7 giugno 2012 Borsellino, dopo la strage Graviano esulta: «Possiamo colpire dove e quando vogliamo»

 

Ecco gli stralci inediti dell’ultimo interrogatorio del pentito Spatuzza del 7 giugno scorso

di  GIOVANNI BIANCONI e ALFIO SCIACCA

«Incontrai Giuseppe Graviano e ci felicitammo per l’attentato» ricorda il pentito Gaspare Spatuzza nel racconto dei giorni seguirono e di quelli che precedettero la strage di Via D’Amelio, quando le cosche tirarono le somme del lavoro fatto e pianificarono il futuro con nuove azioni da compiere sul continente. Una ricostruzione dettagliata fatta nel corso dell’incidente probatorio davanti ai giudici di Caltanissetta il 7 giugno scorso. Nei giorni precedenti a quel terribile 19 luglio il boss mafioso di Brancaccio Giuseppe Graviano gli aveva consigliato di allontanarsi con tutta la famiglia e lui s’era rifugiato in una villetta affittata nei pressi di Campofelice di Roccella. Per poi «scendere a Palermo» all’indomani della strage e felicitarsi con Graviano che gli preannunciò l’inizio della strategia stragista per mettere definitivamente in ginocchio lo Stato. «Giuseppe Graviano era felicissimo -racconta Spatuzza- mi comunica che abbiamo colpito e abbiamo fatto un buon lavoro, che siamo tutti soddisfatti, abbiamo dimostrato di colpire dove e quando vogliamo». E poi l’invito a cancellare alcune beghe all’interno delle cosche perchè c’era ancora molto da fare. «Con Graviano ci siamo lasciati in quella circostanza e poi dopo quest’anno sabatico abbiamo iniziato, sempre nel marzo/aprile, la questione stragista che riguarda le stragi del Continente». Ma ecco i passaggi salienti del verbale d’interrogatorio al quale partecipano i Pm di Caltanissetta Domenico Gozzo, Nicolò Marino, Gabriele Paci e Stefano Luciani

IL RACCONTO DI SPATUZZA
P.M. DR. LUCIANI – Senta, se non ho capito male Lei dice che Giuseppe Graviano le dice di allontanarsi. Ho capito male?
INDAGATO SPATUZZA – Si, mi dice di stare il più lontano possibile da Palermo, parlando, cioè, in riferimento alla domenica.
P.M. DR. LUCIANI – E Lei cosa fa poi?
INDAGATO SPATUZZA – Io in quel periodo aveva in affitto un villino nei pressi di Campofelice di Roccella, nei pressi di Buonfornello, per intenderci, dove ho organizzato una specie di festicciola per cercare di fare allontanare quelle pochissime persone, pochissime, quelle persone che rappresentavano la mia famiglia. Quindi abbiamo trascorso la domenica a Campofelice di Roccella, in questo villino assieme alla mia famiglia e ai piu intimi.
P.M. DR. LUCIANIE – Chi c’era non sé lo ricorda, diciamo, in questa…
INDAGATO SPATUZZA – Mio fratello Francesco, mia sorella Felice mi sembra e mio fratello Domenico, non ho un ricordo particolare, però un bel po’ della mia famiglia.

IN ATTESA DELL’ATTENTATO
P.M. DR. LUCIANI – E Lei ha appreso della strage quella domenica?
INDAGATO SPATUZZA – Sì, sul tardi pomeriggio, perché sapevo che doveva succedere qualche cosa, quindi ero un po’ no in attesa, ma … quindi quando ho appreso la notizia in televisione dissi: “Ce l’abbiamo fatta”.
P.M. DR. LUCIANI – Lei prima di quel momento, quindi prima del momento in cui apprende dai, immagino, mass-media o dagli organi d’informazione, che era successo l’attentato a via D’ Amelio e che quindi era morto il dottor Borsellino e i suoi agenti di scorta, aveva avuto contezza di quale fosse l’obiettivo da colpire?
NDAGATO SPATUZZA – No, no.
P.M. DR. LUCIANI – Come mai?
INDAGATO SPATUZZA – Perché c’e quel particolare nella fase della macinatura, in cui si facevano dei riferimenti in quel posto di mare che io supponevo, però non avevo né la percezione, anche perché…
P.M. DR. LUCIANI – No, la domanda è: come mai Lei non era stato informato dell’obiettivo da colpire?
INDAGATO SPATUZZA – Questo per far capire la tecnica che si era messa in campo pur di, cioè, creare questi comparti stagni o per cercare di ad esempio anche tra di noi, fra Tutino, fra Cannella, fra… cioè c’erano… si parlava di quello che si doveva fare non più di quello che si e fatto, quindi cercare sempre di stringere il più possibile.

