Nelle trascrizioni che compaiono adesso per la prima volta e sono finalmente a disposizione di due procure, Messina e Caltanissetta, ci sarebbero prevalentemente raccolte, nero su bianco, una serie di telefonate che Scarantino ebbe all’epoca con il pm Carmelo Petralia. Nell’ipotesi accusatoria, in concorso con i tre poliziotti sotto processo a Caltanissetta, ovvero Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, i due magistrati indagati a Messina avrebbero depistato le indagini sulla strage.
Un depistaggio definito clamoroso nella sentenza di primo grado del processo Borsellino quater, costato l’ergastolo a sette innocenti.
Il reato contestato ai magistrati e ai funzionari di polizia è la calunnia perché i pm e i poliziotti avrebbero imbeccato tre falsi pentiti, costruiti “a tavolino”, tra cui Vincenzo Scarantino, suggerendo loro di accusare falsamente dell’attentato persone estranee. L’atto notificato a giugno era firmato dal procuratore capo di Messina Maurizio De Lucia, dall’aggiunto Vito Di Giorgio, e dagli altri due magistrati che compongono il pool creato dal capo dell’ufficio peloritano, i sostituti Liliana Todaro e Antonio Carchietti
Speciale sentenze “Borsellino Quater”