il Brusca Giovanni venne condannato per calunnia nei confronti del proprio fratello Enzo Salvatore Brusca per il sofisticato piano di depistaggio da lui attuato . Anche su questo il P.m Paci nella sua requisitoria non fa cenno e non fa nessuna contestazione a Brusca.
Inoltre , per quanto riguarda l’ omicidio di Milazzo Vincenzo , le dichiarazioni di Brusca rese dal 1996 al 1999 sono diverse dalle dichiarazioni rese il 09 /01/2018 .
Nel verbale del 30/01/1999 a pagina 160 Brusca dichiara di non ricordare se , nel 1992 , durante la decisione per uccidere Milazzo era presente Francesco Messina Denaro o se invece era presente solo Matteo o se invece erano presenti entrambi . All’ udienza del 09 /01/2019 , a Caltanissetta , Brusca invece dichiara di non sapere se era presente Francesco Messina Denaro ma di sicuro era presente Matteo Messina Denaro.
E’ palese come il Brusca abbia cambiato versione riguardo la decisione per uccidere Milazzo Vincenzo .
Inoltre, in riferimento alla riunione del dicembre 1991 in cui Riina decide di fare la guerra allo Stato in cui si devono colpire Falcone , Borsellino , Lima , Ando , Grasso ecc , il primo a parlare di questa riunione fu il Collaboratore di Giustizia Giuffre’ , il quale , oltre ad indicare il luogo , dichiara che a quella riunione , oltre a Riina , parteciparono anche Brusca e Cancemi .
Sia Brusca , sia Cancemi , fino al 2004 non parlano di questa riunione , dicono di non ricordarsela . Iniziano a ricordarsela a partire dal 2004 .
Pero’ , sia Brusca , sia Cancemi indicano un luogo diverso da quello indicato da Giuffre’ . Inoltre , Brusca dice di non sapere se era presente Giuffre alla riunione perche’ Brusca alle riunioni aveva l’ abitudine di limarsi le unghie , mentre Cancemi non si ricorda se c’era Giuffre’ .
Anche qui e’ evidente quanta confusione e inesattezze ci siano nelle dichiarazioni di Brusca .
Anche su questo il Dott. Paci non fa nessuna contestazione a Brusca e non ne parla nella sua requisitoria .
Un’ altro Collaboratore di Giustizia a cui fa riferimento il P.M Paci durante la sua requisitoria e’ Francesco Geraci .
Di Geraci ricordo un episodio di quando eravamo ragazzi . Io e uno dei miei fratelli abbiamo picchiato sia lui che suo fratello . Abitavamo a Castelvetrano nella stessa via , Via XX settembre .
Geraci ha dichiarato di essersi fatto un sacco di risate insieme ad altri mafiosi quando venivano rassicurati da Matteo Messina Denaro per quanto riguarda Calcara , il quale ammetteva di esserne il suggeritore e manovratore .
Smentisco categoricamente quanto dichiarato da Geraci , poiche’ in ventisette anni di Collaborazione con la Giustizia non e’ mai emerso che io fossi suggerito e manovrato da Matteo Messina Denaro !!! Questo e’ totalmente falso, assurdo e inventato o da Geraci o da Matteo Messina Denaro nel caso in cui glielo avrebbe riferito !!!
Sempre per quanto riguarda Geraci , il Collaboratore di Giustizia Bono Pietro dichiara che quando si trovava in carcere con Geraci , quest’ ultimo gli dice che Francesco Messina Denaro sta male da dieci – quindici anni e lo stesso Geraci riferisce di averlo saputo dal figlio Matteo Messina Denaro , il quale si era messo a piangere .
Pero’ nessun Collaboratore di Giustizia conferma questa lunga malattia di Francesco Messina Denaro .
Addirittura , il Collaboratore di Giustizia Ferro , il 5 aprile 2019 , al processo di Caltanissetta a pagina 72 ,fa riferimento ad una riunione del settembre del 1991 in cui si decideva la morte di Calvaruso , dichiara che oltre a lui , il cui incarico di partecipare alla riunione gli venne data dal mafioso Milazzo per sostituirlo , era presente Francesco Messina Denaro ed era li seduto senza bisogno di essere sostituito , infatti , dichiara Ferro , Matteo Messina Denaro e’ fuori perche’ non e’ autorizzato a sedersi a quella tavola .
Inoltre, riguardo l’ omicidio di Lombardo Gaspare , uomo d’ onore
di Campobello di Mazara , avvenuto il 28 luglio del 1991 , la Corte d’ Assise di Trapani , sentenza Omega , pagina 2019 dice che la morte di Lombardo venne decisa da Francesco Messina Denaro poiche’ ne aveva il potere essendo capo mandamento e godeva di potere e prestigio da avere la possibilita’ di adottare autonomamente una decisione di tal genere .
Un dato importante lo si puo’ riscontrare anche nell’ autopsia , poiche’ risulta che Francesco Messina Denaro e’ morto di infarto e non aveva altre malattie . L’ autopsia e’ riportata nell’ ordinanza di custodia cautelare a pagina 107 e fa riferimento ad una disfunzione cardiaca e non viene riscontra nessuna malattia .
E’ evidente che le dichiarazioni del Collaboratore di Giustizia Geraci non hanno nessun riscontro . Anche di questo il P.M Paci non ne parla nella sua requisitoria . Il P.M Paci , sempre nella sua requisitoria , fa anche riferimento al Collaboratore di Giustizia Angelo Siino .
Per quanto riguarda il Collaboratore di Giustizia Angelo Siino , quest’ ultimo il 22 -12 -1998 venne ascoltato dal Sostituto Procuratore della Repubblica DDA di Palermo Dott. Biagio Insacco , a pagina 1-2 ha dichiarato ” Conosco il Vaccarino da una quindicina d’ anni essendo entrambi massoni . Mi fu presentato da un uomo politico di Menfi come fratello massone ” PER QUEL CHE IO SO , FACCIO PRESENTE CHE FRATELLI MASSONI SI RIMANE PER TUTTA LA VITA , COMPRESI I FRATELLI MASSONI ” IN SONNO ” , PER CUI NON MI E’ DIFFICILE CAPIRE CHE IL SIINO ABBIA INTERESSE NEL PROTEGGERE IL VACCARINO ESSENDO ENTRAMBI MASSONI !!!
Inoltre , Siino ha affermato ” Ebbi occasione , nel 1987 , di sentire parlare a Castelvetrano del Vaccarino . Messina Denaro Francesco e suo figlio Matteo mi dissero che erano in grado di far fare al Vaccarino qualsiasi cosa ” .
QUESTA E’ UN’ ULTERIORE CONFERMA DEI RAPPORTI CHE VI ERANO TRA IL VACCARINO , FRANCESCO MESSINA DENARO E IL FIGLIO MATTEO ,
Siino inoltre dichiara che Il Furnari diceva altresi’ , che il Maresciallo dei Carabinieri Canale , a suo parere sostenuto dal Procuratore Borsellino , aveva manovrato il Calcara , facendo in modo che lo stesso dicesse un sacco di fesserie . E gli veniva anche detto dal Furnari , dal Battista e dall’ Avv. Messina che le accuse a loro mosse dal Calcara erano tutte frutto di tragedie del Canale che aiutava gli ” amici ” e per mezzo di Calcara coinvolgeva giudiziariamente gli innocenti ” .
FACCIO PRESENTE CHE CON PROVE SCHIACCIANTI IL FURNARI E L’ AVV. ANTONIO MESSINA SONO STATI RITENUTI UOMINI D’ ONORE E CONDANNATI PER 416 BIS . VEDASI SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE , PROCESSO ALAGNA PIU’ 30 .
Infine, Il Collaboratore di Giustizia Siino dichiara che gli e’ stato riferito che Calcara e’ uno strumento del Maresciallo Canale . Voglio precisare che dietro il Canale vi era sempre la ” manuzza” del Dott. Borsellino ”.
ANZITUTTO TENGO A PRECISARE CHE IL SIINO CONFERMA , DOPO DI ME , L’ APPARTENENZA A ” COSA NOSTRA ” DI SAVERIO FURNARI E ANTONIO MESSINA.
E’ ASSURDO , COME FALSAMENTE QUEST’ ULTIMI AFFERMANO, CHE IO SIA STATO MANOVRATO DAL MARESCIALLO CANALE E DAL DOTT. BORSELLINO !!!
COME EMERGE FINO IN DATA ODIERNA , GLI INCONTRI TRA ME E IL MARESCIALLO CANALE SONO STATI TRE . IL PRIMO INCONTRO DURANTE IL PRIMO INTERROGATORIO CON LA DOTT.SSA TOSI , IL SECONDO QUANDO SONO STATO INTERROGATO DAL GIUDICE PAOLO BORSELLINO E IL TERZO QUANDO SONO STATO TRASFERITO DAL CARCERE DI MARSALA AL CARCERE DI TERMINI IMERESE . DOPODICHE’ NON HO MAI PIU’ VISTO IL MARESCIALLO CANALE , SONO ENTRATO NEL PROGRAMMA DI PROTEZIONE E I MIEI CONTATTI ERANO ESCLUSIVAMENTE CON IL DOTT. BORSELLINO , IL DOTT. NATOLI , IL DOTT. LO VOI , IL DOTT. PENNISI –
SONO VENUTO A CONOSCENZA , TRAMITE GIORNALI , CHE IL MARESCIALLO CANALE E’ STATO INDAGATO E PROCESSATO MI SEMBRA PER ESSERE STATO ACCUSATO DI ESSERE COLLUSO CON LA MAFIA IN QUANTO E’ STATO CHIAMATO IN CAUSA DA ALCUNI PENTITI . PER QUEL CHE MI RISULTA . , IL MARESCIALLO CANALE E’ STATO ASSOLTO DA QUESTA ACCUSA PER NON AVER COMMESSO IL FATTO , IN VIA DEFINITIVA . NEI PROCESSI CHE SI SONO SVOLTI A CARICO DEL MARESCIALLO CANALE , IO NON SONO STATO MAI CHIAMATO A TESTIMONIARE , PER IL FATTO CHE NON C’ERA ALCUN INDIZIO E NESSUNA PROVA CHE IL MARESCIALLO CANALE ABBIA POTUTO MANOVRARMI , POICHE’ TUTTO QUELLO CHE HO DICHIARATO SIN DALL’ INIZIO DELLA MIA COLLABORAZIONE SONO TUTTI FATTI CHE HO VISSUTO IN PRIMA PERSONA E CHE HO SPONTANEAMENTE DICHIARATO !!! .
Il PM Gabriele Paci , purtroppo afferma che io non abbia mai parlato di Matteo Messina Denaro .
Perche’ , nonostante il PM Paci parli di me nella sua requisitoria dicendo che io non ho mai fatto il nome di Matteo Messina Denaro, non sono mai stato chiamato a testimoniare nel processo per la strage di Via d ‘Amelio ?
Se fossi stato chiamato a testimoniare avrei risposto a tutte le contestazioni , in particolare per quanto riguarda Matteo Messina Denaro .
Sono anni che parlo di Matteo Messina Denaro a diversi magistrati e mando email al Dott. Paci per essere ascoltato e , in merito ,ho sempre ritenuto importante sottolineare
che nel 1991 Francesco Messina Denaro mi ha dato l’ incarico di uccidere il Dott. Borsellino a casa dell’ ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino e, in quella occasione era anche presente Matteo Messina Denaro , con il quale erano 11 anni che non ci vedavamo e ricordo che l’ ultima volta che l’ ho visto e’ stato nel 1980 , poco tempo prima che Francesco Messina Denaro e Antonio Vaccarino mi mandassero a lavorare all’ Aeroporto di Linate- Milano con l’incarico di far entrare morfina base e droga dalla Turchia . Vedasi processo alagna piu’ 30 .
In quel periodo Matteo Messina Denaro aveva neanche 18 anni . Da quel momento non ho più visto Matteo Messina Denaro in quanto dal 1982 al 1990 ero in carcere.
Quando nell’autunno del 1991 ho visto che a casa del Vaccarino c’era anche Matteo Messina Denaro , quest’ ultimo mi e’ venuto incontro abbracciandomi , baciandomi e riferendomi che era a conoscenza del mio arrivo ed era anche a conoscenza del piano organizzato per quanto riguarda il Dott. Borsellino .
In quella occasione Matteo Messina Denaro mi ha detto ” Non ho mai dimenticato quando da ragazzino ho litigato e tu mi hai difeso e mi ricordo che avevi preso due pugni al naso e ti scorreva il sangue e quando mi hai accompagnato a casa mia , mio padre ti ha curato e ti ha fatto un regalino e mio padre mi ha detto che da quel momento in poi mi dovevo fidare di Vincenzo che ha dimostrato di volermi bene ”
Tengo inoltre a precisare che quando sono entrato a far parte di ” cosa nostra ” , il 4 ottobre 1979 , Matteo Messina Denaro aveva 17 anni e io ero alle strette dipendenze esclusivamente del padre Francesco , di Antonio Vaccarino e di Michele Lucchese .
Quando nell’ autunno del 1991 – ero latitante- ho incontrato Matteo Messina Denaro , gia’ adulto in quanto aveva 29 anni , non sapevo il suo ruolo all’ interno della famiglia mafiosa di Castelvetrano , ma in quella occasione il suo ruolo era anche di partecipare per uccidere il Dott. Paolo Borsellino e ho capito che tra lui e il padre c’era una perfetta simbiosi, come se erano la stessa persona .Contrariamente a quanto dichiarato da alcuni Collaboratori di Giustizia durante il Processo che si sta celebrando a Caltanissetta che vede imputato Matteo Messina Denaro , posso affermare per cognizione diretta che quando Francesco Messina Denaro mi diede l’ incarico di uccidere il Dott. Paolo Borsellino Francesco Messina Denaro era a tutti gli effetti il capo assoluto della famiglia mafiosa di Castelvetrano e del mandamento e non lo era il figlio Matteo. Tanto e ” vero che la cupola ha dato a Francesco Messina Denaro l- incarico di organizzare un piano per uccidere il Giudice Borsellino e , nello stesso di mettere a disposizione un valido soldato riservato della famiglia affinche ” partecipasse all” omicidio .Tengo a specificare che in quella occasione Francesco Messina Denaro era in piena forma e in ottima salute. Se dopo la mia Collaborazione, iniziata subito dopo il mio arresto avvenuto il 5 novembre1991, Matteo Messina Denaro ha preso il posto del padre o che Matteo sia uno dei mandanti , questo io non lo so e sono sicuro che la Corte di Assise di Caltanissetta sapra ” giudicare la posizione di Matteo Messina Denaro , che per me e” e rimane sempre un carnefice che ha sparso tantissimo sangue .
Quando ho iniziato la mia collaborazione con il Dott. Borsellino, oltre ad essere stato il primo ad avvertirlo che era stato organizzato un piano per ucciderlo quando era Procuratore a Marsala . le mie dichiarazioni erano centrate su Francesco Messina Denaro , Vaccarino e tanti altri uomini d’ onore .
Siccome con Matteo Messina Denaro non avevo fatto nessun reato , il Dott. Borsellino non aveva elementi sufficienti da parte mia per farlo arrestare ma voleva comunque occuparsi di Matteo in un secondo tempo , infatti ricordo bene che poco tempo prima di morire , il Dott. Paolo Borsellino mi aveva detto che oltre alle altre cose di cui dovevo parlargli , avrei dovuto chiarire la posizione di Matteo Messina Denaro . Anche di questo il Dott. Paci nella sua requisitoria non ne parla !!!
Una prova schiacciante , una prova ineluttabile , che conferma che io dicevo la verita’ e che ho fatto di tutto per salvare la vita del Giudice Paolo Borsellino e che il Pm Dott. Paci non cita minimamente e’ la copia dell Informativa scritta dal Generale dei Carabinieri Antonio Viesti il 20 giugno 1992 ,nella quale dichiara che il Dott. Borsellino era in serio pericolo di vita per gli arresti che aveva fatto nel trapanese un mese prima , precisamente nel mese di maggio .
Gli arresti a cui si riferisce il Generale Viesti , sono gli stessi arresti che il Dott . Paolo Borsellino , il Dott. Francesco Lo Voi e il Dott. Gioacchino Natoli avevano fatto fare tramite le mie dichiarazioni . Vennero arrestati , oltre ad Antonio Vaccarino , tantissimi uomini di ” cosa nostra” sconosciuti all’ A.G .
Cito un arresto in particolare , Francesco Luppino , uomo d’ onore della famiglia di Campobello di Mazzara , arrestato ultimamente dalla D.D.A di Palermo per favoreggiamento a Matteo Messina Denaro tramite ”pizzini”.
Sempre riguardo il piano per uccidere il Dott. Paolo Borsellino , non l’ ho riferito solo all’ inizio della mia collaborazione risalente al mese di dicembre del 1991 , ma l’ ho riferito anche nel mese maggio-giugno del 1992 , pochissimo tempo prima dalla strage , in Corte D’ Assise D’ Appello di Palermo , Presidente Barreca , dove si svolgeva il processo per l’ omicidio del sindaco di Castelvetrano Vito Lipari , nel quale erano imputati Nitto Santapaola , Francesco Mangion ed altri .
Dopo la morte del Dott. Paolo Borsellino si sono svolti tanti processi riguardo la strage di Via d’ Amelio , ma io non sono mai stato chiamato a testimoniare , anche se ho sempre insistito per essere ascoltato !!!
Da tantissimi anni riferisco che Brusca , Geraci , Sinacori , Siino e altri sono dei falsi pentiti . Nonostante lo abbia sempre dichiarato sia a Magistrati , sia mediaticamente sulla mia pagina e sul mio profilo faacebook, come mai questi Collaboratori di Giustizia non mi hanno mai denunciato ? Sicuramente hanno il timore che le mie verita’ e le prove che porterei demoliscano in toto le loro false dichiarazioni che cercano di unire ad altre loro dichiarazioni attendibili.
Ho sempre insistito per avere un confronto diretto con tutti questi Collaboratori di Giustizia che cercano di smentirmi senza alcuna prova e alcun riscontro , dalle dichiarazioni dei quali il P.M Paci si e ‘ basato costruendo le fondamenta di una lunga requisitoria al Processo che attualmente si sta svolgendo a Caltanissetta e che vede Matteo Messina Denaro imputato per essere il mandante della strage di Via d’ Amelio .
Ho sempre chiesto e continuero’ a chiedere di essere ascoltato e di essere messo a Confronto con i Collaboratori di Giustizia fin ora citati, poiche’ non posso permettere che anche una sola dichiarazione infondata da parte di alcuni Collaboratori di Giustizia possa minimamente inquinare o fuorviare la strada che porta alla vera Verita’ sulla morte del Dott. Paolo Borsellino .
Come ho gia detto , sono stato il primo ad avvertire il Dott. Borsellino che era stato organizzato un piano per ucciderlo quando era Procuratore a Marsala .
Gia solo per questo motivo sarei dovuto essere ascoltato nel processo che si sta celebrando a Caltanissetta , ma il Dott . Paci questo non lo ritiene importante , negandomi cosi’ il diritto di poter contribuire , tramite le mie dichiarazioni a ricostruire la Verita’ per quanto riguarda la strage di Via d’ Amelio .
Per il PM Paci io ero un collaboratore che ha inquinato l’ acqua nel pozzo , per chiarire i vertici della mafia trapanese , e che con le mie dichiarazioni ho spostato l’ attenzione degli inquirenti dai Messina Denaro su Mariano Agate senza che io abbia mai fatto , secondo il PM Paci , il nome di Matteo Messina Denaro e che io davo solo false notizie .
In base a quanto affermato dal PM Paci , ho ritenuto doveroso rispondere a tutte queste contestazioni e sono fiducioso che questi miei chiarimenti ricchi di riscontri possano essere utili alla Corte al processo in corso e spero possano far riflettere il P.M Gabriele Paci su quanto da lui stesso dichiarato sulla mia persona .9.8.2020


