Borsellino, il procuratore Fausto Cardella ricostruisce in aula le fasi dell’indagine

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Al processo sul cosiddetto depistaggio della strage Borsellino di via D’Amelio oggi ha deposto Fausto Cardella, ex procuratore di Caltanissetta oggi capo della Procura di Perugia.

“Quando arrivammo qua insieme a Ilda Boccassini trovammo una situazione di stasi investigativa. Vincenzo Scarantino era già stato arrestato sulla base di intercettazioni ambientali fatte nel carcere in cui erano rinchiusi Candura e un altro detenuto.
Iniziammo poi questo rapporto con gli organi investigativi che lavoravano sul caso Borsellino. C’erano due possibilità alternative che si sono succedute nel tempo: la prima era relativa a un misterioso incontro avvenuto sull’autostrada di cui in qualche modo c’era stata una traccia nelle informative della Squadra Mobile, e una sorta di identikit, che poteva portare ai Santapaola; la seconda riguardava le dichiarazioni di un certo Lauro, un collaboratore della ‘ndrangheta che aveva fatto sapere della sua volontà di collaborare per fare luce sulle stragi”.

“Andammo a interrogare Lauro – ha proseguito Cardella – appena arrivato e lui cominciò a raccontare una serie di cose. Fu un’esperienza professionale bellissima. Lauro cominciò a piangere dicendo che si era inventato tutto. Disse che era l’unico modo per tornare in Italia anziché rimanere in Germania. Se non ricordo male si riferiva alla strage di Capaci. Ricordo benissimo un forte disappunto del dottore La Barbera quando si rese conto che Lauro aveva preso in giro un po’ tutti quanti”.

“Non c’era una forma di collaborazione investigativa con i carabinieri ma c’era una sorta di rapporto di buon vicinato. Emerse subito il caso della borsa e dell’agenda di Paolo Borsellino. Su questa vicenda facemmo delle indagini cercando di capire chi fosse andato sul luogo del delitto e cosa successe. Ricordo che facemmo degli accertamenti su Contrada e la sua presenza in via D’Amelio”.

Cardella ha poi aggiunto: “Il dottore La Barbera aveva l’abitudine di venire a Caltanissetta per portare carte, normalmente verso le 21 di sera. Andava dalla dottoressa Boccassini, depositava le carte e allora mi chiamavano.
Nel contesto di queste chiacchiere tutte le ipotesi venivano prese in considerazione. La meno plausibile era quella relativa al fatto che l’agenda fosse andata distrutta con l’esplosione.
La borsa era integra, quindi se l’agenda era dentro la borsa non poteva essere distrutta, sempre che l’agenda fosse nella borsa. Sull’agenda rossa e gli ultimi giorni di Paolo Borsellino, interrogammo il capo della polizia, andammo a controllare le sue agende, sentimmo i collaboratori di giustizia a cominciare da Gaspare Mutolo”.

La Procura di Caltanissetta, intanto, ha depositato a inizio udienza le trascrizioni delle intercettazioni di Vincenzo Scarantino nel periodo in cui si trovava a San Bartolomeo a Mare. La documentazione è quella pervenuta dalla Dda di Messina che indaga su due magistrati, Annamaria Palma e Carmelo Petralia, accusati di calunnia aggravata.

Gli imputati del processo per i depistaggi sulla Strage di via D’Amelio sono tre poliziotti, Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, ex appartenenti del gruppo Falcone-Borsellino, che indagò sull’attentato in cui perse la vita il giudice Paolo Borsellino. Sono accusati di calunnia aggravata dall’aver favorito Cosa nostra. I tre avrebbero manipolato il falso collaboratore di giustizia, Vincenzo Scarantino per indurlo a dichiarare ai magistrati una falsa verità sulla strage di via d’Amelio dando così vita al depistaggio delle indagini. SICILIA OPINIONE 29.11.2019


26 novembre e 15 dicembre 1992 Boccassini e Cardella sentono il maresciallo Canale, stretto collaboratore di Borsellino

 

Vengo sentito la prima volta dalla Procura di Caltanissetta dalla dottoressa Boccassini e dal dottor Fausto Cardella il 26 novembre del 1992 (…) Siccome quando io facevo le indagini avevo una brutta abitudine che quando succedeva un fatto grave, era norma andarsi a prendere tutti i familiari e portarli in caserma per sentirli nell’immediatezza, la cosa mi destava preoccupazione, anche perché io potevo essere depositario di qualche notizia importante di Paolo Borsellino…

La seconda volta sono stato risentito il giorno 15 dicembre del 1992, e ancora il giorno 25 giugno del 1993, dove per la
prima capisco che il dottor Cardella, evidentemente, non crede a quello che dico io… e io ero veramente risentito perché mi dovrebbe spiegare qualcuno che motivo avrei avuto di inventare nomi e personaggi…


 

20 dicembre 1993 Depistaggio Borsellino, al processo spunta a sorpresa la lettera di elogio del pm ai poliziotti

