6 maggio 1993 AGNESE BORSELLINO, in una lettera indirizzata a Giovanni Paolo II – e pubblicata sull’Osservatore romano , alla vigilia della visita papale in Sicilia seppe guardare oltre il proprio dolore con parole che ancora oggi, non possono non commuovere: «Sapere che il sangue del mio Paolo oggi è seme di speranza e di liberazione per tutto questo nostro popolo mi riempie di gioia e di orgoglio e mi dà un senso della mia pochezza e della mia indegnità». Che questo fosse il reale pensiero di una moglie che, nonostante la tragedia che l’aveva colpita, seppe perdonare, è confermato poi da una conversazione che la signora Agnese il 27 agosto 1993, con le clarisse di Assisi: «Se c’è un insegnamento che mio marito mi ha dato è che nel cuore dell’uomo, anche di quello più cattivo, c’è sempre un angolo nascosto del buon Abele che, se opportunamente stimolato, può riaffiorare. La speranza allora si nutre della fiducia nell’uomo, anche verso chi sì considera e chi si comporta come un nemico».
Ulteriori parole di perdono Agnese Borsellino le espresse nel maggio del 1996, quando, in occasione del ritiro del premio Riconoscimento Internazionale Santa Rita affermò d’aver vissuto il suo «dramma con cristiana rassegnazione, senza nutrire sentimenti di odio nei confronti degli assassini» che le strapparono il marito. Ed aggiunse: «Le sofferenze patite hanno rafforzato in me l’esigenza di diffondere il messaggio di pace, di amore e di solidarietà umana verso le persone più deboli».
La lettera di Vincenzo Scarantino ad Agnese Borsellino e la risposta