21 gennaio 2014(AUDIO) “Scarantino – ha raccontato la Boccassini che tra il ’92 e il 94 fu applicata alla Procura di Caltanissetta per indagare sugli eccidi di Capaci e via D’Amelio – dal carcere faceva arrivare messaggi tramite la polizia penitenziaria. Accennava alla possibilità di parlare, poi si tirava indietro. Oscillava. Fino a giugno quando ci fu la ciliegina finale, decise di collaborare e andammo a Pianosa a sentirlo”.
“La prova regina del fatto che Vincenzo Scarantino era un mentitore era già nel suo pentimento, nel suo background criminale. Diceva cose assurde, raccontava ‘fregnacce’, chiamava in causa collaboratori di giustizia di caratura ben più elevata che non era in grado neanche di riconoscere in foto (Salvatore Cancemi, Mario Santo Di Matteo e Gioacchino La Barbera che tra l’altro hanno più volte sbugiardato il falso pentito della Guadagna ndr). Con il collega Roberto Sajeva mettemmo nero su bianco le nostre perplessità, scrivemmo che si stava imboccando una pista pericolosa, lo dicemmo al procuratore Tinebra, ai colleghi della Procura, lo segnalammo in una nota inviata anche alla Procura di Palermo. Se ne doveva anche discutere ad una riunione che è stata celebrata poi nel giorno della mia partenza. Cosa sia successo poi non posso saperlo”. “Dissi che andava sospeso tutto. Dovevamo verificare, avvisare i colleghi di Palermo, fare i confronti e ricominciare con saggezza umiltà ed equilibrio, doti che dovrebbero avere i magistrati. Il mio dovere era mettere per iscritto che si stavano imbarcando in una strada pericolosa“.
Nella missiva a Tinebra venivano indicati diversi punti lacunosi in particolare in merito alle dichiarazioni che Scarantino aveva rilasciato in merito alla riunione preparatoria dell’attentato. “Al termine della riunione – disse Scarantino – Aglieri, Profeta e Calascibetta mi diedero il duplice incarico di reperire un’autovettura di piccole dimensioni da usare quale autobomba e una bombola contenente una sostanza chimica, la cui denominazione Aglieri aveva annotato su un foglietto, idonea a potenziare gli effetti deflagranti dell’esplosivo”.
Dichiarazioni false, scoperte negli anni soltanto dopo le rivelazioni di Gaspare Spatuzza.
Su Spatuzza la Boccassini rivela : “Io mi occupai soprattutto delle indagini su Capaci, ma ricordo anche alcuni aspetti riguardo a via d’Amelio. Tramite l’analisi dei cellulari già nel giugno del 1994 uscì fuori l’utenza di Gaspare Spatuzza. Nello specifico scoprimmo che il 19 luglio del ’92, ma anche il 17, c’erano telefonate tra Gian Battista Ferrante e Fifetto Cannella e da lì si risaliva a Spatuzza. Fino ad allora insomma c’erano collegamenti che potevano portare allo spunto investigativo che ora si persegue”.
Su Arnaldo La Barbera, coordinatore del gruppo della polizia che indagava sulle stragi, “Sicuramente di lui c’era stima e fiducia in Procura ma – così come ha ribadito più volte durante il dibattimento – è il pubblico ministero il dominus delle indagini. E se poi si è andati avanti per quella strada gli altri colleghi avranno ritenuto di farlo. Evidentemente erano convinti che le instabilità di Scarantino fossero dovute a momenti di debolezza. Resta che anche dopo le cose che avevamo scritto sono i pm a decidere di andare avanti”.