Nel Processo che si sta svolgendo a Caltanissetta per la Strage di Via d Amelio , il Collaboratore di Giustizia Vincenzo Sinacori , afferma che Matteo Messina Denaro gli aveva detto che io ero stato costruito e istruito a dovere dal Dott. Paolo Borsellino e che non facevo parte di” cosa nostra “,circostanza confermata anche da un altro Collaboratore di Giustizia , Geraci.

Tutto cio e totalmente falso e mi chiedo come questi Collaboratori di giustizia possano affermare simili assurdita ‘ !!!
Per quanto riguarda queste affermazioni , durante la requisitoria , il P. M Dott. Gabriele Paci ha dichiarato che il pensiero ignorante dei mafiosi che un Giudice possa suggerire delle falsita ‘da far dire poi dal Collaboratore di Giustizia e totalmente falso , ma nello stesso tempo il Dott. Paci avrebbe presupposto che io sia un Collaboratore di Giustizia eterodiretto .Il termine eterodiretto , nel vocabolario della lingua italiana si riferisce a chi lascia che le proprie azioni vengano guidate dagli altri , essendo privo di autonomia decisionale .
Tengo a specificare che tutto cio ‘ che ho dichiarato sin dall ‘ inizio della mia Collaborazione con la Giustizia , l’ ho sempre dichiarato spontaneamente con prove e riscontri e per cognizione diretta , senza che nessuno mi guidasse , poiche’ , se cosi ‘non fosse stato , le uniche persone che avrebbero potuto gestire la mia collaborazione erano i Magistrati con cui ho collaborato , ovvero il Dott. Paolo Borsellino e i suoi fidatissimi .Sostituti Procuratori Francesco Lo Voi e Gioacchino Natoli .
Per questo motivo , quindi che io sia un pentito eterodiretto e’ una deduzione totalmente assurda !!!
Il Dott. Paci , sempre nella sua requisitoria , afferma che erroneamente il Collaboratore di Giustizia Leonardo Messina e Vincenzo Calcara hanno indicato Agate Mariano come capo della Provincia di Trapani .
Preciso che io e Leonardo Messina non ci siamo mai conosciuti ne incontrati .
Leonardo Messina e- stato ascoltato nel Processo di Caltanissetta per la strage di Via d- Amelio .
Io non sono stato chiamato a testimoniare !!! Ma continuero’ fino alla fine a chiedere di essere ascoltato per chiarire ogni equivoco e chiedero ‘ soprattutto di poter fare dei confronti diretti con i Collaboratori Brusca , Geraci e Sinacori , quest’- ultimo e’ – stato smentito dal Collaboratore di Giustizia Maurizio Avola per quanto riguarda l- omicidio dell- ex Sindaco di Castelvetrano Vito Lipari , al quale ho partecipato con il ruolo di copertura ai killers .
Si continua anche ad affermare che io non abbia mai parlato di Matteo Messina Denaro . Perche- , nonostante si parli di me , non sono mai stato chiamato a testimoniare nel processo per la strage di Via d- Amelio ?
Se fossi stato chiamato a testimoniare avrei risposto a tutte le contestazioni , in particolare per quanto riguarda Matteo Messina Denaro .
Sono anni che parlo di Matteo Messina Denaro a diversi magistrati e , in merito ,ho sempre ritenuto importante sottolineare che nel 1991 Francesco Messina Denaro mi ha dato l’ incarico di uccidere il Dott. Borsellino a casa dell’ ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino e, in quella occasione era anche presente Matteo Messina Denaro , con il quale erano 11 anni che non ci vedavamo e ricordo che l’ ultima volta che l’ ho visto e’ stato nel 1980 , poco tempo prima che Francesco Messina Denaro e Antonio Vaccarino mi mandassero a lavorare all’ Aeroporto di Linate- Milano con l’incarico di far entrare morfina base e droga dalla Turchia .
In quel periodo Matteo Messina Denaro aveva neanche 18 anni .
Quando nel 1991 ho visto che a casa del Vaccarino c’era anche Matteo Messina Denaro , quest’ ultimo mi e’ venuto incontro abbracciandomi , baciandomi e riferendomi che era a conoscenza del mio arrivo ed era anche a conoscenza del piano organizzato per quanto riguarda il Dott. Borsellino .
In quella occasione Matteo Messina Denaro mi ha detto ” Non ho mai dimenticato quando da ragazzino ho litigato e tu mi hai difeso e mi ricordo che avevi preso due pugni al naso e ti scorreva il sangue e quando mi hai accompagnato a casa mia , mio padre ti ha curato e ti ha fatto un regalino e mio padre mi ha detto che da quel momento in poi mi dovevo fidare di Vincenzo che ha dimostrato di volermi bene ”
Tengo inoltre a precisare che quando sono entrato a far parte di ” cosa nostra ” , il 4 ottobre 1979 , Matteo Messina Denaro aveva 17 anni e io ero alle strette dipendenze esclusivamente del padre Francesco , di Antonio Vaccarino e di Michele Lucchese .
Quando nell’ autunno del 1991 – ero latitante- ho incontrato Matteo Messina Denaro , gia’ adulto in quanto aveva 29 anni , non sapevo il suo ruolo all’ interno della famiglia mafiosa di Castelvetrano , ma in quella occasione il suo ruolo era anche di partecipare per uccidere il Dott. Paolo Borsellino e ho capito che tra lui e il padre c’era una perfetta simbiosi, come se erano la stessa persona .
Quindi non avevo nessun dubbio che Matteo Messina Denaro stesse organizzando la strage insieme al padre .
Quando ho iniziato la mia collaborazione con il Dott. Borsellino, le mie dichiarazioni erano centrate su Francesco Messina Denaro , Vaccarino e tanti altri uomini d’ onore .
Siccome con Matteo Messina Denaro non avevo fatto nessun reato , il Dott. Borsellino non aveva elementi sufficienti da parte mia per farlo arrestare ma voleva comunque occuparsi di Matteo in un secondo tempo , infatti ricordo bene che poco tempo prima di morire , il Dott. Paolo Borsellino mi aveva detto che oltre alle altre cose di cui dovevo parlargli , avrei dovuto chiarire la posizione di Matteo Messina Denaro .
Dopo la morte del Dott. Paolo Borsellino si sono svolti tanti processi riguardo la strage di Via d’ Amelio , ma io non sono mai stato chiamato a testimoniare , anche se ho sempre insistito per essere ascoltato !!! 12.7.2020


