Scrantino in tale circostanza l’altro dichiara: “Il dott. Arnaldo LA BARBERA ha fatto con me alcuni colloqui investigativi, tra cui i primo prima del Natale del 1993. Lui mi diceva che dovevo confessare, ed i rispondevo che non sapevo niente delle stragi. Mi diceva anche di non tener conto di quello che avevano detto ANDRIOTTA e CANDURA, perché gli interessava la mia verità. Quando dicevo che era tutto falso, però, sia LA BARBERA che RICCIARDI mi dicevano che se dicevo osa diversa smentivo un collaboratore. Mi convinsi, così, a dire le stesse cose dette da CANDURA ed ANDRIOTTA, e di “condirle” con i miei ricordi delle cose che pensavo di avere detto a quella ragazza, e che pensavo fossero state registrate abusivamente. lo comunque a più di una persona dissi che avevo si rubato una 126 bordeaux (l’avevo rubata in Via Ammiraglio Rizzo, smontata e la carcassa l’avevo buttata a Belmonte Mezzagno), ma che era macchina diversa da quella della strage. Diedi tutti gli elementi per ritrovarla, ma Arnaldo LA BARBERA mi disse che non esisteva. Mi ricordo che dissi che la 126 era diversa, tra l’altro, agli agenti Gianpiero VALENTI e Mimmo MILITELLO. Furono loro a farmi credere che il mio telefono fosse stato abusivamente intercettato, quando parlavo con la ragazza di cui ho detto. Quando contestavo al dottor Arnaldo LA BARBERA che non sapevo niente della strage mi diceva: “E CANDURA che motivo ha di accusarti?”. LA BARBERA mi lasciava intendere cosa gli interessava sapere. lo mi adattavo.”