Strage via d’Amelio. Contrada: “Con Borsellino rapporti professionali”/ero amico…

 

9 giugno 2021

L’ex dirigente del Sisde sentito dalla Commissione regionale antimafia che indaga sul depistaggio sulla strage di via D’Amelio? “Rimasi particolarmente colpito dalla morte di Paolo Borsellino. Non ho mai detto di essere suo amico, ma ho detto che tra me e lui c’erano ottimi rapporti professionali. Lui da giudice istruttore e io da funzionario di polizia giudiziaria”.  L’ex dirigente della squadra mobile di Palermo Bruno Contrada – 90 anni tra tre mesi – riferisce davanti alla Commissione regionale antimafia che indaga sui depistaggi nelle indagini sulla strage di via D’Amelio.

“Sono stato e mi sento tutt’ora un dirigente generale della polizia di stato” – ha detto prima di rispondere alle domande della Commissione siciliana. “Sono entrato in polizia – ha continuato – oltre 60 anni fa vincendo un concorso da vicecommissario di pubblica sicurezza e percorrendo tutta la carriera con dieci gradi. Non sono né un funzionario dei servizi segreti, né uno 007, né una spia. Sono stato un funzionario di polizia che negli ultimi dieci anni di carriera è stato aggregato ai servizi di sicurezza”.  

Racconta che il giorno dopo la strage di via D’Amelio, l’allora Procuratore di Caltanissetta, Gianni Tinebra, che coordinava l’inchiesta, si rivolse a lui – allora era dirigente dei servizi segreti – per chiedergli un aiuto.

“Mi chiamò il genero del Capo della Polizia di allora, Vincenzo Parisi e mi disse che mi sarei dovuto presentare al Procuratore di Caltanissetta Gianni Tinebra. Io non lo conoscevo e non sapevo neppure come si chiamasse. E il genero di Parisi, il dottor Sergio Costa, mi disse che se volevo mi avrebbe accompagnato lui. Quindi la sera del 20 luglio, intorno alle 20, andai al Palazzo di giustizia ed ebbi questo incontro con il dottor Tinebra…”.

Contrada ha anche raccontato di avere passato la giornata dell’attentato in barca con amici fino al momento della strage (nel pomeriggio alle 17). “Domenica 19 luglio del 1992 mi trovavo a Palermo nonostante la mia sede di servizio fosse a Roma. Ero in città perché avevo preso 15 giorni di congedo ordinario. Non ero a Palermo né per servizio né per altri motivi avendo lasciato io la mia famiglia a Palermo quando nel 1985 fui trasferito a Roma”. 

L’incontro con Tinebra
“All’incontro eravamo soli, io e Tinebra, che conobbi in quella occasione”, dice Contrada. “Mi disse: ‘Mi trovo in grosse difficoltà, perché io di mafia palermitana sono all’oscuro e non so niente. In questi pochi giorni che sono stato a Caltanissetta mi sono  reso conto che si sta organizzando la Dia, ma sono persone che non credo abbiano competenza ed esperienza di mafia’ e mi chiese se ero disposto a dargli una mano”. “Io gli dissi, sotto l’impulso dei miei sentimenti per la morte degli agenti ‘Signor Procuratore, io sono a disposizione ma io non posso svolgere indagini perché non sono più funzionario di polizia giudiziario, sono nei servizi”, continua Contrada rispondendo alle domande del  Presidente Claudio Fava. 

“Gli dissi che non avevo più alcuna competenza sulla Sicilia, ma come Sisde avevo competenza su Roma e il Lazio – dice ancora – e che un mio eventuale intervento a livello informativo doveva essere svolto in piena intesa con gli organi di polizia giudiziaria. Non volevo che il mio intervento potesse intralciare le indagini della Pg, ecco perché poi ebbi contatti con il capo della Mobile Arnaldo La Barbera, lo invitai a venire nei locali del Sisde e telefonai al generale Antonio Subranni, che era il comandante del Ros che conoscevo benissimo. Eravamo anche amici, e mi disse che della strage si stava occupando il maggiore Obinu del Ros e lo invitai a venire al centro Sisde per riferirgli il mio contatto con il Procuratore della Repubblica”. “Con Arnaldo La Barbera ci fu un solo incontro. E da quell’incontro capii che questo intervento del Sisde in un settore che lui riteneva di sua esclusiva competenza non gli  andasse troppo per il verso giusto. E’ stata una mia impressione”.