RICHIESTA DI AUDIZIONE firmata da me e dal mio Avvocato che ho inviato al Presidente della Corte d’ Assise di Caltanissetta e alla Procura di Caltanissetta , dove si sta svolgendo il processo per la strage di Via D’ Amelio che vede imputato Matteo Messina Denaro .
Nel processo che si sta tenendo a Caltanissetta, vengono ascoltati alcuni pentiti che in mezzo a Verita’ , purtroppo aggiungono anche delle menzogne !!! Purtroppo questi pentiti , oltre a depistare nel processo , al contrario di altri pentiti che non mi hanno mai smentito , affermano che io non sia un pentito attendibile , che sono un fradiciume e che Matteo Messina Denaro gli abbia detto che io non facevo parte di ” cosa nostra” e che non potevo fare danni . Per questo motivo ritengo molto importante avere un confronto e smentire questi pentiti , in particolare Giovanni Brusca e Vincenzo Sinacori .
Sarebbe inconcepibile il fatto che non mi venga data la possibilita’ di avere un confronto con questi pentiti che hanno fatto il mio nome , poiché se non venissi messo a confronto e le menzogne di questi pentiti nei miei confronti venissero credute, verrebbe meno agli occhi di tutti la professionalita’ di Paolo Borsellino , del Procuratore Francesco Lo Voi e del Dott. Gioacchino Natoli , bracci destri di Paolo Borsellino . Oltre a quest’ ultimi , verrebbe meno anche la professionalita’ di altre decine di Magistrati ,Presidenti di Tribunale e di Corte d’ Assise e per finire di tantissimi Magistrati della Suprema Corte di Cassazione , compresi i Presidenti, che mi hanno sempre ritenuto attendibile !!! Mi meraviglio molto che tutti questi Illustri Magistrati non sono stati mai chiamati a deporre a Caltanissetta !!! Inoltre , se le menzogne di questi pentiti nei miei miei confronti venissero credute, non avrebbe valore ne’ senso nemmeno l’ informativa scritta dal Generale dei Carabinieri Antonio Viesti , nella quale affermava che Paolo Borsellino era in serio pericolo di vita per gli arresti che aveva fatto nel trapanese , arresti che sono stati fatti tramite le dichiarazioni che ho fatto al Dott. Paolo Borsellino. Sapete benissimo che Paolo Borsellino ha creduto in me , sapete perfettamente che ho fatto di tutto per salvargli la vita , mettendolo subito a conoscenza che era stato organizzato un piano per ucciderlo e siete anche a conoscenza di quel straordinario rapporto umano che si era creato tra me e Paolo Borsellino e , in seguito , con tutta la famiglia Borsellino !!! Non potro’ mai dimenticare le parole che il Dott. Paolo Borsellino mi disse durante il mio travaglio interiore : ” Vincenzo , chi ha paura muore ogni giorno , chi non ha paura muore una sola volta” ed ” E’ bello morire per cio’ che si crede” . Queste frasi che Paolo Borsellino mi ha detto sono diventate un’ icona .
Inoltre , se non venissi ascoltato e non mi venisse data la possibilita’ di smentire questi pentiti , si dovrebbero rifare tutti i processi in cui , tramite le mie dichiarazioni che ho fatto a Paolo Borsellino e, in seguito , ad altri magistrati , sono stati condannati tantissimi uomini di ” cosa nostra ” , compreso l’ ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino , Francesco Messina Denaro – il padre di Matteo- , che e’ stato condannato in primo grado a quindici anni di reclusione per 416 bis e traffico internazionale di droga quando era ancora vivo e latitante e tanti altri uomini d’ onore di grande spessore , tra i quali Saverio Furnari , Vincenzo Santangelo e Francesco Luppino , quest’ ultimo arrestato ultimamente con l’ accusa di favoreggiamento a Matteo Messina Denaro tramite ” pizzini”. Tengo a sottolineare che tutti questi uomini di ” cosa nostra ” erano sconosciuti e sono stato io il primo a citare i loro nomi portando prove schiaccianti . Solo dopo di me quegli stessi pentiti che adesso affermano che io non facessi parte di ” cosa nostra ” , hanno confermato la colpevolezza di questi uomini d’ onore sopracitati , escludendo solo il Vaccarino !!! Sempre questi pentiti , solo dopo di me , hanno confermato il piano che Francesco Messina Denaro , su incarico di Toto’ Riina , aveva organizzato per uccidere il Dott. Paolo Borsellino quando era Procuratore a Marsala . Vi ho elencato numerosissime motivazioni e ce ne sono ancora altre , come ad esempio il traffico di cocaina e armi tra la Sicilia e la Calabria – Processo Aspromonte nel quale sono stato ritenuto attendibile fino in Cassazione e l’ omicidio di Calogero Santangelo che , al contrario del movente che aveva dato Giovanni Brusca , e’ stato creduto fino in Cassazione il movente che solo io conoscevo e ho dato e , per concludere nel processo di revisione svoltosi presso la Corte d’ Assise di Catanzaro le mie dichiarazioni sono state determinanti per far assolve tre ragazzi innocenti che sono stati condannati e torturati ingiustamente per la strage di Alcamo Marina , per cui ritengo sia necessario che io venga chiamato a deporre a Caltanissetta !!! Confido di essere chiamato a deporre a Caltanissetta , in modo che la Corte possa valutare e chiarire definitivamente se io ho detto la Verita’ o se sono un soggetto portato al mendacio !!! Al contrario del falso pentito Scarantino e di altri falsi pentiti , io , in ventisette anni di Collaborazione con la Giustizia non sono stato mai condannato per calunnia ma sono stato assolto per ben quattro volte da questa infame accusa !!! 31.5.2019 Fonte: profilo FB Vincenzo Calcara


Processo a Matteo Messina Denaro – Procuratore Paci a Vincenzo Calcara: Forse sarebbe il momento di dire la verità  19 giugno 2020 |  Nel corso dell’udienza del “Processo a Matteo Messina Denaro accusato di essere uno dei mandanti degli attentati di Capaci e Via D’Amelio”, tenutasi a Caltanissetta venerdì 12 giugno, il Procuratore aggiunto Gabriele Paci, dopo aver ricostruito i rapporti tra “cosa nostra” palermitana e quella trapanese, con particolare riferimento a quelli tra Riina e altri mafiosi di primo piano dell’ala corleonese e i boss storici della provincia trapanese e i Messina Denaro, ha fornito uno spaccato raggelante della realtà castelvetranese, ricordando uomini come l’ex questore Germanà, e altri appartenenti alle forze dell’ordine, che furono tra i primi a individuare nei Messina Denaro elementi di spicco della consorteria mafiosa, furono esposti al rischio di essere uccisi o attaccati al fine di impedirne le indagini, mentre appartenenti all’organizzazione criminale risultavano essere in possesso di regolare porto d’armi. Il Procuratore ha ricostruito quanto emerso nel corso dei numerosi processi sulle stragi, ricordando come diversi collaboratori di giustizia con le loro propalazioni nel corso di tutti questi anni avrebbero dato un notevole contributo alle indagini. Secondo Paci, la causa di così tanti processi fu dovuta a chi allontanò gli inquirenti dalla verità. La si deve all’errore marchiano di aver ritenuto Mariano Agate a capo della mafia della provincia di Trapani, focalizzando quindi l’attenzione su di lui che, nella qualità di capo della provincia, e quindi componente della commissione regionale di “cosa nostra”, fu chiamato a rispondere per Capaci e per la cupola del Borsellino, riportandone condanne. “Al tempo l’attenzione si focalizza su Agate Mariano. Si focalizza su di lui perché viene indicato erroneamente come capo della provincia di Trapani, in particolare da Leonardo Messina e Vincenzo Calcara – afferma il Procuratore Paci – Ma è un errore marchiano, la fragilità di questa impostazione è emersa nel corso del processo, ma era emersa anche nel Capaci”. Secondo i giudici fu un errore al quale si rimediò in corso d’opera, perché alla fine effettivamente erano sorti dei contrasti e non era affatto sicuro che fosse lui, anzi probabilmente non lo era, il capo di “cosa nostra” trapanese,  però diede comunque un contributo sostanziale rafforzando la volontà di compiere la strage di Capaci. Nel corso dell’udienza il Procuratore Paci ha citato l’ex pentito Vincenzo Calcara che da tempo aveva chiesto di essere escusso nel corso di questo procedimento penale. Lex pentito che aveva indicato in Mariano Agate il capo provinciale di “cosa nostra” a Trapani, anziché indicarlo in Francesco Messina Denaro, del quale si definiva “uomo d’onore riservato”, Calcara aveva anche più volte scritto alla Corte d’Assise di Caltanissetta, sollecitando una sua escussione nel corso del processo chiedendo di essere sentito perché aveva indicazioni da dare su Matteo Messina Denaro. Calcara non è stato sentito. Perché? Il motivo lo spiega il Procuratore: “Perché Calcara è il signore che tace per anni il nome di Matteo Messina Denaro. È un collaboratore che nasce 91 come collaboratore come collaboratore di Borsellino. Spiega, dà tante indicazioni, ma non fa mai il nome di Matteo Messina Denaro al tempo in cui Matteo Messina Denaro uccideva e poi faceva le stragi. Sarebbe stato utile, se egli fosse effettivamente a conoscenza delle  gesta di Matteo Messina Denaro, sarebbe stato molto utile se ne avesse parlato nel 92 anziché  dire che il capo di “cosa nostra” era, neanche il padre Francesco , ma Agate Mariano.” A tal proposito, chi scrive, ricorda come durante telefonate intercorse con Vincenzo Calcara, ebbe a chiedere per quale motivo non disse subito che a “capo di cosa nostra” nella provincia di Trapani c’era Francesco Messina Denaro e per quale altra ragione non volle mai fare il nome di Matteo Messina Denaro, che pure ben conosceva essendo quasi coetanei e abitando nello stesso quartiere e avendo narrato dei loro rapporti fin da ragazzi nel libro dal titolo “Dai memoriali di Vincenzo Calcara – Le cinque entità rivelate a Paolo Borsellino”, scritto dalla giornalista Simona Mazza, che raccolse le testimonianze dell’ex pentito (analoghe testimonianze, sono pubblicate sul sito 19luglio1992). Alle domande in merito al ruolo di Francesco Messina Denaro e del perché non parlò di suo figlio Matteo, l’ex pentito affermò che Francesco Messina Denaro non poteva essere a capo di “cosa nostra” in quanto latitante (Riina, Provenzano e altri, non lo erano?) mentre di Matteo avrebbe spiegato successivamente perché non ne aveva parlato. I quasi trent’anni trascorsi dagli inizi della sua collaborazione, evidentemente, non permettevano ancora a Calcara di parlare di colui che se solo lo avesse indicato in quel lontano 1991, forse avrebbe impedito l’uccisione del Giudice Borsellino“Forse sarebbe il momento di dire la verità, lui e tanti altri – continua il Procuratore riferendosi a Calcara – proprio su questi punti oscuri che ancora impediscono di fare luce sulle ambiguità, sui misteri che ancora permangono nonostante i tanti processi celebrati nella ricostruzione di queste vicende”Paci sottolinea che Calcara dovrebbe  chiarire per quale motivo, a quel tempo, lui, anziché parlare di Matteo Messina Denaro, cioè nasce l’astro nascente, indicò in Mariano Agate il capo provinciale di “cosa nostra”. Agate Mariano, che certamente non era un uomo  secondo a nessuno per l’esperienza, è un  uomo che  è stato  imputato e condannato nel primo  maxi; è uno che dagli anni settanta fa traffico internazionale di stupefacenti ad altissimo livello. Cioè, qui  non parliamo di Agate Mariano come fosse un uomo  di secondo ordine, Agate Mariano è un uomo di  primo ordine, di prima grandezza nel panorama mafioso, ma non aveva la qualifica di  capo, di rappresentante della Provincia di Trapani. Qualifica che apparteneva a Messina Denaro  Francesco,  che cede in successione, con l’avallo di Totò Riina,  al figlio”. Già, perché Calcara indicò in Agate Mariano il capo di “cosa nostra” della provincia di Trapani e non Francesco Messina Denaro? Perché non fece il nome di Matteo, che durante quel periodo organizzava le stragi? “Perché – continua il Procuratore – il signor Calcara  abbia voluto indirizzarci verso qualcosa che non era  storicamente preciso e perché non abbia voluto riferire del signor  Matteo Messina Denaro quando era il momento di riferire,  questo forse potrebbe essere la spiegazione di tante vicende e anche un punto d’ interesse per le future indagini”. Sì, forse partendo proprio da Calcara si potrebbe iniziare a far chiarezza su molti aspetti oscuri delle stragi e su possibili connivenze tra appartenenti alle istituzioni e uomini di “cosa nostra”, tra intrecci politico-affaristici-mafiosi e quel qualcosa che oggi ancora stentiamo a credere e a nominare. Quel che più addolora chi scrive, sotto il profilo umano, è stata l’ignobile capacità del falso pentito Vincenzo Calcara di non aver fatto nulla per salvare la vita del compianto Giudice Borsellino rivelando chi realmente era a capo della consorteria mafiosa della provincia di Trapani, e aver ingannato i famigliari del Giudice, anch’essi traditi, come tradito da un amico fu Paolo Borsellino. Ingannati anche gli investigatori, i magistrati e i giornalisti, con la stessa facilità contenuta nelle sue parole, raccontate da un suo compagno di cella: “Per prender per fessi i Giudici e i Carabinieri, basta solo un po’ di fantasia”   Gian J. Morici La valle dei Templi