LUNEDI’ SONO SCESO A PALERMO
P.M. DR. LUCIANI – Senta, i giorni seguenti Lei riesce ricordare? Quindi, sabato, domenica 19 luglio succede l’attentato, Lei è a Campofelice di Roccella, i giorni seguenti Lei riesce a ricordare cosa fece?
INDAGATO SPATUZZA – Si, il lunedì io sono sceso a Palermo. P.M. DR. LUCIANI – E come mai?
INDAGATO SPATUZZA – Quindi, perché io mica ero in vacanza li, andavo a lavorare in parte onestamente, in parte malavitosamente, quindi sono sceso io il lunedì mattino a Palermo, quel periodo avevo in consegna una motocicletta che mi era stata consegnata da Trombetta Agostino. Quindi sono sceso a Palermo, ho ……….
INDAGATO SPATUZZA – Quindi sono sceso a Palermo e ho acquistato il giornale nell’immediatezza, quindi ho dato una sfogliatina nel giornale e ho fatto rientro a Brancaccio. Facendo rientro a Brancaccio mi viene comunicato da un soggetto sicuramente riconducibile alla famiglia di Brancaccio, di recarmi da una persona vicinissima alla famiglia di Brancaccio, da Giuseppe Farana, cioe detto da noi “U zu Pin zu Farana”, questa persona abita nei pressi di via Lincoln. Quindi mi sono recato nella casa di Farana, però io come ingresso, siccome l’entrata di questo stabile e in un, come possiamo dire, in un portico che collega due vie, c’e lo stabile e c’e questo portico, quindi non potendo entrare con la motocicletta dalla via Lincoln, ho avuto accesso dallo Spasimo mi sembra che sia il dietro. Quindi sono andato in fondo, ho posteggiato la motocicletta, ho lasciato il casco poggiato sul seggiolino e sono andato, sono entrato in questo portico e sono arrivato nell’androne di questo stabile.
… ….non ricordo adesso che piano siamo saliti, secondo o terzo piano che sia. Quindi da quest’ingresso siamo passati in una stanza più grande, credo che sia un salone, che volgevano le finestre sul lato di fronte dell’ingresso. Sul lato sinistro c’era una poltrona in due, più una poltrona più piccolina e in questa stanza ho trovato Giuseppe Graviano. Il Farana si allontana, per quello che ho potuto capire, all’infuori di me, Graviano e il Farana in quell’abitazione non ci fosse nessuno…..»

GRAVIANO ERA FELICISSIMO«….Quindi il Farana si allontana, chiude la porta e rimaniamo da soli, io e Giuseppe Graviano. Quindi Giuseppe Graviano era felicissimo, mi comunica che abbiamo colpito e abbiamo fatto un buon lavoro, che siamo tutti soddisfatti, abbiamo dimostrato di colpire dove e quando vogliamo, quindi ci siamo felicitati, vigliaccamente, lo voglio dire, perché ne ho gioito perché per quello che io rappresentavo e per quello di cui appartenevo, per me era una notizia, un evento lieto, cosa di cui se ne devono vergognare tutti. Quindi dopo di queste felicitazioni Giuseppe Graviano mi dice, siccome tra di noi, tra tutto questo gruppo, anche all’interno delle famiglie c’erano dei discorsi un po’ per invidia, un po’ per primeggiare, ma cose stupide e banali, però c’erano sempre discorsi, più pettegolezzi che cose serie. Quindi Giuseppe Graviano: “Cerchiamo di levare da mezzo ogni malinteso con chiunque sia, di andare d’accordo, perché dobbiamo portare avanti altre situazioni come questa”. Quindi ci siamo lasciati in quella circostanza e poi dopo quest’anno sabatico abbiamo iniziato, sempre nel marzo/aprile, la questione stragista che riguarda le stragi del Continente».

15 luglio 2012 Corriere della Sera