SCUOLE: Fiammetta Borsellino scrive a Draghi

 

 

La lettera della figlia del giudice ucciso dalla mafia nel 1992 al presidente del Consiglio: “I giovani in strada prede della criminalità, anche Tar e Consiglio di Stato hanno detto che senza dati non si può prevedere solo la Dad”
 
di Fiammetta Borsellino
Scrivo questa lettera per esprimere il dolore di mamma e cittadina di questo Paese per il grave danno che la compressione del diritto allo studio provocata da una didattica a distanza, da troppo tempo prolungata, sta determinando nella salute psicofisica dei bambini, delle bambine, dei preadolescenti e adolescenti del nostro Paese.
ll sacrificio a cui li stiamo sottoponendo evolverà inevitabilmente, se non prontamente risolto con soluzioni adeguate, in danni irreparabili.
E’ oramai evidente come i ragazzi, ogni giorno di più, stiano perdendo entusiasmo e stimoli ma, soprattutto, il sentimento dell’amore verso ciò che studiano, perché imparare non vuol dire solo seguire dei programmi ministeriali ma anche crescere nella capacità di gestire relazioni, scambi, emozioni e ciò può avvenire principalmente a scuola.
Oggi la vita dei giovani si svolge principalmente dietro ad uno schermo che, al pari delle droghe e delle nuove dipendenze, provoca solo l’illusione di riempire le giornate caratterizzate invece da un vuoto assoluto. E’ importante difendersi dal virus ma è altrettanto importante è curare la salute dell’anima. Oggi i nostri bambini e ragazzi sono dei fiori che appassiscono ogni giorno di più, sepolti nelle loro stanze e noi adulti stiamo diventando i principali complici di tale situazione.
Stiamo insegnando ai nostri figli che in tempo di crisi la prima cosa ad essere sacrificata è l’istituzione della scuola, della cultura, ovvero di quei valori che mio padre ha sempre considerato come la prima vera forma di contrasto alle mafie e che sono gli unici capaci di togliere alle stesse il consenso giovanile di cui si nutrono.
Oggi, il perdurare della chiusura totale o parziale delle scuole di ogni ordine e grado, nonché la eliminazione pressoché totale dell’attività sportiva, musicale e teatrale, sta consegnando centinaia di ragazzi alla rete delle organizzazioni criminali.
Mi chiedo perché queste scelte si stiano portando avanti nonostante le recenti pronunce giurisdizionali del Tar vadano in una direzione completamente opposta, avendo accolto nel merito il ricorso di cittadini nei confronti dei Dpcm che disponevano la chiusura delle scuole. Il Tar, infatti, ha ribadito che la scuola non è un luogo privilegiato di contagio ma anzi, in caso di picchi di contagi, deve essere l’ultimo presidio a chiudere. Ha stabilito che l’uso prolungato della didattica a distanza è lesivo del diritto allo studio e del diritto alla salute, perché la scuola è salute che, ricordo, sono entrambi diritti costituzionalmente garantiti. Ha stabilito che le scuole di ogni ordine e grado devono rimanere aperte.
Oggi tutto questo viene ignorato.
La ripresa delle scuole fino alla prima media è un segnale importante da parte del Governo a tutela degli alunni e delle alunne, ma insufficiente per la salvaguardia del benessere psicofisico dei preadolescenti e dei ragazzi delle scuole superiori, moltissimi dei quali in didattica a distanza da oltre un anno con conseguenze disastrose, come confermato dall’Associazione degli ospedali pediatrici italiani e dalle Associazioni che tutelano infanzia e adolescenza.
Il nostro Paese continua non proteggere i suoi cittadini più piccoli e i suoi giovani privandoli del luogo privilegiato della loro crescita: la scuola.
E’ oramai evidente come la didattica a distanza sia uno strumento di insegnamento inefficace, svilente per gli insegnanti, discriminatorio per gli studenti provenienti da famiglie fragili e lesivo nei confronti degli alunni con disabilità o con difficoltà di apprendimento.
In ultimo, in molte Regioni si insiste a non bilanciare adeguatamente diritto alla salute e diritto allo studio con continui provvedimenti incongruenti di chiusura delle classi. In queste Regioni, specialmente nel Sud Italia, sono gli stessi Sindaci e Governatori a sbarrare i cancelli delle scuole persino a studenti disabili e con bisogni educativi speciali, attraverso ordinanze restrittive in palese contraddizione con le direttive nazionali.
L’Italia non è un paese per giovani e per famiglie se non riconosce che per tutti gli studenti, la scuola è salute, anche e soprattutto in tempo di pandemia.
«Stiamo perdendo per sempre migliaia di ragazzini, pensiamo al loro futuro»