Vincenzo Calcara difende Matteo Messina Denaro e attacca il pm Gabriele Paci  Con un post su diversi dei profili Facebook dell’ex pentito Vincenzo Calcara, si è consumato il più vile attacco a un magistrato impegnato in un processo che vede imputato Matteo Messina Denaro. Si tratta del Procuratore aggiunto di Caltanissetta, Dott. Gabriele Paci, che è pm nel processo che vede imputato il latitante Matteo Messina Denaro per le stragi del ’92. Calcara, nel suo lungo sproloquio muove accuse al pm in merito all’escussione dei testi citati dalla procura, non risparmiando al magistrato pesanti illazioni relative a una testimonianza resa dallo stesso nel corso di un altro processo. “Durante la sua requisitoria – scrive Calcara – il P.M Gabriele Paci dà pieno credito a Collaboratori di Giustizia che, anche durante il Processo che vede imputato Matteo Messina Denaro, fanno dichiarazioni prive di senso, che spesso sono senza riscontri, in quanto si basano su deduzioni personali di questi Collaboratori di Giustizia.” In particolare, obiettivo dell’ex pentito, pare essere quello di screditare i collaboratori di giustizia che nel corso del processo hanno fornito testimonianze utili a dimostrare come le stragi nelle quali morirono i giudici Falcone e Borsellino furono organizzate nel 1991 a Castelvetrano, dove Matteo Messina Denaro incontrò i vertici di ‘cosa nostra’ per pianificare gli attentati. Calcara si sofferma sulla figura di Vincenzo Sinacori, collaboratore ritenuto attendibile, che sul ruolo di Francesco Messina Denaro e del figlio Matteo all’interno di ‘cosa nostra’ in quegli anni, ha dato un importante contributo alla giustizia, permettendo di ricostruire quale fosse la struttura dell’organizzazione nel territorio e di fare luce su gravi fatti di sangue. Se è pur vero che Sinacori, così come tanti altri collaboratori di giustizia hanno da sempre sostenuto che Vincenzo Calcara non facesse parte di ‘cosa nostra’, mettendone in discussione l’attendibilità, è altrettanto vero che in passato l’ex pentito non aveva mai attaccato con tanta veemenza quei magistrati che avevano raccolto le testimonianze di questi collaboratori e che avevano giudicato Calcara inattendibile. Non lo fece quando il giudice Alessandra Camassa disse che di Matteo Messina Denaro non ne aveva mai parlato. E neppure quando il pm Massimo Russo dichiarò che “Calcara è stato ritenuto da altri collaboratori di giustizia assolutamente non credibile, e preliminarmente non appartenente alla organizzazione mafiosa”, avendolo inoltre rinviato a giudizio per auto calunnia “per essersi accusato di far parte di cosa nostra”. Perché dunque tanta acrimonia nei riguardi del Dott. Gabriele Paci che lo ha definito un collaboratore di giustizia eterodiretto e un inquinatore di pozzi? “Il P.M Gabriele Paci mi definisce un inquinatore di pozzi, poichè ho affermato che Mariano Agate era il capo provincia di Trapani […] Si riferisce solo alla mia persona dimenticandosi che non sono stato solo io a indicare Agate Mariano come capo della provincia di Trapani, ma lo hanno indicato importanti Collaboratori di Giustizia”- scrive Calcara, aggiungendo in un successivo passaggio “Perchè tutto questo interesse da parte del Dott. Paci a screditare e diffamare la mia persona?” Calcara, indicò in Mariano Agate il capo di ‘cosa nostra’ trapanese, quando invece tale ruolo da anni era stato assunto da Francesco Messina Denaro, che già ai tempi della collaborazione dell’ex pentito con la giustizia veniva rappresentato in molte riunioni con i vertici anche regionali dell’organizzazione mafiosa dal figlio Matteo. Ma non è solo Vincenzo Sinacori che Calcara prova a screditare, la sua azione si spinge ben oltre, mettendo in discussione i tanti testi escussi nel corso del processo a Caltanissetta. “Da tantissimi anni riferisco che Brusca, Geraci, Sinacori, Siino e altri sono dei falsi pentiti . Nonostante lo abbia sempre dichiarato sia a Magistrati, sia mediaticamente sulla mia pagina e sul mio profilo faacebook, come mai questi Collaboratori di Giustizia non mi hanno mai denunciato? Sicuramente hanno il timore che le mie verità e le prove che porterei demoliscano in toto le loro false dichiarazioni che cercano di unire ad altre loro dichiarazioni attendibili. Ho sempre insistito  per avere un confronto diretto con tutti questi Collaboratori di Giustizia che cercano di smentirmi senza alcuna prova e alcun riscontro,  dalle dichiarazioni dei quali  il P.M Paci si è basato costruendo le fondamenta di una lunga requisitoria al Processo che attualmente si sta svolgendo a Caltanissetta e che vede Matteo Messina Denaro imputato per essere il mandante della strage di Via d’Amelio.” E qui sembra venir fuori il vero punctum dolens. Matteo Messina Denaro, così come sostiene la difesa del boss latitante, non deve essere condannato per quelle stragi, poiché all’epoca dei fatti non era lui, ma il padre, il capo della consorteria mafiosa. 

Una difesa del boss latitante che diventa ancora più chiara nei successivi passaggi del post:  Sinacori, in una delle sue dichiarazioni rese al Processo che si sta svolgendo a Caltanissetta che vede imputato Matteo Messina Denaro, fa riferimento ad una riunione che il P.M Paci ha voluto datare ad ottobre 1991, in cui, secondo il Sinacori, erano presenti i fratelli Graviano, Riina, Agate Mariano e Matteo Messina Denaro. Di questa riunione,  ne parla solo Sinacori , il quale riferisce di esserci andato perchè glielo ha detto Agate Mariano. Questa riunione però non ha nessun riscontro, in quanto non la ricordano nemmeno i Collaboratori di Giustizia Tranchina e Geraci. Tranchina era l’autista dei fratelli Graviano, mentre Geraci era l’ autista di Matteo Messina Denaro. Entrambi i Collaboratori si sono sempre ricordati di tutti i posti, ma di questa riunione non ne hanno memoria . Anche di questo fatto il PM Paci non chiede un approfondimento […] Inoltre, in riferimento alla riunione del dicembre 1991 in cui Riina decide di fare la guerra allo Stato in cui si devono colpire Falcone, Borsellino, Lima, Ando, Grasso ecc, il primo a  parlare di questa riunione fu il Collaboratore di Giustizia Giuffrè, il quale, oltre ad indicare il luogo, dichiara che a quella riunione, oltre a Riina, parteciparono anche Brusca e Cancemi. Sia Brusca, sia Cancemi, fino al 2004 non parlano di questa riunione, dicono di non ricordarsela. Iniziano a ricordarsela a partire dal 2004. Però, sia Brusca, sia Cancemi indicano un luogo diverso da quello indicato da Giuffrè. Inoltre, Brusca dice di non sapere se era presente Giuffrè alla riunione perche’ Brusca alle riunioni aveva l’abitudine di limarsi le unghie, mentre Cancemi non si ricorda se c’era Giuffrè. Anche qui è evidente quanta confusione e inesattezze ci siano nelle dichiarazioni di Brusca. Anche su questo – rimarca Calcara – il Dott. Paci non fa nessuna contestazione a Brusca e non ne parla nella sua requisitoria […] Il Collaboratore di Giustizia Bono Pietro dichiara che quando si trovava in carcere con Geraci, quest’ ultimo gli dice che Francesco Messina Denaro sta male da dieci – quindici anni e lo stesso Geraci riferisce di averlo saputo dal figlio Matteo Messina Denaro, il quale si era messo a piangere. Però nessun Collaboratore di Giustizia conferma questa lunga malattia di Francesco Messina Denaro […] Un dato importante lo si può riscontrare anche nell’autopsia, poichè risulta che Francesco Messina Denaro è morto di infarto e non aveva altre malattie. L’ autopsia è riportata nell’ ordinanza di custodia cautelare a pagina 107 e fa riferimento ad una disfunzione cardiaca e non viene riscontra nessuna malattia . È evidente che le  dichiarazioni del Collaboratore di Giustizia Geraci non hanno nessun riscontro. Anche di questo – conclude Calcara – il P.M Paci non ne parla nella sua requisitoria.”   LA VALLE DEI TEMPLI  

Fin qui l’ex pentito Vincenzo Calcara. Questa invece la strategia difensiva dei legali del boss latitante:  “Alla fase preparatoria degli attentati di Capaci e via D’Amelio a Palermo c’era il padre Francesco e non Matteo Messina Denaro. Anche perché il padre è morto nel 1998 a seguito di un infarto. E quindi questo smentisce la tesi accusatoria secondo cui il padre si sarebbe ritirato in quanto soffriva di una grave malattia. Matteo Messina Denaro non era presente alle riunioni e quindi non diede il suo assenso per le stragi. Essendo vivo il padre, lui non aveva titolo né per parteciparvi e neanche per esprimere un eventuale consenso”. È quanto hanno affermato gli avvocati Giovanni Pace e Salvatore Baglio, difensori di Matteo Messina Denaro, nella loro arringa difensiva nel processo che si celebra a Caltanissetta che vede il boss di Castelvetrano (Tp) accusato come mandante di entrambe le stragi. Il pm Gabriele Paci ha chiesto l’ergastolo. ANSA 10.8.2020


Ancora protetto? Il piccolo “mistero” dell’ex pentito Vincenzo Calcara  Ad onor del vero, quando si cita Vincenzo Calcara dovremmo scrivere di “misteri” e non di “mistero”, ma oggi è di un “mistero” che parleremo in particolare. Non quello di Calcara onnipresente ma assente dalle aule giudiziarie quando parte in causa, tanto da dichiararne l’irreperibilità, e neppure di omicidi confessati (riportati in sentenza per i quali non sappiamo se abbia mai subito procedimenti penali) e nemmeno del trasporto del tritolo destinato al Giudice Paolo Borsellino (dichiarato nei suoi memoriali e per il quale non sappiamo se sia stato neppure indagato) Accertato il fatto che Calcara non è scomparso, gode di ottima salute ed è presente sui social (tanto da dedicarmi un post) il “mistero” di oggi riguarda la sua storia di collaboratore di giustizia soggetto a “programma di protezione”. Stamattina, presso il Tribunale di Palermo, si è tenuta un’udienza scaturita da una querela per calunnia promossa dall’ex sindaco di Castelvetrano, Antonio Vaccarino – presente in aula – a carico di Calcara. Nonostante le rassicurazioni dell’ex pentito – via Facebook – in merito alla sua non irreperibiltà, anche oggi era assente. Così come in due precedenti udienze di altri processi. Neppure l’avvocato Antonio Terminelli del foro di Palermo, nominato difensore d’ufficio, è riuscito a rintracciarlo. Ma il “mistero”, è quello che è venuto fuori quando il giudice, la Dottoressa Rosini, ha chiesto al pubblico ministero se Calcara fosse ancora soggetto a programma di protezione. Come non meravigliarsi nel momento in cui il pubblico ministero non sapeva cosa rispondere? Eppure, da anni è risaputo che Vincenzo Calcara è uscito spontaneamente (come da sua dichiarazione) dal programma di protezione. Da anni, persino la stampa (es “L’Espresso”) ha riportato notizie stante le quali l’ex pentito oltre venti anni fa era  uscito dal programma di protezione. Ancor più preciso quanto scritto nella sentenza del processo per l’omicidio del giornalista Mauro Rostagno, che in merito a Calcara riporta testualmente: “Va detto subito che l’esame dibattimentale non ha offerto elementi che consentano di superare il giudizio assai poco lusinghiero che sulla credibilità conto di questo collaboratore di giustizia, ormai da tempo uscito dal programma di protezione – per sua scelta, ha detto – al quale era stato sottoposto dal ’92 al ’98, fu espresso dai giudici della Corte d’Assise di Caltanissetta dinanzi a cui si celebrò in primo grado il (secondo) processo per l’omicidio di Giangiacomo Ciaccio Montalto”. A giudicare dalla risposta del pm, alla quale la Dottoressa Rosini ha chiesto di voler verificare la posizione dell’ex pentito, pare che la Procura di Palermo sia tra le poche che sconoscano il fatto che Calcara non è più sottoposto a programma di protezione da oltre due decenni. Strano, visto che proprio i magistrati di quella procura hanno seguito fin dall’inizio della sua collaborazione le vicende dell’ex pentito. Tranne che ad alimentare dubbi o trarre in inganno i magistrati, non sia il fatto che Calcara in atti prodotti all’Autorità Giudiziaria continui a indicare come luogo di domicilio: “Località nota al Ministero dell’Interno – Servizio Centrale di Protezione Roma – e comunque presso il Ministero dell’Interno”. Atti controfirmati anche dal suo legale di fiducia – prima che nelle ultime udienze gli venisse nominato un avvocato d’ufficio – il quale sembra consapevole del fatto che il suo assistito sarebbe uscito da tempo dal programma di protezione, tanto da darne indicazione nell’atto stesso Legittimo dunque chiedersi se l’ex pentito è ancora soggetto o meno a programma di protezione e se l’indicazione di domicilio presso il “Servizio Centrale di Protezione Roma” sia lecita e legittima? Un piccolo mistero tra i tanti misteri di Calcara. Sarà compito della Procura accertare lo stato attuale dell’ex pentito, ma se la stessa dovesse riscontrare difficoltà in merito al luogo dove trovarlo, ci sentiremmo di poterne suggerirne uno – seppur virtuale – dove pare si trovi con facilità e a suo perfetto agio: Facebook! Gian J. Morici 18.12.2029 la Valle dei Templi


