…Durante l’udienza anche la testimonianza di Manfredi Borsellino chiamato a rievocare gli ultimi momenti di vita del giudice. “Quel giorno, il 19 luglio, mio padre, prima di lasciare la villa dove avevamo pranzato, mi salutò due volte. Lo accompagnai lungo la strada, dove erano parcheggiate le blindate e insieme percorremmo una settantina di metri. Aveva in una mano la borsa che poi sistemò in macchina”. Poi anche Manfredi focalizza l’attenzione sull’agenda rossa. “Se fosse finita nelle mani giuste, non ci sarebbe stato il clamoroso depistaggio al quale abbiamo assistito successivamente. Bastava sfogliare qualche pagina per scoprire l’importanza del suo contenuto”. Il motivo? “Mio padre padre, utilizzava l’agenda rossa dall’inizio di quell’anno e proprio in quell’agenda citava molti particolari legati al suo lavoro, dagli incontri che faceva alle inchieste che seguiva”. Manfredi ha anche ricordato che, “dopo la morte di Giovanni Falcone, mio padre attendeva con ansia di essere interrogato dai magistrati della procura nissena, tanto che una volta lo disse pubblicamente (nel famoso incontro pubblico alla biblioteca comunale il 25 giugno 1992 ndr)”. “Mio padre – sapeva perfettamente che sarebbe stato estremamente difficile sottrarsi al suo destino”.