Servizio RAI


La scrisse il 20 dicembre 1993 Fausto Cardella che fece parte del pool di magistrati che indagò subito sulla strage. A tirarla fuori è stata l’avvocato Giuseppe Panepinto, che difende Mario Bo, uno dei tre poliziotti imputati per concorso in calunnia aggravata a Cosa nostra

Al processo sul depistaggio sulla strage di via D’Amelio spunta a sorpresa una lettera di elogio del pm Fausto Cardella, il magistrato che fece parte del pool di pm che indagò sulla strage di via D’Amelio, all’ex capo della Squadra Mobile di Palermo Arnaldo La Barbera e a tutto il gruppo investigativo ‘Falcone e Borsellino’, che indagava sulla strage, cioè Claudio Sanfilippo, Mario Bo, Salvatore La Barbera, Lilia Fredella. A tirarla fuori, alla fine della deposizione del Procuratore generale di Perugia Fausto Cardella, è stato l’avvocato Giuseppe Panepinto, che difende Mario Bo, uno dei tre poliziotti imputati per concorso in calunnia aggravata a Cosa nostra, insieme con Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei.

Durante il controesame, l’avvocato Panepinto chiede al teste Fausto Cardella, che viene sentito come persona informata sui fatti, di confermare il contenuto di quella lettera di elogio al gruppo ‘Falcone e Borsellino’. Ma la lettera non è agli atti del processo e il pm Stefano Luciani si è alzato e si è opposto con fermezza alla domanda posta a Fausto Cardella. Ma il Presidente del Tribunale Francesco D’Arrigo ha replicato che la domanda era ammessa. Luciani ha poi continuato a ribadire che è “vietato” fare una domanda su un documento che non è agli atti del processo. A quel punto il documento, di tre pagine, è stato mostrato alle parti e allo stesso teste Cardella, che ha confermato il contenuto. E l’udienza è proseguita regolarmente. Ma cosa c’era scritto nella lettera a firma di Cardella e inviata al Procuratore capo di Caltanissetta di allora Giovanni Tinebra il 20 dicembre del 1993? Una lettera che viene scritta alla fine del periodo di lavoro svolto da Cardella a Caltanissetta, applicato per indagare sulle stragi mafiose, dal 2 novembre 1992 fino a dicembre 1993.

“A conclusione del mio periodo di applicazione a questa Dda sento di evidenziare gli eccezionali meriti del dottor Arnaldo La Barbera nelle indagini sulle stragi di Capaci e via D’Amelio”, si legge. Il “dottor La Barbera ha seguito costantemente tali indagini, prima come dirigente della Mobile di Palermo, poi come responsabile dello speciale gruppo investigativo, costituito ad hoc”. “L’impulso positivo alle indagini dal dottor La Barbera inizia fin dai primissimi atti”, scrive ancora Cardella. E lo definisce “sagace, paziente, incisivo, acuto, ricco di fiuto nel proporre nuovi temi investigativi”. “Tenace nel seguire le piste che ritiene interessanti, onesto e pronto nel riconoscere quelle rivelatesi infondate”.

E il magistrato cita nella lettera inviata al Procuratore capo Tinebra tutti i componenti del gruppo tra cui l’imputato Mario Bo, presente all’udienza di oggi.
“Ha saputo scegliere e circondarsi di persone di valore tra le quali devo menzionare specialmente Claudio Sanfilippo, Salvo La Barbera, Mario Bo, e più di recente Lilia Fredella. “I suoi uomini lo amano anche se impone ritmi di lavoro massacranti perché per primo li impone a se stesso” e poi Fausto Cardella ricorda che “i mafiosi lo temono e lo rispettano”. “Io stesso ho potuto cogliere questi atteggiamenti degli uomini d’onore di Cosa nostra in diverse occasioni”. “Essi si alzano in piedi quando entra il dottor La Barbera e tengono verso di lui un atteggiamento rispettoso, quale si riserva all’avversario temuto ma leale” e conclude: “Considero un privilegio avere lavorato con il dottor La Barbera”.

Il Procuratore generale di Perugia conferma, quindi, di avere scritto quell’elogio per la squadra investigativa che si occupava delle indagini sulla strage di via d’Amelio. E poi, parlando in particolare di Mario Bo, dice: “Ricordo che il dottor Bo arrivò nel gruppo dopo un certo periodo di tempo. Io trovai lì il dottor la Barbera, Sanfilippo della Catturandi e poi della numerosa schiera che non saprei riconoscere . La figura di apice era La Barbera. Bo arrivò in un momento successivo, non so quanto tempo dopo il mio arrivo perché la figura dominante era Arnaldo La Barbera. Credo che il dottor Bo, e spero che non me ne voglia, avesse un ruolo minore, non era il nostro riferimento diretto. Sapevamo che c’era, si era instaurato un rapporto di cordialità e stima, però non era un nostro punto di riferimento. Non so neanche se rimase tutto il tempo, lo stimo”.

I tre poliziotti sotto processo sono accusati di aver contribuito a creare il falso pentito Vincenzo Scarantino, che per anni ha tenuto lontana la verità sulla strage Borsellino.   PALERMO TODAY