Ecco chi è l’ex pentito di mafia Vincenzo Calcara  Negli anni ’90 diventò collaboratore di giustizia, raccontando al giudice Borsellino di essere stato incaricato dal boss castelvetranese Francesco Messina Denaro di ucciderlo con un fucile di precisione. Nel 2020 finisce in carcere per aver estorto 150 euro ad un ristoratore, ricattandolo col video di un topo che si era intrufolato nel dehor del locale (ne abbiamo parlato qui). Dal mirino del fucile di precisione all’occhio elettronico dello smartphone. Un’evoluzione. Ma chi è Vincenzo Calcara?  Classe 1956. Ha sempre sostenuto di essere un uomo d’onore riservato al soldo dell’ormai defunto capomafia, padre dell’eterno latitante Matteo. Ma alla quasi totalità dei pentiti accreditati, la sua appartenenza a Cosa Nostra non risulta. E certo, era “riservato”… Non lo sapeva nessuno, tranne che pochi fedelissimi. Talmente riservato che forse non lo sapeva nemmeno Francesco Messina Denaro.  Negli anni ’80 viene condannato a 14 anni per omicidio (ma non un omicidio di mafia). Viene arrestato dopo la sua fuga in Germania, dove sconta 5 anni nel carcere di Freiburg. Da lì scrive una lettera al suo avvocato in cui parla di una sua idea per farsi trasferire in Italia, facendo finta di sapere delle cose riguardo all’omicidio del sindaco Vito Lipari: “E quando sarei in Italia dico che non ho niente da dire – scrive – e facendo presente che è stata una mia messinscena in quanto non volevo stare in carcere in Germania. Al massimo penso che mi potranno condannare per calunnia!”  Le cose poi vanno diversamente. E la messinscena, tra varie ritrattazioni, va avanti accusando come mandante dell’omicidio Lipari l’ex sindaco Antonio Vaccarino. Accusa dalla quale quest’ultimo verrà assolto. Delle varie incongruenze delle dichiarazioni di Calcara, ce n’è una particolarmente significativa: tra gli uomini che avrebbero preso parte all’omicidio, ci sarebbe stato anche un certo Salvatore Ingoglia, detto Pietro. Che però era stato ucciso prima che avvenisse l’omicidio Lipari.  Nell’aprile del 1992, riferisce ai magistrati della DDA di Palermo uno scambio di droga e armi tra Cosa Nostra e la ‘ndrangheta, avvenuto dopo l’estate del 1991. Calcara, Francesco Messina Denaro, Antonio Vaccarino ed altri, si sarebbero recati a San Luca in Calabria, per scambiare 160 kg di cocaina con 50 fucili kalashnikov. Dopo anni di udienze, viene fuori che tra gli ‘ndranghetisti presenti allo scambio, secondo Calcara, ci sarebbe stato anche Francesco Nirta, tetraplegico dal 1980 ma che il pentito (miracolo) avrebbe visto camminare tranquillamente. Riferisce persino di una statua monumentale nel centro della piazza di San Luca. Statua che non poteva trovarsi lì, dal momento che era stata spostata altrove già dal 1986, molto tempo prima quindi della sua unica permanenza in quel luogo. Poi c’è l’omicidio del giudice Gian Giacomo Ciaccio Montalto.  Nel corso del relativo processo, secondo la Corte d’assise, nessuno dei collaboratori di giustizia che hanno testimoniato, conosceva Calcara come “uomo d’onore”. Né, tantomeno, Calcara aveva dimostrato di conoscere bene la struttura e l’organigramma di Cosa Nostra. Le ragioni del mendacio del Calcara – scriverà al riguardo la Corte d’assise di Caltanissetta nel 1998 – non sembrano riconducibili a spirito di vendetta nei confronti delle persone chiamate in causa, bensì dall’intento di conseguire dei vantaggi economici e dei benefici giuridico-amministrativi maggiori di quelli che avrebbe ottenuto limitando la sua collaborazione al settore della propria diretta esperienza criminale, senz’altro più modesta di quella di un associato a Cosa Nostra” Partecipa come testimone anche al processo per l’omicidio di Mauro Rostagno.  E siccome tutti sapevano che il giornalista, nelle sue trasmissioni, si occupava del rapporto tra mafia e massoneria, ecco che secondo Calcara i responsabili dell’omicidio sarebbero non solo agli affiliati di mafia, ma anche persone legate alla massoneria e alle istituzioni deviate. Persone della cui identità però non riesce a fornire nessuna informazione. Come l’avrebbe saputo? Francesco Luppino, detenuto nello stesso carcere insieme a lui, gli avrebbe confessato che “la botta si stava preparando ed era questione di poco tempo”. E anche qui, c’entrerebbe qualcosa Vaccarino.  Calcara racconta infatti che l’ex sindaco gli avrebbe detto che “li fratuzzi nostri” si sarebbero occupati del caso. In un primo interrogatorio, quando gli chiedono cosa volesse dire, risponde prontamente che il riferimento è ai collaboratori della famiglia mafiosa di Castelvetrano. Ma quando lo interrogano una seconda volta, le sue certezze cambiano: si tratta dei “fratelli massoni”. Dichiarazioni che i giudici non escludono possano provenire da fonti mediatiche e “Quanto alla conferma – si legge ancora tra le carte – che gli sarebbe venuta da Tonino Vaccarino circa la paternità del delitto, a suo dire ascrivibile alla famiglia mafiosa di Castelvetrano con la collaborazione delle cosche di Trapani e di Mazara, pesa ovviamente sulla credibilità di questa testimonianza de relato il fatto che il Vaccarino, accusato da Calcara di essere uomo d’onore della famiglia di Castelvetrano, è stato assolto da tale accusa”. Negli anni, l’ex pentito non si è mai rassegnato alla sua condizione di “ex”. Ha sempre chiesto di voler essere sentito nuovamente dagli inquirenti. Anche perché nel suo repertorio ci sarebbero i più grandi segreti d’Italia. Dall’attentato a Giovanni Paolo II, alla scomparsa di Emanuela Orlandi. Perfino una sparatoria in uno spiazzo, teatro (il termine è forse il più appropriato) di un sequestro plurimo, alla presenza di Giulio AndreottiUna storia da “alta tensione”, raccontata anche in una video intervista rilasciata un po’ di tempo fa alla giornalista Enza Galluccio. Insomma, la storia è (sarebbe) questa: Quattro uomini d’onore, due di Francesco Messina Denaro e due di Provenzano, devono sequestrare tre uomini dell’alta finanza ed un generale del Sud America, con l’ordine di farli entrare in due macchine al cui interno c’erano quattro uomini dei servizi segreti deviati. E sono questi ultimi che poche ore prima consegnano ai sequestratori le pistole per eseguire il ratto (nel senso di “rapimento”, da non confondere con la storia recente del ristorante genovese). Ognuno si sceglie il suo uomo, Calcara si occuperà del generale. Provenzano dà l’ok ed il sequestro ha inizio. Ma qualcosa va storto. E qualcuno (non si capisce bene chi) comincia a sparare. Uno dei due fidatissimi di Francesco Messina Denaro (l’uomo d’onore ufficiale, non lui che era “riservato”) fa per rispondere al fuoco, ma gli si inceppa la pistola. A quel punto urla al Calcara di sparargli lui. Nella video intervista, il suo racconto continua così “Lascio il buon generale, che è stato bravissimo, e come un felino… un salto, con la pistola che avevo, gli dò due colpi me li ricordo sicuro, forse tre, tum tum in testa… E’ cascato come un sacco. Non ha sofferto però. L’unico uomo che ho ucciso non ha sofferto. E’ stato un ordine, dovevo farlo, mi avrebbero tagliato a pezzi. Casca per terra… ha una pistola di piccolo calibro, una 6 e 35. Io cosa faccio? Perché poi sono io l’autore in quel momento di… Mi abbasso, prendo quella pistola, lì c’è Francesco Messina Denaro che era vicino ad Andreotti, al cardinale, a Michele Lucchese… Eh, sparava nella direzione dove c’era il mio capo… Poteva ammazzare il mio capo! Quello era disperato,  ha fatto un errore madornale ovviamente. Allora, prendo la pistola, io appartenendo… un uomo  della famiglia di Castelvetrano, il mio capo assoluto Francesco Messina Denaro, prendo la pistola dalle mani del morto e gliela consegno a Francesco Messina Denaro. Lui mi fa una bella carezza, bravo Vincenzo”.  Ed in tutto questo, Andreotti?  “Andreotti si rivolge al cardinale – continua Calcara – e gli dice: ‘ma non fai l’estrema unzione a questo cadavere?’. Il cardinale lo guarda e dice: ‘andiamo che si è fatto tardi’”.  Se fosse un film, l’inquadratura dall’alto allargherebbe lentamente il campo. Musica in crescendo. Titoli di coda. Egidio Morici TP24 31.1.2020

Da pag FB Calcara – Carissime Amiche , Carissimi Amici , questa intervista. di appena cinque minuti che ho rilasciato a Fanpage ha già raggiunto UN Milione di visualizzazioni e oltre200.000 mila visualizzazioni su you tube . Cio’ che ascolterete lo ritengo una specie di ” TESTAMENTO” ! Dedico ad ognuno di Voi tutte le mie parole di questa intervista , compresi il mio stato d ‘ animo , la mia rabbia e la mia sete di Verita’ e Giustizia che anche Voi ,insieme a me ,avete sempre cercato !!! Invito umilmente Voi , Amici miei , a mettere un ” mi piace” ,a00 scrivere anche un semplice un ”commento ”o , se volete , anche condividere questo post in modo da incrementare le notifiche.  Sotto il mio primo commento , allego la sentenza di assoluzione per calunnia nella quale e’ stato provato un trasporto di dieci miliardi di vecchie lire che io ho trasportato vestito da carabiniere insieme all’ ex maresciallo dei Carabinieri Giorgio Donato , a Francesco Messina Denaro – papa’ di Matteo – , ad Antonio Vaccarino e altri uomini di ”cosa nostra” . Questi dieci miliardi di vecchie lire li abbiamo consegnati al vescovo MARCINKUS presso l ‘ abitazione a Roma del notaio Albano , quest’ ultimo era un fiore all’ occhiello di ” cosa nostra ” ,allo stesso tempo era membro dei CAVALIERI DEL SANTO SEPOLCRO insieme ad ANDREOTTI E MARCINKUS e , su incarico di ANDREOTTI , ha regalato un vassoio d’ argento al matrimonio di una delle figlie dei cugini SALVO , uomini d’ onore della famiglia mafiosa di SALEMI -Trapani- . Il nome del notaio Albano viene confermato , dopo di me , dal collaboratore di Giustizia Giovanni Brusca nel processo a carico di Andreotti svoltosi a Palermo .  All’ udienza del 3 aprile 2019 (dal punto 2:13:14 della registrazione dell ‘ udienza) il pentito Sinacori Vincenzo è stato ascoltato al processo per la strage di Borsellino e in quella occasione ha dichiarato al P. M Dott. Pace che Vaccarino è innocente mentre io sono una cosa inutile e un fradiciume e, sempre su domanda del P. M, non si ricordava che sono stati arrestati e condannati con le mie dichiarazioni tantissimi uomini di cosa nostra della famiglia mafiosa di Castelvetrano. Ciò che afferma il Sinacori a mio parere è assurdo considerando le numerosissime sentenze definitive nelle quali e’ provata la mia attendibilita’ :

1) Sezione della Corte d’ Assise di Palermo nell’ ambito del processo Sant’ Angelo .

2) Sentenza nr 30/92 , emessa il 16 luglio 1992 dalla Corte D’ Assise d’ Appello di Palermo , nell’ ambito del procedimento nr 53/89 , depositata il 15 gennaio 1993 

3) Sentenza nr 102/95 emessa il 26 maggio 1995 dal Tribunale di Marsala sezione penale nell’ ambito del procedimento nr 116/93 r.g 

4) Sentenza nr 1547/97 emessa il 16 aprile 1997 dalla Corte D’ Appello di Palermo 

5) Sentenza nr 2181/98 emessa il 4 dicembre 1998 dalla Corte Suprema di Cassazione sezione quinta penale , con cui , fra gli altri , e’ stato rigettato il ricorso dell’ ex sindaco di Castelvetrano Antonino Vaccarino avverso la sentenza nr 1547/97 della Corte d’ Appello di Palermo 

6) Sentenza 14324/03 emessa dalla nona sezione del Tribunale penale di Roma , depositata il 03 settembre 2003 , nell’ ambito del procedimento nr 14324/2003 R.G.N.R , nr 242/99 R.G 

7) Sentenza nr 115/ 05 , emessa dalla Corte d’ Appello di Roma , sezione terza penale che ha confermato la sentenza nr 14324/03 del Tribunale penale di Roma , nella quale sono stato assolto per calunnia.

8) Sentenza nr 1163/2003 emessa il 17 giugno 2004 dal GUP del Tribunale di Marsala , Dott. Scarpa cui e’ stato dichiarato il non luogo a procedere nei confronti di Calcara Vincenzo con la formula piena , in relazione al reato i calunnia scaturita da una querela sporta dall’ ex sindaco Vaccarino . 

9 ) Sentenza nr 503/2008 emessa nel procedimento nr 209/2005 r. g dal Tribunale di Marsala 

10 ) Sentenza nr 3612/2011 emessa il 26 ottobre 2011 dalla Corte D’ Appello di Palermo . 

Per quanto il Sinacori dice sul Vaccarino, quest’ultimo non è assolutamente una persona innocente, visto che venne condannato in via definitiva per traffico internazionale di droga . La colpevolezza del Vaccarino riguardo la condanna in via definitiva per traffico internazionale di droga, è stata confermata ancora una volta dalla richiesta di revisione sporta dal Vaccarino che è stata respinta dalla Corte di Cassazione ed è stato condannato alle spese processuali. (Corte di Cassazione penale sent. sez.6 num 7374 anno 2015. Presidente : Paoloni Giacomo

Relatore : De Amicis Gaetano . Data udienza : 20/01/2015) .