“Dopo l’incontro del 20 luglio con il procuratore della repubblica di Caltanissetta, Tinebra, ho avuto un nuovo incontro con lo stesso il 24 dello stesso mese”. ha detto Bruno Contrada, rispondendo alle domande della Commissione regionale Antimafia.  “Dissi al Procuratore della Repubblica – ha aggiunto – che in aderenza ai nostri compiti potevamo svolgere un ruolo informativo. Dissi che allo Stato era utile attingere quante più possibili informazioni sui gruppi di mafia che avevano avuto una parte in queste azioni come la strage Falcone  e quella Borsellino ed espressi quella che è stata una mia opinione personale dal 1970: ovvero che laddove a Palermo accadevano fatti criminali o in provincia di Palermo legati all’uso di esplosivi, era implicata la famiglia Madonia”.  RAI NEWS


1 gennaio 208 Contrada: “Ero amico di Borsellino” La famiglia del magistrato: “Falso

L’ex funzionario del Sisde vanta amicizie con il magistrato ucciso nella strage di via D’Amelio
La vedova e la sorella smentiscono: “Nessun contatto, neppure professionale”ROMA – E’ scontro tra Contrada e la famiglia di Borsellino. L’ex funzionario del Sisde vanta un’antica amicizia con il magistrato ucciso nella strage di via D’Amelio. “Avevo ottimi rapporti, eravamo amici”, dice l’ex-generale di Ps condannato a dieci anni di reclusione per appoggio esterno alla mafia, ma la vedova e i figli dell’ex procuratore smentiscono: “Mai rapporti di collaborazione, tanto meno di amicizia”. 

Rita Borsellino, sorella del magistrato e parlamentare regionale, sono giorni che ripete che Contrada non ha diritto ad alcuno sconto della pena: “Non sono crudele ma pretendo giustizia. Mio fratello non é morto nel suo letto. La grazia concessa ad un condannato per mafia sarebbe un precedente pericoloso”. 

Ma Contrada replica che tanto animosità contro di lui non ha giustificata tanto piche con il giudice aveva un ottimo rapporto: “Di Paolo Borsellino ho un grandissimo ricordo”, ha detto Contrada al suo legale che lo ha incontrato nell’ospedale Cardarelli di Napoli dove l’ex numero tre del Servizi segreti interni sconta la pena. “Con Borsellino c’era un’ottima collaborazione professionale, ma anche un’amicizia che ci portava a frequentarci fuori dal lavoro”. 

“Bugie”, replicano scandalizzati i famigliari del magistrato ucciso dalla mafia nel luglio ’92. “Borsellino – spiegano la vedova Agnese e i figli Lucia, Manfredi e Fiammetta – non ha mai lavorato con Contrada e tra loro non ci sono mai state né amicizia, né frequentazione. Conoscevamo i suoi collaboratori”, spiegano i familiari del magistrato. “Contrada non era tra loro”. Lo confermano anche i fratelli del magistrato, Rita e Salvatore: “Paolo non ha mai avuto rapporti di amicizia con Bruno Contrada”. 

Giuseppe Lipera, avvocato di fiducia del generale, ha incontrato anche oggi il suo cliente: “L’ho trovato depresso e molto stanco”. Il legale ha chiesto che Contrada rientri nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere o sia trasferito all’ospedale militare del Celio

In attesa di una decisione del magistrato di sorveglianza, dalla sua stanza di ospedale Bruno Contrada esprime “un grazie di cuore” a tutti coloro chegli hanno espresso solidarietá compreso il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga che nei giorni scorsi si era detto favorevole alla concessione del provvedimento di grazia. 

Contrada – che ieri aveva denunciato “il potere giudiziario colpevole di volermi uccidere in carcere” – resta tuttavia combattivo e continua a respingere gli addebiti: “Sono stato condannato per un delitto infamante senza neppure che siano state spiegate le ragioni per cui avrei commesso quel delitto”. 

(1 gennaio 2008) LA REPUBBLICA