Totò Riina, chi era davvero?/ Il Capo dei Capi di Cosa nostra che sfidò lo Stato

 

Chi è stato davvero Totò Riina, il temuto boss di Cosa nostra? Il legame con la mafia siciliana,

Chi è stato davvero Totò Riina? Parte da questa domanda lo speciale di “Non è l’Arena” basato sull’ascesa e sulla caduta del “Capo dei Capi” della mafia siciliana. Riina fu considerato il più potente e pericoloso membro di Cosa nostra di cui fu a capo dal 1982 al 15 gennaio 1993, giorno del suo arresto. Per giustificare la sua brutalità veniva persino chiamato “a belva”. Quando si parla di Salvatore “Totò” Riina emergono di lui due differenti sfaccettature: da una parte il contadino di umili origini, dall’altra il componente sanguinario di Cosa nostra e principale boss. Il suo ingresso nella locale cosca mafiosa di Corleone avvenne in età giovanissima. Basti pensare che appena 19enne fu condannato a 12 anni per l’omicidio di un suo coetaneo. In carcere ne trascorse solo la metà.

Giovanni e Salvo figli Totò Riina/ Ergastolo al primo, “nuova vita” per il fratello

Tra i suoi primi “affari”, vi era la macellazione clandestina di bestiame rubato. Nel corso della sua giovinezza, Riina fu arrestato diverse volte fino a quando, dopo l’ennesima scarcerazione con tanto di foglio di via obbligatorio non raggiunse mai realmente il luogo indicato rendendosi irreperibile e dando il via alla sua lunga latitanza. Gli anni Settanta furono quelli durante i quali Riina divenne il reggente della cosca di Corleone e da quel momento vi fu una lunga lista di omicidi, sequestri e rapimenti con varie guerre tra cosche, uccisioni ordinate dallo stesso boss mafioso e una lunga scia di sangue che si protrasse per un intero decennio ed anche oltre.

Totò Riina e figlio Salvo/ Stragi ’92, intercettazione “Decisione fu: abbattiamoli”

La fine della latitanza, il carcere e la morte

Negli Anni Novanta, dopo le dichiarazioni del pentito Tommaso Buscetta, Totò Riina autorizzò Cosa Nostra a eliminare i familiari dei pentiti “sino al ventesimo grado di parentela”, compresi bambini e donne. Quelli furono anche gli anni della trattativa Stato-mafia in cui il boss Corleonese avanzò richieste sul 41 bis e sull’abolizione dell’ergastolo. Riina fu considerato anche responsabile della strage di Capaci e della strage di via D’Amelio.

La latitanza di Totò Riina terminò solo il 15 gennaio del 1993 (iniziata nel 1969) con il suo arresto che fu reso possibile grazie alle dichiarazioni di alcuni pentiti. Dal dicembre del ’95 Riina fu detenuto all’Asinara, in Sardegna, poi trasferito al carcere di Marino del Tronto, ad Ascoli Piceno dove per 3 anni fu sottoposto al carcere duro prima della revoca dell’isolamento. A causa di problemi cardiaci fu spesso ricoverato, anche dopo il suo trasferimento al carcere di Opera, fino al 2017, quando la sua difesa avanzò al tribunale di sorveglianza di Bologna la richiesta per il differimento della pena a detenzione domiciliare, per via dello stato di salute precaria dell’uomo, ma gli fu negato. A causa dell’aggravarsi delle sue condizioni, Riina muore il 17 novembre 2017, dopo aver compiuto 86 anni. Ad oggi continua ad essere ricordato come il boss di Cosa nostra che sfidò lo Stato.IL SUSSIDIARIO 5.1.2022