Questa richiesta di revisione è stata fatta dal Vaccarino in base alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Sinacori e Brusca, i quali in passato hanno affermato che io non facevo parte di cosa nostra e che il Vaccarino era una vittima innocente ma la Suprema Corte di Cassazione non ha tenuto in considerazione queste accuse infondate contro di me ma si è basata sulle decine di sentenze che confermano la mia attendibilita ‘. Ovviamente non c’è alcun dubbio che io andrò a deporre a Caltanissetta per demolire questo pseudo pentito che travisa tante Verità importanti. Organizzero ‘ un incontro di legalità con gli studenti delle scuole superiori di Castelvetrano e questa volta non sarà il Vaccarino a impedirmelo come ha fatto nel 2010 distribuendo volantini per screditarmi, riuscendo a non far venire gli studenti ad ascoltarmi!. Per quanto riguarda il piano per uccidere Paolo Borsellino sono stato io il primo a parlarne , riferendo mesi prima della strage che c’era un piano organizzato da Francesco Messina Denaro per uccidere Paolo Borsellino . Questo piano è stato confermato anche dal Collaboratore di Giustizia Giuffre’ . Il pericolo che correva Paolo Borsellino è stato confermato dal generale dei Carabinieri Antonio Viesti dall’ informativa da lui scritta il 20 giugno 1992 , numero 31/8 di prot. “R” indirizzata al Ministero degli Interni, al Ministero di Grazia e Giustizia , al Capo della Polizia , all’ Alto Commissario per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa , al Segretario Generale del C.E.S.I.S., al Direttore del SISDE , al Comandante Generale della Guardia di Finanza e al Direttore della DIA , nella quale spiegava esplicitamente che il pericolo in cui incorreva Paolo Borsellino era dovuto agli arresti fatti nel trapanese nel maggio del 1992 , arresti che sono stati fatti tramite le mie dichiarazioni . Oltre al Vaccarino , sono stati arrestati Vincenzo Santangelo , Francesco Luppino ( quest’ ultimo arrestato ultimamente per i contatti tramite pizzini con Matteo Messina Denaro ). In questi arresti , definita Operazione Palma, Luppino , Santangelo , Francesco Messina Denaro e tanti altri uomini d’onore sono stati condannati ,oltre che per traffico internazionale di droga , per 416 bis . Vaccarino fu condannato solo per traffico internazionale di droga e venne assolto in formula dubitativa grazie alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Sinacori , quest’ultimo, non si sa il perché , ha sempre difeso a spadatratta il Vaccarino . Vi abbraccio tutti con immutato affetto !!!  19.4.2029


Parla il pentito Calcara: “Francesco Messina Denaro mi aveva incaricato di uccidere Borsellino”  “Fu Francesco Messina Denaro, defunto padre di Matteo, a darmi l’incarico di uccidere, nel 1991, l’allora procuratore di Marsala Paolo Borsellino. Un incarico del quale io, inizialmente, ero orgoglioso. Ero una testa calda, allora, ero latitante da un anno e mezzo, ma quando Antonio Vaccarino mi disse che poi sarei dovuto fuggire in Australia e su un biglietto mi scrisse a chi dovevo rivolgermi laggiù, mi è scattato qualcosa dentro…”. A raccontarlo è il pentito Vincenzo Calcara, le cui dichiarazioni, nel maggio del 1992, condussero all’arresto dell’ex sindaco Dc di Castelvetrano Antonio Vaccarino. Quest’ultimo è stato nuovamente arrestato martedì scorso insieme al tenente colonnello dei carabinieri Marco Zappalà, in servizio alla Dia, e dell’appuntato Giuseppe Barcellona. I reati contestati ai due militari sono rivelazione di notizie riservate e accesso abusivo a sistema informatico; Vaccarino è accusato di favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra. Calcara, anche lui di Castelvetrano come il boss latitante Matteo Messina Denaro, spiega perchè decise di non eseguire quell’ordine di morte: “Mi sono detto: questi si vogliono liberare di me. Poi, per fortuna, mi hanno arrestato e ho incontrato Borsellino, al quale ho raccontato tutto. Lui mi fece uscire dal carcere, dove sarei stato ucciso per avere disobbedito agli ordini del capomafia, e mi salvò la vita. Ci siamo salvati a vicenda”. Dopo essere stato arrestato nell’operazione “Palma”, Vaccarino fu condannato dal Tribunale di Marsala a 18 anni di carcere per associazione mafiosa e traffico di droga. Ma in appello, gli furono inflitti soltanto sei anni per traffico di droga. “Su quel biglietto che mi consegnò – spiega Calcara – dove erano scritti i nomi delle persone a cui in Australia mi sarei dovuto rivolgere dopo avere ucciso il procuratore di Marsala, Paolo Borsellino fece effettuare delle perizie che dimostrarono che quella era proprio la calligrafia di Vaccarino”. 18/04/2019 BLOG SICILIA

TRACCE DI MATTEO MESSINA DENARO. Il tesoro e il denaro per vivere da fuggitivo. Gli imprenditori al suo fianco, gli amici di vecchia data e le vittime del suo sistema. E poi i misteri sulle mancate catture: l’ultima passa per un intrigo che coinvolge due procure, un confidente in contatto diretto con il boss e uomini dei servizi, gli stessi condannati in primo grado per la trattativa stato-mafia. Un viaggio da Castelvetrano al nord Italia passando per la Calabria. Un racconto scritto e video, con il primo documentario, solo per gli abbonati, prodotto da Domani: testimonianze inedite e personaggi che hanno conosciuto il boss siciliano per entrare nel mondo del padrino di cosa nostra

All’ora di pranzo le strade del centro storico di Castelvetrano sono deserte. I pochi ristoranti sono chiusi per ferie. La trattoria “da Giovanni” no, è aperta. È una gestione familiare senza pretese, ha tavoli in legno, la cucina è casalinga. Non passano inosservati due ritratti del bandito Giuliano appesi al muro: si tratta del mafioso di Montelepre trasformato in mito da cosa nostra, coinvolto nell’eccidio del 1948 di Portella della Ginestra, e ritrovato cadavere a Castelvetrano, a pochi metri dalla trattoria “da Giovanni”.

A ritrovarlo settant’anni fa è stato proprio il titolare, Giovanni, che è anche lo zio del super latitante Matteo Messina Denaro, il capo della mafia della provincia di Trapani, introvabile da 28 anni. «Avevo riconosciuto il volto di Giuliano perché qualche tempo prima mi aveva regalato mille lire, che all’epoca era un’enormità», racconta Giovanni seduto dietro una scrivania mentre dà ordini a figli e nipoti, unici camerieri della sala. Del latitante Matteo, però, non vogliono sentire parlare.

«Siamo gente onesta, lavoratori», dice il figlio di Giovanni mentre ci accompagna fuori dal locale per mostrarci dove i reparti speciali dei carabinieri hanno piazzato le telecamere puntate sull’uscio della trattoria. «Siamo sotto controllo perenne, le televisioni ci fanno brutta pubblicità, una volta è passato un signore di Milano per chiederci di intercedere con Messina Denaro affinché ritrovasse il camion che gli avevano rubato al Nord». Al boss seppure latitante riconoscono l’autorità, è lui che può risolvere un problema, più rapidamente degli uomini di Legge.

La storia di Messina Denaro è prima di tutto un affare di famiglia. Ma è soprattutto un sistema di potere, che resiste a retate e centinaia di arresti, cementato dalle relazioni con politici, imprenditoria, servitori infedeli dello stato. Perché una latitanza così lunga è impossibile da reggere senza appoggi, connivenze e soldi, montagne di soldi. Messina Denaro ha molti soprannomi: “L’invisibile”, “Diabolik”, “lo Zio”.

Al netto dei suoi nomi in codice, è di certo l’ultimo dei latitanti della mafia siciliana, l’ultimo dei padrini coinvolti nella stagione delle stragi che hanno insanguinato l’Italia dal ’92 al ’94. Ma è anche regista di trame finanziarie che hanno garantito profitti costanti al suo clan: dagli investimenti nel settore delle energie rinnovabili al turismo fino alla grande distribuzione e alla filiera dell’agroindustria.

In sequenza sono stati arrestati e condannati il re dell’eolico, Vito Nicastri, con un patrimonio valutato in un miliardo di euro, e Giuseppe Grigoli, il re dei supermercati, monopolista del marchio Despar nella Sicilia orientale. Accusati di essere la cassaforte del boss, le loro aziende e i loro tesori sono stati confiscati. Eppure “lo Zio” è ancora un fantasma, con una pletora di imprenditori al suo servizio, custodi del tesoro della famiglia di Castelvetrano e finanziatori della latitanza del capo.

Uomini d’affari secondo cui il problema di questa terra non è la mafia, piuttosto l’antimafia. Un gioco di specchi come nei romanzi di Montalbano scritti da Andrea Camilleri, dove tra il bianco e il nero non c’è alcun grado di separazione, ma una vasta zona grigia da decifrare. Silenzi e protettori sono l’assicurazione sulla vita del latitante.

Dal 1993 Matteo Messina Denaro è irreperibile, ricercato in tutto il pianeta, introvabile nonostante il dispiegamento di forze e le numerose procure della repubblica che lavorano al caso. Chi lo protegge? Come finanzia la latitanza che dura da quasi tre lustri? Il viaggio del Domani inizia nella roccaforte del potere del ricercato numero uno, arriva in Toscana e passa dalla Calabria. Da Castelvetrano, alfa e omega della parabola del boss di cosa nostra, a Viareggio, attraverso i misteriosi luoghi dell’Aspromonte calabrese. Sulle tracce del padrino diventato negli anni icona per molte giovani leve dell’esercito di cosa nostra.

ANTEFATTO

La carovana composta da un camion e da almeno quattro auto era arrivata in perfetto orario a San Luca, alle pendici dell’Aspromonte, nello spicchio di provincia di Reggio Calabria affacciata sul mare Jonio. Giunto nel paese che ha dato i natali allo scrittore Corrado Alvaro ma anche ai clan più potenti della ‘ndrangheta, l’esercito di don Ciccio Messina Denaro è stato scortato in un luogo sicuro. Il padre di Matteo non si era spinto fin lì da Castelvetrano, provincia di Trapani, per un giro turistico.

Trasportava 160 chili di cocaina. Al ritorno avrebbero riportato il camion carico di fucili da guerra marca Norinco. Nel mezzo, tra lo scarico della droga e il carico di armi, don Ciccio e il boss locale di San Luca (clan Nirta) hanno pranzato per sancire l’alleanza, «una bella tavolata a base di carne di capra», ricorda un pentito siciliano che aveva preso parte alla spedizione. La trattativa era stata condotta alla pari, tra cosa nostra e ‘ndrangheta. Rapporti che negli anni sarebbero serviti, utili a entrambi gli schieramenti. E questo che può sembrare un dettaglio dei tanti in una delle solite storie di mafia, è in realtà un tassello decisivo per comprendere il potere di Matteo Messina Denaro.

La spedizione in Calabria del padre di Matteo Messina Denaro risale al 1991. Un anno prima delle stragi di Capaci e via D’Amelio, dell’uccisione dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e due dall’inizio della latitanza di Matteo Messina Denaro. La trasferta in Calabria è uno dei segreti mai raccontati e meglio custoditi dalla famiglia del latitante, perché è anche grazie a questa sinergia con le cosche della ‘ndrangheta che il boss ha ottenuto protezioni, soldi e uomini pronti a gestire i suoi movimenti.

Non è un caso che in una inchiesta antidroga dell’antimafia di Reggio Calabria sulle cosche della zona jonica spunti il nome del super latitante. Atti giudiziari che confermano la sinergia tra i Messina Denaro e la ‘ndrangheta, considerata l’organizzazione più ramificata e ricca. 

TRA LEGGENDA E REALTÀ

«Matteo Messina Denaro è il capo mafia di Castelvetrano, è l’ultimo dei corleonesi nel senso che è stato il referente del feroce gruppo mafioso di Corleone retto da Totò Riina, il capo dei capi», dice Giacomo Di Girolamo, giornalista di Tp24 autore di un libro inchiesta sul padrino di Castelvetrano. Di Girolamo spiega che Messina Denaro è diventato il pupillo di Riina perché il padre, don Ciccio, era alleato dei Corleonesi nella seconda guerra di mafia, capolinea dei vecchi capi della mafia palermitana, quella cittadina e nobiliare. «Matteo Messina Denaro da giovane era già un predestinato», dice Di Girolamo.

La spietatezza lessicale è parte del personaggio: «Con le persone che ho ucciso potrei riempirci un cimitero», Di Girolamo riporta le confidenze di chi ha conosciuto il boss. «Un giorno un vigile urbano lo ha multato perché aveva parcheggiato l’auto troppo vicino a una fontana a Mazara del Vallo, il giorno dopo la macchina del vigile è stata bruciata», racconto il giornalista. L’antagonismo con le istituzioni era solo una parte da recitare.

Con i politici, forze dell’ordine e magistrati corrotti, Matteo Messina aveva già instaurato un dialogo. Così come suo padre, Francesco: intoccabile a tal punto da morire libero nel 1998 di morte naturale seppure da latitante. Il suo corpo è stato fatto ritrovare in campagna, vestito in abito scuro, pronto per la cerimonia funebre. Il padre di Matteo era un capo, rispettato anche dalla borghesia locale: era il campiere, il guardiano, dei terreni della famiglia D’Alì, che ha espresso banchieri e politici, come Antonio, senatore e sottosegretario al ministero dell’Interno nel governo Berlusconi dal 2001 al 2006. Il ministero che si occupa di coordinare la ricerca dei latitanti più pericolosi.

D’Alì è entrato in Parlamento nel 1994 con Forza Italia e ce rimasto fino al 2018. È sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa, anche per i suoi legami con la famiglia Messina Denaro. Assolto in due gradi di giudizio, la Cassazione ha annullato le sentenze e rimandato tutto ai giudici di secondo grado per un nuovo processo.

UNA VALIGETTA DI SOLDI

La latitanza di Messina Denaro è ricca di misteri. Sono poche le persone che possono dire di averlo conosciuto o almeno incontrato. Tra questi c’è un testimone, che vive in Toscana, centrale nel giallo della latitanza dello “Zio”.

Ecco che cosa ha raccontato ai magistrati il 21 maggio 2015: «Mi ha contattato un imprenditore, Giovanni De Maria, e ci siamo visti in un bungalow del carnevale di Viareggio, qui mi ha consegnato una valigetta 48 ore con del denaro contante».

Il teste riferisce che dopo la consegna è partito per Palermo, dove ad aspettarlo c’era proprio De Maria, ma non era solo. Lì con lui c’erano altri due personaggi, uno dei quali legato alla mafia calabrese. In un’auto, a distanza di sicurezza, c’era Messina Denaro: «La valigetta l’ho consegnata al calabrese che a sua volta l’ha consegnata a Messina Denaro». Al testimone era stato preannunciato che avrebbe incontrato qualcuno di importante, «avrei dovuto essere rispettoso», dice ai magistrati che raccolgono la sua testimonianza.

Il racconto dell’imprenditore apre uno squarcio sulla rete economica del clan Messina Denaro. De Maria è un imprenditore della nautica, che in passato ha ottenuto anche concessioni pubbliche a Viareggio e ha lavorato per importanti istituti di credito, che gli hanno appaltato il recupero delle imbarcazioni intestate a società fallite: «Banche come Unicredit, Banca popolare di Milano e società di leasing, riconoscono alla mia società di servizi una percentuale per il recupero e una quota per la vendita», spiega De Maria, seduto su una sedia sotto i portici della piazza del mercato di Viareggio, la città della Versilia dove l’imprenditore catanese vive e lavora.

Sul suo trascorso giudiziario, indagato più volte anche con uomini sospettati di appartenere alla ‘ndrangheta, dice: «Mi sento un perseguitato, sono stato assolto e ho chiesto il risarcimento per ingiusta detenzione, ho solo una vecchia condanna». Per quale reato è stato condannato De Maria, però, non vuole dirlo.

La prefettura ha firmato un’interdittiva antimafia nei confronti della sua società: un provvedimento di prevenzione destinato sospendere da commesse o concessioni pubbliche società sospettate di subire l’ingerenza delle cosche. «Abbiamo in ballo il ricorso al tribunale amministrativo, che vinceremo, ne sono certo», commenta l’imprenditore. Ma c’è un’informativa in cui De Maria è messo in collegamento con cosa nostra e ‘ndrangheta. L’imprenditore sorride quando chiediamo se ha mai incontrato Matteo Messina Denaro, come raccontato dal testimone nel verbale. «Ma si figuri, non credo di essere così importante, se fossi stato un politico lo potrei capire», è categorico De Maria.

C’è un nome, però, che lega De Maria all’ambiente del latitante. Un suo socio d’affari è considerato dall’antimafia molto vicino a Carlo Guttadauro, considerato esponente dell’omonima famiglia di mafia e imparentato proprio con la famiglia Messina Denaro.

ACCUSE INFONDATE

Nello studio ci accoglie per l’intervista, Andrea Bulgarella, indica sulla mensola due statuette dei carabinieri in ceramica. Le ha girate di spalle, guardano il muro. «Non ho più fiducia nelle istituzioni, finché non mi chideranno scusa resteranno così», dice amareggiato. Bulgarella è uno degli impresari più noti e ricchi della provincia di Trapani, ex presidente anche della squadra di calcio della città. È stato accusato di essere a disposizione della mafia trapanese e quindi della famiglia Messina Denaro.

Solo sospetti, è stato prosciolto da ogni accusa. L’imprenditore ha costruito la sua fortuna acquistando edifici abbandonati in tutta Italia per trasformarli in gioielli a cinque stelle: alberghi di lusso e resort. L’ultimo progetto è la realizzazione di una cinque stelle a Viareggio. «Purtroppo è la condanna degli imprenditori siciliani: se fai successo vuol dire sei amico della mafia», sostiene Bulgarella, che è molto duro con lo Stato: «Le imprese del nord possono venire qui e fare qualunque imbroglio, noi invece siamo etichettati come mafiosi».

Messina Denaro, però, è il problema della Sicilia?, chiediamo. «Credo che il male di questa terra sia una certa stampa e una classe politica che non difende il territorio, credo siano delle istituzioni che invece di prendere questo mafioso, se esiste o non esiste, hanno distrutto l’immagine della Sicilia e della provincia di Trapani. Si parla di racket, sfido chiunque a mostrarmi un imprenditore che paga il pizzo. Voi credete ancora alla mafia? La mafia c’è stata, erano quattro ignorantoni con cui io non ho mai avuto a che fare». Secondo Bulgarella, quindi, il problema della sua regione è l’antimafia, più del potere di cosa nostra, definita dall’imprenditore una banda di rozzi e villani.

MATTEO E L’OLIO ALLA CASA BIANCA

La campagna attorno è arsa dal sole agostano. Una doppia fila di alberi circonda la villa a due piani. Un piccolo ponte pavimentato in cotto attraversa uno stagno di acqua torbida. La casa dove vive l’imprenditore Gianfranco Becchina all’epoca dell’intervista era sotto sequestro. Becchina, ottant’anni, è un mercante internazionale d’arte, ma anche il mago dell’olio di Castelvetrano. Il prodotto che riesce a ricavare delle olive verdi e grandi, tipiche del territorio, è di qualità sopraffina, ha fatto il giro del mondo, ci tiene a precisare. «Il mio olio è commercializzato negli Stati Uniti dal distributore che rifornisce la Casa Bianca a Washington», dice soddisfatto Becchina, con indosso una polo blu scuro e un pantalone consunto che usa per lavorare nei campi.

Per muoversi nell’immensa proprietà usa un motorino sgangherato. Per l’antimafia è uno degli ingranaggi del mulino che fa affluire denaro nelle casse della cosca di Messina Denaro. «Mi hanno sequestrato tutto: conti in banca, in Italia e Svizzera, casa e azienda», Becchina si difende spiegando che da mercante d’arte ha guadagnato molto nella vita e quindi chi ha indagato sul suo conto ha preso un abbaglio.

Attraverso la sua attività di mercante d’arte ha finanziato Messina Denaro? Becchina ride, «non so se è vero che Messina Denaro è appassionato d’arte, ma di sicuro io qui in Sicilia non ho mai comprato nessun reperto quindi come posso averlo foraggiato?». Becchina è stato anche indagato per il commercio di opere, ma il processo non si è mai svolto perché è intervenuta la prescrizione.

«La mia vicinanza a Messina Denaro è inventata, è frutto delle malelingue del paese: siccome ero un imprenditore di successo, facevo affari in Svizzera, ha comprato palazzi, insomma, le invidie paesane». Becchina conclude l’intervista rispondendo alla domanda sulle stragi di mafia, di cui Messina Denaro è stato regista insieme alla cupola di cosa nostra. Il mercante d’arte ha maturato un’idea precisa: «Secondo me la mafia è quel pretesto usato per coprire tutte le malefatte politiche». .

Però le bombe le hanno messe, chiediamo: «Che ne sappiamo? Voi avete visto chi ha premuto il pulsante del detonatore? Come faccio a credere che quattro mafiosi, quattro viddani (villani) possono avere avuto la capacità di piazzare tutto quel popò di esplosivo». Se Messina Denaro è soltanto un delinquente rozzo e villano, come vuol fare credere Becchina, come ha potuto architettare una latitanza così lunga? Non ha avuto protezioni occulte? «Sono ragazzi del territorio, mica hanno fatto i campi di addestramento di Arafat», è il verdetto di Becchina.

L’imprenditore nega, cerca responsabilità altre. E non è l’unico.

L’AMICO DI MATTEO

«Matteo è un individuo talentuoso, ha un’intelligenza sopra la media, avrebbe potuto fare molto per la Sicilia», dice Giuseppe Fontana, detto Rocky per la prestanza fisica. Rocky è amico del latitante e ha scontato una pena di quasi vent’anni di carcere per mafia e traffico di armi e droga. «Sono stato un prigioniero politico», contesta ancora oggi la sentenza che lo ha tenuto in carcere fino al 2013.

«Nel processo è stato accertato che Fontana in almeno tre occasioni nei primi anni ‘90 aveva ceduto alcune armi direttamente a Matteo Messina Denaro, incontrato più volte durante la latitanza e con il quale aveva più volte viaggiato all’estero», si legge negli atti giudiziari. «Sono innocente, e non mi sono mai pentito perché non ho nulla di cui pentirmi, la mia unica colpa è aver conosciuto Matteo e averlo incontrato da uomo libero nella terrazza – bar che gestivo a Selinunte alla fine degli anni ’80», si difende Rocky, che ci accoglie nella sua villetta tra Castelvetrano e Selinunte, luogo di rovine antiche e mare cristallino.

Sul cancello della casa di Fontana sventola la bandiera dell’autonomia siciliana con la scritta «Siciliani liberi», su sfondo bianco e un arcobaleno che richiama i colori della trinacria, il simbolo della regione. «Sono stato uno dei fondatori di Sicilia Libera, nei primi anni ’90». Il riferimento è al partito autonomista che numerosi pentiti di cosa nostra riconducono al braccio destro di Totò Riina, Leoluca Bagarella, che con Sicilia Libera voleva attuare un progetto secessionista staccando l’isola dal governo centrale.

Fontana conosce quella storia, l’ha vissuta, ma non ama parlarne. Sull’amico latitante ha invece qualcosa da dire: «Lui aveva consapevolezza politica, era convinto come me che la Sicilia per essere libera aveva bisogno di autonomia, nei nostri discorsi convergevamo nelle istanze di questa». Emerge un lato inedito del capo mafia di Castelvetrano, attento alle macro questioni politiche, un affresco che coincide con la genesi che ha portato alla nascita del movimento, dipinto da una schiera di investigatori come il progetto politico più ambizioso di cosa nostra.

Per Fontana però il Matteo che ha conosciuto non era un criminale, «penso che ci siano persone più pericolose di Messina Denaro, siedono in parlamento, gente che bombarda paesi inermi». Per le vittime Messina Denaro ha asfissiato l’economia locale, la libera impresa, la concorrenza. Rocky Fontana è in disaccordo: «Si poteva fare benissimo impresa quando c’era la mafia al governo della provincia di Trapani, poi è arrivata l’antimafia: da allora non si può fare più niente, o meglio devi chiedere il permesso e affiliarti all’antimafia, altrimenti ti espropriano delle tue cose». L’antimafia come problema e non soluzione.

La tesi lega affermati imprenditori sfiorati delle trame finanziarie di cosa nostra a chi è stato accusato di essere soldato della famiglia di Messina Denaro. Secondo Rocky, il latitante è talmente lungimirante da non far pagare il pizzo, «aveva capito che farsi nemico un popolo era controproducente». Una testa così, dice Fontana, sarebbe cosa buona averla in ogni provincia: «Con dieci Messina Denaro la Sicilia sarebbe una regione avanzatissima».

Il pensiero di Fontana fa rabbrividire Giuseppe Cimarosa, che vive a Castelvetrano, isolato da tutti e odiato per il coraggio di aver scelto da che parte stare.

NEL NOME DEL PADRE

Giuseppe Cimarosa è il figlio di Lorenzo. «Mio padre era un imprenditore dell’edilizia, parente dei Messina Denaro, perché sposato con la prima cugina», dice. La sua storia ricorda quella di Peppino Impastato, il giornalista militante di Cinisi, provincia di Palermo, che si è ribellato al sistema mafioso. Impastato fu ucciso il 9 maggio 1978 da un commando della cosca di Tano Badalamenti. Cimarosa vive nel feudo di Messina Denaro e come Impastato fin da piccolo è stato costretto a respirare aria di mafia. «Mi sono sentito sempre a disagio, quando mio padre ha deciso di collaborare con la giustizia per me è rinato», racconta mentre accudisce i cavalli del suo maneggio dove organizza spettacoli di teatro equestre.

Il padre di Giuseppe è morto da pentito, il figlio ricorda alcune confessioni consegnate agli inquirenti. Ha raccontato per esempio degli appalti organizzati con la famiglia Messina Denaro. Come quello per disseminare di pale eoliche le campagne della provincia di Trapani: «Uno degli appalti in cui mio padre ha lavorato è quello delle pale eoliche, appalto arrivato per volere di Matteo Messina Denaro».

Giuseppe ricorda un particolare: «Mio padre è stato tramite di una busta di denaro destinato al latitante». Dopo la collaborazione del padre con i magistrati «siamo stati isolati, nessuno voleva più frequentarci», dice Cimarosa, che vive a Castelvetrano come se il criminale fosse lui: «Non mi sento voluto a Castelvetrano. Mi chiedo se ne sia valsa la pena se il risultato è sentirsi un corpo estraneo in una società che non ti vuole».

CAPITOLO 2

I SERVIZI SEGRETI E IL SIGNOR SVETONIO. Nella latitanza di Matteo Messina Denaro, che dura da ventotto anni, c’è una parentesi nella quale lo stato si sarebbe avvicinato alla sua cattura instaurando, tramite una fonte coperta, una fitta corrispondenza con il boss stragista. Una parentesi che è però avvolta nel mistero perché i protagonisti di questa storia sono, per una procura, fidati collaboratori.

Per un’altra, complici di Cosa nostra. Protagonisti che a Palermo sono grigi, oscuri, pericolosi. A Caltanissetta, utili portatori di informazioni. In questo quadro fosco non mancano i servizi segreti, ma l’unico a guadagnarci, vista la prolungata latitanza, è uno solo: Matteo Messina Denaro.

Nel 2003 al governo del paese c’è Silvio Berlusconi, al ministero dell’Interno Beppe Pisanu. Il braccio destro del presidente del Consiglio, Marcello Dell’Utri, è sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa mentre il mafioso Vittorio Mangano, stalliere ospite nella villa di Arcore negli anni Ottanta, viene dipinto come una brava persona. Tuttavia magistratura e forze dell’ordine sono alla caccia dei boss stragisti.

All’epoca decine di mafiosi sono latitanti, tra questi anche il capo assoluto Bernardo Provenzano, poi arrestato nel 2006, durante le elezioni. Nella lunga lista c’è, ovviamente, Matteo Messina Denaro. Per catturarlo si muovono persino i vertici dei servizi segreti, il generale Mario Mori e i suoi collaboratori, tra gli altri Giuseppe De Donno.

Mori e De Donno, successivamente, saranno coinvolti nel processo sulla trattativa tra lo stato e la mafia stragista: in primo grado Mori è stato condannato a dodici anni di carcere, a otto anni De Donno per i rapporti intrattenuti con il sindaco mafioso Vito Ciancimino, quando entrambi erano al Ros, il raggruppamento operativo speciale dei carabinieri.

Mori nel 2003 è il numero uno del Sisde, il servizio segreto civile, dove lavora anche De Donno come capo della segreteria operativa. Quell’anno al Sisde arriva una lettera firmata da Antonino Vaccarino, ex sindaco di Castelvetrano, il paese trapanese dei Messina Denaro. Vaccarino, di professione insegnante, si rende disponibile a collaborare per indagini contro la criminalità organizzata. Vaccarino non è uno qualunque, è stato processato e assolto per mafia, ma condannato per traffico internazionale di stupefacenti. In particolare, conoscendo bene la famiglia Messina Denaro, è pronto a dare un contributo per la cattura. Il Sisde accetta.

Inizia così il giallo Vaccarino: scrive lettere che consegna alla rete criminale del latitante, che viene agganciato e inizia una fitta corrispondenza che si protrae fino al 2006. Il latitante si firma Alessio, il professore Svetonio. Mori e De Donno raccontano di aver avvisato l’allora procuratore capo di Palermo, Pietro Grasso, al quale hanno spiegato ogni dettaglio, riferito ogni cosa, tranne il nome della fonte.

L’attuale senatore di Leu, ex presidente del Senato, smentisce categoricamente: «Da procuratore di Palermo ero stato informato, credo alla fine del 2004, dell’intenzione da parte del Sisde di avviare un’attività informativa diretta a scoprire il sistema degli appalti pubblici e l’impiego dei profitti mafiosi, senza nessun dettaglio né tantomeno nomi».

Versioni completamente contrastanti. Secondo Mori e De Donno lo stato per due anni è stato in contatto, tramite un informatore, con Matteo Messina Denaro, senza catturarlo. Nel 2006, quando viene arrestato Bernardo Provenzano, nel covo del boss vengono trovati pizzini di Matteo Messina Denaro che avvisa il capo di Cosa nostra dei contatti con Vaccarino. Vengono recuperati durante la perquisizione e il Sisde avvisa subito la procura di Palermo che la fonte è proprio Vaccarino. In quel momento, il Sisde lo considera affidabile e serio «al cento per cento».

Pochi mesi fa De Donno ha confermato tutto ascoltato, insieme a Mario Mori, dal tribunale di Marsala in un processo a carico proprio di Vaccarino. La fonte affidabile al cento per cento, però, viene scaricata dai magistrati antimafia di Palermo subito dopo l’arresto di Bernardo Provenzano quando i vertici del Sisde consegnano tutti i documenti alla procura siciliana. «Pietro Grasso mi telefonò dicendo che la procura riteneva di non poter trattare il signor Vaccarino né come confidente, né come collaboratore e che quindi tutta l’attività del servizio doveva essere trasmessa alla polizia giudiziaria», ha detto Mario Mori lo scorso maggio.

Un racconto che trova Grasso in totale disaccordo. «In conseguenza del fatto che dalle indagini successive alla cattura di Provenzano erano venuti fuori dei contatti del Vaccarino sia con esponenti mafiosi – tra cui prima della cattura di Provenzano, il nipote Gariffo – sia con esponenti dei servizi, fui informato. Solo a quel punto Mori mi relazionò sull’attività compiuta col Vaccarino, affinché io potessi riferirne alla procura di Palermo. Cosa che feci».

Mori e De Donno, insomma, rischiarono anche un’incriminazione per favoreggiamento: solo dopo relazionarono ogni cosa, solo di fronte al rischio di finire travolti dalla loro azione “segreta”.

LA CATTURA SVANITA. Vaccarino finisce così sotto indagine per associazione mafiosa. Ma sarà la stessa procura di Palermo, nel 2007, a chiederne l’archiviazione pur precisando che «nel comportamento di Vaccarino si ravvisano alcune zone d’ombra». Quali sono le conseguenze di quell’indagine archiviata? A rispondere è Mario Mori quando il difensore di Vaccarino, l’avvocato Bartolomeo Lauria, gli chiede: «L’indagine aperta nei confronti del signor Vaccarino per associazione mafiosa ha pregiudicato la cattura del latitante?». Il generale risponde secco: «Certamente sì».

Sarebbe stato possibile, secondo Mori, arrivare al ricercato numero uno, ma l’inchiesta dei magistrati palermitani ha pregiudicato la cattura. Chi ha dato disposizione per conto della procura di interrompere ogni rapporto di collaborazione con il signor Vaccarino? De Donno risponde: «A noi fu riferito dal dottor Grasso, però all’epoca il dottor Grasso si interfacciava con il procuratore Giuseppe Pignatone, che se non sbaglio era reggente o era quello che gestiva l’arresto di Bernardo Provenzano». Secondo Grasso non è vero che l’indagine su Vaccarino sia stata d’ostacolo all’arresto del latitante.

«Come ricorda lo stesso Mori in udienza, con la cattura di Provenzano gli scambi epistolari si erano interrotti perché l’arresto alterava tutto il sistema di Cosa nostra, come affermato dallo stesso Messina Denaro nell’ultimo “pizzino” (missiva ndr) a Vaccarino del maggio 2006», dice l’ex presidente del Senato. Ma Vaccarino era credibile o faceva il doppio gioco?

«Sulla base delle notizie che noi avevamo raccolto tramite l’attività con Vaccarino, furono arrestate circa una decina di persone tra Castelvetrano e Mazara del Vallo», ha detto De Donno lo scorso 12 maggio. Vaccarino è entrato in contatto con mafiosi, ha collaborato ad alcune operazioni, testimoniato contro l’imprenditore Rosario Cascio e il cognato di Messina Denaro, Vincenzo Panicola.

Il racconto di De Donno sembra un film già visto: «Avevamo sostanzialmente convinto il vertice di Cosa nostra a fidarsi di noi, con un poco di fortuna li avremmo messi a terra tutti quanti». Ma era una pista Vaccarino? «A Palermo non venne considerata una vera e propria pista che potesse portare a risultati, dato che si basava su uno scambio di corrispondenza che si era già interrotto. Se posso aggiungere una mia valutazione personale, Messina Denaro non avrebbe mai incontrato Vaccarino», replica Grasso, che aggiunge: «Io venni informato solo dopo l’ultima lettera di Messina Denaro ricevuta da Vaccarino. Fino ad allora io non ero a conoscenza dell’identità del soggetto, né della sua attività. La decisione successiva fu della procura di Palermo, e io quella riportai a Mori».

Una vicenda che si aggiunge allo scontro, in quel caso interno alla procura di Palermo, consumato tra l’allora procuratore capo Francesco Messineo e il suo aggiunto Teresa Principato. Quest’ultima accusò il capo della procura di aver eseguito arresti che nei fatti avevano pregiudicato un’indagine dei carabinieri dei Ros sulla cattura del superlatitante.

Una vicenda datata 2013 utile per capire i dissidi tra inquirenti e investigatori che cercano il fantasma di Castelvetrano.

IL PROFESSORE E I MILLE VOLTI. Dunque Vaccarino è totalmente affidabile per il Sisde, ma non per la procura di Palermo. Vaccarino viene condannato nei primi anni Novanta in un processo che lo vede imputato con don Ciccio Messina Denaro, il padre del latitante. Nonostante tutto il Sisde, nei primi anni Duemila, si è affidato a lui per catturare il figlio di don Ciccio.

La parabola da informatore di Vaccarino si interrompe con l’indagine a suo carico poi archiviata. Quando l’identità di Vaccarino viene scoperta, Matteo Messina Denaro gli invia un’ultima lettera di minacce. Ma i suoi contatti con lo stato non si interrompono.

L’ultima pagina di questo libro degli equivoci la scrive la procura di Caltanissetta che dà credito al professore. In particolare lo fa Gaetano Paci, pubblico ministero nel processo contro Matteo Messina Denaro, accusato delle stragi del 1992, per le quali sono già stati condannati i vertici di Cosa nostra. «Diciamo che Vaccarino è stato, da parte della procura di Caltanissetta, un portatore di informazioni sulle vicende stragiste del ‘92. Era interesse dell’ufficio sentirlo», ha detto lo scorso aprile l’attuale procuratore aggiunto di Caltanissetta durante il processo a carico dell’ex sindaco.

Il pentimento del boss Gaspare Spatuzza ha permesso di riscrivere la storia della strage di via D’Amelio dove sono stati uccisi Paolo Borsellino e la sua scorta. Mori, De Donno, Paci parlano durante un processo che ha visto Vaccarino imputato e condannato per favoreggiamento alla mafia a sei anni in primo grado, accusato di aver passato informazioni riservate a un funzionario della direzione investigativa antimafia. Mentre la procura di Caltanissetta lo considerava un portatore di informazioni, quella di Palermo ne ha richiesto l’arresto e poi ottenuto la sua condanna.

Sullo sfondo del trentennio vissuto dall’ex sindaco e professore si muove il pentito Vincenzo Calcara. Lo abbiamo incontrato in un paese del nord Italia. Camicia bianca, calvo, con una foto di Paolo Borsellino, a cui era legatissimo, fissata sulla parete della stanza.

IL PENTITO, INQUINATORE O NO? «Mi sono pentito grazie al giudice Borsellino, a cui devo tutto. Era il 1991. Il giorno del mio compleanno. Gli dissi che doveva blindarsi perché la mafia aveva deciso il suo omicidio. Pochi mesi prima, da latitante, mi ero incontrato con Francesco Messina Denaro e con l’ex sindaco di Castelvetrano, Antonio Vaccarino. Zi Ciccio mi aveva dato l’incarico di tenermi pronto perché dovevo uccidere Borsellino. A quell’incontro era presente anche Matteo».

Calcara etichetta subito Vaccarino: «Quello è il male assoluto, un vero mafioso». Anche il percorso di Calcara è pieno di inciampi. Una omissione, in particolare, getta ombre sul suo percorso da pentito. «Tra le tante questioni che nacquero, c’era proprio quella della infondatezza delle dichiarazioni di Calcara e sulla base di un presupposto più ampio, e cioè che Calcara potesse essere stato etero diretto», dice il magistrato Paci del pentito.

Calcara preannuncia esposti e replica: «Con quale riscontri il dottor Paci si può permettere di dire queste cose? La difesa di Antonio Vaccarino ha chiamato, prima di Paci, il generale Mori, il colonnello De Donno, entrambi condannati nel processo sulla trattativa stato mafia. Comunque il Vaccarino alla fine è stato condannato a sei anni per favoreggiamento. Chi ha ragione?».

Ma perché Calcara non ha mai accusato Messina Denaro e non l’ha indicato a capo della commissione provinciale di Trapani? «Sono anni che chiedo a Paci di essere ascoltato, sono stato il primo a dire che Borsellino era stato condannato a morte. Francesco Messina Denaro non era capo provincia, era Mariano Agate. Paci dice che ho inquinato i pozzi, ma ci sono altri pentiti che mi danno ragione».

È centrale stabilire chi era il capo della commissione provinciale di Trapani in quel periodo. Il perché lo ha spiegato Paci nella requisitoria del processo sulle stragi contro Matteo Messina Denaro. Trapani a fine anni Ottanta era terra di mafia e logge massoniche segrete: indicare come capo della provincia Mariano Agate pregiudicava la verità e avrebbe salvato Messina Denaro dal ruolo di stragista e capo. Nella requisitoria Paci dice: «Vincenzo Calcara tace per anni il nome di Matteo Messina Denaro al tempo in cui uccideva e faceva stragi. Signor Calcara dovrebbe dire la verità proprio su questi punti oscuri che impediscono di fare luce sulle ambiguità. Agate era uomo di primo ordine, ma non aveva la qualifica di capo della provincia di Trapani, questa apparteneva a Francesco Messina Denaro che poi la cede al figlio. Perché Calcara ci ha indirizzato verso qualcosa di impreciso e perché non abbia riferito il nome di Matteo è un punto di interesse per future indagini». L’opacità, il tratto distintivo degli affari di casa Messina Denaro. GIOVANNI TIZIAN E NELLO TROCCHIA  DOMANI 17 gennaio 2021